• Non ci sono risultati.

Il progressivo deterioramento della leadership ambientale

3. La leadership ambientale nella politica mondiale: dagli Stati Unit

3.1. Il progressivo deterioramento della leadership ambientale

Nella fase successiva alla II Guerra Mondiale gli Stati Uniti hanno occupato una posizione di comando in molti settori della politica

49Accordo di Parigi, Art. 25.

50Marrakech Action Proclamation for our climate and sustainable development, presentata al termine della Conferenza di Marrakech, svoltasi dal

31

internazionale incentivando la negoziazione di accordi multilaterali. La loro attiva partecipazione alle trattative è stata condizionata dal loro affermarsi come una superpotenza geopolitica, economica e militare. Nel corso della Conferenza di Rio nel 1992 (UNCED), gli USA hanno di fatto esercitato un’influenza notevole nelle negoziazioni della UNFCCC, opponendosi alla fissazione di obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni e appoggiando un regime orientato a favorire l’adozione di piani d’azione nazionali, il ricorso a misure di mitigazione e a obiettivi di sviluppo a lungo termine. La Convenzione Quadro dei Cambiamenti Climatici è stata ratificata dagli Stati Uniti in un breve lasso di tempo, nonostante l’allora Presidente, George W. Bush senior, fosse un repubblicano e il Senato fosse a maggioranza democratica; di conseguenza questo risultato è stato raggiunto grazie ad un accordo bipartisan.51 Le elezioni statunitensi nel 1994 di un Congresso a

maggioranza repubblicana, partito da sempre diffidente nei confronti della questione dei cambiamenti climatici, hanno rafforzato tale orientamento andando a condizionare la posizione occupata dagli USA nel corso della terza Conferenza delle Parti (COP-3) del 1997, che ha portato all’adozione del Protocollo di Kyoto. Le negoziazioni si sono caratterizzate per la richiesta degli Stati Uniti di un accordo che prevedesse un impegno da parte di tutti i paesi, anche quelli in via di sviluppo, nella realizzazione degli obiettivi di riduzione fissati, istanza a cui si è opposto un piccolo ma influente gruppo di paesi in via di sviluppo. Al termine delle trattazioni gli USA e altre nazioni industrializzate, in cambio di un accordo volto a garantire un nuovo round di negoziazioni, hanno accettato che gli obiettivi di riduzione

51Ellerman D., The shifting locus of global climate policy leadership, in The

EU, the US and global climate governance ed. by C. Bakker e F. Francioni, Farnham-Burlington, Ashgate, 2014, p. 42.

32

fossero a carico solo dei paesi sviluppati.52 La questione della mancata

previsione di tali obblighi anche a carico dei paesi in via di sviluppo è stata oggetto della decisione conosciuta come la Byrd-Hagel Resolution, adottata dal Senato statunitense nel 1997 prima della conclusione delle negoziazioni del Protocollo di Kyoto.53 Questa esclude la ratifica da

parte degli Stati Uniti di qualsiasi protocollo o accordo che stabiliscano nuovi impegni di riduzione delle emissioni di GHG a carico delle sole Parti Annex I, a meno che i medesimi obblighi, da realizzare nel medesimo intervallo di tempo, non siano posti anche a carico dei paesi non industrializzati.54 Da sottolineare la divergenza tra questa decisione

e l’UNFCCC, ratificata tre anni prima, e il Mandato di Berlino il quale stabiliva che solo le Parti dell’Allegato I si sarebbero fatte carico della riduzione di determinate quantità di GHG.55 La mancata presentazione

del Protocollo di Kyoto al Senato statunitense ha indebolito ulteriormente la leadership degli USA che è stata definitivamente abbandonata con il nuovo Presidente Repubblicano, George W. Bush J., il quale si è esplicitamente opposto a tale Protocollo dichiarando che non lo avrebbe inviato al Senato per la ratifica.56 Tra i motivi addotti per

giustificare tale rifiuto vi sono sia la mancata previsione di impegni vincolanti per i paesi in via di sviluppo, sia gli eccessivi costi che sarebbero gravati sull’economia americana; veniva così fatta piena

52Depledge J., Against the grain: the United States and the global climate change regime, in Global Change, Peace & Security, Vol. 17,2005, p. 15.

53S.Res.98 - A resolution expressing the sense of the Senate regarding the conditions for the United States becoming a signatory to any international agreement on greenhouse gas emissions under the United Nations Framework Convention on Climate Change, conosciuta come la Byrd-Hagel Resolution,

adottata dal Senato degli Stati Uniti il 25 luglio del 1997 all’unanimità (95-0), non vincolante per il Presidente.

54J. Deplege, op. cit., p. 16.

55Mandato di Berlino (Berlin Mandate), decisione raggiunta in seguito alla

prima Conferenza delle Parti (COP-1) a Berlino in Germania, nel marzo del 1995.

33

applicazione della Byrd-Hagel Resolution. L’aver abbandonato la pratica degli accordi bipartisan nelle materie ambientali e l’aver preferito un approccio unilaterale alla politica estera, anziché multilaterale come in precedenza, ha indebolito progressivamente la posizione di guida degli USA nella lotta al cambiamento climatico.57

La mancata ratifica del Protocollo di Kyoto da parte della superpotenza statunitense però non ha comportato il collasso delle negoziazioni ambientali internazionali come si temeva; al contrario le altre Parti intensificarono le trattative. Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio del 2005 dopo la ratifica nel 2004 della Russia che ha permesso di superare così la stasi causata dalla rinuncia degli USA. L’elezione nel 2009 del democratico Obama è stata accompagna da grandi speranze di rinnovamento, gli ambientalisti confidavano che venisse ripresa in considerazione la questione della lotta ai cambiamenti climatici, la quale veniva definita dal Presidente come “una delle più grandi sfide dei nostri tempi”. In ogni caso l’impegno espresso da Obama a voce non si è tradotto in un’azione concreta, sia a causa della crisi economica che dell’opposizione repubblicana che ha continuato a negare il suo sostegno a qualsiasi accordo internazionale che prevedesse misure legalmente vincolanti.58 Tale posizione sembra derivare, più che

da una ponderata decisione politica, da uno scetticismo ideologico nei confronti sia dell’origine antropica del problema del cambiamento climatico che dei mezzi necessari per farvi fronte59. Al termine del suo

secondo mandato, che si è concluso nel 2017, Obama ha cercato, in

57Ivi, p. 42.

58Cusumano E., Handing over leadership: the drivers and future of transatlantic environmental governance, in The EU, the US and global climate

governance ed. by C. Bakker e F. Francioni, Farnham-Burlington, 2014, pp. 248-249.

59Alessandri E., La nuova leadership Usa e le relazioni transatlantiche, in

Osservatori di Politica Internazionale, n°18 del 2010, pp. 13-14. www.parlamento.it/osservatoriointernazionale

34

extremis, di lasciare un’eredità del suo impegno ambientale, prima delle imminenti elezioni presidenziali, ratificando nel settembre del 2016 l’Accordo di Parigi. Il 1° giugno del 2017, il neoeletto Presidente Trump ha comunicato il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, sostenendo che avrebbe indebolito eccessivamente l’economia statunitense e intaccato la sovranità nazionale. Reagendo a questa presa di posizione, la Cina e l’Unione europea hanno manifestato l’intenzione di collaborare per poter procedere alla piena applicazione dell’Accordo in questione. Inoltre, il giorno successivo alla dichiarazione del Presidente, ben 377 sindaci statunitensi si sono impegnati a attuare autonomamente gli obiettivi stabiliti dall’Accordo di Parigi.60

Documenti correlati