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4. Dalla letteratura fantastica al romanzo dell'inconscio profondo

4.1 Salgari e i romanzi seriali

Ci sono libri universalmente riconosciuti come punti fermi della letteratura fantastica, che nonostante appartengano a un tipo di produzione che solitamente non viene considerata dotta, rilegati nella loro categoria, fanno parte del patrimonio letterario dell'umanità e continuano a stimolare l'immaginario del lettore anche se è passato molto tempo dall'ultima volta che sono stati letti. Quello che rimane più impresso è la caratterizzazione dei personaggi, l'atmosfera e alcuni meccanismi non ben identificabili che intrigano il lettore spingendolo a continuare la lettura fino in fondo e a desiderare di leggere ancora.

Evangelisti parlando della letteratura fantastica la definisce:

Condannata al ghetto della letteratura infantile (Salgari, Motta eccetera) o fulminata dallo spregio dei Croce o dei Prezzolini, persuasi che si trattasse di un genere importato, suggerito da "stati febbrili" adatti allo spirito germanico o inglese, ma estranei a quello italiano. [...] Peggio che mai quando un narratore si inseriva in un genere specifico e la sua incursione nel fantastico non era occasionale, bensì programmatica. Non c'era modo più certo di conseguire l'invisibilità assoluta.92

Il genere fantastico per Evangelisti fino a tempi recenti non è stato quindi considerato alla pari degli altri dalla critica, in Italia viene messo da parte e completamente ignorato per troppo tempo, ma nel panorama mondiale non avviene lo stesso:

Così mentre in tutte le letterature del mondo fiorivano gli esploratori del delirio e dell'inconscio, in Italia si accettava pienamente dotato di status culturale solo il romanzo detto "neoborghese", incluse le sue varianti più corrive. È appena da un decennio che la fazione accademica più attenta a ciò che avviene altrove ha cominciato a considerare degna d'interesse la narrativa di stampo non realistico.93

Lo scrittore parla di esploratori dell'inconscio e cita all'inizio un autore chiave, al quale dedicherà

92 V. Evangelisti, Distruggere Alphaville, Napoli, l'Ancora del Mediterraneo, 2006, p. 119. 93 Ibidem.

un saggio intero: Salgari.

Secondo alcuni neuropsichiatri, esisterebbe uno stato di “veglia sognante” (detta “attività theta” dal tipo di onde elettriche che attraversano il lobo temporale) in cui figure immaginare acquistano l'evidenza di cose reali. Ciò accade, per esempio, in caso di narrazioni ripetute, formulate su un medesimo schema. Ho idea che questo avvenga con Salgari e con altri maestri della narrativa popolare. 94

Questo autore può essere utilizzato come esempio per capire cosa Evangelisti intenda per esploratori dell'inconscio. I modelli contenuti in questi romanzi agiscono attivando qualcosa che ci appartiene da sempre, che magari non ci accorgiamo di possedere ma ci condiziona.

A un lettore attento dei romanzi di Evangelisti, questa descrizione scientifica dell'uso della fantasia non suona nuova. Sembra la trama di un romanzo di fantascienza nel quale i protagonisti possono viaggiare nel tempo e dove cose immaginarie appaiono come reali. Questo processo avviene attraverso il vecchio espediente della ripetitività e si ricollega all' inconscio. Le immagini e le figure evocate dallo scrittore ne fanno emergere delle altre creando dei legami, una catena che fa provare al lettore una forte suggestione.

Non che siano ripetitivi (Salgari a volte lo è, ma altre volte è originalissimo), solo che pescano, più o meno consapevolmente, in forme di narrazione più antiche, talora ancestrali. Rendendo così il lettore non solo immediatamente familiare con la materia, ma anche straordinariamente aperto a una suggestione che, legandosi ad altre già presenti nella sua mente, penetrerà a fondo nella sua fantasia e, forse, lo condizionerà in futuro.95

Per fare questo si serve di alcuni schemi che sembrano funzionare bene Evangelisti porta qualche esempio basato sempre sulla letteratura popolare, prendendo spunto ancora da Salgari dal quale è partito nel suo ragionamento e collegandolo a dei personaggi della serie di Star Trek e I tre moschettieri di Dumas:

Dumas, ne I tre moschettieri, ci presenta quattro tipi umani: D'Artagnan, il romantico coraggioso, Porthos, l'ingenuo irruento, Aramis, il sottile e tortuoso, Athos, il nobile custode dei valori. Passiamo a Star Trek, primo ciclo. Kirk è D'Artagnan. Il dottor McCoy è nel contempo Athos e Porthos. Spock è senz'altro Aramis. Veniamo ora a Salgari. Sandokan è D'Artagnan e Athos (in parte), Yanez è Aramis e Porthos. Lo so, manca un pezzo di Athos, ma quello lo ritroviamo in un diverso contesto: il ciclo del Corsaro Nero. Dove il Corsaro, Emilio di Ventimiglia, è indubbiamente una replica di Athos con un pezzetto di D'Artagnan, mentre il ruolo di Porthos e Aramis è rivestito da due uomini della ciurma, Carmaux e Wan Stiller.96

La struttura di base è quella del mito, utilizzare qualcosa di già scritto permette l'accumulo di

simboli e la possibilità di richiamare alla mente una struttura già vista, già inserita nella tradizione che da questa eredita le sue caratteristiche e i suoi significati. Questo meccanismo non si riscontra solamente nella creazione dei personaggi ma anche nella struttura stessa dell'opera che in modo

94 Ivi, p. 45. 95 Ibidem. 96 Ibidem.

volontario o meno, ha una certa composizione che ne facilita la sedimentazione nell'immaginario.

Qui mi sostiene un saggio di Francesco Scardamaglia, uomo di cinema e psicoanalista, apparto sulla rivista “Script”. Scardamaglia sostiene che anche i sogni si strutturano in tre atti e che la ricorrenza di tale schema, in forme occulte o palesi, nei tipi più popolari di narrazione, obbedisce a un'esigenza mentale di organizzazione del racconto. Se ciò è vero – e credo che lo sia- la costruzione narrativa salgariana, in apparenza scombinata, va a sfiorare materiale inconscio e su esso si articola. Dunque si insinua nel profondo più di tanta prosa corrente.97

La produzione letteraria di Salgari è rimasta così impressa nello scrittore che quando si è ritrovato a dover scrivere la sua storia ha deciso di utilizzare, in modo volontario o involontario, gli stessi strumenti. «Insomma, Salgari, come mille scrittori popolari, ricalca le tipologie antiche - tanto antiche che forse rinviano ad altri archetipi. A quel punto, se l'operazione è ben condotta (e in Salgari lo è), la suggestione è assicurata. I suoi eroi vivranno per sempre, perché erano vivi da sempre»98 Riuscire a basarsi su archetipi e quindi rendere i propri personaggi e le loro vicende immortali è possibile grazie al processo immaginativo. Questi argomenti interessano in profondità lo scrittore, compongono le basi del suo pensiero e si riflettono nei suoi romanzi, che in qualche modo possono dirsi anche una metafora del processo creativo.

Salgari e Dumas, in tutta la loro modestia, trattavano uno il colonialismo e l'altro la democrazia. Si collegavano a forme addirittura ancestrali di affabulazione, fino a toccare, nei momenti più felici, il livello onirico e, al di là di quello, addirittura la sfera archetipica. Operavano con sincerità di intenti. Se la loro materia restava grezza, non c'era però dubbio che, nel manipolarla onestamente, si "Facessero Dio"- tanto che hanno influito pesantemente sulla psiche di intere generazioni.99

Quando Evangelisti dice “farsi Dio”, intende proprio l'operazione di produzione letteraria in tutte le sue sfumature e a tutti i livelli. Infatti è lo scrittore a decidere gli avvenimenti contenuti nel racconto ed è lui allo stesso tempo, a volte anche senza rendersene conto, influenzando il lettore, a rimandarsi alla sfera archetipica, che se ne renda conto o meno.