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Imitazioni centro-asiatiche dal IX secolo, agli inizi del X secolo

Nel documento Le monete bilingui di Maḥmūd di Ghazna (pagine 45-47)

LE MONETE DETTE DEL "TORO E CAVALIERE"

3. Imitazioni centro-asiatiche dal IX secolo, agli inizi del X secolo

Le serie degli Shahi vengono riprese e imitate dalle dinastie al potere nell'area centro-asiatica e nella regione nord-occidentale del Subcontinente, fino a diventare «the almost invariable devices on Rajput copper and billon coins»129. Come ha spiegato J. Deyell, nel suo Living without Silver:

The blatant imitation of the Shahi coinage by lesser and later political regimes is strong testimony to the acceptance and trust which Shahi coinage engendered in areas beyond their borders [...] It was indubitably the dominant money of Afghanistan and northwestern India in that period. Without a doubt its reputation was based on its long-term stabilty of metal content.130.

Un'altra prova della larga accettazione di cui godono le monete coniate dagli Shahi è data dal fatto che sono state ritrovate in gran quantità in Europa orientale, in particolare presso il Mar Caspio, il Mar Nero, la città di Mosca, e la costa baltica, in tesori databili al X-XI secolo, spesso mescolate a dirham islamici, a monete bizantine, a denari provenienti dall'Europa occidentale, e a monete coniate dal principato di Kiev131.

3.1. Śrī Khūdarayakaḥ

Tra le imitazioni in billon e rame intitolate a śrī Khūdarayakaḥ, sono particolarmente interessanti quelle bilingui, con legende in sanscrito e arabo (ILL. 9B). "Khūdarayakaḥ" è la forma medio-indiana di *kṣūdra rājaka, per cui l'espressione si può tradurre letteralmente come "il fortunato piccolo re".

Si tratta di pezzi risalenti senza dubbio alla seconda metà del IX secolo: sono molto simili alle prime monete coniate dagli Hindu Shahi nel nome di Samanta Deva, e la forma di alcune lettere è piuttosto arcaica132. Per via del peso e della scritta araba "ˁadl" ("giustizia"), le monete sono invece affini ai dirham riformati.

129

C.J. Brown, The Coins of India, Oxford University Press, London, 1922, p. 53. 130

J. Deyell, Living without Silver, cit., p. 55. 131

Cfr. A.K. Bykov, Finds of Indian Medieval Coins in East Europe, in "JNSI", Vol. 27, Part II, 1965, passim.

132

Cfr. A. Rehman, The Last Two Dynasties of the Śāhis, cit., p. 299; J. Deyell, Living without Silver, cit., scheda della moneta n. 35.

Sulla base di queste osservazioni, MacDowall133 ha attribuito le monete a Yaˁqūb ibn Layth al-Ṣaffār, della dinastia dei Saffaridi (861-1003), che nell'871 sconfigge l'ultimo Rutbil, annette il Zabulistan, e riesce a occupare temporaneamente Kabul. In realtà, è improbabile che il Saffaride, al culmine del potere, si sia accontentato di un così umile titolo. È più verosimile che queste monete siano state volute da un "re minore", per esempio il governatore nominato da Yaˁqūb per amministrare la città in sua vece134.

Nell'878 Yaˁqūb viene sconfitto da al-Muwaffaq, il fratello del califfo abbaside al-Muˁtamid (870-892). Alcune monete in rame che si rifanno alla variante del "leone e elefante", riportano su una faccia la scritta śrī Samanta Deva, in sanscrito, e sull'altra il nome di al-Muwaffaq, in arabo. È possibile che siano state coniate dal governatore di Kabul proprio in quest'occasione135, probabilmente nel tentativo di assicurarsi il sostegno del nuovo vincitore.

3.2. Califfi abbasidi

Risalgono agli inizi del X secolo alcune coniazioni abbasidi in argento e oro, che si rifanno alla tipologia monetaria del "toro e cavaliere". Le legende sono interamente in arabo, e riportano il titolo regale del califfo al-Muqtadir Billāh (r. 908- 932), "al-Muqtadir Billāh", accompagnato dalla scritta "Li-llāh Ğaˁfar", "Ğaˁfar (nome proprio del califfo), per Dio" (ILL. 9C). In una variante, si conserva il simbolo del tridente136 e, al di sopra del toro, appare un monogramma. Questo simbolo, secondo E. Thomas, rappresenta un tentativo di imitare una lettera indiana: «this mark, in itself, identifies the coin most intimately with those we suppose it to be derived from»137.

Si tratta di pezzi molto rari: probabilmente sono medaglie, e non monete pensate per la circolazione138. Le figure sono stilisticamente affini a quelle che compaiono su

133

Cfr. D.W. MacDowall, The Shahis of Kabul and Gandhara, cit., p. 198. 134

Cfr. A. Rehman, The Last Two Dynasties of the Śāhis, cit., pp. 105-107. 135

Cfr. J. Deyell, Living without silver, cit., nota 13 p. 59, e scheda della moneta n. 56. 136

Cfr. F.B. Flood, Objects of Translation, cit., p. 26; J. Deyell, Living without Silver, cit., scheda della moneta n.60.

137

E. Thomas, On the Coins of the Dynasty of the Hindú Kings of Kábul, in "The Journal of the Royal Asiatic Society of Great Britain and Ireland", Vol. 9, 1847, p. 187.

138

Cfr. A.A. Naji, Dirham of Al Muqtadir, in "JNSI", Vol. 8, Part II, 1946, p. 152: «This is not an ordinary dirham used in currency. It must be of the kind called "Silat" dirhams, which are usually struck on occasions such ns "Ids" and festive celebrations.». Con medaglia si intende un «disco di metallo, con iscrizione e figura, coniato a ricordo di un fatto o di un personaggio [...] Si distingue dalla moneta per la mancanza di potere di scambio...». Cfr. la voce Medaglia dell'

altre coniazioni abbasidi a carattere commemorativo o donativo139, e il tipo del cavaliere si distingue da quello degli Shahi e delle serie imitative perchè non è rivolto verso destra, ma verso sinistra. Quest'ipotesi trova conferma se si pensa alle coniazioni di poco successive (ILL. 9D), modellate su quelle di al-Muqtadir, che riportano il nome proprio del califfo al-Muṭīˁ (r. 946-974), li-llāh – al-Faḍl, e il suo titolo, al-Muṭīˁ li-

llāh140. Proprio a partire dal regno di al-Muṭīˁ, infatti, la produzione di monete da parte degli Abbasidi cessa completamente.

Queste medaglie potrebbero essere state prodotte allo scopo di commemorare una spedizione militare nel Zabulistan, oppure per ottenere l'alleanza delle tribù presenti nella Valle di Kabul141. In efetti, attorno all'879, gli Shahi erano riusciti a insediarsi nuovamente nel Kabulistan, per cui gli Abbasidi non esercitavano più alcun controllo su quell'area.

Nel documento Le monete bilingui di Maḥmūd di Ghazna (pagine 45-47)