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Quando la realtà sta venendo cancellata con violenza, pensarla diventa un atto di fede.

claudio magris, Danubio (1986)

marica bodrožić è «una delle più singolari, fresche e originali voci della let-teratura tedesca contemporanea» –1così claudio magris caratterizza la fisio-nomia letteraria della giovane autrice di lingua tedesca e origini croate, voce fra le più significative nell’ambito della scrittura germanofona degli ultimi de-cenni, già insignita del prestigioso premio adelbert von chamisso per la rac-colta di racconti Tito ist tot (2002).2

la produzione letteraria di bodrožić ha come filo conduttore la complessa tematica della memoria, come rivela l’interrogativo che è al centro del suo

sag-1 c. magris, Parole tedesche per dire Jugoslavia, prefazione a m. bodrožić, È morto Tito, trad. it. di g. Drago, rovereto, zandonai, 2010, p. v (ed. originale: m. bodrožić, Tito ist tot, Frankfurt am main, Suhrkamp, 2002). il testo di magris era già apparso due anni prima sul «corriere della Sera» il 3 settembre 2008.

2 Nel frattempo la produzione di bodrožić conta numerosi titoli, a cavallo fra diversi generi letterari. accanto alle due raccolte di racconti, Tito ist tot e Der Windsammler (Il raccoglitore di vento, 2007, trad. titolo mia), l’autrice ha scritto romanzi Der Spieler der inneren Stunde (Il giocatore dell’ora interiore, 2005, trad. mia), Das Gedächtnis der Libellen (2010, La memoria delle libellule, trad. it. di i. amico Di meane, rovereto, zandonai, 2013), Kirschholz und alte Gefühle (Legno di ciliegio e sentimenti lontani, 2012, trad. mia), raccolte di saggi e di prose Sterne erben, Sterne färben. Meine Ankunft in Wörtern (2007, Il mio approdo alle parole. Stelle, Colori, trad. it. di b. ivancić, V. piazza, roma, aracne, 2012), Mein weißer Frieden (La mia pace bianca, 2014, trad. titolo mia) e Das Auge hinter dem Auge (L’occhio dietro l’occhio, 2015, trad. titolo mia), nonché tre volumi di liriche Ein Kolibri kam unverwandelt (Un colibrì giunse immutato, 2007, trad. titolo mia), Lichtorgeln (Organi di luce, 2008, trad. titolo mia) e Quittenstunden (Ore cotogne, 2011, trad. titolo mia). bodrožić ha ricevuto sin qui importanti riconoscimenti, fra cui il premio dell’accademia delle arti di berlino (2007), il premio letterario dell’Unione europea (2013) nonché il premio della Fondazione Konrad-adenauer (2015).

gio autobiografico Sterne erben, Sterne färben. Meine Ankunft in Wörtern (2007), scandito da tre punti di domanda: «Dove hanno inizio i nostri ricordi? perché ricordiamo? cos’è accaduto per far sì che noi diventassimo eSSeri UmaNi dotati di memoria?».3

l’importanza che riveste la memoria nella ricerca poetica di bodrožić va ricondotta innanzitutto alle stazioni della sua biografia: bodrožić è nata nel 1973 a Svib, un piccolo borgo dell’entroterra dalmata e nel 1983 si è trasferita a Sulzbach, nei pressi di Francoforte sul meno, per raggiungere i genitori lì impiegati come Gastarbeiter. bodrožić non è scappata né dalla guerra né da persecuzioni politiche, la guerra l’ha conosciuta solo una volta approdata in germania dai telegiornali tedeschi e dalle immagini proiettate sullo schermo di una Jugoslavia ormai scomparsa:

Dalla televisione tedesca ci arrivavano immagini della nostra terra di un tempo assediata dalla nebbia del linguaggio bellico, dai fucili e dai proiettili che spun-tavano improvvisamente dal nulla. avere un nemico ora sembrava essere una questione di galateo. Sentivamo dire che quel nemico aveva dormito sulle armi per decenni. aveva aspettato di attaccare, di riattaccare, di contrattaccare, si disse in seguito, quando la parola guerra era diventata attuale anche per noi diciot-tenni.4

la guerra è la guerra scoppiata nei balcani nel 1991 e durata sino al 1999, in cui le differenze etniche, linguistiche e religiose sono divenute movente di un drammatico e sanguinoso conflitto, al seguito del quale la Jugoslavia multina-zionale è stata distrutta e soppiantata da nuovi stati nazionali. la «virtuale

gio-3 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 124. Nel testo originale: «Wo setzt un-sere erinnerung an? Warum erinnern wir uns? Was hat sich ereignet, damit wir meN-ScheN mit gedächtnis werden konnten?». bodrožić, Sterne erben. Sterne färben. Meine Ankunft in Wörtern, Frankfurt am main, Suhrkamp, 2007, p. 88.

4bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 56. Nel testo originale: «Vom deutschen bildschirm aus sahen wir, wie unser einstiges land vom Nebel der Kriegssprache be-lagert wurde, von plötzlich aus dem Nichts aufgekommenen gewehren und geschos-sen. einen Feind zu haben, das gehörte jetzt zum guten ton. Der Feind habe all die Jahrzehnte auf seinen Waffen geschlafen. auf das Schlagen habe dieser Feind gewartet, auf das zuschlagen und zurückschlagen, hieß es später, als das Wort »Krieg« auch für uns achtzehnjährige ein gegenwartswort geworden war». bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., pp. 24-25.

vinezza jugoslava»5dell’autrice è stata così azzerata – e con essa l’immaginario della sua vita anteriore:

Di lacune nella vita ce ne sono tante, luoghi nei quali non si può correre, non ci si può fermare, di cui non si può parlare, luoghi che si prestano solo a scivolare con cautela, e diventano via via spazi privi di immagini dove risiedono persone che vivono senza ricordi.6

Nella raccolta di saggi Sterne erben, Sterne färben, bodrožić individua nella figura del nonno l’anello di congiunzione con il mondo dell’infanzia, un mondo perduto da ricostruire attraverso un percorso interiore affidato al linguaggio e volto alla ri-animazione dei ricordi sepolti.7Sono le parole tedesche a consen-tire un ponte verso il presente, a fornire una strategia di compensazione della perdita:

l’infanzia ebbe un nome e si portò a spasso per la prima volta nella lingua tedesca. il mio stesso nome si trasformò in un pianeta da conquistare con un lievito di lettere. Solo nel cammino della scrittura sento la naturalezza con cui i boschi della lingua slava giacciono in me. come un pegno che risuona sempre dalla prima lingua e che mi rende finalmente qualcuno capace di dire qualcosa di sé. ma la mia casa, le mie origini diventano percepibili soltanto nella lingua tedesca.8

5 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 135. Nel testo originale: «Die virtuelle jugoslawische Jugend». bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 98.

6 bodrožić, È morto Tito, cit., p. 80. Nel testo originale: «lücken gibt es im leben viele, Stellen, auf denen man nicht laufen, nicht stehenbleiben, über die man nicht reden kann, Stellen, die sich nur zum behutsamen gleiten eignen, zu orten werden, die ohne bilder sind und menschen beherbergen, die ohne erinnerung leben». bodrožić, Tito ist tot, cit., p. 103.

7 cfr. bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 44; bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 12.

8 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 43. Nel testo originale: «Die Kindheit führte sich erstmalig als Name in der deutschen Sprachen spazieren. Der eigene Name wurde dabei ein mit buchstabenbackpulver zu erobernder planet. Die Selbstverständ-lichkeit, mit der die Wälder des Slawischen in mir liegen, wird mir erst im Schreiben-gehen bewußt. Dieses Unterpfand, das immer aus der ersten Sprache herauftönt und mich endlich zu jemand macht, der etwas von sich sagen kann. aber erst in der deut-schen Sprache wird mein eigenes zuhause für mich selbst hörbar». bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 11.

bodrožić definisce la sua lingua materna, il serbo-croato, come «[…] qualcosa di ibrido, qualcosa di imperfetto da tutti i punti di vista, un insieme di incroci e intuizioni, un miscuglio»,9destinato per effetto della guerra a subire un pro-cesso di lacerazione determinato dall’artificiale imposizione di nuove identità nazionali. Questo ‘doppio fondo’ della prima lingua, segnato da ‘discrimina-zioni e ferite’10non serve tuttavia a restituirle l’infanzia, che esiste solo come dimensione latente e rimossa. la frattura è netta: mentre il serbo-croato rap-presenta la lingua di un’identità e di un passato perduti, «fatta di čežnja, di no-stalgia struggente»,11che le si nega anche nel paesaggio dei sogni,12il tedesco dà voce per contro all’immaginario connotato nel segno della vita e della crea-tività poetica. esemplificativa in tal senso è la riflessione legata alla parola te-desca per ‘amore’, Liebe, e al suo ‘doppio’ serbo-croato, ljubav, che bodrožić legge figuratamente come ideogrammi:

Solo in tedesco si può pensare che gli angeli, Engel, debbano avere anche qualcosa a che fare con la strettezza, Enge, con una strettezza che si protende nelle lettere di Liebe, amore, verso i corridoi dell’immagi-nazione. e si può anche pensare che questa strettezza sia parte della con-dizione umana e immaginarla completata e protetta dalla lettera l, a cui la luce si conferisce dall’alto, disponendosi dal verticale in orizzontale, per portare alla terra qualcosa che le appartiene. […] Nella mia prima lingua madre Liebe si dice ljubav, e anche qui è la lettera l a rendere visibile la parola – questa è per lo meno l’immagine che ne ho io –, a portarla giù nel paese della J, che vive per la maggior parte nella terra […]. Questa lettera affonda nella terra come un mestolo, per poi trasfor-marsi in qualcos’altro ancora.13

9 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 134. Nel testo originale: «[…] etwas hybrides, etwas durch und durch Unvollkommenes, aus Kreuzungen und ahnungen bestehendes gemisch». bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 96.

10 cfr. bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 164; bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 126.

11 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit, p. 134; cfr. bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 97.

12 cfr. bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit., p. 195; bodrožić, Sterne erben, Sterne färben, cit., p. 153.

13 bodrožić, Il mio approdo alle parole, cit, p. 46; Nel testo originale: «Nur im Deut-schen läßt es sich denken, daß engel auch etwas mit enge zu tun haben müssen, einer enge, die sich in den buchstaben der liebe ausdehnt, in die lebensflure der