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Il quadro teorico e metodologico della ricerca

Il presente capitolo si apre con la presentazione del quadro teorico nel quale si inserisce la ricerca condotta. Partendo da una definizione di correzione dell’errore e restringendo il nostro campo di interesse al feedback negativo, verrà presentata una radiografia della mossa correttiva, che, come si vedrà, si compone di una serie di atti, la cui realizzazione è subordinata alle modalità con cui vengono declinati certi tratti o parametri. In seguito, si darà spazio alla presentazione di alcuni dei principali modelli tassonomici che illustrano le diverse tipologie di feedback realizzabili e all’analisi delle principali posizioni degli studiosi in merito ai due punti più dibattuti in seno alla comunità scientifica: l’opportunità o meno di correggere l’errore e quale sia la mossa correttiva maggiormente efficace ai fini dell’apprendimento linguistico.

Una volta approfondite le succitate questioni teoriche, verrà delineato l’impianto metodologico della ricerca attraverso la presentazione delle finalità generali dello studio, della classe su cui è stata condotta l’indagine, degli strumenti di raccolta dei dati, dei tempi di svolgimento della ricerca e dell’organizzazione didattica.

6.1 Il “feedback” correttivo

Il feedback rappresenta una reazione rispetto «alla (non) accettabilità di una produzione linguistica» (Grassi, 2010: 105) di un parlante non nativo di una determinata lingua seconda o straniera. Tale reazione, per la sistematicità con la quale ricorre nella classe di lingua, appare caratteristica del suddetto contesto di apprendimento formale. L’immersione di un apprendente in un dato ambiente linguistico permette a quest’ultimo di ricevere prove o evidenze positive o negative rispetto alla correttezza o grammaticalità delle sue produzioni (cfr. Long, 1996: 413): «con le prime si intendono le occorrenze di lingua ben formata, grammaticale, accettabile (Gass, 1997: 36), mentre con il secondo termine ci si riferisce alle informazioni, esplicite o implicite, su ciò che è invece agrammaticale, inaccettabile nella lingua obiettivo» (Grassi, 2010: 105). La ricerca sul feedback si è concentrata in maniera significativamente maggiore sul ruolo dell’evidenza negativa nel processo di apprendimento linguistico piuttosto che sugli effetti del feedback positivo, per via del maggiore interesse che la riflessione sul feedback negativo, nelle sue molteplici forme (cfr. § 6.2 e 6.3), e l’analisi dei suoi effetti suscitano rispetto all’analisi dell’«evidente consenso di fronte a produzioni (output) corrette» (Monami, 2013: 43) da parte dell’apprendente. Pertanto, da ora in avanti, il termine

feedback non verrà più inteso nella sua accezione più estesa, inclusiva sia della positive sia della negative evidence, bensì in riferimento esclusivo alla mossa di feedback negativo o correttivo (per un

approfondimento sull’uso di tali termini, cfr. Ortega, 2009: 71; Lyster, Ranta, 1997: 38).

Considerata la succitata sistematicità della correzione degli errori all’interno della classe di lingua, il tema del feedback correttivo, che nel nostro caso verrà indagato esclusivamente nella sua forma orale, viene considerato «an exemplary topic for applied linguistic enquiry» (Ellis, 2010: 336) in quanto va a «toccare da vicino il cuore della glottodidattica, nel senso che indagando il feedback si va a verificare l’utilità ultima del voler intervenire – didatticamente appunto - sui processi di acquisizione delle lingue» (Grassi, 2010: 105).

Prima di procedere all’illustrazione di un preciso modello tassonomico, che si ritiene possa rappresentare in maniera più puntuale e completa rispetto alle proposte presentate in altri contributi le diverse tipologie di feedback correttivo orale, è opportuno riportare la riflessione di Grassi (2010), la quale sottolinea la complessità delle mosse correttive, rilevando, in particolare, come esse incrocino «più atti, e con essi più parametri» (Grassi, 2010: 107). Pertanto, la studiosa, ispirandosi a Sinclair e Coulthard (1975), propone «un’analisi in atti della mossa di feedback» (ibidem), nella quale vengono individuati per l’appunto quattro atti in grado di comporre una mossa correttiva: «la segnalazione di un problema e la possibile identificazione dello stesso; l’eventuale richiamo al coinvolgimento, più o meno sollecitato, dell’interlocutore o dell’uditorio (la classe) nella sua soluzione, e, infine, la fornitura o meno di indizi, con maggiore o minore generosità e con diverso livello di tecnicismo, per la soluzione del problema» (Grassi, 2010: 107-108). Ognuno di questi atti va associato a uno o più tratti o parametri specifici (esplicitezza, precisione, forza, ricchezza e tecnicismo) che determinano, come si evince dalla tabella sottostante (fig. 3), le peculiarità e la forma con cui tali atti si possono realizzare.

Fig. 3. Atti e parametri implicati nella mossa correttiva (tratto da Grassi, 2010).

Secondo Grassi, ogni mossa di feedback può prevedere una particolare combinazione di tutti o solamente alcuni dei succitati atti, la cui realizzazione è soggetta a «una gamma di sfumature» (Grassi, 2010: 108) rappresentate, come sottolineato poc’anzi, dai seguenti parametri:

a. il grado di esplicitezza nella segnalazione della presenza di un errore. Grassi (2010) lascia intendere che la segnalazione dovrebbe essere il più possibile esplicita nell’indicare che c’è

un problema in ordine alla correttezza della frase, ricorrendo a produzioni quali “c’è un errore / un problema / la frase non va bene / è corretto?” o similari. L’essere meno espliciti, utilizzando formule come “scusa?” o simili, potrebbe infatti non attivare negli studenti il

noticing, cioè la capacità di notare la presenza di un errore, con il rischio per gli stessi di non

cogliere l’elemento scorretto o di scambiare la battuta del docente come una semplice richiesta di chiarimento o di ripetizione dovuta a un banale mishearing. Di conseguenza, da una parte il ricorso a una strategia implicita di presentazione del feedback negativo potrebbe rendere necessario per il docente ripetere varie volte la formula “scusa?” prima che l’apprendente si renda conto dell’esistenza di un problema formale nella sua produzione; dall’altra, l’atto comunicativo realizzato con “scusa?” potrebbe, a lungo andare, essere inteso dagli apprendenti sempre più come una richiesta di autocorrezione formale anche nel caso in cui dovesse invece rappresentare una semplice richiesta di ripetizione per una mancata comprensione del messaggio;

b. la precisione nel mettere a fuoco e nell’identificare l’errore. In un continuum che va da un’accuratezza massima nell’identificazione dell’errore, ottenuta isolando l’elemento sbagliato e ripetendolo con enfasi e/o con un tono interrogativo (per esempio “Ho?” di fronte a una scelta errata nella produzione dell’ausiliare di un verbo al passato prossimo), a livelli di precisione via via sempre più bassi43, Grassi (2010) sembra suggerire una correzione il più

possibile precisa perché si evitino nuove ambiguità che potrebbero derivare dal fatto che il

noticing potrebbe non essere attivato o dal rischio che, nel presentare l’elemento prodotto

erroneamente dall’apprendente in una forma modificata ma pur sempre scorretta, come nel caso della produzione “hai arrivato al bar?”, si consideri quanto suggerito dal docente come rinforzo;

c. l’eventuale sollecitazione di un’autocorrezione dell’apprendente e la forza con cui tale sollecitazione può essere stimolata. In base a quest’ultimo parametro, tale sollecitazione può risultare: assente, quando l’insegnante fornisce la forma corretta dell’elemento focalizzato prima che l’apprendente capisca di aver prodotto una forma agrammaticale o, viceversa, nel caso in cui lo studente si autocorregge prima ancora che il docente abbia la possibilità di intervenire sull’errore; presente, con diversi gradi di forza, quando il docente suggerisce all’apprendente una mossa di autocorrezione, ricorrendo, per esempio, a formule quali “sei sicuro che si usi “ho”?”;

d. il grado di ricchezza e di tecnicismo nell’eventuale offerta di indizi sull’errore commesso. Di fronte a una produzione agrammaticale, il docente può fornire suggerimenti la cui ricchezza oscilla tra un livello minimo, come nel caso in cui lo studente sia genericamente invitato a modificare qualcosa nell’enunciato realizzato, e livelli sempre più alti di precisione con cui viene focalizzato l’elemento critico (per esempio, “sostituisci l’ausiliare avere con essere”). Similmente, anche il grado di tecnicismo con cui gli indizi metalinguistici vengono forniti può variare notevolmente (si vedano, a tal proposito, gli esempi presentati al punto 4. b. della fig. 3).

43 Riscontrabili, per esempio: nella ripetizione della forma errata non in isolamento, bensì all’interno di una frase, come nel caso di “ho arrivato al bar?”; oppure in una nuova formulazione scorretta dell’elemento focalizzato, inserito in una proposizione, come mostra l’esempio “hai arrivato al bar?”; o, ancora, nella riformulazione corretta dell’elemento focalizzato, presentato all’interno di una frase, come nel caso di “Ah, sì? E come sei arrivato al bar?”.

Gli atti presentati possono unirsi e combinarsi tra di loro, tutti o in parte, nelle diverse forme di

feedback negativo realizzabili. Certi tipi di strategie correttive utilizzate, inoltre, per quanto

presentino in maniera esplicita solo alcuni degli atti sopra descritti, possono assommarne al proprio interno anche altri che starà alla capacità dell’apprendente riuscire a cogliere: per esempio, una realizzazione come «Devi usare l’ausiliare essere […] ingloba in sé […] una segnalazione e una messa a fuoco che, seppure non attuate esplicitamente, vengono colte dall’interlocutore» (Grassi, 2010: 111).

6.3 Tipologie di “feedback” correttivo orale

Come è già stato sottolineato nel paragrafo precedente, gli atti e i parametri ivi descritti possono comparire, tutti o in parte e con diverse sfumature di intensità, in ogni mossa correttiva, determinandone, dunque, le relative peculiarità. Uno studio fondamentale, anche in chiave tassonomica, sul feedback correttivo orale, che «ha costituito il modello di riferimento per tutti i lavori successivi» (Monami, 2013: 155), è quello realizzato da Lyster e Ranta (1997), i quali hanno individuato sei tipi di strategie per il trattamento dell’errore orale:

a. la correzione esplicita (explicit correction), che prevede che l’insegnante segnali l’errore commesso dall’apprendente e fornisca la forma corretta dell’elemento focalizzato. Si veda, in proposito, il seguente esempio (1) tratto da Monami44 (2013: 62):

(1) ins: e dunque scusami continua

stud: e dunque l’affermazione che i bàtteri possano. ins: battÈri: l’accento sulla e (.)  correzione esplicita

stud: batteri

b. la riformulazione (recast), che consiste nella presentazione corretta da parte dell’insegnante dell’elemento linguistico prodotto erroneamente dall’apprendente o dell’intera produzione dello studente depurata dell’errore commesso. La scelta di riformulare, per riprendere le parole di Lyster e Ranta (1997: 46), «all or part of a student’s utterance, minus the error», è legata alla volontà di non interrompere il flusso comunicativo e di mantenere, dunque, l’interesse sul contenuto dell’interazione. Di seguito vengono riportati due esempi tratti da Lyster e Ranta45 (1997: 47) che mostrano, nel primo caso (2), un recast «parziale» (Grassi,

Mangiarini, 2010: 133), che, a differenza di quello «totale» (ibidem), presentato in (3), prevede, come detto, la riformulazione del solo elemento prodotto erroneamente dall’apprendente, risultando dunque meno ambiguo di quello che invece si realizza riformulando l’intero enunciato.

(2) St: L’eau érable? [Error-grammatical]

T: L’eau d’érable. [FB-recast] C’est bien.

(3) St: Parce que il veut juste lui pour être chaud. [Error-grammatical]

44 Le diciture ins e stud sono da intendersi come forme abbreviate dei termini “insegnante” e “studente”. 45 Le iniziali T e St stanno rispettivamente per “teacher” e “student”.

T: Oh. Quelqu’un qui veut juste avoir la chaleur pour lui-même. [FB-recast]

c. la richiesta di chiarimenti (clarification request). Si tratta di una mossa con la quale il docente esorta l’apprendente a chiarire quanto prodotto o per effettive difficoltà nella comprensione dell’enunciato o per sollecitare una riformulazione corretta di ciò che è stato realizzato in maniera scorretta. Solitamente la richiesta di chiarimenti viene presentata ricorrendo a formule quali “scusa/i?”, “prego”, “non ho capito”, “puoi/può ripetere?”, “cosa intendi/e con…?”. Si consideri il seguente esempio tratto da Monami (2013: 64):

(4) ins: io:: sbuccio (.) è un verbo difficile ma regolare (.) la pronuncia è un pochino difficile ma è un verbo regolare vero? okay quindi il passato prossimo di sbucciare (.) cassandra? io:::

stud: ho sbuccio sbucciado

ins: puoi ripetere?  richiesta di chiarimenti

stud: ho:: sbucciato

d. il feedback metalinguistico (metalinguistic feedback), che presenta informazioni, commenti o domande che, nelle intenzioni del docente, dovrebbero permettere all’apprendente di comprendere l’errore prodotto spingendolo alla successiva realizzazione corretta dell’enunciato. Nello specifico, i commenti si limitano generalmente a indicare la presenza di un errore (alcuni esempi tra i più comuni sono: “C’è un errore”; “Riesci a individuare l’errore?”; “Non si dice così in italiano”; No, non…”; “No”46), mentre nel caso delle

informazioni (per esempio, “è maschile”) e delle domande (“è femminile?”) l’attenzione dell’apprendente viene indirizzata su un indizio di natura metalinguistica che dovrebbe permettergli di individuare la natura dell’errore prodotto. Di seguito, vengono forniti alcuni esempi rispettivamente di commenti (5), informazioni (6) e domande (7) rilevati dallo scrivente nel contesto delle classi di italiano dell’Università di Banja Luka47:

(5) Stud1: la sangue:: è rossa

Ins2: attenzione, c’è un errore  feedback metalinguistico

(commento)

Stud3: il sangue

(6) Stud1: credo che (0.5) è:::

Ins2: ti serve il congiuntivo presente  feedback

metalinguistico (informazione)

Stud3: sia

(7) Stud1: lui si torna a casa

46 Gli ultimi tre esempi riportati, inclusi da Lyster e Ranta tra le possibili manifestazioni del feedback metalinguistico, sono invece stati individuati da lavori successivi (cfr. Boulima, 1999; Monami, 2013) come casi di negative evaluation (valutazione negativa), atti, cioè, con cui il docente esprime una valutazione negativa diretta che determina un elevato impatto psicoaffettivo (Monami, 2013:66).

Ins2: in italiano il verbo che hai usato è riflessivo?  feedback

metalinguistico (domanda)

Stud3: lui (0.5) torna

e. l’elicitazione (elicitation), cioè il tentativo del docente di spingere l’apprendente a completare il suo enunciato o inserendo una pausa prima della produzione del tratto o dell’elemento linguistico da elicitare o ponendo allo studente domande dirette. Si vedano i seguenti esempi tratti da Monami (2013: 65):

(8) stud: un po’ stanco::

ins: un po’ stanc-  elicitazione (pausa)

stud: stanca

(9) stud: sì ah:: ma (.) penso che- che non è molto:: agreable °agreable°

ins: come si dice? qualcuno si ricorda? (0.2) no) elicitazione (domanda)

stud: gradevole

Lyster e Ranta (1997) individuano anche una terza strategia di elicitazione, consistente nella richiesta del docente agli apprendenti di formulare nuovamente le loro produzioni.

f. la ripetizione (repetition), che prevede che il docente riformuli il solo elemento prodotto scorrettamente dall’apprendente attribuendovi generalmente, grazie all’assunzione di una particolare curva tonale, una certa enfasi volta a sottolineare l’errore. Si consideri il seguente esempio tratto da Lyster, Ranta (1997: 48):

(10) St: Le…le girafe? [Error-gender]

T: Le girafe? [FB-repetition]

In un lavoro successivo, Ranta e Lyster (2007) hanno ulteriormente approfondito le specificità delle sei tipologie48 di feedback correttivo orale individuate, mettendone a confronto, in particolare,

similarità e differenze e giungendo, così, a isolare le stesse in due categorie più generali:

a. le riformulazioni (reformulations), a cui appartengono sia la correzione esplicita che il recast, in quanto tali strategie prevedono entrambe che il docente offra una riformulazione corretta della produzione linguistica errata realizzata dall’apprendente;

b. i prompt, attestati in letteratura anche come negotiation of form, form-focused negotiation (cfr. Lyster, Mori, 2006) e, in italiano, “sollecitazioni” (cfr. Grassi, 2010), includono strategie correttive accomunate dalla presenza di segnali che, seppur di diversa natura, risultano finalizzati a stimolare un’autocorrezione da parte dell’apprendente. In tale ottica, la

48 In realtà, i due studiosi menzionano anche una settima strategia di correzione dell’errore, denominata multiple feedback (feedback multipli), consistente nel ricorso, all’interno di un medesimo turno di parola, alla combinazione di almeno due diverse tipologie correttive tra quelle illustrate.

c. richiesta di chiarimenti, il feedback metalinguistico, l’elicitazione e la ripetizione si configurano, quindi, come diverse tipologie di prompt.

La classificazione di Ranta e Lyster (2007) ha costituito la base teorica per la proposta tassonomica elaborata da Sheen ed Ellis (2011), i quali hanno ulteriormente indagato la distinzione tra le categorie delle riformulazioni e dei prompt arrivando a distinguere tra feedback correttivi espliciti, caratterizzati dalla presentazione della forma corretta di quanto erroneamente realizzato dallo studente, e feedback correttivi impliciti, segnati, invece, dall’assenza di qualsiasi riformulazione corretta dell’enunciato prodotto dall’apprendente (cfr. fig. 4)49.

Fig. 4. Schema delle tipologie di feeedback (Sheen, Ellis, 2013).

La riflessione sull’esplicitezza dei diversi tipi di feedback ha portato, inoltre, i due studiosi all’individuazione di due tipologie di recast: il didactic recast, una riformulazione dell’enunciato dello studente in assenza di un problema comunicativo, operata, cioè, con finalità esclusivamente

didattiche e per questo considerata una forma di feedback esplicito; il conversational recast, che prevede che la riformulazione delle produzioni degli apprendenti avvenga in presenza di reali problemi di comunicazione e che, pertanto, la correzione, non essendo offerta a fini didattici, si collochi più sul versante dell’implicitezza.

Non si dimentichi, poi, il fondamentale contributo fornito da Sheen ed Ellis (2011) attraverso l’inclusione nel novero delle strategie correttive utilizzate nella classe di lingua dei segnali paralinguistici (paralinguistic signals). Sempre ai due studiosi va attribuita altresì la proposta di distinguere la correzione esplicita recante un commento metalinguistico da quella invece limitata alla riformulazione della produzione scorretta accompagnata dall’indicazione dell’errore.

Lyster, Saito, Sato (2013), infine, prendendo spunto anche dai lavori di altri illustri studiosi (Ellis, 2006; Loewen, Nabei, 2007, Sheen, Ellis, 2011) hanno da ultimo tentato di collocare i diversi tipi di

feedback lungo un continuum indicante il grado di implicitezza ed esplicitezza delle diverse strategie

di correzione degli errori50 (cfr. fig. 5).

Fig. 5. Le diverse tipologie di feeedback dislocate lungo l’asse implicito/esplicito (Lyster, Saito, Sato, 2013).

Dopo aver illustrato e analizzato i diversi tipi di feedback presentati nelle tassonomie di riferimento considerate, saranno approfonditi, nel corso dei seguenti paragrafi, i temi dell’efficacia del trattamento correttivo, con particolare riferimento ai vantaggi che, ai fini dell’apprendimento linguistico, il ricorso al feedback garantirebbe rispetto alla sua mancata applicazione (cfr. § 6.4.1), e al confronto tra i diversi tipi di feedback allo scopo di individuare quello in grado di garantire i risultati migliori in termini avanzamento interlinguistico dell’apprendente (cfr. § 6.4.2).

6.4 Efficacia del “feedback”

50 Una proposta simile, che però non tiene conto delle distinzioni tra didactic recast e conversational recast, explicit

correction ed explicit correction with metalinguistic explanation, nonché dell’inclusione dei paralinguistic signal nella

Il dibattito e le ricerche sulla correzione orale dell’errore si sono concentrati, in particolar modo, su due questioni fondamentali che risultano ancora oggi all’ordine del giorno in seno alla comunità scientifica: «la necessità o meno di fornire evidenza negativa per ottenere apprendimento, e la modalità migliore per fornirla» (Grassi, 2010: 105). Tali punti saranno approfonditi nel corso dei due seguenti paragrafi.

6.4.1 È utile correggere l’errore?

Da numerosi lavori (cfr. tra gli altri DeKeyser, 1993; Long, 1996, 2007; Saxton, 1997; Ellis, Loewen, Erlam, 2006) nonché da diverse meta-analisi che sintetizzano i risultati più significativi raggiunti dalla ricerca sul feedback correttivo (cfr. in particolare: Norris, Ortega, 2000; Russell, Spada, 2006; Mackey, Goo, 2007; Li, 2010; Lyster, Saito, 2010; Lyster, Saito, Sato, 2013), emerge come un alto numero di studiosi sia concorde nell’affermare che i trattamenti correttivi rivestano un’importanza significativa nel processo di avanzamento interlinguistico dell’apprendente. In particolare, la corrente interazionista «ritiene di aver dimostrato i vantaggi della presenza di feedback sull’assenza dello stesso» (Grassi, 2010: 105). Fondamentale a tal proposito è lo studio di Gass e Varonis (1994), nel quale si dimostra come un input modificato dalle interazioni negoziali tra parlanti risulti, a differenza di un input reso semplicemente comprensibile (cfr. Krashen, 1981), efficace non solo ai fini della comprensione testuale ma anche della produzione. Tale effetto è stato attribuito in buona parte all’influenza positiva del feedback prodotto durante le interazioni e le relative negoziazioni di significato.

In prospettiva cognitiva-interazionista, è stato osservato altresì come esporre gli studenti al solo input, per quanto massiccio possa essere, non sia garanzia che gli stessi notino la discrepanza tra i modelli linguistici forniti e le proprie produzioni, né tantomeno che siano in grado di correggere i propri errori. Al contrario, secondo alcuni studiosi (cfr. Long, 1996; Gass, 1997), il ricorso alla correzione permetterebbe agli apprendenti di attivare la loro capacità di noticing e di rilevare, dunque, la scorrettezza delle proprie produzioni in termini di distanza dallo standard linguistico.

Il ruolo fondamentale assunto dalla mossa di feedback per permettere lo sviluppo dell’interlingua dell’apprendente è stato ribadito anche da altre tradizioni teoriche e filoni di studi: «Skill acquisition theory attributes a pivotal role to CF51, specifically in the context of practice that leads learners from

effortful to more automatic L2 use (e.g. Ranta & Lyster 2007; Lyster & Saito in press). According to sociocultural theory, CF provides learners with dialogically negotiated assistance as they move from other-regulation to self-regulation (e.g. Aljaafreh & Lantolf 1994; Nassaji & Swain 2000; Sato & Ballinger 2012» (Lyster, Saito, Sato, 2013: 9).

Oltre ai vantaggi già illustrati derivanti dall’adozione della mossa di feedback, è stato notato come la correzione fornisca un aiuto significativo nell’individuare le forme grammaticali nella lingua target, favorisca il passaggio dalla conoscenza dichiarativa a quella procedurale (cfr. DeKeyser, 1993) e riduca il rischio di fossilizzazione dell’errore grazie al raffronto tra la produzione scorretta e la realizzazione corretta dell’elemento focalizzato (cfr. Saxton, 1997).

Tra gli studiosi, si rilevano, tuttavia, anche delle voci critiche sul ruolo del feedback nel processo di insegnamento-apprendimento di una lingua non materna. Ben nota, al riguardo, è la posizione di Krashen (1981), il quale ritiene che l’acquisizione linguistica sia un processo involontario, spontaneo

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