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Capitolo 5 Progetto del manipolatore

5.2 Il manipolatore

Come spiegato nel Capitolo 4, per raggiungere l’obiettivo di estendere alle tre dimensioni lo spazio di la- voro, la soluzione è stata di utilizzare un piano di lancio non contenente, in generale, il vettore accelera- zione di gravità. In questo modo è possibile imprimere all’organo terminale tre componenti di moto line- armente indipendenti tra loro.

L’architettura del manipolatore (Figura 5.1), pertanto, prevede due bracci tra loro ortogonali, dei quali il primo imposta l’inclinazione del piano di lancio rispetto al piano del veicolo, mentre il secondo braccio viene accelerato in modo da imprimere all’organo terminale l’energia meccanica sufficiente al raggiun- gimento del bersaglio. Inoltre la struttura deve prevedere il passaggio del filo che, dal rocchetto attorno a cui è avvolto, deve raggiungere l’organo terminale.

Figura 5.1 - Il manipolatore assemblato

L’ingombro complessivo del manipolatore è 753 × 470 × 430 𝑚𝑚, mentre la sua massa complessiva è di 35 𝑘𝑔. Inoltre, grazie al motore del primo giunto, l’intera struttura può essere ripiegata sulla piattafor- ma in modo tale che, quando stivato, l’intero robot non ecceda l’ingombro consentito di 0,5 𝑚3.

5.2.1 Il primo braccio

Il primo braccio del manipolatore (Figura 5.2) è composto da un telaio di piastre di lega di alluminio, il cui scopo è sostenere l’albero verticale che movimenta il secondo braccio. Inoltre può essere considerato appartenente al primo braccio anche il cilindro di supporto dell’albero verticale stesso, in quanto fermo rispetto al secondo braccio.

Figura 5.2 - Il primo braccio del manipolatore

Il telaio è composto essenzialmente da due piastre tra loro ortogonali, e accoppiate tra di loro per mezzo di una serie di viti M4 e da quattro irrigidimenti. La piastra 1, solidale con il motore del primo giunto, ha dimensioni 225 × 217 × 10 𝑚𝑚, mentre la piastra 2, che sorregge il supporto dell’albero, ha dimensioni 220 × 200 × 10 𝑚𝑚. Quest’ultima, poiché la serie di viti che la collegano alla piastra 1 realizza un inca- stro, rappresenta una mensola. Per questo motivo sono stati impiegati quattro irrigidimenti.

Il supporto cilindrico per l’albero verticale ha lo scopo di bloccare la pista esterna dei cuscinetti di roto- lamento, inoltre deve reggere i carichi derivanti dalla rotazione ad alta velocità dell’organo terminale du- rante la fase di avvio del manipolatore. Per questo motivo è dotato di tre irrigidimenti, dimensionati in modo da realizzare un compromesso tra l’ingombro del supporto e la freccia massima che si ottiene nelle condizioni operative più gravose. Gli irrigidimenti non sono stati lavorati di pezzo con il supporto cilin- drico, ma successivamente saldati a esso (Figura 5.3).

Piastra 2

Piastra 1 Motore PR90

Irrigidimenti Supporto per l’albero verticale

Figura 5.3 - Particolare del supporto per l'albero verticale

Il motore scelto è il PR90 della tedesca Schunk, in quanto capace, da solo, di reggere il carico dovuto al peso dell’intero manipolatore, oltre ad avere le caratteristiche di coppia necessarie alla sua movimenta- zione. Infatti tale motore può sopportare 800 𝑁 di taglio e 80 𝑁𝑚 di momento flettente combinati, inoltre fornisce una coppia massima di 72 𝑁𝑚, sufficiente a sopportare il carico di torsione. La sua massa è di 3,4 𝑘𝑔.

5.2.2 Il secondo braccio

Il secondo braccio (Figura 5.4) è costituito da un’asta a T controbilanciata. La rotazione viene trasmessa attraverso un albero verticale, di cui un’estremità è rigidamente connessa con l’asta, mentre sull’altra è montata la ruota condotta del moltiplicatore di giri.

L’asta a T è lunga 350 𝑚𝑚 ed è rastremata per ridurne il momento d’inerzia. Alla radice è collegata con sei viti M4 al componente di interfaccia con l’albero verticale. Questo componente è composto da una parte cubica che si collega con l’asta, e da una parte cilindrica che si inserisce nella cavità dell’albero, al quale si connette tramite otto viti M4. Inoltre esso è cavo, in modo da consentire il passaggio del filo.

Cordoni di saldatura Irrigidimenti

Figura 5.4 - Il secondo braccio

Il controbilanciamento ha lo scopo di ridurre le vibrazioni indotte dalla rotazione dell’secondo braccio. È realizzato tramite una piastra incernierata alla parte cubica del componente di interfaccia con l’albero ca- vo, e offre la possibilità di montare la massa di controbilanciamento a diverse distanze dall’asse di rota-

Cuscinetti a sfere Asta a T Albero verticale Controbilanciamento Carrucole Motore PDU90 Moltiplicatore di giri Interfaccia ruota-albero Interfaccia asta-albero Piastrina di interfaccia con il primo braccio

zione. La massa di controbilanciamento è sostanzialmente una zavorra da sub, di massa 0.5 𝑘𝑔, cui è stato praticato un foro passante per permetterne il montaggio sulla piastra tramite un bullone.

L’albero verticale è stato ricavato da un profilato cilindrico di diametro 35 𝑚𝑚, ed è lungo 400 𝑚𝑚. È cavo per consentire il passaggio del filo, e il foro interno ha diametro minimo di 18 𝑚𝑚. Esso è inserito nel supporto cilindrico ed è sorretto da tre cuscinetti a sfere, due dei quali, alla base, sono montati accop- piati per reggere anche l’eventuale momento flettente applicato all’estremità dell’albero. Essi sono bloc- cati da spallamenti ricavati sull’albero, e da anelli elastici Seeger. La ruota condotta del moltiplicatore di giri è montata sull’albero per mezzo di un componente d’interfaccia. Esso è assialsimmetrico, e composto da una parte cilindrica che si inserisce nella cavità dell’albero e si avvita a esso con otto viti M4, e da un’altra parte su cui si avvita la ruota dentata.

Il moltiplicatore di giri (Figura 5.5) consiste sostanzialmente in una coppia di ruote a denti dritti a modulo 1. La ruota conduttrice ha 120 denti, e quindi diametro primitivo di 120 𝑚𝑚, mentre la ruota condotta ha 40 denti e diametro primitivo di 40 𝑚𝑚. Pertanto si realizza un rapporto di trasmissione pari a 3. En- trambe sono fatte in acciaio C40. L’interasse tra le due ruote, pari a 80 𝑚𝑚, pone ovviamente un vincolo sulla dimensione delle piastre del primo braccio.

Figura 5.5 - Particolare del moltiplicatore di giri. È visibile anche il filo guidato dalle carrucole

La ruota conduttrice è montata sull’alberino di uscita del motore del secondo giunto per mezzo di un col- legamento con chiavetta. Il motore scelto è il PDU90 della Schunk, il quale possiede i requisiti di coppia e di velocità angolare richiesti dall’applicazione: la coppia massima è di 22 𝑁𝑚, mentre la velocità mas- sima è di 470 °/𝑠. Inoltre il moto in uscita è dato da un alberino provvisto di sede per la chiavetta che permette un facile montaggio del componente da muovere. Questo motore è montato su una piastrina a sua volta montata sulla piastra 1 del primo braccio. In questo modo si è garantito un buon grado di com- pattezza.

5.2.3 Il filo

Il filo che collega l’organo terminale al manipolatore è un componente critico. Deve rispondere a partico- lari requisiti quali:

 leggerezza, in modo da poterne trascurare la massa nel modello matematico;

 rigidezza, in modo da poter essere considerato inestensibile nel modello matematico;

 resistenza alla trazione, in modo da non spezzarsi quando sottoposto alla forza centrifuga dovuta alla rotazione dell’organo terminale;

 resistenza all’abrasione, in modo da non danneggiarsi sui terreni sabbiosi sui quali deve operare;  basso coefficiente di attrito, in modo da non introdurre perdite significative di velocità durante lo

scorrimento sulle carrucole.

Il materiale che meglio risponde a queste esigenze è una particolare fibra di polietilene, il cui nome com- merciale è Dyneema. Fili siffatti sono ampiamente impiegati nella pesca, nel kite-surf e nella produzione di giubbetti antiproiettile proprio per le sue ottime proprietà. In particolare, i fili trecciati di Dyneema hanno densità di 0,97 𝑔 𝑐𝑚3, modulo elastico di 110 𝐺𝑃𝑎, e presentano una resistenza a rottura di 3500 𝑀𝑃𝑎 (20).

5.2.4 Il gruppo frizione-rocchetto

Il filo è arrotolato su un rocchetto di lega di alluminio, disegnato per avere basso momento di inerzia e per interfacciarsi con il rotore della frizione elettromagnetica. Il rocchetto inoltre è provvisto di due corone circolari in PVC che impediscono al filo di uscire dalla propria sede.

Figura 5.6 - Il gruppo frizione-rocchetto

Motore PR70 Albero

Frizione Rocchetto

La frizione elettromagnetica ha lo scopo di frenare il moto del rocchetto durante lo srotolamento del filo e di invertirne la direzione per il riavvolgimento durante la fase di recupero dell’organo terminale. La fri- zione impiegata è il modello FFM100 della Telcomec. Essa è composta da un corpo statorico contenente la bobina, una parte rotorica solidale all’albero per mezzo di una chiavetta, e un disco rotorico, detto an- cora, solidale al rocchetto. È alimentata a corrente continua e può fornire una coppia massima di 18 𝑁𝑚 alla tensione di 24 𝑉.

Il gruppo frizione-rocchetto (Figura 5.6) è montato su un albero rotante, il quale è solidale ad un motore Schunk PR70, mentre dall’altra estremità è sorretto da un cuscinetto a sfere e da una piastra. Inoltre su questa piastra è montato un encoder incrementale che determina la posizione angolare del rocchetto a cui è collegato per mezzo di una cinghia. L’intero gruppo è posizionato davanti al manipolatore in modo tale che il percorso del filo sia il più regolare possibile.

Lungo il percorso del filo sono presenti delle carrucole che ne agevolano lo scorrimento impedendone lo strisciamento lungo le pareti dell’albero cavo e sugli spigoli.

5.3 L’organo terminale

L’organo terminale ha lo scopo di raccogliere un campione di almeno 100 𝑔 di materiale sabbioso. Per questo motivo non è stato possibile utilizzare un organo tipo pinza. Pertanto l’organo terminale ideato sfrutta il principio di funzionamento di una draga. Sostanzialmente consiste in una scatola rettangolare (Figura 5.7), ottenuta accostando due lamiere di alluminio piegate a L, le quali presentano due aperture su ciascuna faccia maggiore. Tali aperture sono equipaggiate da lame inclinate verso l’esterno. Le due facce laterali sono invece provviste di cunei, il cui scopo è ribaltare, se necessario, l’organo terminale su una delle facce maggiori. In questo modo, quando l’organo terminale viene tirato durante il riavvolgimento del filo, il materiale può fluire dentro un serbatoio per mezzo delle aperture e guidato dalle lame. Una vol- ta che il materiale necessario è stato raccolto, un servomotore radiocontrollato installato dentro la scatola movimenta due superfici che chiudono le aperture, in modo tale che non possa più entrare, né soprattutto uscire materiale. Infine, per rilasciare il campione raccolto, la base inferiore è provvista di uno sportellino movimentato da un secondo servomotore radiocontrollato, mentre il fondo del serbatoio presenta delle di- scese che guidano il flusso di materiale verso l’uscita. La base superiore invece presenta un anello cui si annoda il filo, inoltre funge da coperchio per il vano contenente le quattro batterie AA necessarie all’alimentazione, il ricevitore radio e la scheda di controllo.

L’organo terminale è stato dimensionato per far sì che il serbatoio potesse contenere 250 𝑔 di materiale, considerando per quest’ultimo una densità media di 0,5 𝑔/𝑐𝑚3. Le dimensioni totali, pertanto, sono 218 × 183 × 80 𝑚𝑚. La massa complessiva è di 1,3 𝑘𝑔, ampiamente entro il valore limite di 2 𝑘𝑔 im- posto in sede di progetto strutturale del manipolatore.

Figura 5.7 - Spaccato dell'organo terminale

Figura 5.8 - Il robot durante la fase di lancio dell'organo terminale

Sportellino di uscita del materiale

Superfici di chiusura e servomotore

Serbatoio

Lame e aperture per l’ingresso del materiale

Cuneo

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