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Il ruolo dell’apprendente e i fattori ambientali

CAPITOLO 3 IL PLURILINGUISMO ITALIANO E L’ACQUISIZIONE DEL VERBO IN L2

3.2 L’ ACQUISIZIONE DELL ’ ITALIANO

3.2.2 Il ruolo dell’apprendente e i fattori ambientali

Come osservato, l’apprendimento di una L2 ha un’importanza fondamentale affinché l’individuo possa inserirsi in contesti di socializzazione complessi e non marginali, e possa accedere a tutti gli aspetti della realtà del paese ospitante. Se in ambiente guidato la didattica è inizialmente orientata a favorire lo sviluppo di una competenza comunicativo-pragmatica orientata all’azione e alla realizzazione dei propri obiettivi extrascolastici (Diadori 2001: 138; Scalzo 1998: 143), per poi differenziarsi in percorsi professionalizzanti che richiedono anche linguaggi specifici

6 “Si parla di insegnamento dell’italiano come lingua etnica quando questa è appresa nel contesto

scolastico ma è anche usata nell’ambito familiare come nella comunità culturale di riferimento. Si tratta per lo più dell’italiano dei figli, nipoti o pronipoti degli emigranti italiani” (Tronconi 2001:

125)

7 Per lingua seconda (L2) generalmente si intende qualsiasi lingua sia appresa in un momento successivo alla lingua prima (L1).

79 e settoriali (Barni 2001: 127-130), l’apprendente di una lingua in contesto spontaneo è obbligato (in modo spesso inconsapevole) a dover trovare da sé le migliori strategie di adattamento alla nuova realtà linguistica.

Tuttavia, come ben sappiamo, non è detto che due persone che si trovino nella stessa situazione e vengano esposti agli stessi stimoli siano in grado di apprendere una lingua nello stesso modo. Questo dipende da una moltitudine di fattori che possono dipendere dall’apprendente stesso o dal contesto culturale, sociale e linguistico da cui l’apprendente viene o in cui si ritrova nel suo periodo di contatto con la L2; questi fattori influenzano in modo determinante l’apprendimento e non sono sempre variabili su cui l’apprendente può intervenire. Nella Tabella 1 riportata di seguito proviamo ad illustrare alcune variabili che possono incidere nell’apprendimento di una L2:

Tabella 1 Fattori che influiscono sull'apprendimento della L2

Fattori interni all’apprendente Fattori esterni o ambientali

Età Distanza tipologica L1/L2

Motivazioni Livello/tipo di Educazione o Scolarizzazione

Fattori affettivi Inserimento nel contesto dei nativi

Stili cognitivi Occasioni Comunicative

Attitudine / Personalità Qualità dell’input

Questa tabella va intesa in senso puramente riassuntivo, seguendo grossomodo la classificazione tra fattori interni e fattori esterni fatta da Balboni (1994) e riportata da Villarini (2000: 71-86) e Pallotti (2000: 150-269), a cui si rimanda per una lettura più approfondita.

Tra questi fattori sicuramente l’età gioca un ruolo molto importante. Infatti, se è vero che gli adulti rispetto ai bambini sono esposti a un numero maggiore di stimoli che sono in grado di controllare e direzionare verso i propri interessi, in età adulta gli apprendenti possono avere più difficoltà nell’automatizzazione e memorizzazione delle informazioni linguistiche a causa dell’utilizzo della memoria esplicita e dichiarativa piuttosto che quella implicita e procedurale (Giuliano 2012: 138).

80 Il livello di scolarizzazione raggiunto prima di arrivare in Italia determina implicitamente una buona attitudine allo studio e alla riflessione metalinguistica, che risulta ancora più avvantaggiata se esiste una conoscenza pregressa di altre lingue europee, che oltre a fungere da supporto nelle situazioni di difficoltà (quando si ha la necessità di essere capiti), può aiutare nella comprensione di alcune strutture linguistiche tipologicamente vicine all’italiano. Infatti, quanto più la distanza tipologica tra la L1 dell’apprendente e la L2 obiettivo aumenta, tanto più per l’apprendente sarà difficile comprendere alcune strutture caratteristiche della L2. Si prenda il caso dei romeni, dei marocchini e dei cinesi, che sono tra le tre comunità immigrate più numerose in Italia. Per l’apprendente romeno imparare l’italiano sarà notevolmente più semplice rispetto all’apprendente cinese, poiché la lingua romena appartiene alla stessa famiglia linguistica dell’italiano (essendo una lingua romanza) e ne condivide molti aspetti caratteristici come il sistema SVO (soggetto-verbo-oggetto), il sistema pro-drop (caduta del pronome personale soggetto negli enunciati dichiarativi) e la struttura flessiva. Per quanto riguarda il cinese (ci riferiamo qui alla sua variante linguistica standard) invece ci troviamo davanti una lingua SVO, non-pro- drop, isolante (1 parola: 1 morfema) e che utilizza un sistema di scrittura logografico e non alfabetico. Per quanto riguarda invece il marocchino, sappiamo che è una lingua flessiva, VSO e pro-drop; tuttavia i marocchini come gli immigrati che vengono da paesi che hanno subito la colonizzazione dei paesi europei, utilizzano spesso il francese o l’inglese come lingua ponte per farsi capire (Diadori 2017: 83-96).

Il fattore che probabilmente incide più di tutti sull’apprendimento di una lingua è quello legato alle motivazioni. Le motivazioni possono essere di due tipi: culturale e strumentale. Per quanto riguarda le motivazioni culturali esse possono essere dettate sia dal semplice interesse di conoscenza di una lingua o di una cultura diversa, che dal desiderio di integrarsi e conoscere la società, la cultura e le persone del paese in cui ci si trova a vivere. Le motivazioni strumentali invece sono legate più a necessità tangibili o obiettivi specifici, come ad esempio il bisogno o desiderio di trovare un lavoro o ottenere un diploma di lingua per scopi specifici (Villarini 2000).

Come ben sappiamo, un atteggiamento positivo e “curioso” nei confronti dell’ambiente circostante alimenta le occasioni di utilizzare lo strumento della L2 e mettere costantemente in discussione i piccoli obiettivi linguistici quotidiani. La voglia

81 di conoscere, avere amici italiani e mettersi in gioco favorisce il processo di crescita della propria L2.

Al contrario, un basso livello motivazionale può portare una persona a vivere per anni in un paese straniero e non conoscere se non poche espressioni utili allo stretto indispensabile. Questo tipo di atteggiamento generalmente riguarda persone già inserite in una grossa comunità del proprio paese che, intessendo relazioni umane e lavorative quasi esclusivamente con i propri connazionali, non sentono il bisogno di aprirsi alla società esterna e vivono in piccole enclavi linguistiche. La timidezza o un atteggiamento remissivo sicuramente non aiutano a creare occasioni di contatto con la comunità ospitante: si pensi al caso particolare di persone in difficoltà, quali anziani o donne giunte per ricongiungimento familiare e reinserite in un contesto esclusivamente domestico e non lavorativo; in molti di questi casi l’unica occasione di contatto con la realtà linguistica esterna è costituita dalle esigenze dei figli o dalle necessità legali o sanitarie. Il raggiungimento di un formulario utile ad ottemperare ai bisogni primari può rappresentare in questi casi più un problema che un fattore positivo.

La povertà di esposizione all’input linguistico rappresenta dunque il motivo principale per cui molte persone che vivono per anni in un paese straniero non riescono ad impararne la lingua. Nel caso dell’Italia questa situazione viene poi ancor più estremizzata a causa della quantità di stimoli linguistici diversi cui lo straniero viene sottoposto quando decide di interagire con il territorio circostante. La presenza di tutte le differenti varietà di italiano (standard, regionale, dialettale) sono ovviamente percepite dall’immigrato come diverse e in molti casi l’italiano di riferimento e di

contatto per gli immigrati è proprio una delle varietà locali o regionali8. Le interlingue

degli apprendenti (cfr. 3.2.3) vanno quindi a costruirsi intorno ad una ricchezza di stimoli differenti e ne risentono all’interno della loro struttura, fatta di elementi dell’italiano standard, dei dialetti, di elementi della prima lingua e quelli tipici dell’interlingua. Come osservato in Vedovelli (2016), questo loro linguaggio così variegato:

8 Non va inoltre dimenticato l’uso da parte dei parlanti italiani del foreigner talk, tipico registro semplificato della lingua standard usato per farsi comprendere “meglio” da uno straniero.

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si viene a trovare al punto di incontro fra le varie componenti dello spazio linguistico italiano, non solo al punto di incontro fra l’italiano e le lingue di origine degli immigrati. Queste, inoltre vengono a subire una pressione inferiore rispetto a quanto avviene in altri Paesi proprio perché l’intensità della pressione a livello locale può essere disseminata fra i vari idiomi presenti nel contesto: l’italiano e gli idiomi locali. (Vedovelli 2016: 37)

La complessità dell’input linguistico rappresenta per l’apprendente, non solo il punto di partenza per le sue produzioni linguistiche, bensì anche il terreno sul quale strutturare la sua riflessione metalinguistica, fatta di dubbi e incertezze sul valore della lingua da utilizzare e quella utilizzata dagli altri a seconda dei contesti. A partire da queste riflessioni, l’apprendente è comunque spesso in grado di riuscire ad individuare la varietà standard dell’italiano come lingua obiettivo, escludendo coscientemente il dialetto dalle proprie produzioni quando ne ha la possibilità.