• Non ci sono risultati.

1.5. Il miglioramento dei pascoli

1.5.1. Il miglioramento dei pascoli in aree forestali

L'obiettivo degli interventi agronomici razionali su pascoli arborati è da un lato quello di condurre al miglioramento della produttività foraggera di aree che possono sostenerla, dall'altro quello di evitare che aree di interesse non solo agricolo ma anche ambientale vengano compromesse (Porqueddu et al. 2001).

Le tecniche a disposizione sono molteplici ed includono il decespugliamento, la concimazione, l’impianto di specie con tecniche conservative del suolo, la trasemina di specie foraggere (Bullitta et al 1980). L’asportazione della copertura arbustiva effettuata con mezzi meccanici, ove pendenza, pietrosità e rocciosità lo permettano, in primis non và ad asportare lo strato più superficiale del terreno, non interessa il cotico erboso presente e, lasciando sul posto il materiale trinciato, ha un effetto positivo sul suolo. I residui organici hanno un effetto pacciamante, favorendo altresì la germinazione di eventuali essenze utilizzate per migliorare il cotico stesso e riducendo il rischio erosivo dovuto all’acqua battente sulla superficie del suolo. La semina su sodo, effettuata prima o dopo il decespugliamento e seguita da una leggera erpicatura al fine di consentire un leggero interramento della

può assumere importanza nell’economia gestionale dell’azienda agraria grazie al significativo risparmio di risorse, oltre che dal punto di vista della tutela del suolo, con la riduzione dell’erosione dovuta ad arature in aree declivi. In una zona granitica del centro Sardegna un intervento di miglioramento pascolo ha interessato un sottobosco (in prevalenza cisto e rovo) di Quercus suber L., sottoposto a decespugliamento meccanico. Sono stati presi in esame gli effetti della concimazione e della sovrasemina con specie foraggere autoriseminanti, all’interno di un’area densamente alberata e in un pascolo arborato. I risultati indicano come trattamenti di minimum tillage associati alla concimazione fosfo-azotata e all’infittimento siano in grado di dar luogo a soddisfacenti produzioni quanti- qualitative e, al contempo, di evitare l’elevato impatto ambientale dovuto all’utilizzo di ruspe e di arature profonde. Il solo decespugliamento ha consentito apprezzabili risultati produttivi. Le risposte ai vari interventi agronomici sono superiori nell’area a pascolo arborato, indicando che è auspicabile concentrare gli input in aree vocate e ridurli o escluderli,ove le condizioni sono meno idonee e in aree più sensibili (Caredda et al 2006). Una opportuna concimazione in aree dove il cotico erboso risulta ben equilibrato, è in

grado di esaltare le produzioni foraggere, senza la necessità di essere associata ad altri interventi di miglioramento. È risaputo come azoto e fosforo possano incrementare le rese produttive, agendo con diverso effetto sulla composizione floristica del cotico, in particolare l’azoto ha effetto positivo sulle graminacee, mentre nel caso del fosforo, sono le leguminose che si giovano di questo macroelemento.

In pascoli caratterizzati da specie annuali e con problemi di disseminazione non deve essere trascurata la sospensione del pascolamento nei periodi critici in cui la pianta fiorisce, fruttifica o dissemina, al fine di preservare e aumentare la banca del seme già presente nel suolo.

Al di là delle decisioni gestionali messe a disposizione dell’operatore sensibile, è da rimarcare come la presenza di carichi animali elevati (siano essi di ovini, vacche, maiali o combinazioni varie) renda comunque impossibile evitare effetti negativi sulla vegetazione e sul suolo e, a lungo andare, la diminuzione di quantità e qualità dei pascoli. Così pure accade quando il carico animale è basso e si ha di contro uno scarso controllo delle specie dominanti. Sono i carichi animali moderati, che consumano intorno al 50% della produzione

erbacea totale annua, a massimizzare gli effetti positivi sulle interazioni animale-vegetazione-suolo (Fernández Rebollo P., l.c.). Il numero elevato di finanziamenti comunitari che negli ultimi decenni si sono susseguiti, hanno contribuito ad alimentare le problematiche ambientali in aree forestali, questo perché incentivando la realizzazione massiccia di seminativi, hanno di fatto portato ad estendere le superfici arate in terreni ove per caratteristiche podologiche, pendenza e valenza ambientale o forestale avrebbero dovuto essere salvaguardati dalla lavorazioni. E per quanto il Regolamento (CE) n°1782/2003, definendo nuove norme comuni riguardo i regimi di sostegno diretto nell’ambito della PAC, abbia stabilito quanto sia opportuno adottare misure che conservino l’attuale presenza dei pascoli permanenti, è stata disattesa la giusta attenzione (il giusto recepimento) da parte degli operatori, verso queste indicazioni. Si spera per questo con la nuova PAC, un sostegno a misure agro-ambientali su scala aziendale e territoriale, in grado di incentivare tecniche di lavorazione meno impattanti e più rispettose degli equilibri ambientali presenti (PASTOMED, 2007).

Comunque è da rimarcare come queste misure agro-ambientali che negli anni si sono susseguite, favorendo anche interventi di

forestazione in superfici pascolative, hanno favorito anche in Sardegna la diversificazione delle fonti di reddito degli agricoltori e la riscoperta di sistemi di gestione tradizionali. È andato così accentuandosi, quello che è il carattere multifunzionale del territorio rurale sardo, attraverso sistemi che promuovono la produzione contemporanea di prodotti agricoli, zootecnici e forestali, con una offerta sul mercato di prodotti animali, che garantisce un reddito costante al capo azienda nel lungo periodo di improduttività del bosco. Si pensi infatti che nelle fustaie naturali e semi-naturali di sughera della Sardegna, il periodo improduttivo è stato stimato pari a 50 anni, che si riduce a 20 nel caso dei cedui (Arghittu et al., 2002). Aspetto molto importante da non sottovalutare è che questi tipi di finanziamento hanno incentivato la permanenza degli allevatori in zone spesso marginali, e la presenza dell’allevatore sul territorio rappresenta un fattore di garanzia sia in caso di necessità intervento tempestivo (ad esempio in caso di incendio), sia per l’osservazione ed il controllo che questo esercita nella zona.

È indubbio che il ruolo dell’uomo ha avuto spesso effetti distruttivi sull’ambiente ma spesso è stato forte il contributo dato alla

conservazione e al mantenimento della biodiversità nelle aree mediterranee e in altri ecosistemi a rischio.