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Il modo congiuntivo e il processo ac- ac-quisizionale

Il modo congiuntivo e l’italiano L2

3. Il modo congiuntivo e il processo ac- ac-quisizionale

I dati analizzati, in accordo con i più autorevoli studi sull’acquisizione dell’italiano L2, confermano che il modo congiuntivo è l’ultima area del sistema verba-le ad essere appresa e si presenta nell’ultimo stadio della scala acquisizionale caratterizzato dal

syntacti-cmode ( cfr. Givớn 1979 e 1995) che richiede

strut-ture come: soggetto-predicato, la subordinazione, la segnalazione delle funzioni semantiche dei casi attra-verso l’ordine delle parole, la presenza della morfo-logia. L’uso del modo congiuntivo si registra, infatti, soltanto dopo lo sviluppo della subordinazione pro-cedendo, progressivamente, da varietà pre-basiche e basiche dipendenti da principi pragmatico-semantici, a varietà post-basiche sempre più orientate da princi-pi di natura sintattica specifici della lingua d’arrivo. 9

Il modo indicativo è presente fin dall’inizio, agli sta-di basici, specialmente nella III persona singolare, a causa della trasparenza della sua morfologia, mentre invece lo sviluppo del condizionale e del congiuntivo, avviene nel IV stadio del processo acquisizionale non solo per la marcatezza delle forme verbali, ma anche perché questo stadio costituisce l’ultima fase interlin-guistica caratterizzata “dai diversi mezzi offerti dalla lingua d’arrivo, dalla distinzione tra fattualità e non fattualità, tra ciò che è presentato come vero e ciò che è ipotizzato o solo desiderato” (G. Ramat 2003).

8 Le abbreviazioni riportate in tabella “unistra” e “p.o” stanno rispettivamente per “università per stranieri” e “paese d’origi-ne”.

9  Per quanto riguarda gli studi dedicati più specificamente allo sviluppo della sintassi in italiano L2 cfr.Valentini 1992 e 1994, Bernini 1995, Chini 1998 e 1999.

Inoltre, l’aspetto della controfattualità, che riguarda situazioni non vere o per le quali non esiste la pos-sibilità che vengano realizzate, viene spesso confuso anche da apprendenti di livello intermedio/avanzato con quello della fattualità. L’espressione di queste no-zioni, nei primi stadi acquisizionali, viene affidata a mezzi lessicali e pragmatici.

Le ricerche condotte sullo sviluppo della subordina-zione in italiano L2 confermano la linea generale di Sato (1990) secondo la quale nelle interlingue iniziali le connessioni logico-semantiche tra le frasi non ven-gono segnalate esplicitamente, ma si rilevano soltan-to giustapposizioni di informazioni accompagnate da coordinatori. La codificazione dei valori modali si co-struisce gradualmente: i modali potere e dovere com-paiono abbastanza presto per esprimere la modalità deontica (obbligo, permesso, divieto) ma non quella epistemica che riguarda l’opinione del parlante sul grado di probabilità di ciò di cui si parla.

Si tratta di uno sviluppo semantico generale che vede lo sviluppo della modalità epistemica affidata prima a mezzi lessicali (forse, penso) e poi a verbi modali.

Il ritardo con cui si sviluppa la codificazione delle distinzioni di modo (indicativo, condizionale, con-giuntivo) va trattato nell’ambito più vasto dell’e-spressione della modalità degli enunciati, in quanto “la codificazione delle distinzioni modali può esse-re messa in esse-relazione all’incesse-remento del potenziale espressivo delle singole varietà di apprendimento”( cfr. Giacalone Ramat 2003, pag.99-100), grazie al qua-le gli apprendenti cominciano ad esprimere oltre alla funzione referenziale, anche quella interpersonale, comunicando all’interlocutore la propria valutazione del contenuto degli enunciati in termini di attualità. La modalità, in particolare quella epistemica, relativa all’atteggiamento del parlante circa il grado di verità del contenuto degli enunciati da lui prodotti, viene espressa con mezzi lessicali e discorsivi anche in va-rietà postbasiche.

A conferma di ciò sta il fatto che anche l’uso del fu-turo modale (più specificamente nell’accezione della

modalità epistemica)10, molto frequente nell’italiano

neo-standard, tarda a comparire nella produzione dei non nativi, anche in studenti di livello intermedio che hanno imparato ad usare correttamente il modo congiuntivo come marca sintattica. Se, attraverso la riflessione metalinguistica, la lettura e la rielabora-zione dei testi scritti, attraverso esercizi di completa-mento, di trasformazione, di collegacompleta-mento, essi hanno

10 Il futuro epistemico esprime dubbio, supposizione.(

Es.:Do-ve sarà Luisa ora? Sarà già partita?) Il futuro ( nell’accezione di

modalità deontica) che esprime volontà, intenzione (Es: sarò

rapidissimo).Si veda in proposito Berretta in Sobrero (1993) pp

concentrato l’attenzione sulla subordinazione e sul modo congiuntivo in modo sistematico fino ad auto-matizzarne l’uso, non si può affermare altrettanto per il futuro modale, il cui uso è senza dubbio legato al contesto di situazione.

Ho potuto rilevare io stessa che, durante un’attivi-tà da svolgere in classe, in cui si richiedeva di indi-viduare e descrivere, scegliendo i mezzi linguistici più appropriati al contesto, alcuni oggetti di non fa-cile identificazione che comparivano in sequenza su uno schermo, gli studenti utilizzavano mezzi lessicali come forse, può darsi, probabilmente, il verbo moda-le può essere o il congiuntivo presente dipendente da

penso, credo, mai il futuro modale.

Come fa notare Giacalone Ramat ( cfr. Giacalone Ra-mat 2003, pp.87-88 ), dai dati raccolti sull’apprendi-mento della modalità in italiano L2 , dovere non viene mai usato per convogliare significati epistemici, men-tre potere compare nei casi in cui si formulano ipotesi. L’estensione del significato dei verbi modali dal de-ontico all’epistemico è un fatto interlinguistico gene-rale, le cui motivazioni risalgono alla propensione di fare estensioni metaforiche che sembrano cognitiva-mente radicate nell’essere umano secondo un pro-cesso che va dall’implicito al lessicale fino al

gram-maticale.11Anche in L1 si rileva una maggior difficoltà

nell’acquisizione della modalità epistemica rispetto a quella deontica, in quanto i valori epistemici hanno minor rilevanza comunicativa rispetto a quelli della modalità deontica, “la quale è più strettamente con-nessa con la funzione interpersonale del linguaggio, prioritaria su quella referenziale, almeno nella pri-missima infanzia”( cfr. Chini 1995, pag.147)

Lo slittamento dal deontico all’epistemico, infatti, pare svilupparsi dal deontico descrittivo all’epistemi-co debole fino all’epistemiall’epistemi-co forte.

L’acquisizione del linguaggio viene considerata,

alla luce dei più recenti studi ,12 come un processo di

‘grammaticalizzazione’, assunto da cui deriva che le ipotesi grammaticali delle varietà interlinguistiche emergono da usi pragmatici e dipendenti dal conte-sto, per cui è innegabile che le nozioni di <gramma-tica> e <uso della gramma<gramma-tica> siano strettamente collegate.

Questo contributo, basandosi sulle precedenti ricer-che condotte sulla subordinazione e sulle categorie morfosintattiche nell’italiano contemporaneo, parte dall’assunto che la definizione di frase dipende da pa-rametri di natura sia sintattica che pragmatica.

11  Sul processo implicit> lexical>grammatical cfr Giacalone Ramat 1995, pag.278

12  Si fa qui riferimento alle indagini di Slobin ( 1985), Cristo-faro- Ramat ( 1999), Giacalone Ramat ( 2003) e Chini ( 2002)

Già Voghera (1992) rilevava come la nozione di frase fosse derivata dall’analisi del testo scritto e non fosse adeguata alla descrizione della sintassi del parlato e che parametri di natura sintattica e pragmatica con-corrono contemporaneamente alla sua definizione.

Il primo parametro, che si riferisce al livello seman-tico-pragmatico, riguarda la presenza di una predica-zione e contribuisce all’informatività, il secondo pa-rametro, che si riferisce al livello sintattico, riguarda l’autonomia, ossia la non dipendenza da costruzioni più ampie, ed entrambi sono in relazione ad un ter-zo parametro, quello di tipo intonativo (cfr Voghera 1992, pp.121-126 ).

Ne consegue che l’architettura interna della frase è strutturata primariamente da “un rapporto pragma-tico di predicazione che può realizzarsi con mezzi di-versi” (cfr. Giacalone Ramat 2003, pag. 121).

Nel caso delle interlingue la predicazione sembre-rebbe essere il punto di partenza (vedi l’ordine dei costituenti), ma la sua piena realizzazione sintattica (l’insieme delle relazioni formali) secondo le regole della L1 è soltanto il traguardo finale del processo di apprendimento.

Gli studi effettuati nell’ambito del progetto di Pavia (cfr. Valentini 1992 e 1994, Bernini1995, Chini 1998e 1999) e i presupposti teorici di natura spiccatamente funzionale del progetto della European Science Foun-dation (Cfr. Perdue 1993 e Perdue 2000) confermano che principi di natura pragmatica regolano la

dispo-sizione reciproca dei costituenti in topic e focus 13,

principi di natura semantica regolano la disposizione degli argomenti rispetto al verbo e dei modificatori ri-spetto ai costituenti modificati, principi di natura sin-tattica regolano la disposizione dei costituenti nella frase in base al loro ruolo sintattico ( Cfr Salvi-Vanelli 2005, pp.297-313 ).

L’interazione fra questi tre livelli genera l’effettiva realizzazione dei singoli enunciati. Non ci sarebbe di-vergenza tra le varietà native e le varietà di appren-dimento nella natura dei principi organizzativi sog-giacenti, “le peculiarità degli enunciati delle varietà di apprendimento dipenderebbero invece dal diverso peso attribuito ai tre livelli di organizzazione, dal di-verso settaggio di principi specifici,dalla diversa inte-razione fra principi contrastanti.”( cfr. Giacalone Ra-mat 2003, pag.122).

Secondo il principio dell’ordine naturale i non nati-vi sanno sfruttare relativamente presto l’ordine delle parole a fini pragmatici anche in relazione ad intere

13  Il fenomeno si riconduce a quello che Givớn (1990) defini-sce “principio iconico”, secondo il quale sussiste una corrispon-denza fra la forma linguistica e i dati del mondo esterno, per cui, nell’enunciato, si tende nelle varietà basiche a collocare il topic in posizione iniziale e il focus in posizione finale

frasi. Ciò è dimostrato dall’uso delle frasi causali nor-malmente collocate a destra già nelle varietà basiche

,14dalla comparsa di sequenze preposizionali definite

“precursori paratattici”, costruzioni mancanti di una marca di subordinazione e realizzate con la giustap-posizione di due proposizioni, da quelle che Giacalo-ne Ramat definisce “pre-relative”, in cui l’ordiGiacalo-ne delle parole e il contorno intonativo sembrano costituire il

primo stadio di segnalazione sintattica15e infine dal

meccanismo della giustapposizione di protasi e apo-dosi nelle ipotetiche senza le adeguate distinzioni di tempo e di modo. Nel suo studio sull’acquisizione del-le ipotetiche Bernini ne osserva la precoce comparsa, ma senza marche di subordinazione e di non

fattua-lità.16Una volta emersa la struttura ipotetica con la

congiunzione se nell’ordine protasi>apodosi, l’inter-pretazione dei diversi gradi di ipoteticità viene spesso affidata al contesto.

Nel processo di acquisizione dell’italiano L2 si rileva un procedere dal deontico all’epistemico e una mag-gior difficoltà nell’apprendere tempi e modi delle ipo-tetiche a causa della complessità della lingua target e “all’intricata variabilità dell’input, in cui coesistono

costrutti standard substandard e misti”.17Nelle varietà

iniziali il grado di ipoteticità si inferisce dal contesto, in quanto il verbo è sempre al presente indicativo; nelle varietà di livello più avanzato si trova spesso il futuro con valore predittivo e qualche imperfetto indicativo. In italiano L2, come in italiano L1, l’e-mergere delle ipotetiche sembra essere collocato in un processo di grammaticalizzazione in questa successione: frasi causali > causa/ condizione > preipotetiche > ipotetiche predittive generiche >

14  Ho avuto modo di rilevare in una precedente indagine sulla funzione e l’uso dei segnali discorsivi nell’italiano L2 che uno dei soggetti analizzati, una studentessa australiana che aveva frequentato 6 mesi di corsi di italiano 3 di livello B1 e 3 di livello B2, scriveva in un riassunto : “ Sfortunatamente non è una rispo-sata esatta, siccome ci sono aspetti positivi e anche negativi” La studentessa , che aveva modo comunicare in italiano L2 anche fuori del contesto-classe, preferisce l’uso di siccome, molto fre-quente nell’input, ma lo usa al posto di perché mantenendo l’or-dine principale-subordinata. Il caso inverso è quello di Periklis, studente greco di livello meno avanzato che aveva frequentato i nostri corsi soltanto per 4 mesi e nella stessa prova scriveva:“ E perché il loro stipendio era poco all’inizio hanno deciso di non toccare le cose al supermercato, perché dovevano pagare rate e debiti”. Anteponendo la causale, non riesce più a tenere a bada le sue argomentazioni e usa perché al posto di siccome. Cfr Manili (2004 , pag 172).

15  Cfr. il seguente esempio in Giacalone Ramat ( 2003, pag.173): nela s/borsa di : signore c’è una ladio + canta ( nalla borsa del signore c’è una radio che suona).

16  Si veda il seguente esempio in Bernini ( 1994): io non pago

– centocinquanta, dove io dormire ( se non pagavo

centocin-quanta, dove dormivo?). 17 \ Idem

controfattuali presenti > controfattuali passate. Nei nativi, tuttavia, si riscontra la tendenza a marca-re la protasi con il congiuntivo imperfetto a causa del-la trasparenza semantica (valore non fattuale ), men-tre invece nei non nativi, le cui difficoltà sono più di carattere morfologico che cognitivo, prevale il princi-pio di marcatezza formale: si preferisce introdurre la marcatezza morfologica nelle strutture non marcate; di conseguenza l’uso di marche di modo verbale con modalizzazione epistemica è più frequente nell’apo-dosi che nella protasi.( cfr. Calleri 1995, Bernini 1994, Chini 1995) Anche i dati da me raccolti nel corpus del 2004 sulla produzione orale di studenti dell’Universi-tà per stranieri confermano questa tendenza, che non viene invece riscontrata nelle produzioni scritte che saranno qui esaminate.

Le peculiarità della lingua di arrivo diventano, nelle varietà postbasiche, più rilevanti e gli studi tipologici

sulle gerarchie di marcatezza18confermano che, anche

a livello sintattico, le strutture non marcate sono ap-prese prima delle strutture più marcate.

La subordinazione, completamente assente nelle va-rietà basiche, non risulta fondamentale per soddisfa-re i bisogni comunicativi degli appsoddisfa-rendenti e, spesso, il rapporto gerarchico fra due proposizioni (o la fun-zione pragmatica di mettere eventi in secondo piano nelle narrazioni) può essere espresso in maniera pa-ratattica.“ La stessa funzione logico-semantica (causa-lità, connessione ecc.) può essere codificata mediante costruzioni sintattiche e morfologiche diverse anche all’interno di una stessa lingua .”( cfr. Giacalone Ramat

2003, pp.159-161).19

I dati raccolti dalle ricerche sulla subordinazione e l’italiano L2 da Chini 1998, Giacalone Ramat 1999 e Valentini 1998 confermano la precocità di acquisizio-ne delle avverbiali rispetto alle completive e alle rela-tive e questo fenomeno sembra essere giustificato dal diverso grado di incassatura (embedding) sintattica della subordinata, nel senso che le prime “si collocano allo stesso livello del nodo occupato dalla principale, mentre completive e relative si collocano a livelli infe-riori rispetto al nodo della principale” ( cfr Giacalone Ramat 2003, pag.161).

Dai corpora da me esaminati in precedenti ricerche ( Manili 2004) risulta altresì che le completive sono apprese dopo le avverbiali e che vengono apprese prima le completive esplicite introdotte da che con il verbo all’indicativo e con l’apparenza di proposizioni

indipendenti.20

18  Si fa riferimento agli studi di Greenberg 1966 e Cristofa-ro-Ramat 1999

19  Si veda in proposito Giacalone Ramat 1995 e Ferrarsi 1999.

L’acquisizione tardiva delle completive esplicite sembra oscillare a lungo tra paratassi e subordinazio-ne e sembrerebbe essere dovuta in parte alla scarsa integrazione della subordinata con il verbo reggente, ma anche a fattori di carattere testuale. I dati raccolti da Chini in un’indagine sulla narrazione in appren-denti tedescofoni dimostrano che il passaggio dalla coordinazione alla subordinazione è dato da costrutti coordinanti attraverso elementi anaforici (come

per-ciò, così, per questo, allora), ossia da una

connessio-ne interproposizionale essenzialmente paratattica, a quella più integrata della subordinazione. Osservan-do la subordinazione seconOsservan-do un approccio discorsi-vo-funzionale, la studiosa sottolinea l’incidenza della stretta simmetria tra ruolo sintattico di dipendenza e informazione di background: “i non nativi si atten-gono più scrupolosamente al principio secondo cui una frase subordinata veicola informazioni di sfondo, mentre nei nativi le secondarie fanno talora parte del primo piano.” (cfr: Giacalone Ramat 2003, pag.176 ).

Questa indagine, pur esaminando esclusivamente la produzione scritta di studenti di livello avanzato, con-ferma che le caratteristiche semantiche dei verbi reg-genti e la motivazione funzionale di mantenere tra-sparenti le relazioni fra forma e funzione sembrano determinare la forma della completiva. Dagli elaborati non si evince soltanto che l’apprendimento del modo congiuntivo come marca di subordinazione è facili-tato dalla riflessione grammaticale e metalinguistica e dalla peculiarità dei compiti distribuiti, ma anche che l’uso del congiuntivo modale, quello “tematico”(

cfr. Salvi/Vanelli 2004, pag.258-59)21 in cui la

subor-dinata non fa da sfondo, ma convoglia l’informazione principale, genera confusione o viene semplicemente evitato.22