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«el fenómeno más curioso de la literatura actual es el surrealismo».1con que-ste parole ramón gómez della Serna apre il saggio sul Surrealismo incluso nel libro Ismos, pubblicato nel 1931.2

l’autore madrileno compendia in poche ed incisive pagine l’analisi del fe-nomeno surrealista, un movimento complesso, articolato, di difficile definizione ed in continuo divenire: «no es necesario saber fijamente lo que es ‘surrealismo’, porque la verdad es que no es un punto en un mapa sino un tren que corre, que hoy estaba aquí y mañana estará mucho más lejos, no se sabe dónde».3

il primo manifesto del surrealismo esce presso le Editions du Sagittaire (Simon Kra) nell’ottobre del 1924. Una riedizione appare poi nel 1929, seguita, nel 1930, dal secondo manifesto del movimento. Varie sono le conferenze e gli interventi che incontrano sistemazione organica in pubblicazioni corredate da continue ristampe dei manifesti, che culmineranno poi nel volume Manife-stes du Surrèalisme, edito nel 1962 da pauvert.4

i surrealisti puntavano alla svalutazione dell’arte-letteratura come ‘prodotto’ e si preoccupavano di illustrare la necessità e la possibilità di ‘cambiare vita’, «saggiando nuove logiche attinte al sogno, al caso, alla contraddizione,

inven-1r. gómez de la Serna, Surrealismo, in Ismos, barcelona, galaxia gutenberg, 2003, p. 526: «il fenomeno più curioso della letteratura attuale è il surrealismo» (trad. mia).

2Nacque a madrid nel 1888 in una famiglia abbiente e fin da piccolo mostrò una forte vocazione letteraria. coltivò tutti i generi, ad eccezione della poesia, e ne inventò persino uno: la greguería. trattasi di un testo breve, una specie di aforisma, generalmente costituito da una sola frase e che esprime in forma acuta ed originale, pensieri filosofici, umoristici, pragmatici o di altra na-tura. la definizione esatta di greguería è ‘umorismo+metafora’: frase ingegnosa che nasce dallo scontro casuale tra il pensiero e la realtà. ramón fu importante anche perché grazie alla rivista letteraria Prometeo, fondata da suo padre, e alle riunioni - tertulias- che organizzava nel celebre caffè pombo, riuscì a far emergere il talento di molti artisti e a mettere in contatto tra loro i mol-teplici movimenti d’avanguardia che in quel momento coinvolgevano la Spagna e l’europa.

3gómez de la Serna, Surrealismo, cit., p. 560: «[...] non è necessario sapere esattamente cos’è il “surrealismo”, perché la verità è che non un punto su una mappa ma un treno in corsa, che oggi è qui e domani sarà molto più lontano, non si sa dove» (trad. mia).

tando continuamente le tecniche, trattando le forme artistico-letterarie e del linguaggio non come specchio o soluzione, ma come schermo sperimentale di prospettive inesplorate di pensiero».5

ramón gómez de la Serna, nel saggio su citato, inserì un breve racconto, El hijo surrealista, fondamentale secondo il critico camón aznar per com-prendere la portata del movimento, «para conocer el surrealismo, mejor que ninguna proclama, declaración o estética de este movimiento, se halla concen-trada en su esencia en estas páginas, cada uno de cuyos párrafos es revelador de la actitud surrealista».6

ramón in effetti traccia il profilo dell’artista surrealista descrivendone le esagerazioni, le stravaganze, rendendolo degno del movimento che rappresenta. tuttavia, pur romanzando tale figura, lo scrittore riesce a tracciare un profilo più reale e realistico di quello tracciato dal surrealista per antonomasia, Salva-dor Dalí, nonostante questi lo delinei in scritti autobiografici che presuppor-rebbero una maggiore aderenza alla realtà, ma che invece hanno contribuito a creare quel profilo, sedimentato oramai nell’immaginario collettivo,7 dell’ar-tista stravagante fino all’esagerazione.

ramón gómez de la Serna trae ispirazione dalla figura di Salvador Dalí per delineare il personaggio surrealista del suo racconto, ma introduce notevoli aspetti nuovi e inventati che, paradossalmente, lo rendono più veritiero, più vi-cino, nelle sue enormi contraddizioni, ad un essere umano che non al ‘tipo’ surrealista. i protagonisti del movimento surrealista erano stati già oggetto di studio da parte di ramón nel saggio Ismos. Significativo è che tra questi inse-risca il Dalíismo movimento che viene considerato a se stante. Si tratta di un ‘ismo’ costruito ad personam, che non può essere in alcun modo inglobato nel movimento surrealista. proprio perché l’autore conosce il pittore, sa che non può essere costretto nel movimento ed elabora per lui una dottrina tutta perso-nale. ramón gómez de la Serna aveva tutti gli strumenti e gli elementi per co-struire nel racconto il profilo del surrealista che riteneva degno di tale nome. eppure non si spinge molto in là, mostrandoci un surrealista con poca verve, fiacco nelle azioni come nelle parole.

5g. Neri, Introduzione, in breton, Manifesti sul Surrealismo, cit., p. XViii.

6J. camón aznar, Ramón Gómez de la Serna en sus obras, madrid, espasa calpe, 1972, p. 357: «[...] per conoscere il surrealismo meglio che in qualsiasi proclama, dichiarazione o estetica di questo movimento, si trova concentrata la sua essenza in queste pagine, i cui paragrafi rivelano l’atteggiamento surrealista» (trad. mia).

È Salvador Dalí a creare l’immagine canonizzata dell’artista surrealista, po-tenziando le esagerazioni, le stravaganze, gli eccessi; ciò nonostante nessuno può sapere se, al di là degli atti pubblici, nella sua vita privata accadessero davvero le cose da lui descritte. ramón crea un’immagine molto meno carica sotto questo punto di vista, che mostra quanto difficile fosse essere davvero surrealista.

il protagonista del racconto El hijo surrealista di gómez de la Serna è henri Kloz. antonio del rey briones ascrive questo racconto alla fase decandente della produzione ramoniana, quando ormai l’apice della creatività romanzesca, toccato nella prima metà degli anni ’20, si sta avviando al tramonto.

tuttavia questo racconto conserva un certo interesse anche perché resta fe-dele a due costanti della traiettoria del romanziere, ovvero la presentazione di un personaggio singolare e «la vinculación a referentes extraídos de la literatura o el arte».8

henri è a tutti gli effetti il paradigma dell’artista surrealista ma ci offre un’immagine più reale giacché mostra la sua estrema codardia dinanzi alle cose importanti, come la nascita di un figlio o la sorveglianza di uno dei musei più importanti di Francia. l’autore sottolinea i limiti del personaggio mostrando cosa sarebbe disposto a fare ma che non riesce a portare a compimento mai. il protagonista è perennemente diviso tra il mondo convenzionale, borghese in cui è cresciuto e quello avanguardista che tanto gli piacerebbe vivere piena-mente ma non vi riesce.

c’è un palese divario tra ciò che vorrebbe fare e ciò che fa. risulta illumi-nante a tale proposito considerare le opinioni di lucáks in merito.9 pronun-ciandosi sulla letteratura d’avanguardia mette in evidenza l’importanza del concetto di ‘possibilità’: dinanzi all’aspettativa del soggetto ce ne sono di due tipi: una astratta e una concreta. l’astratta rispecchia il mondo dei sogni e dei desideri, la concreta, le possibilità che sono realmente raggiungibili. Nel caso di henri lo scarto tra l’una e l’altra è chiaramente visibile, ma non nel caso di Dalí. tutte le possibilità astratte Dalí riesce a trasformarle in concrete, creando così quel mito che è riuscito a perdurare nel tempo, il mito della sua immagine che, arrivando a scandalizzare, provocare, appassionare il pubblico, non ha la-sciato, e non lascia tutt’oggi, indifferente nessuno. la sua stessa persona di-venta ‘opera d’arte’, sopratutto grazie a dei segni distintivi che, acquisendo

8a. del rey briones, La Novela de Ramón Gómez de la Serna, madrid, editorial Verbub, 1988, p. 148: «[...] il legame a riferimenti presi dalla letteratura e dall’arte» (trad. mia).

una forte carica simbolica, si trasformano nei segni della sua identità: i baffi e gli occhi.

Dalí, costruttore e promotore della sua immagine, recitava un ruolo, in pub-blico e in privato. in Diario di un genio, accingendosi a ricevere un amico in casa, scrive: «così mi vesto da Dalí e scendo a riceverlo». 10

Nei suoi scritti autobiografici, Diario di un genio,La mia vita segreta e Con-fessioni inconfessabili, costruisce quell’immagine che si è legata all’immagine dello spagnolo per antonomasia. tant’è vero che, nel 1958, il quotidiano ABC pubblica l’articolo Bigotes celebres11che così recitava:

los bigotes han creado muchas grandes personalidades […]. los españoles somos tan rumbosos, que nuestras auténticas creaciones […] casi no las coti-zamos. tenemos una origínalisima, extraordinaria, universal: ¡el bigote de Dalí […]. Y como estoy a punto de ir al Salón de la piel de parís y a la eXpo de bruselas, dispuesto a no pasar desapercebido, […] estoy pensando en ponerme algo que cuando me vean exclamen: ¡español! Y he pensado en Dalí, nuestro Dalí que se gasta unos bigotes de campeonato.12

Dalí costruisce la sua immagine e la sua personalità. le sue azioni, i modi di porsi, di rispondere alle domande, il suo modo di mangiare e persino il suo modo di amare contribuiscono a creare l’immagine canonizzata dell’artista sur-realista. Difficile è stabilire il confine tra la realtà e la finzione in questa co-struzione. Quello che però interessa maggiormente è che quell’immagine costruita negli scritti autobiografici, seppur non reale, è riuscita ad imporsi come imprescindibile termine di paragone allorché si parli di ‘artista surreali-sta’; sopratutto perché l’immagine ben si sposa con gli atti pubblici, attraverso i quali Dalí si è sempre affermato come personaggio, showman, performer che vive un po’ sulle righe.

henri, invece, frammenta il suo essere, visto che ci sono possibilità astratte che prende in considerazione in circostanze avverse e che non riesce a

trasfor-10S. Dalí, Diario di un genio, milano, Se, p. 52.

11l.r. armengol, Dalí, icono y personaje, ensayos arte cátedra, 2003, p. 19.

12armegol, Dalí, icono y personaje, cit., p. 19: «i baffi hanno creato moltre grandi personalità […]. Noi spagnoli siamo così tanto pomposi che le nostre autentiche creazioni quasi non le ap-preziamo. Ne abbiamo una molto originale, straordinaria, universale: i baffi di Dalí!. e siccome sto per andare al Salón de la Piel di parigi e all’eXpo di breuxelles, disposto a non passare inosservato […], sto pensando a cosa indossare affinché quando mi vedano, esclamino: spa-gnolo! e ho pensato a Dalí, il nostro Dalí che porta baffi da campionato» (trad. mia).

mare in possibilità concrete. c’è una palese difficoltà del personaggio ad essere pienamente surrealista. Difficoltà reale, come ben sapeva ramón gómez de la Serna, ma che Dalí era stato disposto a sfidare.

lo scrittore madrileno, quindi, cerca di tracciare il profilo del suo personag-gio tenendo in considerazione questi presupposti, ma arriva, in alcuni episodi, a caricaturizzarlo. emblematica è la scena in cui la polizia irrompe in casa Kloz per verificare se la lettera irriverente inviata al presidente della repubblica sia frutto o meno della penna di henri. Questi rivendica la paternità dell’atto, ma paradossalmente la polizia non può incriminarlo perché, sottoponendolo a pe-rizia calligrafica, arriva alla conclusione che si tratta di due grafie distinte. henri spiega che ciò è dovuto al processo di scrittura automatica che produce lettere ogni volta diverse, dichiarandosi di nuovo autore dell’atto. in questo episodio il personaggio raggiunge il punto di caricatura più alto, dal momento che si vede negato come surrealista dalla logica della legge convenzionale e non riesce ne-anche a finire in carcere grazie al cognome che porta. a questo punto, ad henri non resta nient’altro da fare che servirsi di quelle stesse convenzioni per lottarci contro. Spinto da un impulso individualista, caratteristico della borghesia più conservatrice, il protagonista crea e mantiene il suo senso della proprietà. henri è ferito dal fatto che si vede negato come surrealista e quindi a più riprese re-clama la paternità del suo atto. Si serve delle armi che mette a disposizione il sistema e in questo modo prende le distanze da un fondamentale precetto sur-realista, il quale presuppone che l’autore che sia accusato di aver scritto un testo dovrà limitarsi ad affermare che non si considera l’autore del suo libro, dal mo-mento che esso è un prodotto surrealista che esclude qualsiasi questione di me-rito e dememe-rito.13il surrealismo rifiuta la produzione individuale, che invece, in questo caso, difende henri ferito in quello stesso orgoglio borghese. la società borghese e i suoi meccanismi influiscono sulle azioni di henri e frustrano la sua pretesa di essere un vero surrealista. il giovane Kloz è un aborto dell’au-tentico surrealista, così come, per Dalí, lo erano tutti quelli che si professavano tali ma che tali non erano, soprattutto nel modo di condurre la propria vita. Dalí stesso in Confesiones inconfesables scrive:

los surrealistas compartían todos los tabúes pequeñoburgueses, lo demuestro: hablaban del sexo en forma simbólica y ni siquiera los padres de la iglesia hu-bieran censurado sus discursos. la mayor audacia de aragon fue haber escrito Le con d’Iréne, una obra erótica laboriosa pero dentro del espíritu del grupo; ni

la sodomización ni los fantasmas anales se cotizaban en su bolsa amorosa, como tampoco la pederastia ni el misticismo. me asombré mucho al constatar cómo breton imponía una verdadera jerarquía de valores en relación a los sueños. por ejemplo estaba estrictamente prohibido mencionar cualquier sueño en que apareciera la Virgen maría- con quien yo soñaba a menudo-; igualmente, no podía confesar que estaba obsesionado con los pelos del culo de la Virgen. lo consideraban mala educación y peor gusto. Desgraciado también aquel que no respetaba el código de la fidelidad amorosa.14

Fino alla fine del racconto non si rompe il legame di henri con il mondo bor-ghese, tant’è che questi lascia la casa paterna solo nel momento in cui il padre lo mette alla porta. Non era stato in grado, pur desiderandolo, di lasciare la casa paterna, eppure la sua insofferenza sembra rasentare spesso i limiti della non sopportazione:

henri no podía parar en su casa y se pasaba los días jugando a los dados en el café y mirando el pasar de las gentes que parecen ir a reunirse en algún sitio para bailar en zarabanda libre.

No podía resignarse a aquella vida de encierro y repetición. la angustia de los pasillos martirizaba su adolescencia y hubiera arrancado de un tirón de campa-nilla alguna de aquellas cortinas.

le parecía que su padre le hacía expedientes de encierro, y su madre, con aque-lla hipocresía pacífica con que movía las agujas de caramelo, le preparaba ca-misas de fuerza.15

14S. Dalí, Confesiones inconfesables, in Textos Autobiográficos, vol.2, barcelona, ediciones Destino, 2003, p. 441: «i surrealisti condividevano tutti i tabù piccolo-borghesi e lo dimostro: parlavano del sesso in forma simbolica e neanche i padri della chiesa avrebbero censurato i loro discorsi. la più grande audacia di aragon fu quella di scrivere Le con d’Irene, un’opera erotica laboriosa ma in consonanza con lo spirito del gruppo; né la sodomizzazione né i fantasmi anali si quotavano nella loro borsa amorosa, né tantomeno la pederastia e il misticismo. mi meravigliò molto constatare che breton imponeva una vera e propria gerarchia di valori in relazione ai sogni. per esempio era severamente proibito menzionare qualsiasi sogno che avesse a che fare con la Vergine maria- che io sognavo spesso; allo stesso modo non potevo confessare la mia ossessione per i peli del culo della Vergine. la consideravano maleducazione, di cattivo gusto. Disgraziato era anche colui che non rispettasse i codici della fedeltà amorosa» (trad. mia).

15r. gómez de la Serna, El hijo surrealista in Ismos, barcelona, galaxia gutenberg, 2003, p. 567: «henri non poteva restare in casa e passava intere giornate a giocare a dadi nei caffè e a guardare il passeggio delle persone che sembravano dirigersi verso qualche posto per ballare li-beramente. Non poteva rassegnarsi a quella vita di clausura e ripetizione. l’angustia dei corridoi martoriava la sua adolescenza e avrebbe strappato d’un colpo quelle tendine.

gli sembrava che suo padre lo tenesse rinchiuso con delle scuse e sua madre, con quella ipocrisia pacifica con cui movrava i ferri, gli costruisse camice di forza» (trad. mia).

Nato e cresciuto nel seno di una famiglia borghese che scopre il ‘figlio surrealista’ solo nel momento in cui questi si proclama tale esplicitamente, henri non riesce a rompere il legame con quel mondo borghese, a cui, suo malgrado, appartiene. tant’è vero che i genitori non si erano resi conto prima della confessione del figlio di aver a che fare con un ‘surrealista’. il che lascia presupporre che nell’aspetto e nell’ab-bigliamento henri fosse alquanto formale. al contrario di Dalí che in Vita segreta ricorda quanto il padre si vergognasse di lui proprio per il suo aspetto e scrive:

effettivamente avevo un aspetto curioso ed esotico, con quella mia giacca di velluto, i capelli lunghi come una ragazza, il mio bastoncino smaltato, le basette lunghe a metà guancia; forse mi credevano un attore. il mio aspetto restava, se-condo la definizione generale ‘fantastico’: un gran cappello di feltro, una pipa che non fumavo e non accendevo, ma che tenevo sempre in bocca, una cappa impermeabile che mi giungeva ai piedi. Voltandomi scorgevo sempre i passanti fermi a guardarmi. e io proseguivo, a testa alta, gonfio di orgoglio.16

Fatto sta che henri si dichiara surrealista solo nel momento in cui il padre lo mette dinanzi ad una triste e sconcertante realtà: ha messo incinta la figlia del portiere. l’essere surrealista sembra essere uno scudo in grado di proteggerlo dalle proprie responsabilità.

il protagonista del racconto non riesce dove era riuscito Salvador Dalí, cioè andare oltre, riuscire a scandalizzare sempre più, con nuove provocazioni, ren-dendo tutto imprevedibile e improbabile: «todo lo que aterroriza a los otros, a mí me exalta; los miedos y los fantasmas de lo común, cuidadosamente repri-midos en los demás, son otras tantas fuentes vivas para mi inteligencia crítica».17

c’è in lui il desiderio e la volontà, che arrivano fino quasi all’ostinazione, di non ‘appartenere a’ per non essere inglobato: non appartenere ad un movi-mento, non appartenere ad una classe sociale.

il protagonista del racconto in questo non riesce. c’è di più. henri non si azzarda a commettere l’atto più scandaloso, quello davvero vietato che po-trebbe consacrarlo come autentico surrealista; dinanzi ad una proibizione netta si ferma e non è in grado di eludere la sorveglianza di uno dei musei più im-portanti di Francia e infatti leggiamo: «henri comprendía que era el museo más salvaguardado de Francia. No podía ser objetivo de sus rebeldías, pero en

16S. Dalí, La mia vita segreta, milano, abscondita, 2006, p. 132.

17Dalí, Confesiones inconfesables, cit., p. 482: «tutto ciò che spaventa gli altri, a me esalta; le paure, i fantasmi comuni, attentamente repressi dagli altri, sono al contrario, fonti vive per la mia intelligenza critica» (trad. mia).

cambio, en el mismo trecho, un poco más abajo, se le ofrecían aquellas puertas aprovechadas para escaparates de galardones oficiales».18

ripiega, quindi, su un obiettivo più semplice. tuttavia pur vincendo questa sfida, direi prima di tutto con se stesso, arrivato ad un certo punto, henri si ferma e non riesce a varcare il limite che lo legittimerebbe realmente come surrealista: «henri no se atrevió a ir más allá, porque podía encontrarse cortada la retirada por alguien que se diese cuenta de la desaparición de las caras más celebres, vi-trioladas por el surrealista».19eppure non avrebbe dovuto essere così. l’autentico surrealista è disposto a finire in carcere. in Surrealismo ramón gómez de la Serna scrive: «son artistas que están dispuestos a la cárcel y al martirio y que quieren hacer la revolución [...] odian las costumbres burguesas de la Francia cristalizada [...] quieren transmutar la cristalización, entreabrir las durezas».20

ed inoltre consideriamo che lo stesso Dalí, finito in carcere, non ne sem-brava affatto dispiaciuto:

Fui subito arrestato dalla guardia civile e rinchiuso nella prigione di Figueras. Di