La centralità della figura del pediatra di famiglia nel processo di presa in carico dei bisogni special
123Il ruolo del pediatra di famiglia nel progetto TdTu
il progetto tdtu guarda al pediatra di famiglia come figura pro- fessionale che può svolgere un ruolo decisivo nella prevenzione e nella intercettazione dei bisogni speciali dei bambini. ciò perché il pediatra di famiglia è il conoscitore delle risorse del territorio, la fi- gura che meglio può verificare se il bambino ha un adeguato inse- rimento scolastico, che può capire se la famiglia ha un adeguato so- stegno sociale e la figura che può garantire l’adeguamento delle ri- sorse del territorio ai bisogni del bambino/famiglia (zampino, seli- corni, 2010, pp. 96-97)2. tuttavia tale ruolo/figura è oggi in fase di trasformazione. la professione del pediatra di famiglia è in questi ultimi anni assai modificata. da figura con ruolo primario di inter- cettazione di patologie/malattie dell’infanzia, con compiti preva- lentemente sanitari, sta sempre più emergendo una figura di pe- diatra di famiglia con ruolo di monitoraggio dello sviluppo del bam- bino (bilancio di salute), con compiti prevalentemente di preven- zione socio-sanitaria.
il cambio di ruolo è dato dal fatto che sono cambiate nel tempo le emergenze dell’infanzia nelle società evolute. Rispetto a un tempo, anche recente, l’incidenza delle malattie durante il periodo dell’in- fanzia non è più la maggiore emergenza. infatti, le vaccinazioni e il miglioramento delle condizioni di vita e le terapie antibiotiche han- no drasticamente ridotto l’impatto delle malattie sull’infanzia. Ri- sultano però in aumento problemi che fino a non molto tempo fa
Figura 3.
Terzo livello. Il ruolo di raccordo del pediatra di famiglia tra il primo e il secondo livello di prevenzione delle disabilità nell’infanzia. 2. Zampino G, Selicorni A. Pediatria della disabilità. Società Italiana di Pediatria. 2010 Luglio-Dicembre (40);159-160:89-101.
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non esistevano o erano decisamente ridotti, ad esempio: sindrome autistica, disturbi specifici dell’apprendimento, disturbi della con- dotta, disturbi evolutivi specifici dell’eloquio e del linguaggio, sin- dromi ipercinetiche, stili alimentari/comportamentali/attributivi dis- torti, sindromi e disturbi della sfera emozionale con esordio nel- l’infanzia ecc.
l’approccio alle nuove emergenze dell’infanzia non può più derivare da un’impostazione dei problemi di tipo esclusivamente sanitario. le problematiche di sviluppo dell’infanzia per essere intercettate precocemente richiedono di essere analizzate alla luce di paradig- mi interpretativi in grado di osservare, insieme, nelle loro recipro- che azioni, condizioni di salute e fattori ambientali e personali. ciò comporta per il pediatra di famiglia farsi interprete di uno sguardo che integri l’approccio medico con altri modelli interpretativi del- la salute3(oltre che instaurare solide collaborazioni con i servizi ter- ritoriali di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’Adolescenza). la cura della salute in quanto “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di malattia e di in-
Figura 4. L’ampliamento della diagnosi medica con la diagnosi di funzionamento. 3 Østensjø, S., Bjorbækmo, W., Carlberg, E. B., & Vøllestad, N. K. "Assessment of everyday functioning in young children with disabili- ties: An ICF-based analysis of concepts and content of the Pediatric Evaluation of Disability Inventory (PEDI)". In Disability and rehabilitation 2006;28.8: 489-504.
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fermità” (oms) richiede una logica multifattoriale. la “logica del funzionamento”, in base a quanto stabilito nell’icF (2001) e icF- cY (2007), rappresenta una modalità di guardare al fenomeno “sa- lute” che sposta il baricentro osservativo dalla malattia (come pro- blema dell’individuo) alla salute (come effetto dell’interazione tra individuo e ambiente). Assumere lo sguardo dell’icF-cY nella pro- fessione del pediatra di famiglia significa rimodulare le proprie co- noscenze mediche integrando le capacità diagnostiche di tipo me- dico (processo concepito come corretto riconoscimento di un fe- nomeno patologico in base a un inquadramento nosografico del sin- tomo), con la capacità di fare diagnosi di funzionamento (proces- so concepito come esplorazione/analisi delle componenti bio-psico- sociali da cui dipende il funzionamento umano) (Figura 4). solo da questa nuova impostazione della professione del pediatra di famiglia può derivare il suo ruolo di raccordo del sistema di pre- venzione delle disabilità dell’infanzia. la prevenzione delle disabili- tà, secondo l’ottica dell’oms, consiste, infatti, nell’intercettare pre- cocemente quei “funzionamenti problematici” che, anche se non an- cora inquadrabili in quadri nosografici precisi, evidenziano condizioni di disagio che si possono trasformare in patologie. ciò avviene nel- l’età evolutiva specialmente quando una condizione di disagio in- terferisce con le seguenti aree di sviluppo (costa, 2009, pp. 28-29)4:
■ della relazione con gli altri:timidezza, vergogna, eccessiva ini- bizione, disinteresse verso i pari e il gioco, tristezza, chiusura in se stessi o manifestazioni aggressive;
■ dello sviluppo cognitivo:disparità fra le prestazioni che il sog- getto riesce a fornire, ad esempio a scuola, e le capacità che evi- dentemente ha;
■ dello sviluppo adattivo:la capacità cioè di saper cambiare le pro- prie abitudini, modi di fare in ragione della crescita e di quanto normalmente la società si attende da quella specifica fase di età. talvolta i quadri di disturbo derivano proprio dall’interazione tra fattori genetici e fattori ambientali, ossia quando si creano condi- zioni per cui si stabilizzano pattern di funzionamento rigidi e co- attivi, non funzionali alla relazione e alla socializzazione (parritz, troy, 2013)5.
4. Costa S. Disagio e fragilità in età evolutiva: alcuni anti- doti del metodo scout. In: AA.VV. (a cura di Schirripa V.). Disagio e nuove povertà. Le risorse educative dello scautismo. Roma: Fiordaliso, 2009: 23-32.
5. Parritz R, Troy M. Disorders of childhood: Development and psychopa- thology. Cengage Learning, 2013.
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da qui la necessità di integrare l’approccio medico con uno sguar- do più ampio e articolato sul bambino, idoneo a intercettarne la qua- lità del funzionamento bio-psico-sociale. evidentemente tale sguar- do non può derivare dalla sola visita ambulatoriale. il progetto tdtu propone le checklist icF come strumento per descrivere il funzio- namento del bambino/a nel suo contesto di vita, distinguendo tra ca- pacità e performance (si vedano i profili di funzionamento elabora- ti tramite il progetto tdtu). le checklist icF, inoltre, possono es- sere compilate attraverso la collaborazione tra famiglia, scuola e pe- diatra di famiglia (gli ambiti di esplorazione possono essere compi- lati separatamente da genitori, insegnanti e pediatri di famiglia, sia in relazione alle competenze che ai contesti di osservazione). le osservazioni delle educatrici negli asili nido e delle inseganti nel- la scuola dell’infanzia possono portare al pediatra di famiglia un pun- to di vista privilegiato sui bambini in quanto il contesto “asilo ni- do” o “scuola dell’infanzia” risulta particolarmente adatto per l’os- servazione dei funzionamenti problematici dell’infanzia. infatti, ciò
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possono generare incomprensioni o fraintendimenti.
la scelta delle checklist icF e la formazione sulla filosofia icF sia delle insegnanti che dei pediatri di famiglia può sicuramente rap- presentare una modalità efficace per superare questo possibile gap. il progetto tdtu, anche da questo punto di vista, ha aperto una strada che va sicuramente approfondita, non solo per quanto ri- guarda possibili cambiamenti riguardanti le politiche della pre- venzione delle disabilità nella prima infanzia, ma anche per quan- to riguarda la formazione universitaria dei futuri pediatri di fami- glia e la formazione dei pediatri di famiglia in servizio. ■
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