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3.3 Il peculiare caso del negotium mixtum cum donatione

Peculiare ipotesi, da ricondurre, secondo alcuni, fra le liberalità indirette373, è quella del negozio misto alla donazione: si tratta del caso della vendita di un bene ad un prezzo inferiore al valore della cosa, o, più in generale, di un negozio oneroso in cui una delle prestazioni è notevolmente inferiore all’altra. Si caratterizza così, come è evidente, per essere un particolare tipo di negozio giuridico che incorpora sia i caratteri del classico negozio a titolo oneroso, sia quelli di una donazione.

372 L. Mengoni, Successione Necessaria, cit. pp. 203 e 255; V. Caredda, Le liberalità diverse dalla

donazione, cit., p. 241.

373 È questa l’opinione anche della giurisprudenza: vedasi ad esempio Cass. 29 settembre 2004,

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È necessario che il prezzo pattuito non sia semplicemente vantaggioso per l’acquirente, ma determinato allo scopo di favorire il di lui arricchimento374. La sproporzione sussistente tra il prezzo ed il reale valore – di mercato – del bene deve essere altresì voluta da colui che la subisce allo scopo di attuare una liberalità. D’altro canto questa finalità deve essere nota alla controparte e da questa conseguentemente accettata.

Se è certo che la fattispecie in esame non abbia a che vedere con il fenomeno simulatorio375, si discute piuttosto se abbia natura giuridica di negozio misto – ritenendo che la gratuità si innesti sulla causa onerosa tipica della vendita - o piuttosto di negozio indiretto – data la sostenuta incompatibilità tra la causa liberale e quella di scambio376 - ; per alcuni, poi, la liberalità rappresenterebbe solamente un motivo che non altera la natura onerosa del negozio377.

374 Qualora invece le parti, pur esternando la volontà di vendere, pattuiscano un prezzo

meramente simbolico, che non ha neppure importanza venga versato oppure no, allora difetta il prezzo, quale elemento necessario strutturale della vendita. Saremo pertanto in presenza non di un negotium mixtum cum donatione, ma di una donazione vera e propria, sia pure esteriormente rappresentata come un contratto di vendita, si cui, come detto, manca un elemento essenziale.

375 La fattispecie non ha nulla a che vedere con la simulazione, ed in particolare con il caso della

vendita dissimulante una donazione, perché le manifestazioni di volontà delle parti non presentano alcunché di fittizio, né esistono tra le parti patti occulti o riservati che siano contrari o diversi da quelli resi ostensibili. Infatti nella vendita dissimulante una donazione le parti vogliono che tra le stesse l’atto operi come donazione, il che vuol dire che il corrispettivo che l’acquirente paga è fittizio. Invece nel negozio misto a donazione l’intenzione delle parti è proprio quella di trasferire il bene ad un prezzo inferiore a quello di mercato, con lo scopo ulteriore di piegare lo schema negoziale utilizzato all’attuazione di una liberalità. G. Iaccarino,

Le principali ipotesi di donazioni indirette, in Successioni e donazioni, G. Iaccarino (diretto da), cit., p.

2585.

376 V. R. Casulli, Donazioni indirette, cit., p. 55 ss.; A. Torrente, La donazione, cit., p. 43 ss.; in

giurisprudenza: Cass. 17 novembre 2010, n. 23215, in Riv. not., 2012, 2, p. 435, con nota di F. Martino, In tema di forma del negotium mixtum cum donatione; Cass. 21 gennaio 2000, n. 642, in Notariato, 2000, 6, p. 514 ss., con nota di M. Caccavale, La donazione mista: profili ricostruttivi e

rilevanza normativa.

377 Mancando questo elemento, la parte, se il contratto è commutativo, potrà eventualmente

ricorrere all’azione generale di rescissione per lesione; nei negozi aleatori potrà invece dedurre la mancanza dell’alea. A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 2009, p. 1295 ss.

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Se quest’ultima teoria non appare sostenibile, le altre due sono generalmente caldeggiate dalla dottrina. Il loro esame è di fondamentale rilevanza in quanto dall’accoglimento dell’una o dell’altra teoria derivano conseguenze diverse in merito alla possibilità o meno di esperire l’azione di restituzione, e perciò in merito alla stabilità o meno dell’acquisto o della garanzia avente ad oggetto il bene di provenienza donativa, questione di particolare interesse ai nostri fini.

Per la prima teoria l’accordo relativo alla realizzazione della liberalità penetra nel contenuto del contratto perfezionato dalle parti di modo che lo stesso contratto realizzerebbe sia la funzione di scambio che donativa 378. Non essendovi alcun accordo esterno, bensì interno, al contratto, l’azione di riduzione eventualmente esperita dal legittimario colpirebbe direttamente il contratto stesso per la – sola - parte che ha determinato l’arricchimento del beneficiario.

Di conseguenza, secondo questa impostazione, la tutela reale dei diritti di legittima sarebbe ipotizzabile, visto e considerato che – contrariamente alle ipotesi di donazione indiretta sopra analizzate – il bene che costituisce oggetto del negotium mixtum cum donatione proviene direttamente dal patrimonio del donante. Risulta quindi possibile un suo ritorno nel patrimonio ereditario, ed il conseguente acquisto iure hereditatis da parte del legittimario che ha agito in riduzione.

Dunque, in questa peculiare ipotesi di liberalità, in considerazione del fatto che il bene donato era di proprietà del de cuius, è riconosciuta al legittimario una tutela reale: il titolo di acquisto del donatario potrebbe essere dichiarato

378 M. Bianca, Diritto civile, 3, cit., p. 481; F. Messineo, Trattato di diritto civile e commerciale, IV,

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parzialmente inefficace con gli effetti di retroattività reale di cui agli artt. 561 e 563 c.c.379.

In altre parole, conformemente a questa ricostruzione, la riduzione in favore dei legittimari lesi non opera sulla quantità di denaro risparmiato dal beneficiario, quanto sulla porzione dell’immobile che il de cuius ha inteso in realtà donargli, e non invece vendergli come esternato nel contratto. In misura corrispondente potrebbe poi essere esperita l’azione di restituzione nei confronti del beneficiario.

Resta invece piuttosto dubbia la possibilità di esperire l’azione di restituzione verso i terzi nel caso di alienazione a costoro del bene. Risultando infatti dai registri immobiliari il titolo di provenienza quale oneroso, ammettendo la pretesa restitutoria nei confronti dei successivi acquirenti si paleserebbe una lesione del principio di legittimo affidamento dei terzi, che – come in generale nelle ipotesi di liberalità indiretta – non potrebbero essere posti a conoscenza del suo carattere liberale.

Aderendo invece alla tesi per cui il negotium mixtum cum donatione configura un negozio indiretto, e per l’esattezza una donazione indiretta, l’accordo finalizzato a realizzare la liberalità dovrebbe considerarsi esterno alla struttura del contratto, così realizzando il fine dell’operazione. La conseguenza a questo punto è che, in caso di lesione, l’impugnativa del legittimario avrebbe ad oggetto tale accordo esterno e non invece il contratto che ha realizzato il trasferimento del bene, il quale pertanto non verrebbe colpito dall’azione di

379 A. Cataudella, La donazione mista, Milano, 1970, pp. 11 ss. e 128 ss.; Trib. Lucca, 13 gennaio

2005, Giur. merito, 2005, 7/8, p. 1351, con nota di G. Tedesco, Sulla riduzione di liberalità elargite

mediante negotium mixtum cum donatione. Secondo questa sentenza, se mediante il negotium mixtum cum donatione il de cuius ha venduto ad un suo discendente l’unico immobile compreso

nel suo patrimonio ad un prezzo molto inferiore al valore reale, la riduzione in favore dei legittimari lesi da tale negozio non opera sulla quantità di denaro risparmiato dal discendente che ne è stato beneficiato, quanto sulla porzione dell’immobile che il de cuius ha inteso donargli, e non invece vendergli come esternato nel contratto.

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riduzione. L’inefficacia dell’accordo esterno, derivante dal vittorioso esperimento dell’azione di riduzione, farebbe sorgere in capo al beneficiario l’obbligo di corrispondere al legittimario leso il valore dell’arricchimento, mentre non produrrebbe effetti nei confronti dei terzi subacquirenti dei beni. In altre parole, a seguito della pronuncia giudiziale d’inefficacia dell’accordo liberale sorgerebbe in capo al soggetto contro il quale è stata pronunziata la sentenza un’obbligazione ex lege relativa alla corresponsione al legittimario del valore dell’arricchimento, mentre nessun effetto può spiegarsi sulla posizione dei terzi sub acquirenti380.

Solo aderendo a questa ricostruzione sulla natura giuridica della vendita mista a donazione, pertanto, non sarebbe riconosciuto al legittimario il rimedio restitutorio, né nei confronti del donatario, né nei riguardi dei terzi aventi causa381.

Tale tesi risulta prevalente in dottrina, nonché sostenuta dalla più recente giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ha definito il negotium mixtum cum donatione come un contratto avente natura onerosa, per mezzo del quale si realizza tuttavia una sproporzione tra le prestazioni corrisposte, venendo così, per mezzo di questa discrasia perseguita una finalità diversa ed ulteriore rispetto a quella dello scambio, finalità consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, del contraente che riceve le prestazione di maggior valore. Di conseguenza si realizza una fattispecie di donazione indiretta382. Infatti la

380 S. Delle Monache, Successione, cit., p. 115. 381 M. Laffranchi, La problematica, cit., p. 66 – 67.

382 Cass. 29 settembre 2004, n. 19601, in S. Delle Monache, Successione, cit., p. 114, nota 30; Cass.

21 gennaio 2000, n. 642, Giust. civ. Mass., 2000, p. 104; Cass. 30 Gennaio 2007, n. 1955, secondo la quale “Nel c.d. negotium mixtum cum donatione la causa del contratto ha natura onerosa, ma il negozio commutativo stipulato dai contraenti ha la finalità di raggiungere, per via indiretta, attraverso la voluta sproporzione fra le prestazioni corrispettive, una finalità diversa e ulteriore rispetto a quella dello scambio, consistente nell’arricchimento, per puro spirito di liberalità, di quello dei contraenti che riceve la prestazione di maggior valore; pertanto realizza una donazione indiretta, per la quale è sufficiente la forma prescritta per il tipo di negozio adottato dalle parti, non essendo invece necessaria quella prevista per la donazione indiretta, in G.

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Corte ha poi ulteriormente chiarito come non si tratti di un contratto innominato, formato da elementi di schemi negoziali tipici, ma, appunto, di un negozio indiretto383.

Va da sé che l’azione di riduzione sarà rivolta, nella peculiare ipotesi del negotium mixtum cum donatione, al solo vantaggio di cui il beneficiario ha giovato in considerazione del carattere particolarmente vantaggioso del corrispettivo384.

In conclusione, quindi, l’azione di restituzione verso i terzi non può essere esperita, nel nostro ordinamento, secondo l’opinione largamente prevalente fatta propria anche dalla Suprema Corte, con riferimento a tutte le ipotesi di donazione indiretta, ivi compresa quella del negotium mixtum cum donatione. L’acquisto del terzo è perciò stabile ed inattaccabile dal legittimario.