3. Fondamento normativo del principio di offensività
3.2. Il reato impossibile per inesistenza dell’oggetto
Nel quadro della ricostruzione del ruolo dell’art. 49 comma 2 c.p. e, in particolare, della sua rilevanza quale fondamento positivo del principio di offensività, non ci si può limitare alla sola analisi del reato impossibile per “l’ inidoneità dell’azione”, posto che la disposizione fa espresso riferimento anche alla diversa ipotesi in cui l’evento dannoso o pericoloso risulta impossibile per “l’inesistenza dell’oggetto”. L’interpretazione di quest’ultimo inciso non è stata univoca, essendosi sul punto contrapposte diversi ricostruzioni ermeneutiche.
Secondo un primo orientamento, oggi tuttavia minoritario, con “inesistenza
dell’oggetto” il legislatore avrebbe fatto riferimento all’oggetto “giuridico” del
reato, ovvero a tutte quelle situazioni in cui verrebbe a mancare del tutto, in concreto, l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice.
Alla base di tale interpretazione vi è la considerazione per cui sarebbe incoerente, da un punto di vista logico-sistematico, attribuire alle due figure del reato impossibile (sub specie: “ inidoneità dell’azione” e “inesistenza dell’oggetto”) funzioni e significati totalmente differenti111.
Al contrario, detta lettura consente di attribuire all’intero 49 comma 2 c.p. (e non solo al reato impossibile per “inidoneità dell’azione”) il ruolo di fondamento giuridico-positivo del principio di offensività in concreto, avendo il legislatore tipizzato i due casi in cui è esclusa la punibilità dell’agente per il carattere inoffensivo del fatto realizzato.
110 Il tema è stato approfondito anche da F.BRICOLA, Teoria generale del reato, cit., 79, il quale,
pur non ritenendo la riserva di punibilità di cui all’art. 49 comma 3 c.p. operante nel caso di reato tentato avente il medesimo nomen iuris di quello che si voleva realizzare, osserva che non vi sono ostacoli alla punibilità a titolo di delitto tentato di atti idonei e diretti in modo non equivoco, inglobati in un fatto conforme al tipo descrittivo, sulla base di un interpretazione non formalistica dell’art. 56 c.p., in cui la positiva valutazione ex ante dell’idoneità degli atti non è preclusa da una successiva valutazione ex post di inidoneità dell’azione complessivamente considerata.
111 A favore dell’interpretazione dell’inesistenza dell’oggetto dell’azione come mancanza del bene
giuridico da offendere cfr. G.CONTENTO, Corso di diritto penale, Laterza, Bari, 2006, 622-623 e V.
SERIANNI, voce Reato impossibile, in Enc. Giur. vol. XXVI, Treccani, 1991, 6. Sul punto cfr. anche
G. LICCI, Reato putativo e reato impossibile, in AA.VV., Il Reato. Struttura del fatto tipico.
Presupposti oggettivi e soggettivi dell’imputazione penale. Il requisito dell’offensività del fatto (opera diretta da M.RONCO), Zanichelli editore, Bologna, 2011, 799.
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In altri termini, la non punibilità deriverebbe dall’impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso, in un caso (reato impossibile per inidoneità dell’azione), perché il fatto, pur essendo formalmente conforme al modello tipizzato dalla norma incriminatrice, risulta in concreto inidoneo a realizzare l’offesa all’interesse da questa protetto quantomeno secondo quel grado “minimo” di “apprezzabilità” richiesto dall’ordinamento; nell’altro caso (reato impossibile per inesistenza dell’oggetto), in quanto, mancando del tutto nella situazione concreta l’interesse oggetto di protezione, una sua offesa sarebbe a priori logicamente inipotizzabile112.
Sennonché detta tesi presta il fianco a due importanti rilievi critici: da una parte, si è sottolineato il gravoso compito a cui andrebbe incontro l’interprete nel dover applicare la fattispecie del reato impossibile per inesistenza dell’oggetto, stante la difficoltà di individuare i parametri con cui valutare la assoluta mancanza in concreto dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice; dall’altra, si è osservato come, identificando l’“oggetto” dell’inesistenza con l’interesse protetto dalla norma incriminatrice, ciò renderebbe del tutto pleonastico il riferimento normativo all’“impossibilità dell’evento dannoso o pericoloso”, posto che, se l’interesse tutelato è inesistente, risulterebbe, come detto, a priori escluso qualsiasi profilo di offesa nei suoi confronti e, dunque, l’evento “dannoso o pericoloso” sarebbe necessariamente “impossibile”113.
Ebbene, alla luce di tali obiezioni, ci sembra che l’unica strada percorribile sia quella di dare all’inciso “inesistenza dell’oggetto” un significato differente da quello di inesistenza dell’“oggetto giuridico” del reato e, specificatamente, di dovere, al contrario, identificare detto “oggetto” – in armonia con l’orientamento dottrinale maggioritario – con “l’oggetto materiale” del reato114.
112 Cfr. G.PANUCCI, Il principio d necessaria offensività, cit., il quale, esemplificando, propone il
caso del venditore che sia anche effettivo proprietario della cosa venduta. In tal caso l’alienazione di quest’ultima, ancorché compiuta in circostanze tali da far sospettare la sua illegittima provenienza, non è in grado di integrare la contravvenzione di cui all’art. 712 c.p., poiché in concreto non sussiste l’interesse tutelato dalla norma, ossia quello alla neutralizzazione della circolazione di cose provenienti da reato.
113 Cfr. G.N
EPPI MODONA, Reato impossibile (voce), cit., 267.
114 Anche sotto la vigenza del codice Zanardelli, il dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulle
ipotesi di mancanza dell’oggetto in grado di escludere la punibilità a titolo di tentativo (es. tentato omicidio su un cadavere erroneamente ritenuto persona esistente) si riferiva ai casi in cui l’oggetto veniva in considerazione nella sua dimensione materiale, costituente cioè il punto di incidenza dell’attività criminosa.
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Si avrà dunque reato impossibile per inesistenza dell’oggetto ogni qual volta verrà accertata l’insussistenza della cosa o della persona su cui cade l’attività dell’agente.
Se questa è, dunque, la premessa da cui partire, occorre poi comprendere l’esatta portata del concetto di “inesistenza”, in quanto solo la sua esatta delimitazione permette di distinguere i casi di reato impossibile dai casi di tentativo.
A tal proposito, la dottrina dominante ha distinto le ipotesi d’inesistenza “assoluta” dell’oggetto materiale in rerum natura da quelle in cui invece vi è una non presenza solo “occasionale”, accidentale o temporanea, di esso al momento e nel luogo in cui la condotta criminosa è realizzata115.
Ebbene, seppur in entrambi i casi l’oggettiva mancanza dell’entità fisica su cui cade l’azione impedisce di fatto la consumazione del reato, le due situazioni vanno tenute distinte.
Mentre, difatti, l’esclusione della punibilità derivante dall’applicazione dell’art. 49 comma 2 c.p. si avrà solo nell’ipotesi in cui la cosa o la persona su cui l’azione insiste o non sia mai esistito in natura o abbia cessato di esistere, la punibilità a titolo di tentativo si avrà ogni qual volta dette entità fisiche risultino semplicemente assenti occasionalmente al momento dell’attività criminosa, ma pur sempre “esistenti” in natura116.
Alla luce di tali premesse si può, dunque, osservare come la mancanza dell’oggetto intervenga in termini differenti nei due istituti, posto che, se così non fosse, il reato impossibile per inesistenza dell’oggetto sarebbe un istituto del tutto inutile
115 Si pensi al caso di Tizio che agisce al fine di pugnalare Caio, mentre colpisce i cuscini che
quest’ultimo ha messo al suo posto oppure al caso del ladro che, al fine di impossessarsi del portafoglio della vittima, introduce la mano nella sua tasca, trovandola tuttavia vuota. In tutti questi casi, l’oggetto esiste in rerum natura, ma vi è una situazione di assenza occasionale. Sennonché, essendovi una oggettiva non riconoscibilità dell’assenza del corpo della vittima o del portafoglio da parte dell’agente, sussisterebbe comunque quell’ “idoneità” degli atti che legittima la punibilità a titolo di tentativo.
Per contro, qualora la mancanza dell’oggetto materiale fosse oggettivamente riconoscibile, la condotta si sarebbe rivelata di per sé inidonea, con la conseguenza non punibilità neanche ex art. 56 c.p. (c.d. tentativo inidoneo): così Cass. pen., sez. IV, 24 gennaio 2003, n. 3854, in CED Cass., n. 223560.
116 In tal senso G.NEPPI MODONA, Reato impossibile (voce), cit., 266; M.ROMANO, Commentario,
cit., 516; M.GALLO, Appunti, cit., vol. III, Le forme di manifestazione del reato, 95 e ss. Anche in
giurisprudenza la tesi prevalente è quella secondo cui l’inesistenza dell’oggetto idonea ad escludere la punibilità dell’agente è quella in rerum natura, assoluta e originaria, essendo irrilevante il dato della mancanza semplicemente temporanea o accidentale della stessa (cfr. Cass. Sez. VI, 11 marzo 1996, n. 8171, in CED Cass. n. 205559; Cass., sez. I, 26 novembre 1991, n. 3405, in Cass.pen., 1994, 314).
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nel nostro ordinamento, potendo tutte le situazioni in cui manca l’oggetto della condotta già essere ricondotte sotto il paradigma dell’art. 56 c.p.117.
Il diverso atteggiarsi della mancanza dell’oggetto materiale ha importanti conseguenze sul piano dell’accertamento. Difatti, mentre secondo l’orientamento dominante l’idoneità degli atti nel tentativo deve essere valutata attraverso un giudizio ex ante (c.d. prognosi postuma) e a base parziale, ossia relazionata momento in cui la condotta è stata posta in essere e tenendo in considerazione solo le conoscenze dell’uomo medio ovvero quelle eventualmente maggiori dell’agente concreto, l’inesistenza dell’oggetto ai fini del reato impossibile richiede, al contrario, un accertamento ex post circa la sua effettiva mancanza, accertamento da condursi non solo sulla base di tutte le circostanze già conosciute, ma anche di quelle emerse dopo lo svolgimento dell’azione118.
A questo punto la conclusione su quale sia il ruolo del reato impossibile per inesistenza dell’oggetto appare pressoché scontata: esso funge da correttivo al criterio sull’idoneità degli atti nel tentativo formulato ex ante e, dunque, da limite alla punibilità a titolo di tentativo.
E ciò in quanto, applicando il solo criterio della prognosi postuma, si arriverebbe alla paradossale conclusione per cui, pur essendo l’oggetto materiale dell’azione inesistente in rerum natura, si dovrebbe comunque sostenere l’idoneità degli atti, e dunque l’integrazione del tentativo, qualora, sulla base di un giudizio ex ante, l’agente non potesse essere a conoscenza del fatto che essi in realtà fossero diretti verso un’entità fisica non esistente119.
Volendo esemplificare: si pensi al caso di un soggetto che spari da lontano contro il corpo di un uomo che sembra addormentato, ma che in realtà ha cessato di vivere per un collasso cardiaco intervenuto nel sonno.
In tal caso, pur essendo l’oggetto inesistente in rerum natura, conducendo l’indagine sulla base di un giudizio ex ante, stante l’impossibilità di riconoscere al momento della condotta il decesso del soggetto, si dovrebbe concludere per
117 G.NEPPI MODONA, Reato impossibile (voce), cit., 266.
118 In senso differente, i fautori della tesi che ravvisa nel reato impossibile il doppione in negativo
del tentativo sostengono la necessità di una verifica ex ante dell’inesistenza dell’oggetto. Secondo tale giudizio prognostico, si configurerebbe un reato impossibile quando la presenza dell’oggetto appaia, all’inizio dell’azione, inverosimile, mentre si avrebbe tentativo quando la presenza sia verosimile.
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l’idoneità dell’azione dell’agente e la conseguente punibilità dello stesso a titolo di tentativo. Sennonché – ed è qui che si evince l’importante ruolo svolto della norma contenuta nella seconda parte dell’art. 49 comma 2c.p. – detta punibilità è esclusa in quanto sulla base di una verifica ex post, data la totale inesistenza dell’oggetto materiale, viene meno la possibilità che sia messo in pericolo il bene tutelato dalla norma incriminatrice (la vita di un soggetto già morto)120.
Ebbene, non si può non osservare come una siffatta interpretazione dell’inesistenza dell’oggetto consente di attribuire un significato unitario all’art. 49 comma 2, escludendo in entrambi i casi da esso disciplinati, di fatto, la non punibilità dell’agente innanzi alla commissione di fatti concretamente inoffensivi.