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Il peggioramento della qualità del lavoro

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 164-167)

Capitolo 2 - Ripresa ciclica e discontinuità strutturali nel sistema

3.3 I nodi irrisolti della condizione femminile

3.3.1 Il peggioramento della qualità del lavoro

La crisi ha aggravato i problemi strutturali relativi dell’occupazione femminile, in particolare in tema di qualità del lavoro. Sono aumentati i fenomeni di segrega-zione verticale e orizzontale, si è ampliata l’area degli impieghi non standard, si è acutizzato il sottoutilizzo del capitale umano, e sono cresciuti i problemi di conci-Dei Neet inattivi solo

uno su quattro legge libri

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Legislatori, dirigenti, imprenditori Prof intellettuali, scientifiche

Professioni tecniche Impiegati Addetti al commercio e ai servizi Artigiani operai specializzati, agricoltori Conduttori, operai semispecializzati Professioni non qualificate

Maschi Femmine

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

Figura 3.15 - Occupati per sesso e professione - Anno 2010 (variazioni tendenziali assolute in migliaia di unità)

liazione tra tempi di vita e di lavoro. In particolare, nel corso del 2009, conte-stualmente all’arresto della crescita dell’occupazione nelle professioni tecniche e più qualificate, è andata riprendendo vigore la segregazione di genere, confermata nel 2010 quando, alla caduta dell’occupazione femminile qualificata, tecnica e operaia, si è accompagnato l’aumento di quella non qualificata (+108 mila unità) (Figura 3.15). Si tratta in gran parte di italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere. L’au-mento delle occasioni di lavoro a bassa specializzazione ha caratterizzato anche la sfera del lavoro impiegatizio, dove alla crescita delle impiegate amministrative si è aggiunta quella delle addette ai call center.

Tra i settori di attività, per il secondo anno consecutivo, la flessione percentua-le delpercentua-le posizioni lavorative è stata più forte per percentua-le donne nella trasformazione in-dustriale (-5,6 per cento rispetto al -3,4 per cento degli uomini). Nel terziario, l’occupazione è scesa tra le figure più qualificate della pubblica amministrazione, dell’istruzione e della sanità, mentre è cresciuta per le professioni a bassa qualifica nei servizi alle imprese, alle famiglie e alla persona. Per altro verso, lo sviluppo del-l’occupazione femminile part time nel corso del 2010 (+104 mila unità) si è carat-terizzato per l’estensione sia dei fenomeni di involontarietà, ovvero di accettazione di impieghi a orario ridotto in mancanza di quelli a tempo pieno, sia di segrega-zione orizzontale in comparti di attività tradizionali (commercio, ristorasegrega-zione, ser-vizi alle famiglie e alla persona), che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita.

Il divario di genere si è ampliato anche nel sottoutilizzo del capitale umano. Lo scorso anno la quota di occupate con un lavoro che richiedeva una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta ha continuato a crescere a ritmi superiori a quel-li maschiquel-li: l’incidenza, già ampia nel periodo pre-crisi, ha raggiunto il 23 per cen-to. Il fenomeno è più accentuato per le laureate (il 40 per cento, contro il 31 per cento degli uomini) e non appare specifico di una particolare fascia di età, interes-sando tutto il ciclo della vita lavorativa (Figura 3.16).

Segregazione occupazionale e minore valorizzazione delle competenze produ-cono disparità salariale. La retribuzione netta mensile delle dipendenti è inferiore di circa il 20 per cento a quella degli uomini (nel 2010, 1.096 contro 1.377 euro),

Aumenta l’occupazione femminile non qualificata

anche se il divario si dimezza considerando i soli impieghi a tempo pieno (rispet-tivamente 1.257 e 1.411 euro). Tra gli occupati full time, differenze significative permangono per le laureate (1.532 euro rispetto ai 1.929 euro dei maschi). In una carriera spesso contraddistinta, oltre che dalla maggiore presenza dei fenomeni di sovraistruzione, anche da episodi di discontinuità dovuti alla nascita dei figli, il differenziale salariale a sfavore delle donne aumenta con l’età. Inoltre, le donne di-chiarano con minore frequenza degli uomini di beneficiare delle voci salariali ac-cessorie, quali gli incentivi o lo straordinario.

Agli ostacoli nell’accesso al mercato del lavoro si aggiunge, dunque, per le don-ne il difficile miglioramento della situaziodon-ne di partenza, in termini di qualifica ri-coperta e di retribuzione percepita. Peraltro, le donne presentano anche una mi-nore anzianità lavorativa in confronto agli uomini: lo scarto è di circa un anno per le occupate più giovani per poi aumentare progressivamente a due anni tra i 35 e i 54 anni e a tre nella fascia di 55 anni e oltre.

Permane poi una maggiore diffusione del lavoro temporaneo femminile (di-pendenti a tempo determinato e collaboratori), che incide per il 14,3 per cento, contro il 9,3 per cento degli uomini, cosicché un lavoratore temporaneo su due è donna (anche se le donne rappresentano il 40 per cento circa degli occupati tota-li). L’incidenza del lavoro temporaneo continua a essere più elevata nel Mezzo-giorno e tra le laureate, per le quali si raggiunge il 17 per cento. Tra l’altro, la mag-giore probabilità delle donne di svolgere un lavoro atipico nella fase iniziale della carriera (28,0 e 18,0 per cento, rispettivamente nelle classi di età 25-29 e 30-34 anni), che coincide con quella in cui le donne solitamente hanno figli, provoca un rischio maggiore di mancato rinnovo del contratto o mancata stabilizzazione in

ca-10 20 30 40 50 60 21-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50 e oltre 1.000 1.250 1.500 1.750 2.000 2.250 2.500 21-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50 e oltre Femmine Maschi Lavoratori sovraistruiti (incidenze percentuali)

Retribuzione netta mensile dipendenti a tempo pieno

(valori in euro)

Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

Figura 3.16 - Occupati laureati per sesso e classi di età - Anno 2010

Le donne guadagnano il 20 per cento in meno degli uomini

so di gravidanza, oppure di rinvio della maternità.

Tra il 2009 e il 2010, la trasformazione dei contratti atipici in rapporti di lavo-ro permanenti ha inoltre continuato a coinvolgere le donne meno degli uomini. I dati longitudinali dell’indagine sulle forze di lavoro mostrano, infatti, come nel-l’arco di un anno la probabilità di passare da un lavoro atipico a un lavoro full ti-me a tempo indeterminato riguardi 11 donne ogni cento atipiche e 17 uomini.

In questo quadro, la creazione di nuova occupazione nei servizi ad alta inten-sità di lavoro e a bassa qualificazione ha paradossalmente avvantaggiato il lavoro femminile. Per effetto della crescita della segregazione proprio in questo segmento del mercato del lavoro, le donne rappresentano ora il 52 per cento degli occupati dei servizi alla persona e la quasi totalità di quelli domestici alle famiglie.

Nel documento RAPPORTO ANNUALE (pagine 164-167)