Al Congresso spetta per Costituzione “dichiarare la guerra” (Art. I sez. 8); al Presidente, in quanto capo delle forze armate (Art. II, sez. 2), spetta il “farla” e in genere decidere come impiegare le forze armate.
In seguito alla adesione al Trattato delle Nazioni Unite, anche per gli Stati Uniti è divenuto giuridicamente problematico il “dichiarare” e il “fare” la guerra nel significato tecnico-giuridico che il termine possedeva nel diritto internazionale classico.
Nel diritto internazionale classico non esisteva alcuna norma che stabilisse l’illiceità della guerra in determinati casi. Esisteva, al contrario, una norma che riconosceva ad ogni sovrano il potere di condurre legittimamente una guerra. Le cause, i motivi e gli scopi della guerra non avevano alcuna rilevanza122.
Il Trattato delle Nazioni Unite vieta per i firmatari il ricorso alla guerra per la risoluzione delle controversie internazionali e solo consente, per le nazioni che siano di fatto “aggredite,” il ricorso all’impiego della forza armata a scopo di “difesa” (art.53), affinché il Consiglio di sicurezza non prenda provvedimenti in merito, potendo inoltre, intervenire con la forza, per sistemare a suo giudizio i rapporti tra le parti123.
122 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna 2006, pag. 152
123 P. G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, quinta edizione,
47
Già in epoca liberale e sotto il regime del diritto internazionale classico l’Esecutivo americano aveva ripetutamente rivendicato a sé, ai sensi della Costituzione, il potere di impiegare fuori del territorio nazionale la forza armata per la difesa delle persone e dei beni dei cittadini americani, senza che il Congresso dovesse dare una previa autorizzazione a quell’impiego. Si trattava infatti di operazioni limitate di legittima difesa, ammesse dal diritto internazionale dell’epoca e non comportanti l’instaurazione tra le parti di un vero e proprio “stato di guerra”, per il quale, per ciò che concerneva l’America, la Costituzione effettivamente avrebbe richiesto una preventiva deliberazione del Congresso124.
Il Congresso aveva talvolta contestato questa pretesa dell’Esecutivo, esigeva che si chiedesse anche in quei casi una sua preventiva autorizzazione; ma da ultimo aveva per lo più fatto tacita acquiescenza. La controversia costituzionale tra Presidente e Congresso non poteva però non inasprirsi nel quadro del diritto internazionale post- classico e delle nuove condizioni politiche del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale125.
L’Esecutivo, in questo nuovo quadro, ha in linea di principio sostenuto che qualsiasi operazione militare compiuta in difesa di diritti di cittadini americani fuori patria o di diritti di stati alleati vittime di una aggressione dovesse configurarsi come un intervento difensivo consentito dall’art. 53 dello Statuto delle Nazioni Unite e non come l’instaurazione vietata di uno “stato di guerra”, quale che fosse la dimensione militare dell’operazione. Parimenti “intervento”, non “guerra”, doveva considerarsi la eventuale partecipazione di forze armate americane a operazioni deliberate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ove comunque gli Stati Uniti dispongono di un
124 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.250
48
diritto di veto, per porre termine a controversie e a conflitti tra nazioni, restaurando condizioni di pace126.
Non coinvolgendo l’instaurazione di “stati di guerra”, quelle operazioni, ai sensi del diritto costituzionale americano, non richiederebbero un previo consenso del Congresso; potrebbe deciderle da sé il Presidente. Salva la sua facoltà di chiedere per fini politici risoluzioni preventive o successive di supporto al Congresso, e salvo il contrario potere del Congresso di contrastare le decisioni di intervento del presidente col negargli i mezzi finanziari necessari per la conduzione delle operazioni127.
Sulla base di questa teoria presidenziale, l’Esecutivo americano, senza previa autorizzazione del Congresso, ha impegnato massicce forze armate per la difesa della Corea del Sud aggredita dalla Corea del Nord, in risposta a una deliberazione delle Nazioni Unite, in un conflitto armato durato dal 1950 al 1953; ha impiegato con analoghe modalità e ripetutamente forze armate nell’area mediterranea e in altre aree, negli anni Cinquanta e Sessanta, in difesa di diritti americani violati e di diritti di stati alleati aggrediti128.
Il caso più vistoso di intervento deciso dal Presidente e sviluppatosi in un conflitto pluriennale di vastissime dimensioni è naturalmente quello ben noto del Vietnam. Negli Anni Sessanta e Settanta ci fu l’intervento a difesa dell’alleato Vietnam del Sud aggredito dal Vietnam del Nord. L’andamento infausto del conflitto in Vietnam ha indotto il Congresso, che fino ad allora non aveva protestato contro la teoria presidenziale ed aveva secondato l’azione dell’Esecutivo con generiche risoluzioni e con adeguati finanziamenti delle imprese, a tentare di circoscrivere il formidabile potere decisionale del Presidente come “signore delle forze armate”.
126 Michael A. Krasner – Stephen G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d'America, Torino 1994, pag. 68
127 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna 2006, pag. 154
49
Nel 1973 il Congresso ha approvato una legge, superando con la dovuta maggioranza il veto presidenziale, per la quale il Presidente, qualora impieghi le forze armate fuori dal territorio nazionale, dovrebbe ove possibile consultare previamente i leaders del Congresso, in ogni caso fare al Congresso entro 48 ore una adeguata relazione, ritirare le forze armate dalla zona di impiego entro 60 giorni (con una possibile estensione del termine fino a 90) se il Congresso non lo autorizzi espressamente a proseguire, ritirare comunque subito le forze armate qualora glielo ordini il Congresso con una concurrent resolution, non soggetta al veto presidenziale (War Powers Resolution)129.
Il Presidente Nixon ha contestato la validità della War Powers
Resolution in quanto essa inciderebbe su poteri che la Costituzione
affida all’Esecutivo e dopo di lui nessun Presidente ha ammesso che quella legge sia costituzionale e che lo vincoli. Di fatto, negli anni successivi alla approvazione della War Powers Resolution, il rispetto delle sue norme da parte del Presidente non è stato pieno130.
Varie operazioni militari sono state iniziate senza previa consultazione del Congresso (si pensi all’episodio di Mayaquez, 1975, ultima battaglia ufficiale che gli Stati Uniti affrontarono nella guerra del Vietnam; la tentata liberazione dei diplomatici presi in ostaggio in Iran nel 1980, durante la crisi diplomatico politica fra gli Stati Uniti e l’Iran, dal 4 novembre 1979 al 20 gennaio 1984 furono presi in ostaggio 52 membri dell’ambasciata statunitense in Teheran; l’operazione Granada nel 1983, invasione dell’isola di Grenada condotta dagli Stati Uniti, a seguito di rivolgimenti politici che avrebbero potuto portare a un uso futuro dell’isola, come base sovietica o cubana)131.
In qualche caso l’impiego dei militari è continuato oltre il termine prescritto senza la prevista espressa autorizzazione congressuale
129 Michael A. Krasner – Stephen G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d'America, Torino 1994, pag. 71
130 P. G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, Milano 1985, pag, 59 131 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.252
50
o comunque in modi diversi da quelli autorizzati (durante la presidenza Reagan, nel 1983 ci fu un attentato terroristico, che distrusse il quartier generale dei marine in Libano, provocando 241 morti tra i soldati statunitensi; durante la presidenza George H. W. Bush, nel 1989, nasceva un operazione americana per deporre Manuel Noriega, generale, dittatore e capo militare di Panama; nel 1994, con l’operazione denominata Uphold Denmocracy, gli Usa intervennero per rimuovere il regime militare, insediatosi al potere a Haiti, dopo il colpo di stato del 1991, ai danni del Presidente eletto Jean Bertrand Aristide; nel 1999 durante la presidenza di Bill Clinton si ricorda il conflitto armato, svoltosi tra il 1996 e il 1999, riguardante lo status del Kosovo, compreso nell’Unione delle Repubbliche di Serbia e Montenegro. Il Congresso non ha finora sostanzialmente reagito132.