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2.5 Il ruolo della pianificazione nei cambiamenti climatici
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90 ridurre la fonte o aumentare i pozzi di assorbimento dei gas a effetto serra,
‘’anthropogenic [human] intervention to reduce the sources or enhance the sinks of greenhouse gases’’. Per adattamento, si intende un adeguamento dei sistemi naturali o umani, in risposta a reali o previsti impulsi climatici o ai loro effetti, ‘’adjustment in natural or human systems in response to actual or expected climatic stimuli or their effects, which moderates harm or exploits beneficial opportunities’’.
Nei decenni passati si è assistito ad una forte differenziazione tra le politiche di adattamento e quelle di mitigazione.
Davouidi (2008, pp.3-7) afferma che ‘’esse sono in realtà interconnesse ed hanno entrambe lo stesso scopo, cioè di ridurre le conseguenze indesiderate dei cambiamenti climatici’’.
Infatti S. Davoudi et al. (2008, pp.7-19), nel testo Plannig for Climate Change, dichiarano che ‘’i processi di pianificazione territoriale possono fornire arene chiave dove sarebbe possibile progettare approcci integrati tra adattamento e mitigazione.
Si deduce quindi che la pianificazione territoriale ha il compito di integrare le politiche di mitigazione ed adattamento’’.
Ogni Stato ha un differente sistema di pianificazione, costruito su diversi livelli di governo del territorio e approcci legislativi. Fin troppo spesso risulta complesso capire con esattezza a che livello di governo del territorio bisogna operare.
Il quadro generale appare quindi incerto e emergono problemi di legittimità e distribuzione del potere.
Per superare questi problemi Rydin (2003) propone un approccio razionalista al fine di legittimare gli interventi che possono generare una sbagliata distribuzione dei poteri.
Secondo quanto analizzato si afferma quindi che il cambiamento climatico dovrebbe essere trattato per mezzo di un approccio multi-scalare e flessibile.
L’ approccio multi-scalare prevedrebbe il coinvolgimento di un quantitativo maggiore di attori, i quali avranno differenti interessi in base al livello istituzionale dove sono posizionati.
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Il criterio multi-scalare muove il ragionamento verso la governance dei cambiamenti climatici, in particolare verso una governance multilivello in grado di coordinare sia i livelli amministrativi che gli attori coinvolti.
La governance multilivello rende il processo di pianificazione dei cambiamenti climatici più aperto e bisognoso di una maggiore negoziazione sia verticale che orizzontale.
Dalla letteratura presa in analisi emerge che nei decenni passati venivano attuate politiche di tipo top-down, quindi politiche dall’alto verso il basso, introdotte dai livelli istituzionali posti più in alto e calate verso il basso.
Recentemente tramite nuovi approcci, appunto multi-scalari, si è passati alla promozione di politiche bottom up, quindi dal basso verso l’alto. Queste politiche vengono promosse dall’esperienza delle comunità.
Ovviamente non esiste un approccio preferibile rispetto l’altro ma i risultati migliori derivano da una giusta combinazione dei due.
La funzione della pianificazione territoriale è quindi quella di garantire maggiore coordinamento e maggiore negoziazione sia tra i livelli di governo del territorio che tra il gran numero di attori coinvolti, provvedendo al ripensamento dei passati approcci e fornendone di nuovi, al fine di creare nuove risposte alle sfide climatiche, come affermano Brunetta e Caldarice (2018) nel testo Strategie di adattamento al cambiamento climatico.
Altro tema molto importante è il tema della resilienza urbana, che negli ultimi decenni è divenuto sempre più centrale all’interno del complesso rapporto tra pianificazione e cambiamenti climatici.
Gli impatti del cambiamento climatico infatti vanno a colpire sempre di più le aree urbane per mezzo degli eventi metereologici estremi che vanno ad aumentare l’esposizione al rischio di luoghi, persone e risorse. A tal proposito Brunetta e Caldarice (2017, pp.136) dichiarano che ‘’La metafora della resilienza è entrata nel campo della
92 pianificazione urbanistica e territoriale alla fine del secolo scorso come concetto per attivare politiche per città sostenibili e inclusive di fronte al numero crescente di rischi naturali ed antropici’’.
Tramite il concetto di resilienza si vuole puntare a rendere i sistemi urbani capaci di riprendersi da shock inattesi ma anche di perseguire una migliore qualità sia ambientale che sociale.
Nel 2012 S. Davoudi introduce il concetto di Evolutionary resilience che appare essere in stretta connessione con il governo del territorio.
Mediante l’evolutionary resilience si favoriscono ‘’le interconnessioni e interdipendenze tra i molteplici livelli delle componenti e livelli gerarchici dei sistemi complessi, la flessibilità e l’innovazione’’ questa visione ci viene illustrata da Brunetta e Caldarice. (2017)
La pianificazione territoriale, recependo la resilienza nelle proprie politiche, andrebbe a contrastare i cambiamenti climatici promuovendo lo sviluppo di aree urbane pronte a rispondere in maniera più efficace agli eventi metereologici estremi.
Lo schema che segue esplicita il ruolo che la resilienza ha nell’assorbire gli shock esterni che influenzano differenti settori come quello ambientale, sociale e ed economico, al fine di ritornare ad uno stato di equilibrio.
Figura 10 - Schema ruolo della resilienza.
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Negli ultimi decenni la locuzione città resilienti è stata sempre più utilizzata, fin troppo spesso però le città risultano resilienti solo da punto di vista teorico ma non pratico.
Appare chiaro quindi che la resilienza dovrebbe essere perseguita come uno strumento utile per la lotta ai cambiamenti climatici, mentre l’adattamento dovrebbe entrare a far parte delle culture di pianificazione in maniera diffusa ed integrata, come esposto da P.
Gabellini (2016) nel testo Two plan, one environmental policies.
Secondo questa visione l’adattamento, quindi, non dovrebbe essere perseguito come un obiettivo isolato ma, come sostengono Brunetta e Caldarice (2017, pp. 139),
‘’dovrebbe innescare un processo di azioni combinate e sinergiche, in risposta alle vulnerabilità del sistema’’, in questo modo si andrebbe ad aumentare in maniera reale la resilienza dei territori.
Quindi altri incarichi della pianificazione territoriale risultano essere la promozione e la costruzione di alti gradi di resilienza dei territori, la mobilitazione delle risorse, la redazione di regolamenti edilizi adatti alle nuove sfide climatiche, la gestione degli usi del suolo e il fornire risposte nuove alle sfide dei cambiamenti climatici.
Alla luce di quanto analizzato emerge che la pianificazione territoriale esercita un ruolo di estrema importanza nelle questioni dei cambiamenti climatici, ma non può essere vincente da sola, infatti Brunetta e Caldarice (2017, pp.135-140) dichiarano che ‘’la pianificazione deve essere parte e motore del processo di adattamento per i territori orientati alla resilienza’’.
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