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Il processo immaginativo nella nascita dell'opera letteraria

4. Dalla letteratura fantastica al romanzo dell'inconscio profondo

4.2 Il processo immaginativo nella nascita dell'opera letteraria

Il processo letterario è visto da Evangelisti come un momento chiave, dove tutti gli elementi partecipi cioè testo, scrittore e narratore, giocano un ruolo importante. Il processo letterario è così definito: «Attraverso un linguaggio idoneo allo scopo, l'autore cerca di trasmettere ad altri storie, stati d'animo, concetti, visioni, contenuti che sono per lui pregnanti. Senza il lettore non ci sarebbe scrittore.»100 Non si tratta solo di una relazione univoca ristretta al solo scrittore che ha il potere di

97 Ivi, p. 49. 98 Ivi, p. 46. 99 Ivi, p. 13. 100 Ivi, p. 10.

decidere sui destini dei personaggi, infatti anche per lui è un continuo confrontarsi con il pubblico tenendo conto di diversi aspetti, non limitandosi solo al proprio arbitrio ma anche sottostando a dinamiche di cui non può essere completamente consapevole, realizzando nella scrittura attraverso il processo di creazione una ricerca di se stesso. «Da parte sua, nemmeno lo scrittore ha una padronanza completa della propria psiche. Se la parte più remota viene detta “subconscio”, un motivo ci sarà.»101 Nel “farsi Dio” lo scrittore ha il potere di plasmare gli avvenimenti che prendono forma sulla carta, ma non ne è solo il creatore del romanzo, allo stesso tempo ne subisce il processo di creazione provando gli effetti anche sul suo essere. Spesso senza nemmeno rendersi conto pienamente di quello che sta accadendo, cercando di trovare risposte attraverso il testo, finisce per conoscere qualcosa in più sulla propria personalità. Evangelisti spiega questo aspetto attraverso una metafora, quella dell'alchimia: «La posizione dell'autore, o almeno dell'autore consapevole del proprio lavoro, somiglia a quella degli antichi alchimisti. Il creare è anche ricerca interiore.»102 Lo scrittore attinge ad elementi che sono presenti in lui ma dei quali non è in grado di disporre in modo intenzionale, il suo scopo è quello di renderli attraverso parole e immagini in modo da poterli comprendere e condividere includendo in questo processo anche il lettore.

Plasmare la materia grezza (sia la storia che la parola) raffinarla gradualmente, è operazione che plasma l'oggetto ma anche l'operatore. Se l'alchimista, nel passare da nigredo all'albedo, alla critinitas e infine alla

rubedo perfeziona la materia e al tempo stesso “si fa Dio”, cioè si avvicina via via alla capacità creativa della

divinità (un'imitazione non intesa come bestemmia, quale nella cattiva interpretazione di Frankestein, bensì come una sorta di preghiera), così lo scrittore, nel concepire intrecci e nel renderli intelleggibili (dunque trasmissibili), si approssima per gradi all'inconoscibile; che però, nella società odierna, è la parte ignota di se stesso e non di un demiurgo esterno.103

Il processo di stesura del romanzo non è qualcosa che spetta solo alla volontà dello scrittore, ma prende in considerazione tutti gli elementi implicati nel processo comunicativo. La metafora dell'alchimista rende bene cosa si intenda per opera creativa. Questo processo è strettamente collegato agli archetipi, perché è grazie alla bravura dello scrittore e alla sua capacità di indagarli che parti di sé nascoste e relegate nell'inconscio rimangono implicite o emergono. La complicità che si crea tra autore e scrittore è strumento necessario per portare il processo immaginativo a un altro livello: quello della condivisione. Lo scrittore è solo il punto di partenza

Assieme a lui davanti al computer (sì, normalmente lo scrittore di genere usa il computer, e cerca di procurarsi il software più aggiornato), siede il lettore, il suo complice, alleato, interlocutore e avvocato del diavolo. Per sedurlo, non gli conviene prescindere dalla realtà che vive il suo compagno di sgabello. Deve conoscerla, e magari suggerire al socio qualche soluzione, però a bassa voce, sussurrata all'orecchio.104

101 Ivi, p. 12.

102 Ibidem. 103 Ibidem. 104 Ivi, p. 83.

Non è quindi possibile distaccarsi dalla realtà in cui vive il lettore, perché questa è riferimento importante per far sì che i rimandi agli archetipi funzionino in modo efficace, dando strumenti sicuri per permettere al lettore di intuire il corretto collegamento. Quest'ultimo è composto dagli archetipi, che in qualche modo emergeranno se l'accordo tra scrittore e lettore sarà saldato con successo:

Più che il mistero conta infatti il gioco intellettuale che autore e lettore intrecciano. Se non si accordano, il primo menerà la danza. Se si accordano, il secondo sarà portato a interrogarsi sull'unico vero mistero da risolvere: quello dei temi archetipici che popolano segretamente la sua mente e della capacità della letteratura di riportarli, a tratti, in superficie.105

In questo processo è fondamentale la capacità immaginativa dell'uomo che permette attraverso la

scrittura e la lettura di esplorare luoghi che rimarrebbero impossibili da raggiungere, muovendosi oltre i confini dello spazio e del tempo in epoche anche lontanissime tra loro. «Ogni tanto qualche scienziato ci ripete, con un sorrisino di compatimento, che il viaggio interstellare non sarà mai possibile, data l'impossibilità di superare la velocità della luce. Mi dispiace per lui, ma la fantasia viaggia molto più veloce della luce e permette, a chi sa coltivarla, di visitare mondi meravigliosi o inquietanti, nel tempo e fuori dal tempo.»106

La fantasia è lo strumento utilizzato dallo scrittore nei suoi romanzi per collegare luoghi e tempi

diversi in modo da creare un disegno che si muova nell'inconscio collettivo e faccia risvegliare nel lettore gli archetipi che lo compongono. Solo grazie alla fantasia è possibile avvicinarsi alle vicende dell'inquisitore, percorrendo i suoi passi, lasciandosi coinvolgere dagli avvenimenti, avvicinandosi sempre di più alla parte nascosta di noi stessi. Il fine ultimo di questo tipo di produzione è il viaggio mentale, attraverso lo strumento della fantasia. Lo scopo è quello di avvicinarsi alla vera essenza dell'uomo e delle sue caratteristiche meno palesi, occulte. Il risultato è un processo che usa meccanismi dell'inconscio per indagare l'inconscio stesso.

Questo è uno dei motivi per cui il personaggio di Nicolas Eymerich, costruito con il materiale che compone la parte più nascosta dell'autore, nonostante compia azioni che sottoposte a un giudizio morale appaiono negative, riesce comunque ad attirare le simpatie del lettore. L'inquisitore non rappresenta infatti solo una parte dello scrittore ma allude a qualcosa di ancora più grande, racchiude caratteristiche comuni a tutti gli esseri umani anche se non sempre così evidenti e manifeste. «Tutto ciò che combattevo sul piano razionale (intolleranza, autoritarismo, oscurantismo, ecc.) era ben radicato in me stesso. Di più, esisteva tutto intorno a me, nelle persone e nella società

105 Ivi, p. 118. 106 Ivi, p. 88.

intera.»107 Lo scrittore per combattere questi elementi radicati nella società in cui viviamo deve per

prima cosa prenderne coscienza e lo fa attraverso il personaggio dell'inquisitore. Proprio grazie a questo meccanismo il personaggio diventa molto attuale, pur muovendosi in tempi lontani. Il protagonista del romanzo diventa una guida la quale, attraverso le sue avventure ci aiuta a indagare aspetti dell'inconscio non completamente accettati dalla società. L'inquisitore rappresenta quindi un aspetto della nostra umanità che non è composta solo di elementi socialmente accettati, ma ha in sé anche caratteristiche negative, nelle quali nessuno si vorrebbe riconoscere: «Eymerich non è una figura positiva: è una figura negativa affascinante. In realtà, alle gente piace molto (piace già di meno Pantera, che è più buono).»108