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IL TIROCINIO DI SERVIZIO SOCIALE: EVOLUZIONE STORICA, ELEMENT

CARATTERIZZANTI, TENDENZE IN ATTO

Viandante, sono le tue orme la strada, e niente più. Viandante, non hai una strada la strada la fai tu, andando. Mentre vai si fa la strada, e girandoti indietro vedrai il sentiero che mai più calpesterai. Viandante, non hai una strada, ma solo scie nel mare. (Antonio Machado)

3.1 Tirocinio e professioni

Le professioni, come si è visto, si caratterizzano per il possesso di un corpus teorico di riferimento, che si acquisisce attraverso un percorso formativo specifico, collocato preferibilmente in ambito accademico.

Occorre comprendere il significato che, all‘interno di tale percorso, assume il tirocinio, come momento ―pratico‖ della formazione alle professioni in generale e in particolare nella formazione al servizio sociale. Verrà dapprima preso in considerazione il tema generale del tirocinio nella formazione alle professioni, utilizzando il concetto di socializzazione al lavoro, si centrerà poi l‘attenzione sul tirocinio di servizio sociale, sulla sua evoluzione storica, sugli elementi caratterizzanti, sulle tendenze in atto.

Nella complessità della società contemporanea, i processi di lavoro professionale richiedono in modo crescente ―un elevato tasso di capacità progettuali, di capacità di scelta e di problem solving, piuttosto che di applicazione di regole e

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132 procedure, derivanti da modelli e sistemi di sapere già consolidati‖376. Richiedono inoltre capacità di negoziazione, in generale capacità di scelta in spazi discrezionali che configurano competenze complesse, che non si possono trasmettere in modo compiuto con un linguaggio tecnico-scientifico, in modo diretto. Non è pertanto sufficiente una preparazione incentrata sulle discipline teoriche, ―diventa importante riconoscere, come punto di partenza di un progetto formativo professionalizzante, lo studio della realtà professionale così come in concreto è realizzata nelle diverse situazioni‖377.

Le diverse forme di tirocinio che sono state previste nelle professioni si possono ricondurre a due tipologie principali: un tirocinio didattico, previsto durante l‘iter formativo, promosso dall‘università, in cui le sedi lavorative assumono una funzione didattica integrativa, e un tirocinio di prova, svolto al termine del percorso formativo, che il neolaureato svolge al fine di sviluppare le competenze che gli saranno necessarie per esercitare l‘attività. In questo caso gli attori principali sono solo due: il neofita e la sede lavorativa; la sede accademica ha esaurito il suo compito e potrà essere invece la comunità professionale, rappresentata dall‘ordine, a verificare l‘espletamento del tirocinio ai fini della abilitazione.

Il primo tipo di tirocinio è adottato soprattutto in alcune professioni sociali e sanitarie, come gli assistenti sociali, gli infermieri, gli educatori allo scopo di ―mantenere su un piano costantemente dialettico la relazione tra teoria e prassi (…) con la funzione di introduzione progressiva di elementi della realtà lavorativa e professionale nell‘universo di riferimento dello studente‖378; il secondo tipo è invece prevalente in altre professioni come i medici e gli psicologi.

Il tirocinio può essere definito come ―sistema di opportunità di sviluppo professionale‖379, rappresenta una esperienza che si presenta con le seguenti caratteristiche: ―circoscritta nel tempo, formalizzata, assistita da esperti, con possibilità di verifiche, in itinere e finali, dell‘apprendimento e con possibilità di riprovare in caso

376 G. Sarchielli, Evoluzione delle professioni e significati del tirocinio, in A. Castellucci, L. Saiani, G. Sarchielli, L. Marletta (a cura di), Viaggi guidati. Il tirocinio e il processo tutoriale nelle professioni

sociali e sanitarie, Franco Angeli, Milano, 1997, pag. 41.

377 Ibidem, pag. 42.

378 L. Saiani., Il tirocinio nelle professioni socio-sanitarie ed educative, in A. Castellucci, L. Saiani, G. Sarchielli, L. Marletta (a cura di) (1997), op. cit., pag. 62.

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133 di mancato conseguimento dei risultati raggiunti‖380. Ad esso è strettamente legata la funzione di tutorship, che nel tirocinio didattico è assicurata sia dalla sede formativa sia dalla sede lavorativa, nella seconda tipologia dalla sola sede lavorativa; la tutorship si configura come ―uno spazio fisico e mentale che consente a un formatore e a un formando di incontrarsi perché si produca un episodio di insegnamento- apprendimento‖381. Il tutor aziendale esercita una guida ―in prevalenza orientata a sostenere processi di apprendimento dall‘esperienza attivati nei servizi, accompagnando il tirocinante durante le attività svolte sul campo‖, mentre il tutor accademico svolge un‘azione ―in prevalenza orientata a sostenere processi di rielaborazione e di integrazione tra modelli teorici e modelli di azione professionali sperimentati sul campo‖382.

Se si vuole dare uno sguardo più generale all‘Europa, tradizionalmente in ambito accademico la pratica veniva considerata uno stadio successivo rispetto al percorso di studi; tuttavia le linee evolutive in corso hanno dato origine ad una pluralità di forme organizzative e didattiche, difficilmente inquadrabili, anche limitandosi solo alle professioni sociali:

E‘ davvero impossibile fornire una gamma completa di tutti i modelli di tirocinio adottati nei corsi di formazione al lavoro socioeducativo in Europa (…) le differenze all‘interno di una stessa nazione sono talvolta rilevanti come quelle tra le diverse nazioni (…) Questo deriva dalla varietà delle professioni sociali che esistono parallelamente in ogni paese383.

Si riscontrano tirocini che gli studenti possono chiedere prima dell‘inizio di un corso di laurea, tra la scuola secondaria e l‘università, tirocini collocati nell‘ultima parte del corso di laurea o dopo la sua conclusione, tirocini invece integrati nel programma universitario, che si possono svolgere parallelamente allo studio oppure ―in blocco‖. Questi ultimi favoriscono l‘immersione nella pratica lavorativa, ma se non sono adeguatamente accompagnati dalla sede universitaria possono dare luogo a forme di apprendimento troppo distanti, come se realtà e teoria fossero due mondi separati. La supervisione è considerata in generale un fattore di apprendimento cruciale per il

380 G. Sarchielli, Il tirocinio professionale nel processo di socializzazione al lavoro: richiami concettuali

e orientamenti operativi, in Neve E., Niero M. (a cura di), Il Tirocinio. Modelli e strumenti dall’esperienza delle scuole di Servizio Sociale italiane, Franco Angeli, Milano, 1990, pag. 121.

381 Ibidem, pag. 67. 382 Ibidem, pag. 69.

383 W. Lorenz, La formazione professionale dell’operatore socioeducativo, in F. Frabboni, L. Guerra, E. Lodini (a cura di), Il tirocinio nella formazione dell’operatore socioeducativo, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1995, pag. 125.

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134 tirocinio, ma anche qui si riscontrano forme molto diverse: le funzioni ―possono essere ricondotte a una sola persona o essere ripartite tra diverse persone con compiti specifici‖384. Intervengono quindi sia tutor della sede lavorativa, sia tutor accademici, sia docenti universitari che guidano gli studenti in incontri di rielaborazione in gruppo. Si possono riscontrare anche esperienze pilota: ―gruppi di dieci o più studenti possono intraprendere il tirocinio simultaneamente e possono qualche volta sviluppare e valutare nuovi tipi di servizio per le quali le agenzie non hanno risorse sufficienti‖385.

3.2 Tirocinio e socializzazione al lavoro

In riferimento all‘attività professionale svolta in un luogo di lavoro (che può essere una organizzazione o uno studio libero-professionale), il tirocinio assume valenza di ―socializzazione al lavoro‖, più precisamente una socializzazione anticipatoria all‘esperienza lavorativa.

Per ogni persona, e anche per il giovane che ha scelto il suo percorso formativo, il lavoro rappresenta una delle aree più significative della vita personale, fonte di autostima e di riconoscimento sociale. La scelta dell‘ambito lavorativo si determina sulla base di diversi fattori:

- le attitudini, capacità naturali che possono favorire l‘esercizio di una determinata attività;

- gli interessi, che fanno sì che un certo settore eserciti una forza attrattiva;

- le inclinazioni, cioè le componenti motivazionali e affettive che mirano a rispondere a certi bisogni interni;

- le situazioni contingenti, che possono essere le più disparate e condizionare la scelta (esperienze personali e opportunità reali)386.

Il soggetto dapprima produce scelte fantastiche, a titolo di libero esercizio dell‘immaginazione, quindi comincia a mettere in atto tentativi volti ad assumere conoscenze sulle realtà che deve scegliere, infine perviene ad una fase realistica in cui opera scelte dapprima formative e poi lavorative. Lo studente che avvia il tirocinio si trova dunque in una condizione maturata dopo un lungo percorso di elaborazione, più o

384 Ibidem, pag. 137. 385 Ibidem, pag. 139.

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135 meno attenta, della scelta; i presupposti (attitudini, interessi, inclinazioni, contingenze) della scelta esercitano una notevole influenza sulle condizioni con cui condurrà l‘esperienza di tirocinio, le conoscenze, le capacità, le motivazioni che sarà in grado di mettere in campo. In particolare occorre tenere conto delle aspettative, che sono determinate sia dai bisogni personali, sia dalle rappresentazioni che lo studente si è fatto su una determinata attività lavorativa.

La socializzazione al lavoro è una forma di socializzazione adulta che consiste in ―un processo di acquisizione di conoscenze, capacità, valori, motivazioni necessarie per diventare membro a pieno titolo di una organizzazione lavorativa‖387. Come ogni altra forma di socializzazione, comporta l‘acquisizione della cultura di un certo gruppo sociale, comporta l‘apprendimento di un ruolo, inteso come complesso di norme e regole di azione di cui l‘ambiente si aspetta il rispetto, e comporta altresì la capacità di controllare i propri impulsi per mantenere un comportamento adeguato.

È importante notare che la socializzazione rappresenta, sin dall‘infanzia, un processo interattivo tra azioni del soggetto e aspettative dell‘ambiente; tanto più la socializzazione adulta, e la socializzazione all‘esercizio di una attività complessa come una professione, non si può limitare ad un adattamento ai condizionamenti dell‘ambiente, ma rappresenta un processo ―ove il soggetto mantiene la possibilità di «negoziare il proprio destino» e, comunque, di individuare le strategie che reputa più adatte alla situazione‖388. Tra aspettative e interessi del soggetto e la realtà oggettiva del lavoro non vi può essere perfetta corrispondenza, per cui già nel tirocinio occorre che emerga la capacità di negoziare, in un contesto di relazione e di comunicazione aperta.

Gli equilibri negoziati sono sempre provvisori, perché cambia il soggetto e cambiano le condizioni dell‘ambiente; il tirocinio, quale esperienza di socializzazione, comporta ―un intimo e persistente legame tra soggetto e ambiente‖389; non è un caso che il servizio sociale, che di rapporto tra soggetto e ambiente se ne intende, abbia da sempre per il tirocinio una particolare predilezione, per ―connaturalità‖, potremmo dire.

Appare a questo punto opportuno operare qualche distinzione terminologica. Il termine tirocinio appartiene ad una area semantica, nell‘ambito della socializzazione al lavoro, che comprende altri termini come addestramento e apprendistato.

387 Ibidem, pag. 46. 388 Ibidem, pag. 207. 389 Ibidem, pag. 204.

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136 Con il termine addestramento si intende ―un insieme di tecniche orientate all‘acquisizione di capacità e conoscenze, necessarie per l‘esecuzione dei compiti professionali richiesti da un certo ruolo‖390. Si pone quindi l‘accento sulle capacità strumentali, tendenzialmente ripetitive, per esercitare determinate prestazioni tecnico- professionali, ma si considerano anche obiettivi più complessi come le motivazioni, l‘immagine di sé, le capacità negoziali. A livello organizzativo i ―corsi di addestramento‖ hanno un carattere formalizzato e implicano un‘interazione tra lavoratori e superiori o esperti, che può dar luogo a valutazioni e sviluppi di carriera.

L‘apprendistato invece ―si caratterizza per il tipo di rapporto diretto tra il neofita e uno o più membri anziani, che dovrebbe assicurare la partecipazione a pieno titolo alla vicenda lavorativa‖391. Nella realtà attuale, anziché l‘anziano, si utilizza più in generale un lavoratore esperto, che abbia un certo numero di anni di esperienza lavorativa in quel settore o, ancora meglio, in quella stessa azienda. Esso si può svolgere sia ai livelli più bassi dell‘occupazione operaia come alle posizioni più alte dell‘esercizio professionale, si contraddistingue per la centralità della relazione tra esperto e neofita, la guida dell‘esperto diventa il fattore principale di apprendimento. Si tratta in generale di un metodo più costoso di formazione, perché richiede l‘impegno di numerosi soggetti, per un tempo prolungato di affiancamento. L‘obiettivo è quello di trasmettere sia competenze tecniche, sia un modello socioprofessionale da emulare. Per come è stato in prevalenza inteso, si è caratterizzato per ―l‘interiorizzazione progressiva di un insieme di comportamenti pratici, di gesti abituali, trasmessi per mimesi con l‘intermezzo di relazioni interpersonali gerarchizzate (…) senza che il giovane apprendista sviluppi e articoli adeguatamente il proprio campo cognitivo, essendo di fatto indirizzato solamente a «vedere e rifare»‖392.

Il tirocinio ha in comune con l‘apprendistato la relazione diretta tra l‘esperto e il neofita, ma mira a superare i limiti sopra evidenziati, ed è infatti stato definito come ―spazio formale per un apprendistato cognitivo ed emotivo‖393, rappresenta l‘esperienza di un incontro diretto con il supervisore e con l‘ambiente di lavoro, che richiede il coinvolgimento del soggetto, delle sue dimensioni cognitive ed emotive, per consentire

390 Ibidem, pag. 64. 391 Ibidem, pag. 65. 392 Ibidem, pagg. 65-66.

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137 lo sviluppo di una conoscenza personale, secondo l‘accezione di Polanyi, che non è solo una conoscenza pratica o tecnica, e neppure può essere totalmente concettualizzata.

Il termine tirocinio etimologicamente deriva dal latino tiro, tironis, che significa

giovane recluta, coscritto; tirocinium significa a sua volta tirocinio militare, primo servizio alle armi, con l‘accento posto alla condizione di inesperienza394. Si tratta dunque di una parola appartenente all‘uso militare che evoca un periodo di prova, di prima esperienza dentro ad un‘organizzazione specializzata, con la guida e il controllo dei veterani più esperti. Successivamente il termine ha cominciato ad indicare, con un significato più vasto, l‘apprendistato necessario per l‘acquisizione di un mestiere. Per lungo tempo l‘educazione all‘arte, al mestiere, alla religione si è realizzata attraverso l‘apprendimento dall‘esperienza, con l‘affiancamento di un maestro (artista, artigiano, guida spirituale). Nell‘epoca industriale moderna invece la formazione si presenta come separata dal lavoro, è stata collocata in spazi sociali separati e relativamente protetti. Si può dunque considerare il tirocinio attuale come una ripresa, sia pure in un contesto completamente cambiato e con forme diverse, di antiche modalità formative.

La definizione di Sarchielli, ―un sistema di opportunità per lo sviluppo professionale‖395, mette l‘accento sulla costruzione di un sistema, inteso innanzitutto come sistema di conoscenze e di competenze, ritenute indispensabili per l‘esercizio di un‘attività professionale. Per la definizione di tali contenuti, e per la predisposizione delle condizioni di apprendimento, occorre però costruire un altro sistema, quello tra gli attori coinvolti (sedi formative, sedi operative, gruppo professionali, studenti), che negozierà al suo interno il significato attribuito a quella professione e quindi le condizioni, curriculari e organizzative, necessarie per garantire la formazione di chi voglia accedervi.

Nel tirocinio convergono più attori, che sono a loro volta dei sistemi, dando così origine ad una ―intersezione di sistemi‖396, ad un ―sistema di sistemi‖; in realtà il tirocinio didattico, svolto durante il percorso di studi, è patrimonio soprattutto di precedenti scuole extrauniversitarie (scuole per educatori, per assistenti sociali, istituti magistrali per la formazione dei maestri elementari), è una esperienza relativamente nuova nell‘organizzazione accademica, a cui è approdato in coincidenza con il passaggio all‘università dei percorsi formativi di alcune professioni socioeducative e

394 L. Castiglioni, S. Mariotti, Vocabolario della Lingua Latina IL, Loescher, Torino, 1966, pag. 1479. 395 G. Sarchielli (1997), op. cit., pag. 43.

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138 sanitarie. L‘attivazione dei corsi di laurea per educatori e per assistenti sociali ha stimolato l‘università ad aprirsi ad un nuovo rapporto con il territorio:

Si può pensare ad una sorta di nuovo patto che viene stipulato fra le università e il loro territorio di riferimento primario. Un patto che coinvolga gli attori sociali tutti, le popolazioni, i cittadini, le istituzioni (…) un patto fra la sfera dello studio-ricerca e del lavoro-proposta che tenti di superare lo stesso attuale atteggiamento esistente tra stato che comanda ed eroga e cittadini che usano, fruiscono, subiscono; un patto fra il senso dell‘autonomia universitaria e quello dell‘autonomia diffusa nella società397.

Non è un caso che il tirocinio abbia coinvolto in modo crescente, negli ultimi anni, il mondo del terzo settore, che rappresenta un attore sociale sempre più importante, in una doppia valenza: da una parte associazioni e cooperative accolgono al loro interno tirocinanti, per converso il tirocinio diventa fattore catalizzatore di una formazione che favorisce la cittadinanza attiva, connette gli attori, prepara nuovi operatori con una visione

tendente a valorizzare forme comunitarie, di impresa non profit, di imprenditorialità sociale più attenta a taluni valori di solidarietà e di cooperazione, di attività che risponde a bisogni sociali (personali, di aggregati, di comunità etc.) e che pure venga gestita secondo modalità che ne garantiscano il buon esito economico e la gratificazione, anche finanziaria, per chi vi lavori398.

3.3 L’evoluzione del tirocinio di servizio sociale in Italia

Il tirocinio di servizio sociale si è sviluppato dapprima all‘interno delle scuole dei paesi anglofoni, dove la professione ha avuto origine: da subito si è affermata la configurazione teorica-pratica dei programmi di formazione. Lorenz intravede la forma del tirocinio nello stesso sorgere delle prime pratiche professionali: i ―Settlements‖ erano un movimento inglese che, a partire dal 1884, crearono insediamenti abitativi, da parte di donne e uomini delle classi superiori, in quartieri poveri, con lo scopo di favorire uno scambio tra classi, fornire stimoli culturali alle popolazioni marginali e una coscienza sociale a quelle agiate, insomma per sensibilizzare tutti a lottare per ridurre le distanze sociali e realizzare una maggiore equità sociale. All‘interno di queste esperienze, era previsto anche il soggiorno temporaneo di studenti privilegiati

397 A. Merler, Il tirocinio e le altre prospettive della formazione universitaria, in Commissione Tirocinio, Corso di Laurea in Scienze dell‘Educazione, Il Tirocinio, Università di Sassari, 2001, pag. 21.

398 M. L. Piga, Formare ad una operatività sociale, per una cultura dei servizi, in Commissione Tirocinio, Corso di Laurea in Scienze dell‘Educazione, op. cit., pag. 27.

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139 provenienti dalle prestigiose università di Oxford e Cambidge, ―la prima forma di tirocinio moderno‖399, secondo Lorenz, che consentiva agli studenti di apprendere competenze complesse attraverso il coinvolgimento diretto nell‘azione.

Nell‘Italia del periodo fascista la già citata Scuola di Assistenza Sociale di San Gregorio al Celio a Roma prevedeva dopo sei mesi di formazione teorica un tirocinio pratico di due mesi nelle fabbriche; in alcune regioni del Nord era praticato un intervento sociale, non ancora metodologicamente fondato, basato sul comune buon senso e sulla tradizione assistenziale cattolica e laica, il quale prevedeva nelle aziende industriali prime forme di aiuto agli operai, soggetti alle rapide trasformazioni della società e dei suoi processi produttivi; veniva predisposta una preparazione pratica per le giovani donne che volevano assumere il ruolo di ―segretaria sociale‖400.

Solo dal secondo dopoguerra, con l‘istituzione delle scuole di servizio sociale di durata biennale, si avvia un vero e proprio percorso di riflessione sulla formazione teorica e pratica dell‘assistente sociale, che è parallelo all‘elaborazione riguardante i valori, le metodologie, i modelli teorici propri della professione, che, come è noto, viene importata dai paesi anglosassoni all‘Italia, attraverso convegni internazionali, soggiorni

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