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Cornelio Gallo e i papiri

4 Il POxy XXXVII 2820

L’ultimo tratto del nostro iter, certamente quello più insicuro e sdrucciole-vole, è costituito dal POxy XXXVII 2820, un frammento di un rotolo (l: ca 15 cm ; h: ca 19,5 cm) contenente, sul recto e delineati paralleli alle fibre, i resti di un’opera storica ed edito per la prima volta nel 1971 dal grande E. Lobel,35 che, su base paleografica, lo assegnava alla I metà del II sec. d.C. Diversamente il Treu36 pensava di riferirlo alla seconda metà dello stesso secolo, ma la cronologia del Lobel è stata più recentemente ribadita con nuove osservazioni dal Callegari.37

Il papiro conserva due colonne successive di scrittura; della prima re-stano 30 linee in gran parte complete, essendo caduta la parte finale solo di alcune; della seconda rimangono magri resti della parte iniziale di 10 linee. Il frammento conserva un ampio margine superiore (h ca 3,5 cm) e parte dell’intercolumnio e del margine sinistro della I colonna. La scrittura è una maiuscola agile e rotonda, non inelegante, rientrante agevolmente nel sistema bilineare, con lettere staccate o accostate e ad asse verticale; il modulo delle lettere è costante; presente un certo chiaroscuro, dato dal contrasto tra i tratti verticali ed obliqui, per lo più spessi, e i tratti

orizzon-35 Lobel 1971, pp. 97-100.

36 Treu 1973, p. 221.

tali, sistematicamente fini. Lo spazio interlineare appare costante. Possia-mo forse pensare, in ultima analisi, ad un’edizione di discreto livello: un esemplare verosimilmente di biblioteca. Sul verso sono parti di due colonne di un testo non identificato, che Lobel assegnava con qualche dubbio al III sec. d.C. Quanto al contenuto, egli riteneva (p. 97) che «the details are too indefinite or too uncertain to make much of a contribution to knowledge». A suo avviso si può solo dire che nella porzione residua dell’opera storica si coglie un riferimento a delle misure prese da una persona che gode di una certa autorità in Egitto possibilmente nel secondo quarto del I sec. a.C.

Questo il testo critico dato dallo studioso:

Col I Col. II

μεταπέμποιτο

[

ἀφίστασθαικαὶδιὰ

τοῦτο

[ ]

τ

̣

επλεί

- desiderantur 3 ll.

ωτῶν

.[ ]

νων

.

να

[ [

]

χάλκευεκ

[

αὶ

]

τ

̣

η

̣[

κατ

[ .]

πατραςναυ

̣ [

κοτ

[

-

μετὰτὸνἐκε

[

ίν

-

πιφ

[

αν

]

εστατ

[-

θάνατονὥσπ

[

ε

]

ρ

τωνἐνΘή

[

β

]

αις

[

εἰκὸςἐξημελ

[

η

-

ἐπὶτούτουςοὐπρ

. [

μένονπάλινἐξ

- [.]

οcἀνέπλειπ

. [

ῄεικ

̣<

αὶ

>

φρουρὰςἐ

-

ἄλληιτη

[

πὶ

`

ταῖς

´

τῆςχώραςἐμ

-

τραςπα

̣[

βολαῖς

[

]

στηκα

[

λα

.[

πάνταὅσαπρὸ

[

ς

. . .

πόλεμονἦνε

[

-

τρέπιζενὡστε

[ ] . .

α

̣[.]

ο

̣.

εντει.λ.

[ ]

ολαβὼν

[ ].[ ]

περὶ

[

Θή

-

βαςΑἰγυ

[

πτί

]

ουςτῶν

ἄλλωνεἶναιμα

-

χιμωτάτουςπρῶ

-

τονμὲνπροὔτρε

-

πεναὐτοὺςἐκ

[

ου

-

σίωςἐπὶτὴνστρ

̣[

α

-

τ

̣̣

ε

̣

ί

̣

ανὡςδ

ʼ

οὐκἠ

[-

νείχοντοπροc

[ . . [ ]

νατ

. .

ε

. . . . [ ] . [

λ

̣

ε

̣ .

ετο

[ ]

σ

̣

o

. . [ . . .

Il Lobel, con sana prudenza, si limitava a cercare di interpretare le parti del testo meno discontinue. Così nella col. I 1-3 egli presupponeva che si parlasse di qualcuno che intendeva «ribellarsi nel caso in cui venisse fatto chiamare» e subito dopo si illustrasse la conseguenza di tale circostanza

(

διὰ τοῦτο

); riteneva giustamente, inoltre, che siamo in presenza di un

contesto politico-militare, come appare anche dal successivo [

]

χάλκευε

«forgiava», verbo che viene talora riferito alla lavorazione di armi, cf., per esempio, Soph., Ai., 1034; Plut., Cam., 40, 4; Diod., 17, 58, 5. Alle ll. 5-11 il Lobel avrebbe pensato di integrare:

κ

[

αὶ τὸ

]

τ

̣

̣[

ς Κλε

|

ο

]

πάτρας

ναυ

̣[

τικὸν

]|

μετὰτὸνἐκε

[

ίνης

]|

θάνατονὥσπ

[

ε

]

ρ

|

εἰκὸςἐξημελ

[

η

]|

μένονπάλιν

ἐξῄεικ

̣<

αὶ

>

φρουρὰς ἐ

|

πὶ‘ταῖς’τῆς χώραςἐμ

|

βολαῖς

[

]

στηκα

[

]|

πὰντα ὅσα

πρὸ

[

ς

]|

πόλεμονἦνε

[

]|

τρέπιζεν

, vale a dire «e la flotta di Cleopatra, che, come era naturale, dopo la sua morte era stata trascurata, di nuovo [...] pose presìdi ai posti di frontiera del paese e preparava tutto quanto per una guerra». Tuttavia allo studioso facevano difficoltà sia il verbo

ἐξῄει

, che non ha il valore che qui sarebbe necessario, vale a dire «allestire, orga-nizzare», bensì quello intransitivo di «uscire, partire per una spedizione», sia l’incerta presenza del

καὶ

a l. 11 sia, infine, l’integrazione

τ

̣

̣[

ςΚλε

|

ο

]

πάτρας

a ll. 5 s., che comporta il presupporre una linea eccessivamente

lunga rispetto a tutte le altre. Per il Lobel l’eventuale menzione della flotta di Cleopatra (51-30 a.C.) potrebbe richiamare la testimonianza di Plutarco (Ant., 64; 66), secondo il quale Cleopatra ad Azio aveva una flotta di 60 na-vi; tuttavia, al di là della difficoltà rappresentata dall’eccessiva lunghezza della linea, il fatto che oltre alla figlia di Tolemeo XII Aulete ci siano state molte altre Cleopatre rende incerta la cosa.

Il resto della colonna non è di difficile interpretazione: dopo un riferi-mento agli abitanti della zona di Tebe, definiti i più bellicosi di tutti gli altri Egiziani, si dice (ll. 22-27) che «egli dapprima li esortava a prendere parte volontariamente alla spedizione, ma poiché non sopportavano...».

Sul papiro si è svolto un articolato dibattito, che sostanzialmente ha visto, da un lato, alcuni studiosi ritenere che esso parli dell’attività di Cornelio Gallo in Egitto, altri negarlo. Nel 1973 il Treu,38 nel riesaminare il papiro, considerava sicura la presenza di Cleopatra alle ll. 5 sg.: a suo avviso si può superare la difficoltà dell’eccessiva lunghezza della linea, presupponendo che il

καὶ

fosse abbreviato come alla l. 11; d’altra parte dal momento che solo di Cleopatra VII sappiamo che avesse allestito e comandasse una flotta e le 60 navi con le quali ella abbandonò Azio per tornare ad Alessandria erano le sue navi, a suo avviso quella menzionata nel papiro è proprio l’ultima regina di Egitto. Alle ll. 5-18 il Treu proponeva il seguente testo, in larghissima misura basato sulle integrazioni del Lo-bel: [

]

χάλκευεκ

<

αὶ

> [

τὸτ

]

̣[

ςΚλε

|

ο

]

πάτραςναυ

̣[

τικὸν

] |

μετὰτὸνἐκε

[

ίνης

] |

θάνατονὥσπ

[

ε

]

ρ

|

εἰκὸςἐξημελ

[

η

]|

μένονπάλινἐξ

|

ῄεικ

̣<

αὶ

>

φρουρὰςἐ

|

πὶ‘ταῖς’

τῆςχώραςἐμ

|

βολαῖς

[

]

στηκα

[

]|

πάνταὅσαπρὸ

[

ς

] |

πόλεμονἦνε

[

]|

τρέπιζεν

ὥστε

̣[ | ] . .

α

̣[.]

ο

̣.

εντει

̣

λ

̣ [|

ὑπ

]

ολαβὼν

[. Per lo studioso l’espressione «dopo la morte di lei» fornisce un preciso terminus post quem dei fatti narrati nel papiro, che devono risalire ad un periodo comunque non troppo lontano dalla fine di Cleopatra, quando il resto del suo esercito portava ancora il suo nome: premessa cronologica che induce, a suo dire, a ritenere che nel papiro si parli di episodi relativi ad attività del primo prefetto di Egitto Cor-nelio Gallo, che si vantava (nel testo della stele trilingue di File39 e secondo la testimonianza di Strabone, 17, 1, 53) di avere fulmineamente stroncato una ribellione nella Tebaide, una vicenda a cui farebbero riferimento le ll. 3-5 della col. II del papiro, dove gli

ἐπιφανέστατοι ἐνΘήβαις

sarebbero gli uomini più in vista di Tebe, che, come spesso succedeva, pagavano per tutti il tradimento.

Il Treu riconosceva che quanto sappiamo da altre fonti dell’attività di Gallo in Egitto «non è né congruo né simile al testo del papiro»,40 ma attribuiva molta importanza alla seconda metà della col. I e, come si è detto, alle ll. 3-5 della col. II. Alle ll. 19-27 della col. I, a suo avviso si parla di qualcuno che in un primo momento (

πρῶτον

) esorta i bellicosi Tebani a far parte volontariamente del suo esercito, ma successivamente, avendo ricevuto un rifiuto, evidentemente organizza una rappresaglia. Per il Treu il papiro, per quanto frammentario, getta nuova luce sulla condotta di Gallo in Egitto: è lui che, volendo ribellarsi a Roma e a Ottaviano, riorganizza la flotta egiziana appartenuta a Cleopatra e mette in atto una serie di inizia-tive di tipo autocratico connesse col suo disegno: conia moneta di rame, usando gran parte della tesoreria egiziana (è il senso di

τά

]

τ

̣

επλεί

|

ωτῶν

κ

̣[

οι

]

νῶ

̣

ν

| [

]

χάλκευε

integrato dal Treu in col. I 3-5); sistema truppe negli ingressi del Paese (

κ

̣<

αὶ

>

φρουρὰς ἐ

|

πὶ

ˋ

ταῖς

ˊ

τῆςχώρας ἐμ

|

βολαῖς

[

]

στη

); prepara tutto ciò che è necessario per una guerra (

κα

[

]|

πάνταὅσαπρὸ

[

ς

]

|

πόλεμονἦνε

[

]|

τρέπιζεν

). Tuttavia egli incorre nel rifiuto da parte degli

abitanti della Tebaide di arruolarsi volontariamente nell’esercito, cosa che induce il prefetto ad organizzare contro di essi una spedizione punitiva e a rendersi conto di non potersi fidare della popolazione locale (è il senso di

[

ὑπ

]

ολαβὼν

[ integrato dal Treu in col. I 18) e quindi, conseguentemente, ad

abbandonare ogni progetto di sedizione militare contro Roma. Ma Augusto comunque, informato del suo progetto, lo fa processare davanti al senato. Due anni dopo, l’interpretazione del Treu fu del tutto demolita dal Lewis,41

39 Sulla stele rinvio alla recente edizione di Hoffmann, Minas-Nerpel, Pfeiffer 2009 e a

Arcaria 2009; Arcaria 2013.

40 Treu 1973, p. 227.

che considerava la ricostruzione dello studioso «ingenious»42 ma non suf-ficientemente fondata. Lewis muoveva due obiezioni fondamentali: 1. La caduta in disgrazia di Gallo e il conseguente suicidio risalgono al 26 a.C., dopo il suo ritorno a Roma: se il suo comportamento sedizioso o arrogante, risalente agli anni 30-29 a.C., fu la causa della sua rovina, perché fu tenuto nella sua carica per altri tre anni? 2. L’interpretazione del Treu si basa su una ricostruzione errata del testo del papiro. Innanzitutto egli, secondo il Lewis, non tiene conto del fatto che a l. 3 tra

τουτο

e

τ

̣

ε

la lacuna è troppo ampia perché si possa pensare ad integrare

τά

, come del resto avvertiva già il Lobel e come ho potuto personalmente constatare sull’eccellente fo-tografia digitale del papiro visibile sul sito web degli Oxyrhynchus Papyri,

www.papyrology.ox.ac.uk; il verbo

χαλκεύω

non può avere il significato di «coniare moneta di rame»: per il Lewis una cosa è il lavorare, il forgiare il metallo, concetti che vengono indicati in greco con il verbo

χαλκεύω

, altra cosa è il coniare moneta, designato normalmente dal verbo

κόπτω

; inoltre i vari esempi (Ar., Pl., 569; Dem. 8, 23; Pol., VI 56, 13), che il Treu cita per sostenere che anche il plurale

κοινά

possa valere, come il singolare,

κοινόν

, «tesoro, cassa dello stato», per il Lewis non sono sufficienti, dal momento che solitamente in epoca tolemaica per indicare il tesoro statale si usa

τὸ

βασιλικόν

; quale «colpo di grazia» dell’interpretazione del Treu il Lewis

adduce, infine, il fatto che le tracce residue sull’originale, controllato per lo stesso Lewis da J. Rea e R. Coles, non permettono di accogliere la let-tura

κ

̣[

οι

]

νῶ

̣

ν

, al posto della quale egli propone

̣

κ

̣

α

̣

νῶ

̣

ν

, una lettura che il controllo della ricordata fotografia digitale consente di potere accettare.43

Il Lewis dà la seguente ricostruzione delle ll. 2-5:

καὶδιὰ

|

τοῦτο

[

ὅπλα

]

τ

̣

ε

πλείωτῶνἱ

̣

κ

̣

α

̣

νῶ

̣

ν

[

]

χάλκευε

, che traduce: «and for this reason he forged a more than adequate quantity of weapons».

Il Lewis risolveva il problema dell’eventuale presenza del nome Cleo-patra alle ll. 5 sg., presupponendo che la prima parte di esso,

ΚΛΕ

, fosse stata scritta non alla fine della l. 5, dove non c’è assolutamente spazio, bensì all’inizio della l. 6, dove c’è un buco nel papiro: il nome «may have projected into the left margin»44 oppure le lettere potrebbero essere state aggiunte supra lineam, tra le linee 5 e 6. Grazie al controllo dell’originale, eseguito da Coles e Rea, i problemi alle ll. 10 sg. sicuramente spariscono, dal momento che il papiro ha

ἐξήρτυεφρουρὰς

; il verbo

ἐξαρτύω

, «allestisco, preparo» è proprio quello di cui il Lobel sentiva la mancanza. Quanto alla congiunzione

καὶ

di l. 11 il Lewis osserva che la traccia nella quale Lobel vede resti di un

Κ

in realtà è ciò che resta dell’

Ε

di

ἐξήρτυε

, mentre i lievi

42 Lewis 1975, p. 295.

43 Osservo solo che dell’A rimane un traccia infinitesimale, mentre si può togliere il punto

dell’incertezza al di sotto dell’Ω.

resti che lo stesso Lobel scorgeva al di sopra di

υρα

potrebbero essere

και

oppure

τε

: entrambe le congiunzioni risolverebbero il problema dell’asin-deto, che obiettivamente fa difficoltà; tuttavia il Lewis preferisce scrivere <

καὶ

>, presupponendo che nel trascrivere la linea il copista, distrattosi, non abbia curato la coordinazione della frase, per cui ha scritto

φρουραιc

al dativo e successivamente ha eliminato lo iota, poi ha mancato di scri-vere il

ταῖς

di l. 12 che ha aggiunto supra lineam, dimenticando alla fine di delineare il

καὶ

. La spiegazione del Lewis non è inverosimile: da parte mia osservo che le lievi tracce presenti al di sopra di

υρα

mi sembrano sbava-ture di inchiostro. Questo il testo della col. I ricostruito dal Lewis:

μεταπέμποιτο

[ ] |

ἀφίστασθαικαὶδιὰ

|

τοῦτο

[

ὅπλα

]

τ

̣

επλεί

|

ωτῶνἱ

̣

κ

̣

α

̣

νῶ

̣

ν

| [

]

χάλκευε κ

[

αὶ τὸ

]

τ

̣

[

ς

ǀ ˋ‘

Κλε

ˊ

’ο

]

πάτρας ναυ

̣[

τικὸν

]|

μετὰτὸν ἐκε

[

ίνης

]|

θάνατον ὥσπ

[

ε

]

ρ

|

εἰκὸς ἐξημελ

[

η

]|

μένον πάλιν ἐξ

|

ήρτυ

̣

ε

<

καὶ

>

φρουρὰς

|

πὶ

ˋ

ταῖς

ˊ

τῆς χώρας ἐμ

|

βολαῖς

[

]

στη κα

[

] |

πάντα ὅσα πρὸ

[

ς

]

πόλεμον

ἦν ε

[

]|

τρέπιζεν ὡστε

̣[ | ] . .

α

[.]

ο

̣.

εντει

̣

λ

̣ [ | ]

ολαβὼν

[ ].[ ]

περι

[

Θή

]|

βας

Αἰγυ

[

πτί

]

ους τῶν

|

ἄλλων εἶναι μα

|

χιμοτάτους πρῶ

|

τον μὲν προὔτρε

|

πεν

αὐτοὺςἑκ

[

ου

]|

σίωςἐπὶτὴνστρ

̣[

α

]|

τε

̣̣

ί

̣

ανὡςδ

ʼ

οὐκἠ

|

νείχοντοπροc

[ Per il Lewis i fatti narrati nel papiro non riguardano Cornelio Gallo, bensì il nuovo prefetto di Egitto, Elio Gallo, al quale Augusto nel 26 a.C. chiese di effettuare una spedizione in Arabia Felix (l’Arabia del sud-ovest). Cornelio stroncò rapidamente rivolte in Heroonpolis e a Tebe (Strab. 17, 1, 53), due operazioni militari che non dovettero richiedere una massiccia produzione di nuovi armamenti. Per la sua spedizione, invece, Elio, come apprendiamo da Strabone (16, 4, 23), allestì un’enorme flotta da guerra non necessaria, circostanza che secondo il Lewis richiama l’espressione del papiro

πλείω

τῶνἱ

̣

κ

̣

α.νῶ

̣

ν

. Nemmeno la riorganizzazione della flotta di Cleopatra, secon-do il Lewis, può essere riferita a Cornelio, dal momento che egli per le sue due veloci repressioni non ebbe bisogno di una flotta, ma al massimo di una compagine di vascelli leggeri; una flotta vera e propria occorreva, invece, ad Elio, per la sua spedizione in Arabia,45 per la quale, secondo la ricordata testimonianza di Strabone, egli allestì una flotta di non meno di ottanta navi, tra biremi, triremi e vascelli leggeri. Quanto alle guarnigioni lasciate agli ingressi del Paese, per il Lewis Cornelio lasciò certamente un distaccamento a sud dopo l’accordo con gli Etiopi, ma non dovette aver bisogno di sistemarne altri, dal momento che si misurò con limitate rivolte locali, a differenza di Elio, che apprestandosi a portare fuori dall’Egitto il suo esercito, potrebbe essersi trovato nella necessità di difendere la provincia da attacchi esterni. Per lo studioso solo le ll. 18-27 della col. I potrebbero adattarsi a Cornelio, nel senso che egli, dopo di averli

fitti, potrebbe avere invitato (ricevendone comunque un rifiuto) i Tebani, da lui considerati a quel punto i più bellicosi di tutte le genti egiziane, ad arruolarsi nel suo esercito in vista di una spedizione a cui egli si accingeva, spedizione che potrebbe solo essere quella verso la frontiera etiopica. Ma se fosse così – osserva giustamente il Lewis – vorrebbe dire che Corne-lio abbia preso quella serie di iniziative – forgiare armi, riorganizzare la flotta, sistemare guarnigioni – nel lasso di tempo intercorso tra la vittoria sui Tebani e la spedizione contro gli Etiopi, cosa che lo studioso considera «a patent absurdity».46 A suo parere le ll. 18-27 di col. I si adattano bene, invece, a Elio, il quale effettivamente preparò una spedizione contro l’Ara-bia, spedizione che sia Strabone (16, 4, 23; 24) sia Cassio Dione (53, 29, 3) designano con il termine

στρατεία

. La conclusione di Lewis è perentoria: «Treu’s attempt to relate [POxy 2820] to Cornelius Gallus rests on a com-bination of false reading and false idiom, and must be rejected, In contrast, a fairly strong case can be made out for interpreting P.Oxy. 2820 as an account of preparations for Aelius Gallus’ expedition to Arabia Felix».47

Nel 1978 il papiro fu riesaminato dal Luppe,48 il quale ammise che il Lewis avesse addotto «wichtige argumente»49 contro la ricostruzione del testo proposta dal Treu, ma ritenne comunque che egli non avesse invalidato la tesi che nel frammento si parli di Cornelio Gallo. Luppe ripropose l’idea che il frammento illustri un tentativo di ribellione di Cornelio Gallo nei confronti di Roma, facendolo comunque risalire ad un’epoca in cui il prefetto era già caduto in disgrazia: Gallo avrebbe cercato di organizzare un esercito locale, per opporsi militarmente ad Augusto, nell’ipotesi che questi gli avrebbe tolto la carica o lo avrebbe richiamato a Roma. Fondamentali nella sua ricostru-zione sono proprio i tanti massicci preparativi di guerra in cui si impegna il protagonista della narrazione del papiro, che se, come pensava giustamente il Lewis, poco avrebbero potuto adattarsi alle ridotte azioni militari interne intraprese da Cornelio, appaiono del tutto congrui nel caso in cui egli si apprestasse ad affrontare la potenza militare di Roma.

Il Luppe risolveva diversamente dal Treu e dal Lewis il problema della presenza di Cleopatra. Le tracce, a l. 5, che il Lobel ed il Lewis facevano risalire alle lettere

ΤΗ

ed il Treu ad

Η

, a suo avviso vanno interpretate di-versamente; ciò che si vede sul papiro è un tratto orizzontale al centro del quale spunta un breve tratto verticale; secondo il Luppe la parte sinistra del tratto orizzontale è il tratto obliquo superiore di un

Κ

, il breve tratto

46 Lewis 1975, p. 300.

47 Lewis 1975, p. 300.

48 Luppe 1978, pp. 33-48. Nello stesso anno Mette 1978, pp. 35 sg. pubblicò il papiro

limitandosi a riprodurre il testo quale era stato letto ed integrato dal Lobel, senza alcun commento.

verticale è il vertice di un

Λ

, la parte destra del tratto orizzontale è il tratto trasversale di

Ε

, che fuoriesce verso sinistra dal corpo della lettera. Quindi il Luppe vede nelle tracce residue i resti di

ΚΛΕ

, per cui integra

κ

[

αὶ τὸ

]

Κ

̣

λ

̣

ε

̣|[

ο

]

πάτρας

, per cui la frase sarebbe

κ

[

αὶτὸ

]

Κ

̣

λ

̣

ε

̣|[

ο

]

πάτραςναυ

[

τικὸν

] . . .

ἐξήρτυε

. La soluzione del Luppe è ingegnosa. Il controllo della fotografia mi

induce tuttavia a nutrire dei dubbi, se non altro di natura paleografica: 1. il tratto obliquo superiore di

Κ

nel papiro è sempre ascendente, da sinistra verso destra, oppure orizzontale; qui sarebbe discendente, da sinistra verso destra. 2. il tratto mediano di

Ε

non sempre fuoriesce a sinistra e quando fuoriesce lo fa di poco; qui invece fuoriuscirebbe di molto. Non mi sento di escludere del tutto che le tracce alla fine della l. 5 possano appartenere a

ΤΗ

, come ha ritenuto anche il Callegari.50 In ogni caso, a mio avviso, la presenza di Cleopatra nel papiro è molto probabile, ma non sicurissima. Senz’altro convincente la soluzione proposta dal Luppe al problema dello strano asindeto a col. I 10-12, dove lo studioso scrive

ἐξ

|

ήρτυ

̣

εφρουρὰς

<

τ

’>

|

πὶ

, soluzione, per dir così, meno invasiva del <

καὶ

> suggerito dal Lewis. In col. I 16-18 il Luppe scriveva

ὥστε

[

στα

|

σι

]

ά

̣

σ

̣

α

̣[

ι

],

̣

τ

ἐντέρμ

̣[

α

|

τιεἴη

, frase che a suo parere indicava la finalità ultima dei preparativi intrapresi da Cornelio: essere pronto a ribellarsi nel momento decisivo («so dass er den Aufstand beginnen könnte, wenn er vor die letzte Entscheidung gestellt wäre», la sua traduzione); in particolare il significato di

̣

τ

ἐντέρμ

̣[

α

|

τιεἴη

sarebbe «wenn er an der Grenze, am Ende (d.h. am Endpunkt) wäre». Sul papiro a l. 17, dopo una lacuna di due lettere, si scorgono tracce di tre let-tere, delle quali la prima non mi sembra affatto rapportabile ad un

Α

, dal momento che di essa (come notava già il Lobel) resta solo la parte alta di un tratto verticale; della seconda resta un tratto orizzontale alquanto allun-gato che a mio avviso fa parte di un

c

(il Lobel aveva difficoltà a rapportare il tratto ad un

c

, dal momento che «it would be abnormally long», ma esso ha la medesima lunghezza del

c

di

τῆς

di l. 12);51 la terza lettera può essere un

Α

. Dopo una lacuna di una lettera il papiro ha

Ο

.

ΕΝΤΕ

. .; Lobel, Lewis e Callegari leggevano

Ο

.

ΕΝΤΕΙ

̣

Λ

̣.52 Tra l’

Ο

ed

Ε

si scorge un lungo tratto orizzontale che potrebbe far parte di un

c

oppure di un

Τ

o, ancora, di un

Κ

, non certamente di un

Ν

, come riteneva, a torto, Goukowsky.53 Le ultime tracce residue della linea sono fatte risalire (da Lobel, Lewis, Gallegari) rispettivamente a

Ι

e a

Λ

, mentre il Luppe vi scorgeva i resti di un

Ρ

e di un

Μ

. Di queste due lettere la prima non mi parrebbe uno

Ι

, dal momento che il tratto verticale residuo presenta sulla destra della sua sommità un più

50 Cfr. infra.

51 Callegari 1999, p. 102, dopo la iniziale lacuna di due lettere legge ̣ ̣, ma la traccia di

un’altra lettera prima del c è sicura.

52 Lobel considera incerto l’O.

piccolo tratto, che fa parte della lettera, che, per questo, non può essere

Ι

; ad uno

Ι

pensava, come si è detto, anche Callegari, il quale escludeva il

Ρ

, dal momento che quel tratto «non ha in realtà un minimo accenno di curvatura» e dunque non può far parte dell’occhiello di un

Ρ

.54 Se però si osservano gli altri casi di

Ρ

nel papiro (come, per es., l’ultimo

Ρ

di col. I 11 oppure quello di l. 12), si nota che la parte inferiore dell’occhiello è per dir così diritta e non curva: la possibilità che la lettera di l. 17 sia

Ρ

non può essere esclusa, come non può essere del tutto escluso che la lettera successiva sia un M. Secondo Callegari la lettera non può essere un

Μ

, «poiché, come si può vedere osservando i

μ

delle righe 1, 9, 15 della prima colonna, il punto di incontro tra il montante di sinistra e la traversa si colloca di solito più in basso»; Callegari ha ragione; ma se osserviamo il

Μ

di col. I 12, vediamo che in esso l’attacco tra i due tratti avviene in alto, come nel caso della lettera di l. 17. In conclusione ritengo sia da respingere l’integrazione [

στα

|

σι

]

ά

̣

σ

̣

α

̣[

ι

] proposta dal Luppe; sul piano paleografico potrebbe essere non invero-simile la successiva ricostruzione dello stesso studioso

̣

τ

ἐντέρμ

̣[

α

|

τιεἴη

, dove però a mio avviso lascia perplessi la parola

τέρμα

(«limite, fine» vale a dire «punto finale», secondo lo studioso): essa indica55 «fine, estremità» in senso geografico o temporale; metaforicamente può valere anche «cul-mine, punto culminante, méta», significato, quest’ultimo, che in qualche modo potrebbe adattarsi alla interpretazione di Luppe, tuttavia in questo caso forse la parola dovrebbe essere accompagnata dal genitivo di un altro sostantivo, che indicasse di quale culmine si stia parlando.

Qualche cambiamento il Luppe apportava anche alle ll. 18-27, che così restituiva:

καὶ ὑπ

]

ολαβὼν

| [

τοὺς ἐν τῆι

]

περὶ

[

Θή

]|

βας Αἰγυ

[

πτί

]

ουςτῶν

|

ἄλλωνεἶναιμα

|

χιμοτάτουςπρῶ

|

τον μὲνπροὔτρε

|

πεναὐτοὺς ἑκ

[

ου

]|

σίωςἐπὶ

τὴνστρ

̣[

α

]|

τ

̣

ε

̣

̣

ανὡςδ

ʼ

οὐκἠ

|

νείχοντοπροc

[, che traduce: «Und da er meinte, die in der Gegend um Theben wohnenden Ägypter wären unter den ande-ren die kriegstüchtigsten, trieb er sie zuerst aufgrund eigener

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