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Impianto per la produzione di calcestruzzo preconfezionato completo

Nel documento INCONCRETO n.85 (pagine 49-52)

di mescolatore SM 3750 (2,5 m

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reso) e di un carico a secco.

• Produzione impianto con mescolatore:

da 65 a 90 m3/h (dipende dal tipo di mix-design)

• Produzione impianto con punto di carico a secco:

70 m3/h

Dopo il primo impianto il Cliente ha deciso di scegliere nuovamente il partner SKAKO per l’acquisto di un secondo impianto, avente come unica differenza il sistema di carica-mento degli inerti mediante elevatore a tazze (per ridurre la superficie d’ingombro sul proprio cantiere).

SKAKO Italia srl • Via Discesa Galatina, 10 • I – 81024 Maddaloni (CE) Tel.: +39 08 23 435 998 • Fax +39 08 23 203 970 • e-mail: skako@skako.it • www.skako.com

fessure progrediscono successivamente verso l’interno, mantenendosi ad una di-stanza pari circa all’altezza del muro. Per la geometria presa in esame (L = 30 m, H = 5 m), il muro ha un rapporto L/H > 2.5; si osserva quindi la presenza di fessure primarie, che interessano tutta l’altezza. Queste fessure si formano a una distanza non inferiore all’altezza del muro, mentre le fessure secondarie tendono ad avere una spaziatura pari alla loro altezza. La spaziatura risulta ridotta se è presente

l’armatura longitudinale;

- nel muro armato, la discontinuità geome-trica dovuta alla presenza delle staffe co-stituisce un invito alla fessurazione, che risulta notevolmente anticipata rispetto al caso senza armatura. Le fessure ten-dono a localizzarsi in corrispondenza dell’armatura trasversale. L’armatura longitudinale, invece, favorisce la fessu-razione multipla dell’elemento struttura-le, riducendo l’ampiezza delle fessure. Di conseguenza, la quantità di armatura longitudinale presente può influenzare le prestazioni del muro. L’iperstaticità inter-na dovuta all’armatura longitudiinter-nale ha effetti trascurabili rispetto a quelli degli altri vincoli presenti sulla struttura analiz-zata;

- se si inseriscono dei giunti verticali, ovve-ro si riduce la lunghezza e quindi il rap-porto lunghezzaaltezza della struttura, le fessure non raggiungono la sommità del muro e hanno un’apertura minore; - la presenza di un giunto naturale di

ripre-sa tra la fondazione e il muro, riducendo il grado di iperstaticità della struttura, ne migliora le prestazioni, riducendo soprat-tutto il micro-danneggiamento alla base del muro.

La vastità del tema affrontato lascia aperte ancora molte questioni, che sono

attual-mente oggetto di studio. In particolare, andrebbero senz’altro approfonditi gli stu-di parametrici riguardanti la geometria del muro e la perturbazione degli sforzi longi-tudinali. Inoltre, per il miglioramento delle prestazioni, si potrebbe valutare l’effetto dell’utilizzo di calcestruzzi speciali, come i calcestruzzi a ritiro compensato, in grado di ridurre le tensioni sulla struttura, e i cal-cestruzzi fibrorinforzati, che consentono il contenimento delle microfessure. Un tema altrettanto importante, poi, è il problema della fessurazione delle opere in calcestruz-zo durante la maturazione, a causa del ca-lore prodotto dalle reazioni di idratazione. Infine, esistono altre tipologie strutturali per le quali il rischio di fessurazione da ritiro ri-sulta particolarmente significativo, come le pavimentazioni stradali e industriali.

6. Ringraziamenti

Gli autori desiderano ringraziare il CTG Ital-cementi Group che ha finanziato la ricerca. Un ringraziamento particolare è rivolto al Dott. Enrico Borgarello, responsabile per la ricerca e lo sviluppo del CTG, per il soste-gno alla ricerca. Gli autori ringraziano anche l’Ing. Alex Cappa per la collaborazione nello svolgimento delle analisi numeriche.

7. Bibliografia

[1] E.E. HOLT, “Early age autogenous shrinkage of concrete”, Technical Research Centre of Finland, ESPOO 2001, VTT Publications 446.

[2] P. LURA, “Autogenous Deformation and Internal Curing of Concrete”, DUP Science, 2003

[3] ACI 209.1R-05: “Report on Factors Affecting Shrinkage and Creep of Har-dened Concrete”, American Concrete Institute, 2005.

del-49

in

CONCRETO85

F I L O D I R E T T O

le strutture in calcestruzzo. Parte 1-1: Regole generali e regole per gli edifici”, UNI EN 1992-1-1:2005.

[5] CEB-FIP, “CEB-FIP Model Code 1990”, Comité Euro-International du Béton, 1993.

[6] ACI 207.2R-95: “Effect of Restraint, Volume Change, and Reinforcement on Cracking of Mass Concrete”, Ame-rican Concrete Institute, 1995

[7] D. CUSSON, W. REPETTE, “Early-Age Cracking in Reconstructed Con-crete Bridge Barrier Walls”, ACI Ma-terials Journal, July-August 2000, pp 438-446.

[8] ACI 224.1R-93: “Causes, Evaluation and Repair of Cracks in Concrete Structures”, American Concrete Insti-tute, 1993 (Reapproved 1998).

[9] G.F. KHEDER, R.S. AL-RAWI, J.K. ALDHAHI, “A study of the behaviour of volume change cracking in base re-strained concrete walls”, RILEM, Mate-rials and Structures, 1994, Vol. 27, pp 383-392.

[10] M. NILSSON, “Restraint Factors and Partial Coefficients for Crack Risk Analyses of Early Age Concrete struc-tures”, Luleå University of Technology, Doctoral Thesis 2003:19.

[11] TNO DIANA BV, “Diana-9 User’s Ma-nual”, 2005.

[12] H.A.W. CORNELISSEN, D.A. HOR-DIJK, H.W. REINHARDT, “Experi-mental determination of crack softe-ning characteristics of normalweight and lightweight concrete”, Heron 31, 2,1986.

Memoria tratta dagli Atti del

17° Congresso C.T.E.

Roma, 5-8 novembre 2008, per gentile concessione degli autori

Con l’evento organizzato in occasione del SAIE di Bologna l’ATECAP è tornata a con-frontarsi con le altre categorie della filiera sull’importante tema della certificazione del controllo del processo produttivo (FPC) in-trodotta dalle Norme Tecniche per le Co-struzioni per la produzione di calcestruzzo con processo industrializzato.

La certificazione FPC è attualmente il prin-cipale strumento di attuazione del più ge-nerale percorso di qualificazione del settore sul quale l’ATECAP e i suoi soci stanno in-vestendo considerevoli risorse.

Il convegno del 18 ottobre scorso è stato un’ulteriore occasione per una riflessione comune sulla qualificazione e, soprattutto, sulle opportunità di crescita qualitativa del settore che ad essa sono connesse. Già nell’ambito del SAIE Concrete 2007 si era promosso il confronto con gli altri attori della filiera, quando l’entrata in vigore defini-tiva delle Norme Tecniche per le Costruzio-ni del 2005 sembrava ormai prossima. Gli eventi normativi che si sono susseguiti dal 2007 ad oggi hanno portato l’Associazione

a voler affrontare nuovamente l’argomento in occasione di eventi pubblici per affermare con maggior forza gli obiettivi di crescita e qualificazione.

In occasione del Congresso di Rimini dello scorso maggio sono emersi nuovi spunti di riflessione.

L’ATECAP in quell’occasione ha manifesta-to la propria volontà di perseguire l’obiettivo della qualificazione anche al di là degli ob-blighi di legge.

La seconda sessione del Congresso si è, infatti, conclusa con una serie di proposte da parte dell’Associazione nei confronti del-le altre categorie e con un generadel-le clima di collaborazione e di condivisione da parte di tutti.

Il convegno del 18 ottobre è stato organiz-zato con l’obiettivo di andare oltre le pro-poste ed i progetti e di delineare soluzioni concrete.

In particolare si è trattato di una delle tap-pe del tap-percorso che ATECAP sta da tempo attuando in tema di qualificazione del set-tore.

“La certificazione del controllo del processo

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