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Il sogno profetico del Solitario

Nel documento SIRACUSA (pagine 48-52)

Giunta la notte dell’ultima giornata, il Solitario stanchissimo si abban-dona ad un sonno profondo, quando, nel mezzo della notte, arriva il sogno che gli era stato profetizzato. Sogna di trovarsi in un «bosco fol-tissimo»114, conforme all’oscurità del suo cuore: pieno di altissime piante e di una grande quantità di animali selvaggi e domestici. La cosa strana (ma significativa perché segnale della conversione spirituale in atto) è che animali feroci, quali il leone, la tigre, il lupo e altri ancora, gli passavano davanti senza incutergli paura. Il suo sogno non è ango-scioso e agitato come i sogni infausti di Sincero/Sannazaro115.

Mentre il Solitario credeva di stare sul punto di trovare l’uscita dall’intricato luogo, gli sembrò di ascoltare non molto lontana una bella armonia che gli accendeva la mente116. Dirigendosi verso quell’armo-nia, vide due ninfe sedute presso una fonte, dal volto sereno e lumi-noso. Una, con i capelli raccolti, coronata di verdissima edera, dal corpo bellissimo, adorna di una veste bianchissima (la Fede); l’altra, vestita di

113 Siracusa pescatoria, p. 145.

114 Cfr. l’incipit del poema spirituale, la Sirenide. Nel poema non si parla di un sogno, ma di una presa di coscienza per scendere − come suggerisce Isaia − alle porte dell’Inferno e avviare il processo di catarsi, di rinascita spirituale.

115 Cfr. S. Carrai, Sul finale dell’Arcadia del Sannazaro, in «Prismi», 3 (2000), pp. 91-94.

116 Così accade ad Ameto nella Comedia delle ninfe fiorentine.

XLVIII Introduzione

verde (la Speranza), non meno bella nel volto, nella bocca, nelle labbra, nel collo: due ritratti femminili di boccacciana memoria117:

L’una delle quali eminenti capelli con magistero inusitato haveva alla testa ravolti, e con sottile oro (a quelli non inequale) ornati.

Et era coronata di verdissima hedera, pur hora dal caro olmo tolta, sotto quella, ampia, piana e candida fronte mostrando; et il resto del corpo di beltà inestimabile, adorna di sottilissima veste di color bianco, di minuto e delicato lavore intessuta. All’altra, che di verde era vestita, con occhi che le più lucide stelle vin-ceano, e con guance simile al latte, sovra del quale vivo sangue caduto sia, vi scorsi la picciola bocca, non distesa in isconcia grandezza, chiusa dalle sue labbia somigliantino i porporini fiori;

et il candido collo, avanti al quale sedea la delicata gola sovra gli eguali humeri di bella e grata forma, con tanta grazia che di ab-bracciamenti cupidi si faceano118.

È la ninfa leggermente più alta dell’altra a rivolgere la parola al So-litario, invitandolo ad accostarsi a loro, perché mirabili cose si scopri-ranno al suo intelletto, ovvero alla sua mente. Gli porge la mano e, avanzando, si trovano davanti ad un altissimo monte. Appena giunti, mentre sentono un rumore simile a quello di un terremoto, vedono aprirsi il monte e in mezzo una piccola strada, attraverso la quale giun-gono davanti a una porta di alabastro; e la guida lo invita ad entrare119. Un «cortese portinaio» venne ad aprire e agli occhi del Solitario si pre-sentò un’ampia campagna cosparsa di fiori, che gli diede molta gioia e tanta meraviglia. Le due guide accompagnano ancora il Solitario presso un mirabile tempio, d’oro e d’argento, col tetto d’avorio e il pavimento di marmo: l’ampia descrizione ha elementi in comune col paradiso ce-leste raffigurato nella Sirenide e nel canto XX della Gerusalemme conqui-stata di Torquato Tasso120. Davanti al tempio si fermano, ed ecco che si apre una porta dal lato destro dell’edificio, ed entra una moltitudine di

117 Cfr. Comedia delle ninfe fiorentine, XII.

118 Siracusa pescatoria, p. 155.

119 Si tratta di un invito a entrare in un’esperienza nuova, nell’esperienza della tra-scendenza, come accadrà nella vita di Regio.

120 Cfr. A. Cerbo, Poesia del Paradiso di Torquato Tasso e di Paolo Regio, in «Bruniana &

Campanelliana», XXIII, 2 (2017), pp. 573-585.

Introduzione XLIX

giovani e di fanciulle vestiti di stole bianche; e poi una schiera di musici, alla cui armonia una fanciulla vestita di rosso (allegoria della Carità) cantava con soave voce, celebrando Dio creatore e ordinatore dei cieli, della vita e dell’Inferno.

Nella simbolica descrizione volutamente Regio fa risaltare le me-morie dantesche: altissimo monte, spaventevol terremoto, cortese portinaio (che ricorda l’angelo all’ingresso del Purgatorio), bella campagna (il Pa-radiso terrestre). Mi viene in mente, però, soprattutto l’egloga XV del Bucolicum carmen di Boccaccio, l’egloga del ravvedimento, che a mio av-viso è uno dei principali modelli della regiana favola pescatoria. Regio, al pari di Boccaccio, non vuole descrivere un Purgatorio pescatorio/pa-storale, ma allegorico e di imitazione dantesca perché – scrive Enrico Carrara a proposito del Certaldese – «la via di salvazione nella vita pra-tica […] deve di necessità avere parecchie analogie con la montagna della purgazione degli istinti»121.

I versi della ninfa vestita di rosso (la Carità) colmano di gioia l’animo del Solitario che, pur desiderandolo, non riusciva ad accostarsi a lei. Era giunto il momento in cui la bellissima ninfa gli rivelava che le

«mirabili visioni» dell’aldilà gli si erano presentate per divina volontà ed erano vere, non fantasmi notturni, rassicurandolo che, una volta sve-gliato, ritornando sulla riva, si sarebbe sentito libero dalla passione e proprio sulla marina di Siracusa avrebbe trovato chi lo avrebbe con-dotto in patria. Si stava adempiendo l’oracolo del Sebeto e si conclu-deva il cammino interiore del Solitario, il suo percorso di formazione culminante nella valorizzazione delle tre virtù teologali e nell’intui-zione/rivelazione dell’Amore-Carità122. Ma si completa pure la speri-mentazione letteraria utile allo scrittore (e al lettore) come modello di

121 E. Carrara, Le ecloghe del Boccaccio, in La poesia pastorale (Storia dei Generi letterari italiani), Vallardi, Milano 1909, pp. 111-131: 128.

122 Adriana Mauriello, nei suoi citati studi sulla Siracusa di Regio, indica come princi-pali modelli l’Arcadia e il filone pescatorio dello stesso Sannazaro e di Berardino Rota, individua gli scarti rispetto al modello boccacciano e definisce l’opera «un particolare romanzo di formazione». In un saggio più recente, la studiosa, vedendo la Siracusa da una parte «incanalarsi nell’alveo dell’autobiografia» e dall’altra spingersi verso il genere

L Introduzione

iniziazione alla fede e alla scrittura letteraria, vera premessa della fu-tura letterafu-tura coltivata dal Vescovo di Vico. Non a caso il «foltissimo bosco» e le «mirabili visioni» a chiusura della Siracusa anticipano l’inci-pit della Sirenide, ovvero il viaggio di salvezza di Paolo Regio attraverso l’oltremondo123. I mirabilia pagani della mitologia e quelli della Natura preparano ai mirabilia della Città di Dio. La Siracusa da questo punto di vista segna un passo non trascurabile verso il poema spirituale.

Effettivamente il Solitario trova un «curvo delfino» (corrispondente marino del dantesco «falcone») pronto, con «volabil nuoto», a portarlo in patria prima dell’aurora della decima giornata124. Non si tratta di un viaggio sotterraneo, nelle viscere della terra, simile a quello di Sincero.

Libero da ogni pena, il Solitario si ritrova in poco tempo sulla spiaggia che guarda Posillipo, tra i pescatori napoletani. In questa sezione finale della Siracusa si intrecciano reminiscenze dantesche della Vita nuova e della Commedia e memorie boccacciane del Bucolicum carmen e della Co-media delle ninfe fiorentine, nonché dell’Amorosa visione.

novellistico, commenta: «Il prosimetro, etichettato in apertura come “pescatoria del si-gnor Paolo Regio”, si trasforma così in libro di novelle: o, forse, rovesciando la prospet-tiva, è proprio il libro di novelle che cerca soluzioni alternative. Paradossalmente sono ipotesi entrambe legittime, se si considera che tanto la novellistica quanto l’egloga, bo-schereccia o pescatoria, a quest’altezza cronologica, sono generi letterari in crisi» (Novella, autobiografia e biografia: da Masuccio a Celio Malespini, in AA. VV. «Scrivere la vita altrui». Le forme della biografia nella letteratura italiana tra Medioevo ed età moderna, a cura di G. Alfano e V. Caputo, Franco Angeli, Milano 2020, p. 93).

123 Cfr. Sirenide, I, 9. Cfr. soprattutto la Dechiarazione dell’ottava: «Il bosco qui si con-sidera per questo mondo pieno di diversi mali dinotanti la foltezza de gli arbori, come si vede ne’ boschi; che così sono spesse le miserie humane a guisa de gli arbori ne’ boschi;

overo per essere hoggi di più che per l’adietro il mondo pieno d’huomini di natura fieri et malvaggi, perloché chiunque viver pensa quietamente, et dedicarsi alla contemplazion delle cose celesti, o è conturbato, o afflitto da quelli» (ed. cit., pp. 22-24).

124 Già all’inizio dell’opera Regio, mediante Tirrenio, introduce un indizio dell’esito felice delle vicende del Solitario, proprio con riferimento ai delfini: «Et se credenza alcuna dar si deve agli àguri, et agli essempi, certo ch’io, del tuo esser presago, ti prometto lieto fine, e che presto serai per godere l’amata ninfa: perché, mentre tu eri pervenuto all’ul-timo termine del tuo lamentevol canto, havendo io rivolti gli occhi al mare, ho visto i delfini l’acque intorbidare, segno veramente di felice giorno, e per essempio a te di lieto effetto» (Siracusa pescatoria, p. 17).

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Nel documento SIRACUSA (pagine 48-52)