Cap 5 Prospettive di produzione di energia eolica nell’area studio: studio dell’impatto ambientale e paesaggistico
5.3 Analisi dell’impatto potenziale su ciascuna delle risorse individuate: 1 Impatto Acustico
5.3.3 Impatto sulla fauna
La fauna della zona, è quella tipica dell’Appennino settentrionale.
Sulla base delle indicazioni tratte dalla Carta Vocazionale del territorio provinciale si presume la presenza delle seguenti specie di vertebrati all’interno dell’area di intervento:
- Cervo (Cervus elaphus): presente in questi territori fin dal passato, appare ora in costante espansione nel territorio provinciale, ampliando il proprio areale anche verso fasce altitudinali inferiori ai 500 metri.
- Capriolo (Capreolus capreolus): la popolazione di caprioli presente nel territorio provinciale è la più importante a livello regionale. Pur essendo sempre stato considerato un “animale da bosco”, studi recenti confermano che la sua presenza è regolata anche da una buona percentuale di aree aperte, soprattutto coltivi ed arbusteti.
- Cinghiale (Sus scrofa): ungulato maggiormente diffuso, il suo rapido incremento è stato favorito dalle modificazioni dell’assetto agricolo avvenuto a partire dal dopo guerra con lo spopolamento delle aree montane e le ripetute immissioni. Molto spesso, troppo, queste immissioni sono avvenute abusivamente con cinghiali provenienti dai paesi dell’Est Europa o ancora peggio con maiali allo scopo di aumentarne il peso e la prolificità.
- Lepre (Lepus europaeus): distribuita uniformemente su tutto il territorio provinciale pur con notevoli variazioni locali e stagionali della densità. In un precedente studio la specie risultava numerosa ad altitudini superiori ad 800 metri.
- Lupo (Canis Lupus): incerto ma probabile l’occasionale passaggio del lupo. L’uso dell’habitat dipende in larga parte dal tipo di preda o risorsa alimentare di cui si nutre; se si eccettuano i siti di riproduzione, il lupo frequenta gli stessi ambienti frequentati dalle sue prede o quegli ambienti dove può reperire altre fonti di cibo, come rifiuti e vegetali.
Sono presenti il Tasso (Meles meles), la Donnola (Mustela nivalis) e la Faina (Martes foina); sembra anche la Puzzola (Mustela putorius), classificata come specie di interesse Comunitario.
Tra i roditori sono presenti l’istrice, lo scoiattolo e il ghiro; tra il pipistrelli il ferro di cavallo minore e il vespertillo di daubenton.
L’avifauna annovera diverse specie. Legate alle aree prative per la nidificazione vi sono albanella minore, succiacapre e calandro. Il falco pecchiaiolo nidifica irregolarmente, mentre di spicco è la nidificazione del lodaiolo. Tra i rapaci diurni presenti anche il gheppio e la poiana. Tra i rapaci notturni si riscontrano l’allocco, il barbagianni, la civetta e l’assiolo. I passeriformi legati agli ambienti aperti, di macchia e forestali, costituiscono in numero di specie la realtà più ricca di uccelli. Presenti anche alcuni corvidi, come la gazza, la ghiandaia (negli ambienti boschivi) e la cornacchia grigia.
La fauna vertebrata minore ha come presenze significative tra gli anfibi il tritone crestato e l’ululone appenninico e tra i rettili il colubro d’esculapio e il saettone.
Per gli insetti la significatività è data dalla presenza della farfalla Euplagia quadripunctaria e dai coleotteri forestali Cerambix cerdo e Lucanus cervus.
Gli ecosistemi presenti sono il prato pascolo ed il bosco.
Il prato pascolo è un ecosistema originato dall’intervento antropico di diboscamento dei crinali montani che ha consentito la diffusione di specie erbacee naturalmente presenti nelle radure montane. L’azione del pascolo non consente la rinnovazione arborea e la conseguente evoluzione verso lo stadio climax della faggeta. La comunità è formata prevalentemente da Graminacee e Leguminose, dotate di apparati sotterranei per sopravvivere nel periodo invernale sotto la coltre nevosa. L’abbondanza di letame può portare alla comparsa di specie nitrofile come la felce aquilina (Pteridium aquilinum). Nei prati in disuso si assiste alla progressiva colonizzazione da parte di arbusti eliofili come la rosa canina (Rosa canina), il prugnolo (Prunus spinosa) il rovo (Rubus ulmifolius), il biancospino (Crataegus monogyna). La grande diversità specifica di quest’ambiente è legata alle attività di fienagione e del pascolo: con l'abbandono delle pratiche e la chiusura progressiva delle aree aperte, scompaiono anche le specie legate a questi ambienti mantenuti aperti ed efficienti appunto dalle pratiche agro- pastorali.
Il bosco risente anch’esso dell’azione antropica che ha selezionato le specie di maggiore interesse forestale, in questo caso il faggio. Il bosco possiede un ruolo ecologico definito nella protezione del suolo, nella produzione di ossigeno, nell’assorbimento di anidride carbonica che viene mobilizzata nella biomassa legnosa, nel riparo dal vento.
Quest’ambiente è utilizzato dall’uomo per la produzione di biomassa legnosa per il riscaldamento domestico. I periodi di ceduazione sono in genere a turno breve.
L’abbandono delle pratiche di governo da parte dell’uomo, in corso attualmente, prefigura un’evoluzione graduale verso la foresta.
Gli impatti potenzialmente attesi a carico della componente faunistica si configurano come: - sottrazione di habitat;
- disturbo indotto da rumori ed attività;
- eventuale interferenza con rotte migratorie, possibilità di collisione.
Gli interventi ipotizzati non costituiscono un’interruzione dei corridoi ecologici esistenti, né concorreranno a variazioni significative delle popolazioni presenti nell’area. I lavori, di limitata estensione, si potranno ridurre al posizionamento degli aerogeneratori, ed alla creazione di una breve pista di accesso alle piazzole di cantiere; l’occupazione di suolo e la conseguente sottrazione di habitat è quindi minima. L’impatto dunque risulta trascurabile. Il rumore prodotto dagli aerogeneratori in fase di esercizio è di entità tale da non recare alcun disturbo alle specie della fauna. Gli impatti sulla fauna “terrestre” sono considerati trascurabili. La pluriennale esperienza nel campo ha infatti confermato che in presenza di un impianto eolico permane la quasi totale disponibilità del territorio per la fauna, compreso il bestiame da pascolo; maggiore attenzione è invece dedicata agli uccelli.
Nonostante l’elevata diffusione degli impianti eolici in paesi ad elevata sensibilità alle problematiche di salvaguardia dell’ambiente (Danimarca, Olanda, Germania, Gran Bretagna, Canada), sono estremamente ridotti i documenti bibliografici che riportino fenomeni estesi di impatti dell’avifauna conseguenti all’installazione degli aerogeneratori. Gli uccelli migratori sembrano adattarsi alla presenza dei nuovi ostacoli. Il numero delle collisioni è comunque considerevolmente inferiore a quello che già si verifica contro le linee elettriche aeree o sulla viabilità stradale.
Nel caso in esame, le azioni che assumono maggior importanza sono quelle di disturbo derivanti dall'attività del cantiere insediato per la realizzazione dell'opera a causa della circolazione di mezzi meccanici e la conseguente diffusione di rumore nell'ambiente. Si tratta in tutti i casi di un impatto temporaneo e reversibile.
Si può ritenere inoltre trascurabile l’impatto dovuto ad interferenza con le migrazioni, in quanto la zona non interessa le principali rotte migratorie, ed il rischio di collisione con le pale del rotore risulta quindi notevolmente ridotto. Inoltre, da ricerche bibliografiche di studi scientifici specifici, è dimostrato che gli uccelli identificano ed evitano ostacoli visibili presenti sulla loro rotta, cambiando direzione 100-200 metri prima degli aerogeneratori e passandoci sopra a distanza di sicurezza. È inoltre dimostrato che per l’avifauna le linee dell’alta tensione sono molte più pericolose degli aerogeneratori di ultima generazione.
Nel caso dei siti ipotizzati si sottolinea che:
• non sono stati evidenziati percorsi migratori;
• vengono usati aerogeneratori di ultima generazione, a lenta velocità di rotazione; • è rispettata una distanza minima di circa 250 m tra le torri;
• non vengono utilizzati tralicci ma torri coniche, più visibili per l’avifauna;
• non sono previste linee elettriche aeree grazie alla vicinanza con la rete viaria sotto la quale è possibile prevedere l’interramento degli elettrodotti.
In Italia in seguito all’installazione di oltre 900 MW non sono stati documentati episodi significativi di collisione con l’avifauna e di minaccia di specie di elevato valore conservazionistico (Rapporto Legambiente, 2005).
In numerosi siti sono in corso specifici programmi di monitoraggio post operam. Gli interventi di mitigazione possibile sono di seguito elencati:
- rinaturalizzazione, al termine dei lavori di costruzione dell’impianto, di tutte le nuove superfici che si sono create per ricavare le strade di servizio e le zone di cantiere;
- colorazione vistosa di alcune torri eoliche (peraltro imposta dall’Autorità Aeronautica) per diminuire l’eventualità di impatti con l’avifauna, compatibilmente con le indicazioni recenti linee guida in materia di tutela del paesaggio;
- le fasi di costruzione dell’impianto devono essere principalmente concentrate nel periodo luglio-dicembre, salvaguardando il periodo riproduttivo della maggior parte delle specie animali;
- al fine di eliminare i rischi di elettrocuzione e collisione, le linee elettriche dovrebbero essere completamente interrate ed i trasformatori posti in cabina.