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Queste immagini si trasformeranno a seconda delle contingenze in un dipinto,

Nel documento Cronache Economiche. N.101, Maggio 1951 (pagine 40-44)

in un disegno, in un manifesto; svolgendo

con lenta e conseguente coerenza quei

primi segni che tracciati nella lucida

si-curezza di una allucinazione si isolano da

ogni riferimento esterno e casuale.

Un articolo apparso sul nu-mero di gennaio di « Cronache Economiche » ha provocato una lettera del prof. A. Biraghi. Pub-blicandola, la facciamo seguire da altra sull'argomento indiriz-zataci dal nostro Collaboratore.

L E T T E R E

Egregio Direttore,

POLEMICA SULLA MALATTIA DEL CASTAGNO

Soltanto pochi giorni fa sono venuto a conoscenza dell'artico-lo dell'Ispettore A. Cotta com-parso sul n. 97, gennaio 1931, della bella rivista da Lei di-retta ed intitolato . Ancora sul-la masul-lattia del castagno ».

La lettura di tale articolo mi ha riempito di doloroso stupore per il suo contenuto, e il

tito-letto di chiusura * E da noi? • mi ha fatto immaginare i com-menti degli ignari lettori al sen-tire che dopo 13 anni da che in Italia è stato riscontrato un fla-gello della gravità del cancro del castagno, le autorità respon-sabili non si sono date in alcun modo da fare per cercare di contenere una simile catastrofe; nei più ottimisti sarà forse ri-nata la speranza che finalmente l'esempio delle autorità svizze-re servirà a scuotesvizze-re il nostro letargo.

Ora se l'Ispettore Cotta voleva segnalare al pubblico italiano il primo contributo sul cancro del castagno pubblicato in Europa in una nazione diversa dall'Ita-lia, doveva ravvisare almeno la opportunità di prendere cono-scenza di quanto è stato pub-blicato sull'argomento nel suo Paese dal 1946 in poi e tale opportunità diventava una ne-cessità e un dovere quando egli nella sua segnalazione intende-va muovere aspra rampogna agli Enti responsabili del suo Paese, accusandoli di completo disinteresse in una questione di tanta vitale importanza.

Comprenderà, egregio Diretto-re, che una simile fantasiosa accusa, non fosse altro che per dovere di buon italiano, non può rimanere senza eco e per-ciò La prego di volere ripor-tare un po' di serenità fra i suoi lettori, riferendo loro quanto Le dirò, e cercherò di limitarmi con la massima bre-vità ai capisaldi principali evi-tando ogni elemento polemico.

I / ' E n d o t h i a p a r a s i t i c a fu

tro-vata per la prima volta in Ita-lia a Busalla (Genova).

In Ispagna fu scoperta nel 1947 dal prof. Pavari e dal sot-toscritto in occasione di un viaggio per raccogliere varietà di castagne e specie esotiche di

C a s t a n e a d a utilizzarsi nella

ri-cerca di razze resistenti alla malattia.

La conoscenza delle distru-zioni che questo parassita ave-va determinato negli S. U. d'A-merica fece s u b i t o i n t r a v v e d e r e

q u a l e pericolo minacciasse il

nostro patrimonio castanicolo e quale disastro economico e so-ciale ne sarebbe potuto de-rivare.

Del problema fu interessato dal Ministero dell'Agricoltura il compianto mio Maestro L. Pe-tri, allora Direttore della Sta-zione di Patologia Vegetale. Fu ben presto accertato che in Li-guria la malattia aveva già rag-giunto una notevole diffusione e che essa era presente anche nel Friuli.

Con ordinanza dei Prefetti di Genova (8-5-1939) e Alessandria e2-6-1939), e cioè dopo soli 6-7 mesi dalla prima scoperta delia malattia, fu subito disposto l'obbligo della denunzia delle piante infette, il loro abbatti-mento e la loro carbonizzazione sul posto.

Fu contemporaneamente no-minata una Commissione com-posta dal prof. L. Petri (pato-logo), dal prof. Esmenard (Ca-po dell'Ispettorato dell'Agricol-tura di Torino), dal prof. G. Sala (Ispettore superiore fore-stale), dal prof. Paoli (Diretto-re dell'Osservatorio Fitopatolo-gico della Liguria) e dal sotto-scritto.

Furono poi impiantate prove di bonifica di castagneti infetti mediante taglio e bruciatura sul posto nonché disinfezione delle superfici di taglio di tutte le parti di piante ammalate; tali operazioni vennero ripetute do-po accurate ispezioni semestrali. Dopo più di due anni si con-statò l'assoluta inutilità di tali pratiche e ciò d'altra parte era già scontato a priori in quanto negli S. U. d'America un

simi-le tentativo in grande stisimi-le era stato già effettuato con resultati negativi. Da noi questa prova fu effettuata solo con la spe-ranza che la specie di castagno diversa dalla indigena america-na e l'ambiente differente po-tessero influire attenuando la virulenza del parassita.

In conseguenza del risultato negativo di queste prove, che avevano dimostrato anche da noi l'impossibilità di arrestare la malattia in atto e per la pro-gressiva constatazione che l'area infetta era assai più estesa di quanto in un primo momento si poteva supporre, venne abro-gato l'obbligo della distruzione delle piante ammalate e con successive ordinanze dei Pre-fetti di Genova, Alessandria, Savona e Udine venne stabilito il divieto dell'esportazione da dette Provincie di legna e

qual-siasi parte di castagno e spe-ciali norme prescrivevano la disinfezione dei veicoli che ave-vano trasportato materiale in-fetto alle fabbriche di tannino poste entro l'area in quarantena. Con queste nuove disposizioni si cercava di evitare che la ma-lattia si diffondesse in zone lontane ancora sane.

Poi purtroppo venne la guer-ra e la triste parentesi che ne seguì arrestò ogni attività al ri-guardo. Appena fu possibile, il Ministero dell'Agricoltura diede incarico alla Stazione di Pato-logia Vegetale di preparare un opuscolo di propaganda descri-vente le caratteristiche della malattia. Di questa pubblicazio-ne, corredata da illustrazioni in nero e da una tavola a colori, ne furono stampate 8000 copie ed ai primi del 1946 ben 6000 di esse furono contemporanea-mente inviate in più di un esemplare, perchè la diffusione fosse quanto più possibile ca-pillare, a tutti gli Ispettorati Forestali, agli Ispettorati del-l'Agricoltura, a molti Comuni, Enti e privati che comunque potessero essere interessati al castagno e forse se ai lettori della sua rivista fosse stato pre-sentato un riassunto di tale opuscolo sarebbero state loro risparmiate parecchie inesat-tezze.

Nel 1946, poiché ormai era evidente che il problema del cancro del castagno non poteva essere trattato soltanto dal pun-to di vista fipun-topapun-tologico in quanto si rendeva ormai urgen-te affrontare il problema della ricostituzione dei castagneti col-piti dall' E. parasitica, il Mini-stero dell'Agricoltura affidò l'in-tero compito alla Stazione di Patologia Vegetale ed alla Sta-zione Sperimentale di Selvicol-tura, le quali, ciascuna per la parte di loro specifica com-petenza, dovevano collaborare strettamente nella realizzazione di un comune programma. Per interessamento dell'UNRRA fu-rono forniti mezzi per iniziare il lavoro e nell'autunno del 1946 il prof. Pavari, Direttore della Stazione di Selvicoltura, si recò negli S. U. d'America per ren-dersi conto di quanto si era fatto laggiù nei riguardi del cancro del castagno.

Da quell'anno si iniziò su larga scala l'esplorazione dei castagneti italiani e purtroppo, sia per scoperte dirette che per segnalazioni derivanti dall'opu-scolo di propaganda diffuso, si arrivò alla constatazione che la

malattia era ormai presente con focolai più o meno vasti in molte regioni. Data questa si-tuazione, nel 1948 il Ministero dell'Agricoltura, su parere del Comitato per le malattie delle piante, ritenne ormai in utile mantenere in vigore le ordinan-ze prefettizie prebelliche ed esse furono così abrogate.

In che cosa consiste il pro-gramma a cui ho accennato? Trovare una razza di castagno praticamente resistente alla ma-lattìa e per raggiungere questa meta vengono seguite tre dif-ferenti strade: 1°) ricerca del-l'individuo resistente fra popo-lazioni di C. sativa e questo si fa seguendo le piante delle aree infette ed allevando in ap-positi vivai (Avellino, Bagni di Lucca e Masone [Genova]) piantine provenienti da semi fatti raccogliere in tutta Ita-lia a cui vanno aggiunte quel-le derivanti da semi inviatici dalla Spagna, Francia e In-ghilterra; tali provenienze for-mano attualmente una massa

di circa 10.000 piantine ed a giorni, per saggiarne la resi-stenza alla malattia, avrà inizio l'inoculazione artificiale del pa-rassita alla maggior parte di esse, cioè a quelle che avranno raggiunto dimensioni idonee; 2°) introduzione e moltiplica-zione di piantine di C.

moltis-s i m a (c. cinemoltis-se), che dalle

pro-ve effettuate negli S. U. d'Ame-rica ha mostrato una quasi as-soluta resistenza, nonché di C.

c r e n a t a (c, giapponese) e C. k o -r a i e n s i s (c. co-reano), n o n c h é di

ibridi ottenuti in America tra queste specie orientali e l'indì-gena americana. Di queste pian-tine ne esistono ora nei vari vivai allo scopo allestiti più di 80.000. L'anno scorso furono ini-ziate le prime prove d'innesto e trapianto in castagneto e que-st'anno tale lavoro assumerà una consistenza maggiore; 3") la creazione di ibridi tra le specie orientali resistenti e la C.

sa-tiva e, malgrado le difficoltà

che questo lavoro comporta (pensi che poiché non dispo-niamo di piante di castagno

ci-n e s e adulte, il pollici-ne di questa

specie, occorrente per le ibrida-zioni, ci viene spedito dall'Ame-rica), possediamo già un certo numero di questi ibridi.

Questo, egregio Direttore, in brevissima sintesi quello che con sacrificio e molta passione è stato fatto in Italia e che le-gittimamente ritengo sia ampia e soddisfacente risposta all'• E da noi? » dell'Ispettore Cotta.

Non è il caso qui di discutere

Nel documento Cronache Economiche. N.101, Maggio 1951 (pagine 40-44)

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