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Fammi essere soddisfatto di ogni cosa, eccetto della grande scienza della mia professione. Non permettere che nasca in me pensiero di aver raggiunto una conoscenza sufficiente, ma concedimi la forza, la possibilità e l‘ambizione di ampliarla sempre più. Perché l‘arte è grande, ma la mente dell‘uomo in continua espansione.

(Preghiera del medico - Mosè Maimonide)

2.1 L’origine delle professioni e l’interpretazione funzionalista

La professione consiste, come si diceva, nell‘applicazione di un sapere disciplinare a problemi importanti dell‘esistenza, fa riferimento ad un corpo di conoscenze, più o meno esteso, organizzato in una disciplina teorica, che fornisce strumenti concettuali per affrontare, secondo un metodo e con un ―rigore‖, situazioni complesse della vita quotidiana.

Per comprendere come il servizio sociale si sia costituito e sia stato riconosciuto come professione, occorre indagare il tema delle professioni, della loro origine ed evoluzione, ed altresì circoscrivere il concetto rispetto ad altre attività che professioni non sono. Le professioni sono infatti un fenomeno sviluppatosi particolarmente nelle società moderne, sono oggetto di studio, ci si interroga se in futuro si andrà verso una maggiore o minore ―professionalizzazione‖ delle attività umane. A fronte di questo dibattito, un più specifico quesito è stato posto sul servizio sociale: ―il servizio sociale è una professione?‖.

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76 Secondo Lorenz e Trivellato, i sociologi che in Italia ―hanno studiato gli assistenti sociali hanno adottato in maggioranza la prospettiva della costruzione dell‘identità‖198, anche gli esponenti della professione hanno adottato in prevalenza lo stesso approccio199; qui si vorrà, in sintonia con gli autori, adottare invece l‘impianto concettuale della sociologia delle professioni, per chiarirne la natura, ciò che le distingue dalle altre attività, e quindi individuare la collocazione del servizio sociale, come fenomeno sociale, in questo contesto.

La sociologia si è interessata in modo sistematico allo studio delle professioni soprattutto in anni recenti, ma importanti riferimenti si possono riscontrare nelle opere dei ―classici‖, fin dalle sue origini. Le professioni sono portatrici oggi, secondo Freidson200, di una ―terza logica‖, che si affianca alla logica concorrenziale del mercato e alla logica manageriale delle organizzazioni aziendali e burocratiche: lo studio di questo terza area, meno esplorata delle altre, suscita un vivace dibattito tra posizioni teoriche diverse.

Lo sviluppo di particolari occupazioni lavorative, denominate professioni, viene comunemente associato alla complessità della società contemporanea, caratterizzata da attività sempre più differenziate e specialistiche. In realtà anche nel mondo antico si possono rintracciare figure come il sacerdote e il medico, ma nelle lingue del tempo non ricorre alcun vocabolo confrontabile con la denominazione moderna di ―professione‖: le attività venivano apprese in modo informale, talora affiancandosi ad un esperto, e coloro che le esercitavano raramente si costituivano in gruppi sociali distinti.

Il punto di svolta, secondo Tousjin, si determina con la nascita delle università nel Medioevo: una nuova istituzione sociale che conferisce agli studenti ―non soltanto e non tanto un patrimonio di conoscenze specialistiche (all‘epoca relativamente ristretto e di dubbia validità ed efficacia, almeno in medicina), quanto una cultura generale di

198 P. Trivellato, W. Lorenz, Una professione in movimento, in C. Facchini (a cura di), Tra impegno e

professione. Gli assistenti sociali come soggetti dell’Welfare, Il Mulino, Bologna, 2010, pag. 251. Tra i

sociologi che hanno considerato l‘identità professionale degli assistenti sociali si veda ad esempio M. Niero, Assistenti sociali e identità professionale, in S. Giraldo, E. Riefolo (a cura di), Il servizio sociale:

esperienza e costruzione del sapere, Franco Angeli, Milano, 1996. Anche le ricerche condotte in Italia

dalla nascente disciplina sociologica (si pensi a Ferrarotti, Florea, Martinelli) si indirizzano a studiarne caratteristiche e funzioni e non tanto la sua legittimità di professione secondo un paradigma sociologico. 199 Si veda in particolare Fargion, che considera la ricerca costante di una propria identità, da parte del servizio sociale, non come espressione di una condizione poco evoluta, ma come caratteristica strutturale per una professione che deve giocarsi in una molteplicità di mandati, tra vincoli e dilemmi che espongono a situazioni incerte e conflittuali (S. Fargion, 2009, op. cit., pagg. 45-51).

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77 carattere elitario‖201. La formazione specifica e prolungata, il riferimento ad un corpus teorico, la costituzione di una classe di persone dotte rappresentano fin dall‘inizio le caratteristiche della professione. che verranno recepite nella definizione moderna:

La differenza principale tra la situazione nei tempi antichi e nell‘età medievale consisteva nel fatto che in quest‘ultima gli insegnanti, gli amministratori, i giuristi e i medici avevano ricevuto una formazione formale prolungata e costituivano una classe a parte; ed è questa caratteristica, cioè il possesso di una tecnica intellettuale acquisita mediante una formazione speciale e applicabile a qualche campo della vita quotidiana, che costituisce il segno di distinzione di una professione202.

A seguito di questo processo, si registra l‘uso per la prima volta del termine ―profession‖ in Inghilterra nel XVI secolo203, dal significato ben distinto rispetto ad ―occupation‖, di cui costituisce un sottoinsieme; nelle lingue latine, invece, tale distinzione non è così chiara, e talvolta si utilizza il termine ―professione‖ per indicare genericamente l‘attività lavorativa di una persona.

La realtà delle professioni è stata oggetto di riflessione teorica sia da parte degli economisti204, sia da parte soprattutto dei sociologi, anche se per un certo tempo il tema è sembrato piuttosto trascurato. L‘interpretazione della divisione del lavoro nella società capitalistica contemporanea originariamente non ha messo a fuoco la questione delle professioni, ma è stata sviluppata attraverso concetti quali quello marxiano di classe sociale o weberiano di burocrazia.

Già Comte intravede che dal corpo della cultura scientifica viene a distinguersi un campo applicativo, che innesta la teoria nella prassi, e vede simboleggiato questo campo dalla classe degli ingegneri, che fungono da anello intermedio tra scienziati e industriali205.

Durkheim delinea una visione organicistica della società, in cui le professioni possono essere considerate forme funzionali che consentono a quest‘ultima di sviluppare al meglio le proprie potenzialità. In presenza di una crisi delle agenzie tradizionali di appartenenza sociale, quali la famiglia e le chiese, con il fenomeno

201 W. Tousijn (1997), Voce Professioni, in Enciclopedia Italiana di Scienze Sociali, Istituto Treccani, Roma, Vol. VII, pag. 48.

202 A. M. Carr Saunders, P. A. Wilson (1954), Professioni, in W. Tousijn (a cura di), Sociologia delle

professioni, Il Mulino, Bologna, 1979, pag. 62.

203 Ibidem, pag. 61.

204 Adam Smith osservava nel 1776 che ―Noi affidiamo la nostra salute al medico, la fortuna e talvolta anche la vita e la reputazione all‘avvocato e al procuratore. Tanta fiducia non si potrebbe sicuramente riporre in persone di condizione bassa o vile‖ (A. Smith, Indagine sulla natura e le cause della ricchezza

delle nazioni, Milano, 1973).

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78 connesso dell‘anomia, le professioni come gruppi funzionali possono rappresentare un efficace surrogato di valori e norme nel contesto della società industriale moderna.

Durkheim, trattando della ―fisica del costume e del diritto‖206, descrive come le regole morali si siano determinate storicamente, come operino negli individui e nella società, attraverso la loro natura di ―fatti sociali‖. Le regole sono di due tipi: alcune sono valide per tutti gli uomini di una determinata società, altre invece si applicano a determinati gruppi sociali e ―possiamo dire a questo proposito che ci sono tante morali quante sono le diverse professioni‖207. La caratteristica distintiva della morale professionale, secondo Durkheim, è il ridotto interesse che ad essa viene attribuito dalla coscienza pubblica, essendo al di fuori della coscienza comune, a fronte invece del sommo interesse che riveste per coloro che esercitano una determinata attività: ―una morale è sempre opera di un gruppo e può avere vigore solo se il gruppo la tutela con la sua autorità‖ e, come corollario, ―la morale professionale sarà tanto più sviluppata e funzionante, quanta più coesione e organizzazione avranno i gruppi professionali in questione‖208.

Durkheim ritiene, con preoccupazione, che la vita economica, industriale e commerciale, non presenti una organizzazione coesa e non abbia assunto una morale professionale, lasciando invece spazio all‘espressione disordinata degli appetiti individuali: la crisi delle società europee è interpretata come il risultato di una rapida e inedita crescita economica, che non è accompagnata dallo sviluppo di regole che disciplinino e limitino le continue conflittualità. ―Questo carattere amorale della vita economica costituisce un pericolo per la collettività‖, in quanto ―non c‘è forma di attività sociale che possa fare a meno di una disciplina morale sua propria‖209. Durkheim auspica quindi una professionalizzazione della vita economica e, nel frattempo, evidenzia l‘importante ruolo delle professioni ―focolai di vita morale distinti anche se solidali‖210, agenti di moralizzazione della vita pubblica, efficaci nel perseguimento del loro intento, laddove invece hanno fallito sia gli interessi disordinati del mercato sia l‘entità statuale, che nella sua funzione di regolazione generalista è troppo lontana dagli sviluppi sempre più specialistici della divisione del lavoro.

206 E. Durkheim, Lezioni di sociologia. Fisica dei costumi e del diritto, Etas Libri, Milano, 1973.

207 E. Durkheim, La morale professionale, in Tousijn W. (a cura di), Sociologia delle professioni, Il Mulino, Bologna, 1979, pag. 34.

208 Ibidem, pagg. 36-37. 209 Ibidem, pagg. 30-41. 210 Ibidem, pag. 36.

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79 Per ciò che riguarda il benessere sociale, la modernizzazione ha implicato il passaggio da una solidarietà ―meccanica‖, basata sull‘aiuto informale, che funzionava in modo automatico in quanto ritenuto norma sociale condivisa, ad una solidarietà ―organica‖, delegata ad un sistema istituzionale appositamente costruito per rispondere ai bisogni sociali di una popolazione che, frammentata dalle trasformazioni intervenute, stava smarrendo le forme naturali dell‘aiuto211.

Appare di grande interesse questa prima messa a fuoco delle professioni come fatto sociale, caratterizzato da uno sviluppo di propri codici morali, che le differenzia sia dalla istituzione pubblica sia dal mercato economico; quello che manca, tuttavia, è uno studio delle attività professionali reali, che fondi empiricamente le asserzioni sul ruolo svolto nella vita sociale, e ―non è possibile rinvenire nel suo lavoro una concezione delle professioni come collettività vitali e organizzate‖212.

Nel corso del Novecento le professioni acquisiscono gradualmente una posizione di rilievo nelle scienze sociali: il primo ampio studio empirico risale al 1933213, successivamente sono gli autori funzionalisti, Parsons in particolare, a sviluppare una prima vera e propria teoria sulle professioni, inscritta nella più comprensiva teoria della stratificazione sociale.

Gli elementi fondanti di questa teoria, che rappresentano il concetto tuttora valido di professione, possono essere individuati nel possesso di un corpo sistematico di conoscenze teoriche e nella sua applicazione a problemi della vita quotidiana cui la società attribuisce un particolare valore. Ne consegue la necessità di un controllo che, per l‘elevata specializzazione delle conoscenze, non può essere assicurato né dall‘individuo né dallo stato: solo la professione può controllare se stessa, attraverso il costitutivo orientamento valoriale al servizio, e attraverso la sorveglianza della comunità dei colleghi.

Secondo la teoria della stratificazione sociale, la società si assicura che le attività più importanti e delicate vengano svolte da persone qualificate; richiede che le persone più capaci e disponibili si sottopongano a una formazione specifica per acquisire conoscenze e competenze; riconosce un sistema di compensi adeguati, materiali e

211 E. Durkheim, La divisione sociale del lavoro, Edizioni di Comunità, Milano, 1971. 212 E. Freidson, op. cit., pag. 94.

213 A. M. Carr Saunders, P. A. Wilson, The Professions, London, 1933. Nel volume gli autori ricostruiscono l‘evoluzione storica di ventidue professioni in Inghilterra.

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80 simbolici; rispetta la autonomia di esercizio dell‘attività e l‘autoregolazione della comunità dei professionisti.

La rapida industrializzazione del mondo occidentale richiede un corrispondente sviluppo delle professioni a servizio dei singoli membri della società, che hanno bisogno di medici per conservare la salute necessaria a svolgere efficacemente il ruolo sociale, hanno bisogno degli avvocati per tutelare i loro diritti, hanno bisogno di architetti e ingegneri per abitare e muoversi agevolmente nella città.

Parsons intravede nello sviluppo di quello che chiama ―complesso professionale‖ la componente più significativa e originale delle società del ventesimo secolo: ―Lo sviluppo e la crescente importanza strategica delle professioni costituisce probabilmente il cambiamento più importante avvenuto nel sistema occupazionale della società moderna‖214. Le professioni, pur rappresentando ancora un insieme magmatico, si organizzano e si definiscono intorno alle cosiddette discipline intellettuali, trovano il naturale referente istituzionale nell‘università e nelle istituzioni di ricerca. Si viene a determinare nelle società moderne, secondo Parsons, un nuovo elemento guida, ―basato su criteri culturali di legittimità piuttosto che su criteri di potere politico o di successo economico‖215, sulla cui base coloro che rappresentano le discipline intellettuali possono aspirare ad esercitare una effettiva leadership sociale, per quanto temporanea e parziale, ma tendente a rafforzarsi.

2.2 Diversi approcci al processo di professionalizzazione

Le professioni sono progressivamente definite sulla base del possesso di determinati attributi: ciò viene a determinare la possibile collocazione di tutte le occupazioni su un continuum, che rappresenta la scala del professionalismo216. In base alla posizione su questa scala, si può definire che alcune specifiche attività sono senz‘altro da considerare professioni, molte altre, all‘altro polo, sono invece delle semplici occupazioni, nel mezzo ci sono attività che sono state definite ―semiprofessioni‖, oppure ―professioni

214 T. Parsons (ed. or. 1954), Professioni, in W. Tousijn (a cura di), Sociologia delle professioni, Il Mulino, Bologna, 1979, pag. 73.

215 Ibidem, pag. 89.

216 Il termine ―professionalismo‖, non incluso nel dizionario italiano, ma di uso corrente tra gli specialisti, rappresenta la traduzione letterale dell‘inglese ―professionalism‖, che si può rendere in concreto come ―professioni‖, includendo in esso il progetto che le anima, lo sviluppo che le caratterizza nelle società moderne; in astratto può indicare una logica di pensiero e di azione, un idealtipo, come in Freidson che lo definisce ponendolo in antitesi con il mercato e la burocrazia.

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81 marginali‖ o ―incomplete‖217. Come sostiene Greenwood, ―la reale differenza tra un‘occupazione professionale e una non professionale non è di carattere qualitativo ma quantitativo. A rigor di termini, questi attributi non sono monopolio esclusivo delle professioni; li posseggono anche le occupazioni non professionali, ma in minor misura‖218.

Parsons anticipa il dibattito, non parla di ―attributi‖, ma di ―criteri‖, con un approccio meno ―sostanzialista‖; pur rilevando che ―i limiti del sistema dei gruppi che noi chiamiamo professioni sono fluidi e indistinti‖, intravede tre criteri che gli sembrano ―relativamente chiari‖:

- ―la richiesta di una formazione tecnica formale accompagnata da qualche modo istituzionalizzato di rendere valide sia l‘adeguatezza della formazione, sia la competenza di coloro che l‘hanno ricevuta‖;

- ―non solo occorre padroneggiare la tradizione culturale, nel senso di comprenderla, ma occorre anche sviluppare una certa abilità in qualche forma di utilizzazione di tale tradizione culturale‖;

- ―una professione completamente sviluppata deve avere un qualche mezzo istituzionale per assicurare che tale competenza sia applicata ad usi socialmente responsabili‖219.

Greenwood220 inaugura, con una classificazione che è rimasta classica, l‘approccio ―per attributi‖, che molto influenzerà la sociologia delle professioni; ne individua cinque:

- ―Un corpo sistematico di teorie‖; ciò che contraddistingue le professioni non è il possesso di abilità complesse e non comuni, richieste anche da alcuni mestieri, ma una base di conoscenze organizzate in un insieme internamente coerente. Per l‘acquisizione della base teorica occorre un percorso formale di educazione che può essere meglio assicurato dall‘accademia.

- ―Un‘autorità professionale‖; mentre nelle altre attività l‘acquirente può cercare la merce che preferisce e criticarne la qualità, davanti a un professionista il cliente non è in grado di valutare, può solo accettarne il giudizio, dare fiducia ad

217 W. Tousijn (1997), op. cit., pag. 51.

218 E. Greenwood (ed. or. 1957), Attributes of a Profession, in Prandstraller G. P. (a cura di), Sociologia

delle professioni, Città Nuova, Roma, 1980, pagg. 104.

219 T. Parsons (1979), op. cit., pagg. 73-74.

220 E. Greenwood (1957), Attributes of a Profession, in Prandstraller G. P. (a cura di), Sociologia delle

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82 una autorità che gli infonde sicurezza. Il professionista a sua volta deve limitare il suo giudizio al dominio di sua competenza, e non usare l‘autorità di cui dispone per propri fini.

- ―sanzioni della comunità‖; la professione agisce per farsi riconoscere la sua autorità, per controllare i percorsi formativi, e soprattutto l‘accesso all‘esercizio dell‘attività; cerca di dimostrare alla comunità che è conveniente per tutti che quella attività professionale venga esercitata in forma di monopolio, e non liberalizzata.

- un ―codice regolativo dell‘etica‖ che regoli il rapporto tra i professionisti e gli utenti e tra colleghi; la professione non deve abusare del suo monopolio, imporre prezzi troppo elevati per i sui servizi. Esiste un codice deontologico scritto e costrittivo, ma anche un codice etico non scritto; i professionisti sono al servizio di tutti i cittadini senza particolarismi, si scambiano tra loro le nuove conoscenze tecniche e non utilizzano pubblicità e forme aggressive di competizione.

- ―la cultura professionale‖; il gruppo professionale condivide norme e comportamenti che lo guidano nelle situazioni sociali, possiede una storia, un linguaggio, dei simboli. Il professionista dedica la sua vita al lavoro, i servizi che rende sono il fine in se stesso, esprimono il valore a cui tende, e il compenso è solo un mezzo. ―L‘atto di intraprendere una carriera professionale è in qualche modo simile a quello di chi entra in un ordine religioso‖221. La cultura professionale si trasmette in istituzioni specifiche, su tre livelli: dapprima le organizzazioni attraverso cui vengono erogati i servizi (ospedali, uffici legali, agenzie sociali); quindi centri di istruzione e ricerca che diffondono il patrimonio di conoscenze, infine le associazioni professionali.

In Italia, Niero222 propone cinque attributi, che ricalcano sostanzialmente Greenwood; Lorenz e Trivellato223 considerano in particolare le professioni cliniche e sociali, e individuano anch‘essi cinque elementi analoghi.

221 Ibidem, pag. 117.

222 Niero considera questi cinque attributi (Cfr. M. Niero, Professionalità sociali e innovazione, Cappelli, Bologna, 1985):

- un‘abilità superiore, costituita da competenze connesse ad una teoria esplicita e condivisa; - un‘autorità professionale che si distingue rispetto ai profani e agli stessi committenti; - la sanzione della comunità che riconosce l‘utilità sociale dell‘attività svolta;

- un codice di regole etiche;

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83 Se si volessero esaminare altre liste, emerge che non sempre c‘è accordo sugli elementi essenziali, ―nessuna lista presentata da un autore coincide con quella di un altro‖ e ―raramente viene discussa la coerenza interna della lista, ossia la relazione tra i diversi attributi, la loro importanza relativa, la loro diversa rilevanza teorica‖224.

Inoltre, come nota Folgheraiter, ―gli attributi professionali sono accusati di essere in gran parte «irreali», essendo schematizzazioni idealtipiche. Difficilmente in effetti essi si riescono a riscontrare se non in alcune professioni classiche‖225. Ciò nonostante, lo stesso Folgheraiter ritiene utile questo tipo di approccio ―essenzialista‖ per illustrare il ―processo di professionalizzazione delle occupazioni sociali‖226, e propone una lista di sette caratteristiche che, rispetto a quella tradizionale di Greenwood, si colloca più marcatamente a livello epistemologico e metodologico. Le professioni si differenziano dai mestieri in quanto227:

- sono basate su conoscenze scientifiche specializzate, avente un rilevante grado

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