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IL RACCONTO DEL RICAMO TRA STORIA E TECNICA

Nel documento Mani italiane (pagine 144-188)

PARTE II: DALLA PROMOZIONE ALLA PRODUZIONE LA RIQUALIFICAZIONE DEI

1. IL RACCONTO DEL RICAMO TRA STORIA E TECNICA

Nel corso del XIX e dei primi decenni del XX secolo la produzione editoriale avente per oggetto le tecniche identificate solitamente come ambito femminile si diversifica: si sviluppano la stampa periodica femminile, e parallelamente una letteratura e una manualistica specializzate, sia sul fronte professionale, sia su quello dell’economia domestica che su quello della divulgazione di nozioni storiche riguardanti le arti minori, spesso esplicitamente destinata ad un pubblico di artefici professionali e di donne che, sebbene a livello dilettantistico, praticano le medesime attività. La stampa periodica femminile ha ricevuto negli ultimi decenni un’attenzione critica crescente1, e vede, a seconda del momento storico e della fascia di pubblico a cui essa viene destinata, differenze molto profonde anche nell’approccio al mondo del ricamo e del merletto. Ma rispetto al nuovo impulso che riceveranno queste discipline nel periodo indicato è importante tenere presenti una serie di testi che, per l’appunto, trattano di queste tecniche anche, ma non solo, dal punto di vista storico, e spesso e volentieri identificano il loro pubblico non solo con la comunità scientifica con la quale condividono l’ambito di studi, compiendo un’azione divulgativa volta ad ampliare il pubblico del tessile di qualità, in grado di comprenderne le connessioni con il patrimonio storico tradizionale, che compaiono in gran numero nel corso del XIX° secolo2. Testi che peraltro non sono editi solo nella penisola, perché naturalmente l’interesse per i secoli d’oro del tessile italiano era viva a livello internazionale, specie laddove si era manifestata precocemente l’attenzione per le arti applicate, come in Gran Bretagna. La storia di queste pubblicazioni si intreccia inevitabilmente con quella della manualistica, e va considerato che queste narrazioni possono utilizzare punti di vista molto diversi, concentrandosi su aspetti di storia economica, linguistica, del costume, avvalendosi in misura diversa dei parametri elaborati per le arti figurative o per quelle applicate.

1 Rinviamo alla bibliografia indicativa sulla stampa periodica femminile già elencata in nota all’interno della Premessa.

2 Nel 1902 Mario Morasso può infatti osservare che gli è consentito trattare con brevità della storia del merletto, in un testo dedicato ad esso, in quanto le principali tappe della sua vicenda storica sono estremamente note grazie a studi recenti: “Un’intera biblioteca esiste ora al riguardo, composta di opere antiche e moderne, di lavori di gran mole e di monografie trattanti qualche speciale questione...” (Cfr. Mario Morasso, L’arte dei merletti a Venezia, in “Emporium”, n. 94, Vol. XVI, 1902, p. 310).

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In Italia scrivere una storia delle produzioni tessili significherà in primo luogo riscoprire che vari centri della penisola hanno rivestito un ruolo d’avanguardia dal punto di vista dell’elaborazione tecnica e preminente nella proposizione di modelli. Non si tratta, dunque, per chi scrive, di semplice curiosità antiquaria, ma di riscoperta delle eccellenze territoriali, il prestigio delle quali è spesso misconosciuto in patria ma trova largo riconoscimento in altri luoghi ed epoche; e della convinzione che tali tradizioni possano determinare una rinascita economica ed artistica.

La scoperta di una storia del merletto e del ricamo

L’Origine ed uso delle trine a filo di refe di Antonio Merli e il trattato sul ricamo dell’abate Nardi

Nell’Italia unita tra le prime avvisaglie di un recupero dell’interesse si colloca un famoso saggio del genovese Antonio Merli3, Origine ed uso delle trine di refe4, pubblicato in tiratura limitatissima (100 esemplari) come libretto di nozze nel 1864.

Gli interessi che muovono la compilazione non sono esclusivamente storico economici, anzi, nelle primissime righe della dedica ad Eleonora Costabili, la sposa, egli precisa che considera il merletto “germano della pittura”. La trattazione si avvia proprio lamentando la scarsissima storica e critica considerazione che si tributa in Italia a questa disciplina, della quale si rinvengono notizie frammentarie solo in enciclopedie e dizionari tecnologici. All’estero invece diversi scrittori han già tentato di attribuire alla loro patria l’invenzione di tale arte: il tedesco Johann Beckmann, autore di Beiträge zur Geschichte der Erfindungen (1780-1805), ne colloca la nascita in Sassonia per mano di Barbara Uttman intorno al 1560; l’economista e rivoluzionario francese Jean Marie Roland de La Platière, nella sua Encyclopédie méthodique. Manufactures, arts et métiers indica, negli anni Ottanta del Settecento, come fonte più antica a lui conosciuta il libretto di modelli edito a Parigi nel 1587 per mano di Federico Vinciolo.

3 L’autore è membro dell’Accademia Ligustica di Genova, della quale per alcuni anni fu segretario, e rappresentante in vari congressi artistici, membro della Società Ligure di Storia Patria, membro della Commissione Consultiva per la conservazione dei monumenti storici e di belle arti e Consigliere municipale preposto all’ufficio Lavori Pubblici.

4 Antonio Merli, Origine ed uso delle trine a filo di refe. Per le nozze Constabili-Caselli, rist. anast., Nuova S1, Bologna, 2006 [1864]. L’opuscolo originale è composto di 28 pagine e da 6 tavole incise.

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Il fine dell’autore è la rivendicazione all’Italia di un primato in questa industria, possibile attraverso la retrodatazione di circa cinquant’anni della comparsa della lavorazione e collocandola nella penisola, sulla scorta della data di pubblicazione di alcuni modellari e di osservazioni etimologiche e linguistiche, grazie all’esame di alcuni documenti d’archivio dove si menzionano attività interpretabili come qualcosa di diverso dal ricamo propriamente detto5. Il saggio è poi corredato dalla trascrizione di alcuni documenti e da alcune tavole incise da Edoardo Chiossone (1833-1898), che riproducono disegni provenienti per lo più da antichi libretti di modelli6. Gli esempi portati, naturalmente, sono tutti di origine italiana (fig.1 e fig.2).

Per indagare l’origine del merletto Merli è costretto inoltre ad operare una digressione su quella del ricamo, necessaria per differenziare le due attività e supportare la sua tesi di una derivazione delle trine a filo di refe dal ricamo antico e dalle trine in oro. In questo campo individua un precedente alla sua opera nello studio sul ricamo dell’abate Nardi apparso a Padova nel 18377, anch’esso edito come libretto di nozze, definito

“curioso opuscolo” dal Melani8, che pure lo utilizza come spunto per l’incipit della sua trattazione sul ricamo, la quale in molti punti ne è la diretta parafrasi. Quest’ultimo saggio si concentra sull’analisi linguistica dei testi antichi allo scopo di rinvenire le tracce del lavoro ad ago; sebbene l’autore sottolinei che il fine dello studio è indagare le origini e non narrare la storia del ricamo, lo scritto ha l’ambizione di toccare nella trattazione la contemporaneità, pur con evidente sproporzione (45 pagine su 47 sono necessarie per arrivare alla descrizione dell’arazzo di Bayeux), che viene identificata con due opere emblematiche di un gusto: il ricamo in capelli, del quale si tiene a menzionare le iniziatrici, negli anni Ottanta del Settecento, ed un’eccellenza locale, quattro imitazioni di dipinti del paesaggio di Didetich, opera “dell’artefice Bernardino Bussoni”, che ha meritato una medaglia al locale concorso d’industria. Esempi però di

5 Non accolse le tesi del Merli Joseph Séguin in La Dentelle, che, nel 1875, continuava a proporre una datazione nella seconda metà del Cinquecento, pur attribuendone l’origine all’Italia.

6 Nell’ordine estratti da quello dello Zopino (1529), quello di Mathio Pagan (Venezia, 1551), di Cesare Vecellio (Venezia, 1600), da Le pompe, dalla Pretiosa gemma delle virtuose donne... di Isabella Catanea Parasole (Veneza, 1600), chiude la serie di illustrazioni la riproduzione di una pergamena antica con disegno per trina eseguita a S.ta Margherita Ligure.

7 Cfr. Francesco Nardi, Sull’origine dell’arte del ricamo. Cenni storici, Padova, Tipi del Seminario, 1837. L’abate Nardi (Varedo, 1808-Roma, 1877) fu esperto di diritto ecclesiastico, strenuo difensore del potere temporale della Chiesa e professore di statistica presso l’ateneo padovano, collaborò con gli “Annali…” di Giuseppe Sacchi.

8 Cfr. Alfredo Melani, Svaghi artistici femminili, Milano, Hoepli, 18922 [1891], pp. 3-4.

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realizzazioni, dunque, che imitano nei risultati la grafica e la pittura, e che in nessun modo permettono al ricamo di affrancarsi dalle arti figurative maggiori.

Mentre il Nardi e lo stesso Merli riconoscono alla storia del ricamo un respiro universale, l’assunto principale dello studioso genovese, che inserisce il suo contributo in una tradizione di studi che già da tempo dibatte sull’origine del merletto, è la rivendicazione dell’italianità di quest’ultimo, che determina la relegazione degli altri paesi europei, compresi i maggiori produttori, nell’ambito degli epigoni. Una consapevolezza che rappresenta l’ideale punto di partenza per una riconquista del terreno un tempo rigoglioso per le manifatture italiane. Il primato assoluto nel campo del ricamo, del merletto e della tessitura dell’Italia umanistica e rinascimentale contribuisce a delineare l’immagine mitica di un paese – diviso, certo – ma che pur nella pluralità dei suoi centri assume peculiari caratteri di eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Non è certamente un caso che l’opera sia data alle stampe da un genovese, data la lunga tradizione di lavorazione del merletto radicata nella zona.

La History of lace di Fanny Bury Palliser e la collezione del South Kensington Museum

Tiene in considerazione le tesi di Nardi e Merli un testo importante, che si occupa estesamente dell’Italia, come la History of lace pubblicata nel 1865 da Fanny Bury Palliser (1805-1878), studiosa che si occupò a vario titolo di arti applicate e compilatrice del catalogo della collezione di merletti del South Kensington Museum9. La sua storia del merletto, conosciuta in Italia anche attraverso sua traduzione francese10, è abbondantemente citato anche dagli studiosi italiani e vede una seconda edizione (la prima di una serie) nel 1869, aggiornata alle novità comparse all’Esposizione del 1867, come si specifica nella prefazione.

A partire dalla sua istituzione il South Kensington, per il quale l’autrice ha operato, dedica una specifica attenzione al merletto, della quale ritroviamo traccia nel Report of the Department of Practical Art del 185311. Nonostante questa precoce attenzione, sarà

9 Fanny Bury Palliser, History of lace, London, S. Low, son, and Marston, 1865. Per cenni biografici sull’autrice cfr. Dictionary of National Biography, ad vocem, vol. 43, p. 114.

10 Tradotto dalla Contessa de Clermont Tonnerre, il testo ebbe un’edizione Didot nel 1869.

11 Cfr. Report of the Department of Practical Art presented to both Houses of Parliament by command of Her Majesty, London, H.M. Stationery Office, 1853.

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solo dagli anni Settanta che nell’ambito del museo londinese verranno realizzate importanti pubblicazioni in materia, a partire dai cataloghi delle collezioni12. Nel 1872 presso il museo viene istituita la Royal School of Needlework, con il duplice scopo di favorire un’occupazione adeguata alle donne e restaurare la pratica del ricamo d’alto artigianato, promuovendolo in un luogo deputato alle arti applicate con l’aiuto di un comitato di artisti nei quali figurava, tra gli altri anche Friedric Leighton13; la prima apparizione della nuova istituzione davanti ad un pubblico internazionale avviene all’Esposizione del 1876 a Philadelphia, dove verrà aperta una succursale della scuola.

Una sede verrà aperta anche a Glasgow, dove peraltro nei decenni successivi proprio attraverso il ricamo si esprimeranno maggiormente le presenze femminili della cosiddetta Scuola di Glasgow14. Tra le partecipanti all’impresa ricordiamo Lady Victoria Welby e Anastasia Dolby, che aveva pubblicato nel 1867 lo studio Church Embroidery15, ritenuto un punto di riferimento per lo studio del ricamo inglese. Nel 1874 si terrà inoltre presso il museo una grande esposizione internazionale dedicata al merletto antico, al cui allestimento partecipa la Palliser stessa; in occasione della mostra la Arundel Society per la promozione delle arti16 sosterrà la pubblicazione di un breve testo destinato ad illustrare i pezzi più importanti (fig.5). Alan Summerly Cole17, che ne

12 Cfr. Fanny Bury Palliser, A Descriptive Catalogue of the Lace and Embroidery in the South Kensington Museum, London, Eyre & Spottiswoode, 1870. Il catalogo relativo alle collezioni di merletti venne compilato nel 1870 dalla stessa Fanny Bury Palliser; esso vide una seconda edizione nel 1874, e una terza, postuma, aggiornata e curata da Alan S. Cole, nel 1881. Sempre nel 1870 venne pubblicato il catalogo relativo a tessuti, tappezzerie, ricami, abiti e paramenti compilato da Daniel Rock, autore anche dello studio Textile Fabric (1876), a cura dell’Educational Department.

13 Cfr. The Royal School of Needlework, South Kensington in “The Art Journal”, Vol. I, 1875, p. 300.

14 Cfr. AA. VV., Glasgow School of Art Embroidery, 1894-1920, Glasgow, Glasgow Museums and Art Galleries, 1980; Elizabeth F. Arthur, Glasgow School of Art Embroideries, 1894-1920, in “The Journal of the Decorative Arts Society 1890-1940”, n. 4, 1980, pp. 18-25; Eadem, Textiles from the Archives of the Glasgow School of Art, London, Bloomsbury, 2005.

15 Anastasia Dolby, Church Embroidery, London, Chapman and Hall, 1867.

16 La “Arundel Society for promoting the knowledge of art” nasce nel 1848 a Londra, intitolata a Thomas Howard, conte di Arundel, grande collezionista inglese vissuto nella prima metà del Seicento. Tra i soci fondatori troviamo il Marchese di Lansdowne, Lord Lindsay, Lord Herbert of Lea, Aubreay G. Bezzi, Henry A. Layard, Samuel Rogers e John Ruskin. Il fine della società era la diffusione della conoscenza dell’arte, soprattutto grazie a stampe e alle pubblicazioni spesso ad esse correlate, e il primo argomento prescelto fu l’affresco italiano del Quattrocento, da Giotto a Raffaello.

Vennero in seguito affrontate le arti decorative medievali, l’arte tedesca e fiamminga. Nel 1866 la Arundel Society iniziò a collaborare con il Department of Science and Art del South Kensington Museum per la diffusione delle copie fotografiche degli Art Examples prodotti da quest’ultimo e relativi alle arti pure e applicate. Per la società John Ruskin scrisse A note of Giotto and his works in Padua in due parti (1853-54), per l’appunto connessa alla pubblicazione di una serie di incisioni. Cfr.

Frederic W. Maynard, Descriptive notice of the drawings and publications of the Arundel society, London, Arundel Society, 1869, pp. 1-8.

17 Alan Summerly Cole (1849-1934), figlio di Sir Henry Cole, fu un esperto di tessili che si occupò a

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è il curatore, delinea una breve nota storica del merletto ad ago e a fuselli e allestisce un glossario di termini tecnici per una migliore comprensione della materia. Ciò che colpisce è che gran parte dei pezzi illustrati, provenienti da importanti collezioni private, siano italiani, a conferma di un grande interesse dei collezionisti stranieri verso il nostro paese.

La Bury Palliser dedica i capitoli iniziali della sua opera ognuno ad una tecnica diversa, partendo dal ricamo per arrivare alle lavorazioni di merletto, ritenute evoluzione, almeno nella tipologia ad ago, del ricamo a punti tagliati, che si avvale cioè di perforazioni del tessuto di base per creare i decori. Questa parte è dedicata principalmente a dare informazioni tecniche e terminologiche. Rispetto ai precedenti contributi italiani la studiosa inglese fa un passo avanti, indagando su altre fonti oltre a quelle bibliografiche e archivistiche, che pure sono il suo primo ambito di ricerca, come essa stessa tiene a precisare18, ma utilizzando per le sue indagini le arti figurative e i reperti conservati nei musei (operazione più difficile, va sottolineato, per le epoche sulle quali si concentrano gli scrittori italiani), e facendo un più largo uso dell’illustrazione:

per lo più di riproduzioni grafiche di pezzi antichi conservati in collezioni museali e tavole di modelli, ma anche di particolari tratti da opere figurative (fig.3), segno che la storia delle arti applicate diventa sempre più un problema che investe il campo delle forme della decorazione rispetto a quello economico o linguistico. Un altro aspetto che caratterizza la trattazione della Palliser è la presenza di un capitolo dedicato alla produzione meccanica del merletto19, una presenza non scontata in un contesto che ha visto e vede, da Carlyle fino a Morris, prese di posizione estremamente decise nei confronti dell’ingresso dell’industria nel dominio dell’artigianato. La presenza stessa di un capitolo che storicizza l’ingresso della tecnologia in questo ambito denota la vicinanza della Palliser al filone impegnato per una composizione di questo conflitto, quello che fa capo a Cole e compagni.

lungo delle scuole annesse al South Kensington Museum, del quale diverrà Assistant Secretary, redigendo i cataloghi di molte collezioni tessili (tappezzerie, ricami, curatela di quello dei merletti redatto dalla Bury Palliser).

18 Preface in Fanny Bury Palliser, A History of lace, London, Sampson, Low, Son & Marston, 1869², pp. VII-VIII. Vd. Appendice Testi.

19 I procedimenti tecnici che permisero la realizzazione meccanica della rete e del merletto furono elaborati tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento principalmente in Gran Bretagna e Francia.

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Per quanto riguarda i contenuti, continuando poi la trattazione su base geografica, l’attenzione della Palliser è del resto rivolta soprattutto all’area francese, alla quale è dedicata una parte consistente dello studio per l’epoca compresa tra il regno di Luigi XIV e l’Impero, per la quale vengono trattati estesamente sia le varie fogge e stili sia la storia delle manifatture; in seconda istanza la studiosa si dedica soprattutto alla storia del merletto inglese. Ma il primo paese preso in considerazione è proprio l’Italia20, dove le fonti coeve di riferimento sono proprio il Nardi e il Merli, sebbene l’autrice mantenga posizioni caute riguardo alla rivendicazione dell’italianità del merletto. La studiosa inglese concentra la propria attenzione sulle città di Milano, Genova e Venezia, mostrando già un campione di pizzo che sarebbe stato fornito al Merli da Cencia Scarpariola21, l’anziana merlettaia che viene indicata come la fonte delle conoscenze tecniche che permisero una ripresa del merletto a Burano, precisando che sia il punto di Burano, sia il punto Venezia non sono più praticati. Sappiamo però che si tratta di un’affermazione imprecisa. Nelle isole lagunari infatti, la produzione di merletti non era mai venuta meno, e già qualche anno prima erano stati fatti tentativi per valorizzare le produzioni di merletto ad ago, mentre quello a fuselli è ancora praticato e già in ripresa.

Per quanto riguarda l’area italiana, è estremamente interessante confrontare le prime edizioni di questo testo con quelle rivedute e aggiornate pubblicate in seguito.

L’edizione americana del 1902, rivista da Mary Jourdain e Alice Dryden22, che presenta una folta schiera di collaboratori italiani, tra i quali la contessa Cavazza, animatrice dell’Aemilia Ars, Cora Slocomb Savorgnan di Brazzà, promotrice della nascente rete delle Industrie femminili italiane, il conte Marcello, direttore della scuola di Burano, e l’imprenditore Michelangelo Jesurum, oltre che ad un corredo iconografico rinnovato, che si avvale di materiale proveniente dalla Scuola di Burano (fig.4), e di un apparato di note molto più ampio. Segno che negli ultimi decenni nella penisola l’attenzione al ricamo e al merletto è certamente aumentata e sono proliferate le iniziative volte al recupero delle varie lavorazioni.

20 Ibidem, pp. 39-66.

21 Mentre la maggior parte delle notizie relative all’Italia si riassumono in una citazione implicita dell’opuscolo del Merli, quest’ultimo episodio non è citato (Cfr. Idem, Origine ed uso… cit.). Le uniche notizie di una qualche consistenza relative alle industrie coeve riguardano comunque la Liguria. Sebbene l’elenco di lavorazioni veneziane citate dalla Palliser sia mutuato dal Merli, è presente un elemento di novità rispetto a quest’ultimo, che non parlò di Burano.

22 Cfr. Fanny Bury Palliser, History of lace. Entirely revised, re-written, and enlarged under the editorship of M. Jourdain e Alice Dryden, New York, Charles Scribner’s Sons, 1902. Le curatrici sottolineano che già la terza edizione, nel 1875, presentava forti differenze rispetto alle prime due.

146 Gli scritti di Michelangelo Jesurum

Una conferma della permanenza di merlettaie all’opera nelle aree lagunari viene da Michelangelo Jesurum, l’imprenditore con alle spalle studi accademici che verrà ricordato come “Michelangelo dei fuselli”. Fondatore nel 1870 dell’omonima ditta, ancor oggi attiva, egli determina la rinascita della lavorazione a fuselli nella laguna23. Lo Jesurum dà alle stampe nel 1873 un breve opuscolo, Cenni storici e statistici sull’industria dei merletti, che rispetto alle pubblicazioni esaminate in precedenza ha la caratteristica di concentrarsi molto di più sul presente: del resto egli tende a fornire quelle notizie che ritiene più utili ad attirare l’attenzione, dal punto di vista culturale ma anche commerciale, per il merletto italiano.

Ma Jesurum introduce anche un aspetto legato alla rinascita del lavoro femminile di non poca rilevanza: quello della moralità, fattore che non è oscuro a molti promotori dell’applicazione femminile all’artigianato artistico. La pratica del merletto infatti permette alle donne, specie quelle di umile estrazione, che nelle regioni lagunari sono spesso mogli di marinai e pescatori e dunque sono costrette a gestire le faccende familiari da sole per lunghi periodi mentre gli uomini sono in mare, di avere una fonte di guadagno continua senza allontanarsi dalla casa e dai figli, evitando così anche quella promiscuità e quella disgregazione morale e sociale che invece si riscontra nei ceti operai. La possibilità di conciliare la pratica dei lavori femminili con la gestione familiare sarà un aspetto che verrà portato a favore del loro esercizio ben oltre il primo conflitto mondiale, e sarà fatto proprio anche dai movimenti per l’emancipazione.

Jesurum, pur non intendendo inserirsi nel dibattito sull’origine del merletto, accenna ad un problema importante: quello cioè della persistenza dei modelli, che rimangono in uso per secoli rendendo particolarmente difficile la datazione dei pezzi conservati, e quindi la valutazione della data dell’imporsi di questi oggetti, che dovrebbe comunque risalire al Quattrocento. Ciò che all’imprenditore interessa di più è il fatto che Venezia, che ne sia l’iniziatrice o meno, ha rivestito un primato mondiale nella produzione di merletto tra Cinquecento e Seicento, per poi divenire tributaria della Francia, e che tale primato in realtà non si arrestava alla produzione fisica ma riguardava anche la proposizione di modelli. Non solo oggi la produzione è estremamente scemata sia in termini quantitativi che qualitativi, ma vi sono aree che, come quella ligure, producono merletti su

23 Cfr. Jesurum. Merletti Venezia, Venezia, Fantoni, s. d.

Nel documento Mani italiane (pagine 144-188)

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