• Non ci sono risultati.

IL PRESENTE E L’ADESSO (L’ISTANTE PRESENTE)

Nel documento MIMESIS / FILOSOFIE (pagine 103-109)

Il presente, andando a collocarsi tra il passato e l’av-venire, fa appello – seppure alla lontana – alla nozione di limite. Questi limiti sono fl uidi e inafferrabili, ma l’idea della loro esistenza resta legata al presente. Possiamo an-che dire an-che il presente defl uisce in se stesso. È come se fossero delle onde all’interno di un vaso chiuso, con la dif-ferenza che il vaso qui non esiste affatto, ma sono le onde stesse a formarlo e a delimitarlo. Il medesimo stato di cose, in fondo, si ritrova nel fatto che il presente è vissuto come “una parte” del tempo. Tutto ciò che è “uno” in relazione al tempo comporta comunque la durata vissuta, come tutto ciò che è “due” in rapporto ad esso si succede necessa-riamente. Abbiamo insistito in modo particolare su questo punto nella nostra opera [Le Temps vécu]. Qui abbiamo solamente stabilito un legame più profondo tra la durata vissuta e il presente, limitando – legittimamente, a nostro modo di vedere – la prima al secondo. Solo ciò che è vis-suto come presente può legarsi all’attributo “essere” in rapporto al tempo. In altre parole, il presente non è “uno” ma “la” parte del tempo in quanto questo non ne conosce altre. E, di fatto, dire che il tempo si compone del presente,

del passato e dell’avvenire, signifi ca ricadere nei paralogi-smi del tempo assimilato a una linea dritta e renderlo oltre misura immobile. In realtà, quando vogliamo ricostruire il tempo, noi lo facciamo – partendo dal presente – in modo più o meno approssimativo, innanzi tutto sotto forma di successioni di presenti [présents successifs], senza che possiamo del resto delimitarli esattamente gli uni in rap-porto agli altri. Arriviamo così a opporre alla “nostra” vita, al “nostro” presente, altri presenti, subordinandoli alla continuità vissuta, intimamente connessa alla successione. Ritroviamo un rifl esso di questo stato di cose nel fatto che la storia non si limita affatto allo studio di personaggi e di avvenimenti del passato, ma descrive ancora delle “epo-che” con un profi lo caratteristico per ciascuna di esse.

Il presente può così congiungersi all’attributo raziona-le “essere una parte di un tutto”. Ciò ci rimanda al modo in cui abbiamo studiato il presente nella nostra opera sul

Temps vécu, dove, prendendo come fi lo conduttore questo

attributo razionale, svincolavamo innanzi tutto il fenome-no dell’adesso [le phéfenome-nomène du maintenant] per consi-derare in seguito il presente, nella fl uidità dei suoi limiti, come questo adesso dispiegato [ce maintenant déployé]. Del resto, dicevamo che l’ordine all’interno del quale col-locavamo i fenomeni di un medesimo gruppo aveva una portata affatto relativa. Anche qui abbiamo potuto inverti-re quest’ordine senza problemi. Abbiamo messo in primo piano il presente. Ciò sembra del tutto naturale dal mo-mento che si tratta di collocare il presente in relazione al passato e all’avvenire vissuti, mettendo in rilievo gli aspet-ti caratterisaspet-tici di ciascuna di queste tre modalità di vivere il tempo. D’altra parte, abbiamo invertito allo stesso modo la nostra descrizione della struttura dell’avvenire vissuto, muovendo non dall’attività e dall’attesa, come avevamo in

precedenza fatto, ma dalla ricerca dell’azione etica e dalla preghiera, fenomeni chiamati ad aprire di fronte a noi l’av-venire nella sua grandezza e a mettere in evidenza il suo valore specifi co e supremo.

È ora per una sorta di restringimento del presente che approderemo all’“adesso”, allo stesso modo in cui abbia-mo visto la ricerca dell’azione etica e della preghiera con-trarsi, attraverso il desiderio e la speranza, fi no all’attività e all’attesa, collocate più sul piano della vita quotidiana e perfi no biologica che su quello della vita in quanto fe-nomeno [vie phénomenale] o della vita in quanto tale. E, di fatto, diversamente dal presente, l’adesso, l’istante presente, è incapace di realizzare per noi alcunché di com-piuto, di vissuto. Esso serve solamente a stabilire l’“Io-qui-adesso” come centro della nostra attività e, privo di una sua propria portata, è destinato innanzi tutto a segnare i punti d’arrivo o di partenza – se così si può dire – di questa attività. Espressioni come «vengo adesso dal fare» oppure «adesso vado a fare» indicano assai nettamente il ruolo che è chiamato a svolgere l’adesso. Molto più spesso chiederemo a uno dei nostri simili «Che cosa intendi fare adesso? Che cosa conti di fare adesso? Che cosa hai inten-zione di fare adesso?», invece che «Che cosa fai adesso?», a patto di non dare qui alla forma del presente il signifi cato delle locuzioni precedenti.

L’adesso viene così a collocarsi sullo stesso piano dell’attività e dell’attesa, le quali – come sappiamo – non raggiungono che l’avvenire immediato e si riferiscono più all’Io nelle sue relazioni più concrete con l’ambiente im-mediato che all’Io nella sua generale comunione con il co-smo nella sua universalità. È quest’ultimo aspetto dell’Io che tuttavia ci interessa in primo luogo. Abbiamo così fat-to passare il presente prima dell’adesso.

Per analogia con la struttura dell’avvenire vissuto do-vremmo domandarci ancora se non esista un livello in-termedio tra il presente e l’adesso. Ci sembra probabile che questo livello sia realizzato dalla “giornata presente”, dall’“oggi”, ma in questa sede non ci dilungheremo troppo su questa questione. Può darsi che sia comunque lecito sta-bilire che, contrariamente alle altre “unità di misura” del tempo come l’ora [heure], il minuto, la settimana ecc., la giornata nella forma dell’“oggi” sembri contenere in sé un inizio e una fi ne “naturali” e avere così sul piano del vissu-to un carattere di gran lunga più originario di quelle. Non parliamo forse noi dell’incertezza del domani, non ci do-mandiamo «Che cosa ci riserva il domani?», benché esso sia stato così pienamente “logico” da mettere l’ora [heure] o perfi no il minuto seguente al posto dell’indomani?

Il presente, così come l’adesso, comporta l’attributo “essere parte di un tutto” solo al suo stato nascente. Supe-rare questo stadio equivale – come abbiamo visto – a ridur-re il tempo a un nulla. L’affermazione della mia esistenza che si ricollega all’“Io-qui-adesso” è solo l’espressione di un sentimento di potenza dell’essere attivo ed è priva di valenza ontologica. Quanto al presente vissuto, esso si presta appena, a motivo dei suoi limiti fl uidi, a un’affer-mazione così precisa della presenza. Dando solamente la misura della presenza non tanto affermata quanto vissuta, esso viene a collocarsi tra il passato e l’avvenire. Ciò è conforme al fatto che nella vita il “non-presente” come tale non interviene in alcun modo né in alcun momento; si scinde in seguito, e noi lo conosciamo solamente sot-to le sembianze del passasot-to e dell’avvenire vissuti che, con il presente, sono le tre modalità essenziali di vivere il tempo, a formare un tutto. Ciò è altresì conforme al fatto che l’antitesi razionale tra essere e non essere è, in fondo,

completamente estranea al tempo. Tutt’al più “non essere più”, questa prima “affermazione” che penetra nel tempo, potrebbe – abbassando il suo schermo sul tempo nella sua totalità – conferire al presente un’affermazione più precisa; e lo farà, del resto, privandolo in parte della sua pienezza, della sua fondamentale specifi cità, dal momento che ce lo mostrerà nella prospettiva di ciò che è fatalmente destinato a “non essere più”.

6.

Nel documento MIMESIS / FILOSOFIE (pagine 103-109)

Documenti correlati