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CAPITOLO 2: IMMIGRAZIONE E MATERNITA' TRA LONTANE RADICI E INCERTE NOVITA'

2.1 ALCUNI DATI STATISTICI 1 L'utenza del Cav di Treviso

2.1.3 Immigrazione e aborto alcune informazioni in più

Come abbiamo già visto le donne che giungono al CAV di Treviso sono in larga fetta straniere e dell'Africa, ma andiamo ad analizzare più a fondo questo dato con la visualizzazione nel grafico 5.

49 Maternità interrotte, a cura di Tonino Cantelmi, Cristina Cacace, Elisabetta Pittino, ed. San Paolo, Milano, 2011, p. 82 Africa C.Occ Maghreb Europa Orientale Sud America Asia Italia Totale 0 20 40 60 80 100 120 140 160 2012 2013 Graf. 5: Distribuzione per aree d'origine delle utenti del CAV di Treviso

I paesi d'origine sono stati raggruppati per area geografica:

Africa Centro Occidentale: Benin, Burkina Faso, Camerun, Costa d'Avorio, Ghana,

Guinea, Nigeria, Senegal, Togo

Area del Maghreb: Algeria, Marocco, Tunisia

Europa Orientale: Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Moldavia, Romania, Serbia

Montenegro, Ucraina, Ungheria

Sud America: Brasile, Colombia, Cuba, Dominicana Rep., Equador, Perù Asia: Bangladesh, Cina, Sri Lanka

Tra il 2012 e il 2013 non sono notevoli i cambiamenti, le aree di maggior afferenza sono l'Africa Centro Occidentale e l'Area del Maghreb, Europa Orientale e Italia hanno dati simili, minima la presenza di altri continenti di provenienza. I dati delle donne che richiedono IVG nella provincia ci Treviso (graf. 1) indicavano che i due maggiori gruppi erano l'Europa orientale e l'Africa (Marocco in primo piano), che abbiamo visto ben rappresentati al CAV. Molto ridotto il contatto con le donne asiatiche: probabilmente l'isolamento culturale è maggiore, forse c'è la tendenza a cavarsela da sé, anche rispetto a questa tematica, e sicuramente non favorisce l'accoglienza di nuove nascite la cultura del figlio unico imposta da decenni in Cina. Partiremo quindi dalla cultura magrebina e africana per comprendere come è vissuta la maternità in situazione di immigrazione. Ci aiuta in questa analisi la ricerca condotta nel 2003 nella provincia di Reggio Emilia sull'interruzione di Gravidanza50. Per raccogliere i dati sono state utilizzate delle schede questionario

che sono state somministrate da ostetriche e mediatrici culturali in consultori familiari o in reparti di ostetricia alle donne che chiedevano l'IVG. Per quanto riguarda le aree d'origine che a noi interessano quello che emerge è che le donne del Maghreb si dividono a metà tra l'essere occupate o casalinghe, mentre quelle dell'Est Europa tendono ad essere occupate e quelle dell'Africa Occ. a cercare lavoro o ad essere occupate. Rispetto alla famiglia non è inusuale che alcuni figli siano rimasti o siano tornati nel paese d'origine, soprattutto per quanto riguarda le madri dell'Est Europa e dell'Africa Occ., più raro il caso per le donne magrebine. Questo dato è confermato anche dai dati che nei colloqui raccolgono le operatrici

del Centro. Spesso per le donne Africane la separazione dai figli avviene quasi subito o comunque molto presto nel primo anno di vita. Altro dato significativo è che per le donne magrebine è proprio la presenza di altri figli a spingere per l'aborto: hanno raggiunto il numero massimo di figli che ritengono essere giusto per la loro famiglia, tendenzialmente due. Vedremo che è un dato che riscontriamo anche negli incontri con le madri del CAV. Per le africane il problema maggiore è il disagio economico.

Rispetto ad eventuali altre interruzioni di gravidanza le magrebine in genere affermano che questa è la prima, per le africane o le donne dell'Est Europa ci sono maggiori probabilità di avere vissuto in Italia o nel paese d'origine un'IVG.

In generale l'imprevista gravidanza sembra dovuta più ad una mancanza di contraccezione (60% delle intervistate) che a una cattiva gestione della stessa. Nel caso di scelta di non usare contraccettivi sembra che la motivazione si divida tra una presunta o creduta infertilità e scarse informazioni (Africa occ.), in minima parte per un'imposizione del partner, dato valido soprattutto per le donne del Maghreb. La mancanza di cultura contraccettiva parte poi da lontano visto che più di metà del campione non ha mai utilizzato metodi contraccettivi. Nel caso di utilizzo, i metodi prevalentemente usati, sia in Italia che nel paese d'origine, sono la pillola o la spirale, in terza posizione, ma ben distanziato il profilattico. Questi dati sono confermati anche dai colloqui del Centro dove a un maggior tasso di scolarizzazione in genere corrisponde anche l'utilizzo di contraccettivi più sicuri e stabili come spirale e pillola. Più in generale si osserva che le donne africane sono più autonome nelle scelte personali, compresa la contraccezione, ma anche l'aborto, mentre quelle del Maghreb sono legate all'opinione del marito nelle scelte ed è quindi importante tenere presente questo dato quando si vuole fare prevenzione a gravidanze indesiderate.

L'appartenenza ad una confessione religiosa non sembra fare da spartiacque nella scelta di interrompere la gravidanza, e gli autori stessi si chiedono se questo dato non rifletta per le donne immigrate la loro complessa situazione di cambiamento, quasi che anche i valori non siano più così definitivi e affidabili.

Rispetto alle condizioni di immigrazione stesse c'è una netta differenza tra le due aree d'origine: mentre le donne dell'Africa occidentale tendenzialmente sono

immigrate da sole e quindi si trovano spesso a vivere situazioni di precarietà e a non avere una rete di sostegno, le donne del Maghreb in genere arrivano per ricongiungersi al partner precedentemente già in Italia o come scelta di spostamento di tutta la famiglia per le coppie più giovani e con un maggior titolo di studio.

Pur nella stessa condizione di immigrazione e IVG, quindi troviamo situazioni di vita e culturali molto diverse che sono da tenere presenti per un servizio come quello del CAV che vuole prevenire non solo le gravidanze indesiderate, ma anche la non accoglienza di una nuova vita. Le donne immigrate, al pari di tutte le donne, vivono il desiderio di essere madre in modo contraddittorio e ambivalente. Per quanto per molte il modello culturale di riferimento sia quello di frequenti maternità come segno di fertilità e benessere, l'evoluzione della società le porta a immaginare altro. La definizione della loro identità deve misurarsi anche con questo, oltre che con le ragioni economiche e sociali in continuo mutamento e spesso non adatte ad accogliere un nuovo arrivato. La conoscenza e il dialogo con le donne che frequentano il Centro permette di comprendere in modo più profondo e ricco il bagaglio che portano con sé le donne e le famiglie che emigrano.