CAPITOLO 4 L’UTILIZZABILITÀ DEI DATI NELL’AMBITO DEL RAPPORTO DI LAVORO:
4.3 LE CONDIZIONI LEGITTIMANTI E I PRINCIPI REGOLATORI DEL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI
4.3.1 IL PRINCIPIO DI LIMITAZIONE DELLA FINALITÀ
I dati personali sono trattati in modo lecito (non è lecito l’utilizzo di informazioni già oggetto di divieti di trattamento ai sensi degli artt. 4 e 8 St. lav.), corretto (secondo buona fede) e trasparente (informativa) nei confronti dell’interessato.
Particolarmente rilevante nell’impianto di protezione dei dati personali è il principio di limitazione della finalità, in base al quale i dati personali devono essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e in seguito trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità (art. 5, p.1, lett. b, Reg.). Tale principio ha costituito sin dalla Convenzione 108/1981 la pietra angolare della protezione della persona da raccolte automatizzate di dati259, obbliga il datore di lavoro, prima di eseguire il controllo, a predeterminare ed esplicitare nella informativa e nella valutazione d’impatto privacy, di cui rispettivamente agli artt. 13 e 35 Reg., gli scopi legittimi del monitoraggio selezionandoli tra quelli “connessi al rapporto di lavoro” e di rispettarli per la durata del trattamento 260.
Gli obiettivi del trattamento sono specificati con precisione prima della raccolta e degli stessi è data informazione all’interessato: le informazioni raccolte sono soggette poi ad un vincolo di finalità che ne inibirebbe l’impiego per finalità diverse e “incompatibili” con quelle
259 A. Ingrao, op. cit.,156-157.
260 Il principio di limitazione delle finalità si traduce in un obbligo posto in capo al datore di lavoro di
selezionare le ragioni obiettive (gli scopi) della raccolta dei dati fra quelle legittimamente ammesse dall’ordinamento, di comunicarle all’interessato e di rispettarle per la durata del trattamento. (Il tracciamento del percorso motivazionale del titolare circa le ragioni del trattamento fa parte dell’esplicitazione della base giuridica del trattamento ai sensi dell’art. 6 Reg.) (A. Ingrao, op. cit).
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inizialmente stabilite. Il vincolo di finalità sulle informazioni raccolte perdura per tutto il loro utilizzo, che dovrà essere adeguato, proporzionato e graduato rispetto alla finalità indicata. Come si concilia il principio di limitazione delle finalità con l’utilizzabilità dei dati personali a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, il fatto che il datore di lavoro è tenuto a determinare prima dell’inizio del trattamento uno scopo lecito e determinato, a renderlo noto cristallizzandolo nell’informativa e a rispettarlo per tutta la durata del trattamento sino alla cancellazione dei dati?
Che la questione non sia di facile gestione lo dimostrano le previsioni del Regolamento europeo laddove consentono l’utilizzo dei dati raccolti anche per finalità diverse da quelle originarie purché “compatibili” con queste ultime. È prevista una valutazione di compatibilità tra le finalità ulteriori e quelle inizialmente dichiarate, da effettuare caso per caso sulla base di un test denominato compatibility assessment, elaborato dal Gruppo di lavoro ex art. 29 sotto la vigenza della Direttiva 95/46/CE, ma destinato a trovare applicazione anche con il Regolamento. Il test tiene conto di diversi fattori: la relazione tra la finalità per le quali sono state raccolte e quelle ulteriori che si vogliono raggiungere, il rapporto di continenza tra le finalità iniziali e quelle ulteriori, il contesto nel quale sono stati raccolti i dati e la ragionevole aspettativa dell’interessato, le misure adottate dal titolare per garantire trattamenti ulteriori leali e prevenire illegittimi effetti rispetto agli interessati261.
In dottrina si è evidenziata una possibile contraddizione interna al sistema: l’utilizzabilità a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro è subordinata al rispetto della normativa privacy e la normativa privacy a sua volta prevede il rispetto del principio di limitazione della finalità, un fine inizialmente dichiarato ed un trattamento proporzionato e non eccedente rispetto a quel fine.
Sotto il profilo della finalità, il Garante della Privacy ha esplicitamente sostenuto che tale principio non impone soltanto di raccogliere i dati per uno scopo specifico, lecito e determinato, ma anche che tali dati non possono essere utilizzati per trattamenti ulteriori, secondo modalità incompatibili con lo scopo: lo scopo perseguito in concreto dal datore di lavoro non deve essere infatti incompatibile con le finalità per le quali i dati personali sono stati raccolti262.Ne potrebbe conseguire che un impianto di videosorveglianza autorizzato
261 A proposito del compatibility assesment vedi il parere n. 3/2013 del Gruppo di lavoro ex art. 29.
262 Il seguente passaggio, tratto dal provvedimento del Garante n. 434 del 2 ottobre 2014, Sistemi di
localizzazione e videosorveglianza. Utilizzo dei dati per fini disciplinari e tutela dei lavoratori, relativo
all’installazione di un sistema di localizzazione dei veicoli della società A.MA.CO. s.p.a. di Cosenza, chiarisce la problematica: Ritenuto altresì che nel caso di specie i dati personali dei dipendenti sono trattati attraverso
il sistema di localizzazione per esigenze organizzative e produttive e che pertanto eventuali operazioni di trattamento effettuate allo scopo ulteriore di contestare illeciti disciplinari ai dipendenti non siano conformi
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solo per ragioni di sicurezza sul lavoro consentirà l’utilizzo dei dati esclusivamente per finalità di tutela dell’integrità psicofisica del dipendente e non per fini disciplinari. La finalità di sicurezza posta alla base dell’installazione di una telecamera non potrebbe ricomprendere in sé il diverso scopo disciplinare di utilizzo del dato.
Come abbiamo visto una parte degli interpreti supera questa contraddizione in base alla considerazione che la previsione della disciplina generale soccombe di fronte ad una norma speciale che autorizza esplicitamente il trattamento delle informazioni raccolte per ogni utilizzo connesso al rapporto di lavoro263.
Di contrario avviso sono altri Autori: Patrizia Tullini sostiene che una interpretazione derogatoria della normativa generale sul punto della utilizzazione dei dati eccederebbe la stessa intenzione della riforma. In coerenza con le fonti europee, il legislatore italiano si è mostrato propenso al raccordo sistematico attraverso reciproci rinvii, anziché alla deroga rispetto alla normativa in materia di riservatezza. L’uso delle informazioni “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” non concede la facoltà di andare oltre il contenuto oggettivo del rapporto di lavoro e l’aspettativa del corretto adempimento dell’obbligazione debitoria. La raccolta di informazioni personali incontra limiti imperativi e non derogabili, in caso contrario risulterebbe compromesso l’equilibrio degli interessi stabilito dallo Statuto, quello del lavoratore alla piena autonomia della sfera privata e quello datoriale al ragionevole affidamento sull’esatto svolgimento della prestazione, e la stessa coerenza interna dello Statuto, richiamata anche dal Codice Privacy. La facoltà attribuita al datore di lavoro di servirsi delle informazioni raccolte non può abilitare il superamento dei vincoli posti dall’art. 8 St. lav., né consentirgli di andare oltre il contenuto oggettivo del rapporto di lavoro e la legittima aspettativa all’esatto adempimento della prestazione264.
al principio di finalità del trattamento (cfr. art. 11, comma 1, lett. b) del Codice); ritenuto che tali ulteriori trattamenti non siano altresì conformi alla disciplina posta in materia di controllo a distanza dei dipendenti, laddove vieta di installare dispositivi allo scopo di effettuare un controllo sull’attività lavorativa (cfr. art. 4, l. 20.5.1970, n. 300). Il Garante ha ritenuto illecito il trattamento effettuato a mezzo del sistema di localizzazione
dei veicoli aziendali e prescritto di non utilizzare i dati trattati per finalità di contestazione disciplinare per violazione del principio di finalità e della vigente disciplina in materia di controlli a distanza dei lavoratori.
263 M. Marazza, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza) e del trattamento dei dati (del
lavoratore), in Working Papers CSDLE Massimo D’Antona, 2016, 15. Anche secondo Giampiero Proia
rimangono presidiate dalla norma lavoristica le finalità del controllo: i dati possono essere utilizzati a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro e le norme sulla privacy non possono limitare le finalità, ma solo disciplinare la misura e le modalità del controllo. Tuttavia lo stesso Autore non manca di evidenziare una contraddizione interna alla nuova disciplina per cui l’uso delle informazioni raccolte, anche se legittimato a qualsiasi fine connesso al rapporto di lavoro, risulta in concreto circoscritto per effetto dell’applicazione del principio del Codice della privacy, nel momento in cui il datore di lavoro è tenuto a comunicare preventivamente al lavoratore le specifiche finalità di ogni tipologia di trattamento dei dati e a rispettare i principi di pertinenza e non eccedenza rispetto alla finalità indicata (G. Proia, op. cit., 547).
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Fortissime perplessità sulla nuova formulazione del terzo comma dell’art. 4 St. lav. sono espresse da M. T. Salimbeni che intravede una minaccia alla dignità e alla riservatezza del lavoratore: autorizzando l’uso “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” di tutte le informazioni raccolte ai sensi sia del primo sia del secondo comma, si neutralizzerebbe la disposizione del primo comma che consente l’impiego degli strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale e non di controllo sull’attività dei lavoratori265.
Secondo Maresca il legislatore stesso traccia il confine tra le materie disciplinate direttamente dall’art. 4 e quelle rimesse al D.lgs. n. 196/2003 che concorre con la disciplina statutaria a concretizzare la complessiva tutela del lavoratore in materia di controlli a distanza, attraverso l’integrazione delle due discipline, senza sovrapposizioni. In materia di utilizzabilità dei dati raccolti a tutti i fini del rapporto di lavoro dovrà applicarsi il comma 3 dell’art. 4 St. lav., mentre per quanto attiene invece alla misura e alla modalità dei controlli a distanza, non contenendo l’art. 4 alcuno specifico riferimento, sono chiamati in causa i principi enunciati dalla normativa privacy, in particolare con riferimento alla necessità e pertinenza del controllo, alla non eccedenza ed alla temporanea conservazione dei dati raccolti. Con l’applicazione di questi principi gli interpreti dovranno confrontarsi nella parte in cui ad essi è subordinata la legittimità del trattamento266.
Valeria Nuzzo ci offre una chiave di lettura che rappresenta la possibile via d’uscita dall’impasse interpretativa: si dovrebbe leggere la formula “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” aggiungendovi “purché compatibili con la finalità della raccolta”267.
Non è un caso che il Presidente Soro abbia messo in guardia sul fatto che prescindere dai requisiti finalistici previsti dal primo comma e applicare il solo requisito finalistico previsto dal terzo comma, che legittima l’utilizzo dei dati acquisti per tutti i fini connessi al rapporto
Si veda anche P. Tullini, La digitalizzazione del lavoro, in P. Tullini, (a cura di) Web e lavoro, 17. In senso contrario alla derogabilità del principio di limitazione della finalità si esprime anche A. Ingrao (op. cit., 161).
265 La disposizione del terzo comma desta fortissime perplessità, nel merito e nella forma, se letta in combinato
con il primo comma. Quanto al merito del terzo comma, non può non rilevarsi come, autorizzando l’uso «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro» di tutte le informazioni raccolte, ai sensi sia del primo sia del secondo comma, in pratica si neutralizza la disposizione del primo comma che consente l’impiego degli «impianti audiovisivi» e degli «altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori» ai soli fini di esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro, di tutela del patrimonio aziendale (non certo quindi di controllo sull'attività dei lavoratori). Se la limitazione posta dal primo comma ha lo scopo di mantenere in vita il divieto di utilizzare impianti di controllo invasivi della dignità e della riservatezza del lavoratore la palese smentita che ne deriva ad opera del terzo comma rischia di essere ingiustificata e contraria ai principi costituzionali. (M.T. Salimbeni, op. cit., 589).
266 A. Maresca, op. cit., 525.
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di lavoro, significa ampliare le potenzialità del controllo a distanza, fino alla possibilità del controllo dell’adempimento della prestazione, mediante gli strumenti di lavoro268.
Le esigenze di protezione dei diritti di dignità e riservatezza dei lavoratori esposti ad un elevato rischio per effetto dell’amplificazione del potere informatico datoriale e delle sue potenzialità di controllo, imporrebbero un approccio restrittivo nell’ambito del rapporto di
lavoro.