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L'evoluzione storica del Presidente degli Stati Uniti.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

L’EVOLUZIONE STORICA DEL

PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI

Candidato: Relatore:

Saettoni Valentino Prof. Paolo Passaglia

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1

Dentro ogni persona ci sono sacrifici…. Che spesso la gente non vede. (A. Castaldi)

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Indice

1. INTRODUZIONE…...………...……...…1

CAPITOLO I STRUTTURA ISTITUZIONALE DELLA DEMOCRAZIA AMERICANA 1. I partiti americani………...…..3 2. Le elezioni ………...…...8 3. Il Presidente ………...14 4. Il Congresso ………...17 CAPITOLO II LA PRESIDENZA 1. La normativa costituzionale……….……21 2. Le attribuzioni presidenziali ……….…………...23

3. La presidenza degli Stati Uniti……….28

4. Il diritto di veto………32

5. I poteri di legislazione delegata………...33

6. Il presidente e l’Amministrazione federale………..34

7. Il presidente e le nomine dei giudici federali………...36

8. Il presidente e la politica interna………...38

9. Il presidente e la politica estera………41

10. Trattati ed executive agreements………...43

11. Impiego delle forze armate………...………….46

12. Il presidente e le situazioni di emergenza………..………….50

13. Executive privilege………...52

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15. La Vicepresidenza……….56 16. Strumenti informali e mass-media……….58

CAPITOLO III

L’EVOLUZIONE DELLA FIGURA DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

1. Franklin Delano ROOSEVELT: The New Deal………..62 2. John Fitzgerald KENNEDY: 35°Presidente………75 3. Ronald REGAN: The Great Communicator….………...87 4. Barak OBAMA: Il Primo Presidente Afro-Americano………94

CONCLUSIONE……….………..103 BIBLIOGRAFIA………...104

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1

INTRODUZIONE

La presente tesi si propone di studiare in che modo la figura presidenziale americana e la Presidenza si siano evolute dalla loro origine ad oggi. Da semplice garante delle istituzioni democratiche, il Presidente è diventato, nel tempo, una delle figure più importanti sia nell’ambito della politica interna, sia a livello internazionale.

I Framers della Costituzione avevano previsto la presenza di un esecutivo unitario, nella persona del Presidente, per garantire alla Presidenza velocità, potere decisionale, efficienza e segretezza, infatti la Presidenza era stata concepita dalla Costituzione come un’istituzione indipendente, individuando i soggetti chiamati a rappresentarla, e conferendo al Presidente poteri dettagliati e circoscritti

Nella prima parte del primo capitolo mi sono concentrato sulla struttura istituzionale della democrazia americana, evidenziando l’importanza dei partiti americani e le elezioni presidenziali. Ho dedicato spazio ad una breve spiegazione dell’evoluzione del sistema bipartitico, utile per spiegare l’assetto politico odierno degli Stati Uniti e l’assenza tendenziale di un terzo partito. Ho analizzato la differenza, all’interno del sistema bipartitico, dei due grandi poli politici: democratici e repubblicani. Una breve storia e la successione dei vari presidenti sono la chiave per comprendere il sistema elettorale odierno. Nella seconda parte del primo capitolo ho invece condotto una panoramica sul sistema di voto americano; partendo dalle primarie, diverse per i due partiti, e passando per il ruolo dei delegati e dei superdelegati, per finire alla diversificazione delle date di voto e ai Grandi Elettori.

Nel secondo capitolo viene trattata in modo specifico l’importanza della Presidenza e le competenze presidenziali, delineando i poteri del Presidente sia nell’ordinamento interno, che nei rapporti internazionali. Ho cercato di indagare “chi diventa Presidente degli Stati

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Uniti e come lo diventa”, tema importante anche per capire, se un individuo riuscirà a governare; al riguardo, è necessario conoscere, in particolare, le modalità di competizione fra i partiti e i rapporti tra Congresso e Presidenza.

Nel terzo capitolo viene messa in evidenza l’evoluzione della figura del Presidente, (per quanto la selezione sia inevitabilmente molto soggettiva), descrivendo i quattro più “rappresentativi”, e cioè Franklin Delano Roosevelt, John Fitzgerald Kennedy, Ronald Reagan e Barack Obama, analizzando nello specifico la loro carriera politica, partendo dal programma, passando dalla vittoria alle primarie fino alla Casa Bianca, per poi analizzare nello specifico la loro politica durante il loro mandato, sottolineando le caratteristiche distintive di ognuno di loro.

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CAPITOLO I

LA STRUTTURA ISTITUZIONALE DELLA DEMOCRAZIA AMERICANA

1.

I partiti americani

La Costituzione degli Stati Uniti non fa alcuna menzione dei partiti politici, i Padri Fondatori non avevano alcuna intenzione di rendere partitica la vita politica americana. Nemmeno il primo Presidente degli Stati Uniti George Washington fece mai parte di alcun partito politico sia prima che durante la sua carica, esprimendo così la speranza che non nascesse mai di alcun tipo e di orientamento, poiché la loro nascita avrebbe potuto provocare conflitti interni e stagnazione economica1.

Nonostante ciò la nascita del sistema bipartitico emerse proprio dai componenti del ristretto circolo di consiglieri di Washington dagli anni Trenta del XIX secolo, i partiti vennero sempre più riconosciuti come corpi intermedi centrali per il funzionamento della democrazia2.

I partiti politici sono i più importante mezzo di partecipazione politica dei cittadini a parte il voto ed esprimono il più significativo fra tutti gli atti partecipativi. I partiti rappresentano per i cittadini un mezzo per classificare le scelte elettorali disponibili per interpretare i risultati determinati dal processo elettorale. Tuttavia, si deve sottolineare che i partiti nazionali americani possono essere definiti quali coalizioni temporanee dei partiti dei cinquanta stati, che si identificano nello stesso simbolo.

Il sistema americano è il “two party sistem”: detto bipartitico, non perché non esistono altri partiti, ma perché, di fatto, solamente il partito repubblicano e quello democratico hanno prospettive realistiche

1 Washington’s Farewall Address

2 Richard Hofstadter, The Idea of a Party Sistem: The Rise of Legitimate Opposition in the United States, 1780-1840, 1970

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di nominare un candidato alla presidenza, con effettive possibilità di vincere alle elezioni. I loro nomi hanno un mero significato storico e non ideologico3.

La definizione di cosa sia un partito politico è oggetto di controversia. Quella forse più precisa è coniata da William U. Chambers4. Egli definisce il partito una formazione sociale relativamente duratura, che presenta tre caratteristiche di rilievo:

a) vuole conquistare il potere istituzionale;

b) ha una struttura che favorisce il collegamento della gente con le istituzioni di governo;

c) produce simboli di lealtà nei propri confronti. Due sono i fattori rilevanti e degni di nota in queste come pure nella maggior parte delle altre definizioni. Per prima cosa, un partito viene precisamente concepito come un’entità organizzata e per un tempo ragionevole, duratura. Esso rappresenta un fenomeno di lunga e non transitorio, insomma un concorrente stabile nell’arena politica.

In secondo luogo, non è necessario che per essere definito partito l’organizzazione sia espressione di particolari interessi sociali ed economici.

Può accadere che un partito comprenda o sia compreso in un gruppo di interesse, ma ciò non è indispensabile. Inoltre, nel corso del tempo specifici gruppi di interesse possono abbandonare un partito per allearsi con un altro.

I due principali partiti hanno avuto una maggiore diversità ideologica rispetto ai partiti europei, ospitando elementi spesso contrastanti al loro interno. Ciò è dovuto al fatto che vi è una particolare frammentarietà del sistema, la quale non offre una leadership partitica sempre coerente “la combinazione della separazione dei poteri e del

3 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna, seconda edizione, 2013, pag.66

4 Cfr. M. A. Krasner e S. G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America Profili Istituzionali, Torino, G. Giappichelli Editore, 1994, p. 282.

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5

federalismo ostacola qualsiasi tentativo di controllo del partito da parte dei leader”5.

La concezione più diffusa, ma non per questo corretta, è che nel sistema politico americano i partiti sostanzialmente non esistono e che la democrazia sia diventata da qualche tempo, nel secondo dopoguerra, una democrazia senza partiti.

Questa concezione della inesistenza dei partiti, negli Stati Uniti, viene ridimensionata o riorientata da tre concezioni, secondo le quali negli Stati Uniti i partiti esistono, ma:

1) contano molto poco e sono organizzazioni molto

deboli nel conquistare ed esercitare il potere politico;

2) sono fondamentalmente comitati elettorali ad

hoc, tuttavia tecnicamente poco responsabili di fronte

all’elettorato, perché sono formati da singoli rappresentanti al Congresso che possono permettersi di essere indisciplinati rispetto al partito al quale fanno riferimento;

3) sono ampiamente indifferenziati, anzi si

assomigliano moltissimo, non soltanto in termini di programmi e di proposte, ma anche di comportamenti e di percezioni da parte dell’elettorato.

I partiti svolgono inoltre un’ampia gamma di funzioni e di servizi per la società che non sono correlati all’attività di altri gruppi.

Tali funzioni possono essere divise in tre categorie: le prime sono quelle che riguardano l’organizzazione del processo elettorale: (i partiti presentano candidati alle elezioni e a cariche specifiche, contribuiscono a definire e ad agevolare le possibilità di scelta che si presentano agli elettori, relative sia alle persone che ai programmi politici)6.

5 Cfr. N. Bowles, Government and Politics of the United States, Palgrave, New York,

1998, p.18.

6 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, seconda edizione, Roma, maggio 2005, pag. 167

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Abbiamo quelle dove il partito contribuisce ad organizzare la funzione di governo (i partiti sono il serbatoio che fornisce personale per i posti vacanti specialmente a livello politico).

Quanti vengono designati a tali cariche manifestano perciò una lealtà almeno nominale verso il capo dell’esecutivo, ed hanno un qualche incentivo a seguirne le direttive.

I partiti contribuiscono a mobilitare il sostegno ai programmi di governo e fungono da catalizzatore per la loro approvazione o disapprovazione da parte degli elettori. Infine, quelle funzioni in cui il partito serve quale agente di controllo sociale: svolgere funzioni integrative, di socializzazione o costituenti. In tale modo si rendono utili alla società in vario modo, rappresentando il canale mediante il quale interessi costituiti riescono a fare sentire il loro peso nell’esercizio nella funzione di governo. Inglobano nuovi interessi nel processo politico.

Ciascun partito offre ai concorrenti del processo politico una struttura basata sulla coalizione, che consente a diversi gruppi di interesse di acquisire e quindi di condividere il potere7.

Un sistema nazionale bipartitico non significa però che il sistema stesso sia tale in ogni partizione elettorale del paese.

In alcune aree uno dei due partiti può non essere presente o, se lo è, può non avere alcuna possibilità di vittoria percepita come tale.

Ciò accade di solito dove profonde ragioni storiche giustificano una forte preferenza verso un partito rispetto ad un altro, o dove i gruppi di interesse alleati di un partito sono così predominanti in zona, da lasciare l’altro partito senza alcuna chance. In tali casi si consolida un sistema “monopartitico”8.

Un esempio è rappresentato dal sud o, meglio, dalla maggior parte degli Stati dell’ex Confederazione.

7 M. A. Krasner e S. G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America Profili Istituzionali, cit.,pag.284

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A livello statale, e in grande parte dei livelli locali, dopo la guerra civile il partito repubblicano di Lincoln e l’Unione non riuscirono mai ad attecchire.

Il secondo tipo di sistema monopartitico sorge in città dove la coalizione del partito democratico raccoglie la maggioranza dei residenti (sindacati, liberali, gruppi etnici, intellettuali e così via)9.

Tuttavia, le ragioni che rendono dominante in America il two

party sistem non siano del tutto chiare, queste sono le ragioni più

significative.

Il collegio uninominale, da un lato, e un sistema degli organi esecutivi indipendente da quello delle assemblee legislative, dall’altro, comportano entrambi che “il vincitore prenda tutto”. Perciò è d’obbligo formare delle coalizioni che vengano concordate prima dell’elezione e sicuramente questa è la ragione che determina l’assenza di sistemi multipartitici.

L’esistenza di elezioni popolari e una pletora di interessi concorrenti e antitetici ostacolano probabilmente un sistema monopartitico su scala nazionale. Preferenze congruenti tendono a favorire nel sistema federale suddivisioni politiche e un modello che mette in competizione le forze all’interno di un preesistente schema bipartitico.

Sicuramente poi il senso di fedeltà bipartitica, distribuito con criteri casuali in ogni circoscrizione politica del paese, determina in alcune aree la concentrazione del sostegno all’uno o all’altro partito10.

In tale modo in alcuni Stati o località possiamo trovare la predominanza del sistema monopartitico, ma si avrà comunque nella maggior parte dei livelli di Governo la presenza di due partiti concorrenti11.

9 D. Campus – G. Pasquino, Usa: elezioni e Sistema politico, Bologna 2003 pag. 23 10 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna, seconda edizione, 2006, pag.10

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8 2.

Le elezioni

Negli Stati Uniti l’elezione del capo dell’esecutivo (il Presidente) è sicuramente l’avvenimento più importante e significativo dal punto di vista politico ed istituzionale.

L’importanza particolare della carica fa sì che gran parte dell’attenzione politica sia rivolta in modo particolare alle modalità, ai percorsi della selezione dei candidati attraverso le primarie e, subito dopo, alla campagna per l’elezione presidenziale vera e propria.

Nell’arco di un anno e mezzo circa in cui si confrontano i candidati di ciascun partito nelle primarie, si condensano molti dei temi e dei problemi politici più rilevanti.

Il sistema elettorale americano prevede le elezioni primarie (primary elections), dove ogni partito sceglie il candidato che si scontrerà con il candidato degli altri partiti nelle elezioni vere e proprie (general elections). Praticamente ogni rappresentante eletto, compreso il Presidente, deve vincere due elezioni; la prima contro i concorrenti che appartengono alla sua stessa parte politica; la seconda contro avversari di altri partiti12.

Le primarie possono svolgersi in modi diversi a seconda delle regole che ogni partito decide di adottare. Il partito stesso può anche stabilire a seconda degli Stati procedure diverse. Ci sono alcuni stati piccoli o poco popolosi, come l’Iowa, dove non ci sono primarie, ma

caucuses, cioè riunioni nelle quali i simpatizzanti di un partito discutono

il programma e indicano il candidato preferito13.

A seconda dello Stato le primarie si svolgono in tempi diversi. Tutte le primarie presidenziali devono svolgersi prima dell’estate precedente l’elezione nazionale, che si tiene sempre il primo martedì di novembre (election day).

12 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna, seconda edizione, 2013, pag.60

13 Cfr. D. Campus e G. Pasquino USA: elezioni e sistema politico, Bologna Università

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Lo scopo delle primarie è eleggere i delegati che poi parteciperanno ai congressi nazionali dei partiti (conventions) che si tengono in genere tra fine luglio e la metà di agosto. Semplicemente, alle primarie gli elettori scelgono i rappresentanti che alla convention voteranno per il candidato preferito.

Ufficialmente spetta alla convention designare il candidato alla Presidenza (nominee), ma di fatto, poiché il numero di delegati “vinto” alle primarie dall’uno e dall’altro candidato è noto, tranne casi eccezionali, già prima della convention si conosce il nome di chi detiene la maggioranza dei voti dei delegati14.

La principale distinzione tra i diversi tipi di primarie è tra chiuse e aperte. Le primarie chiuse sono organizzate in modo che solo i sostenitori di un partito possono prendervi parte; infatti, si richiede a chi vuole partecipare alle primarie di un partito di dichiarare di essere simpatizzante di quello stesso partito.

La maggior parte delle primarie presidenziali sono chiuse, comprese quelle di alcuni Stati molto popolosi, quali lo Stato di New York, la Florida… che eleggono un alto numero di delegati.

Le primarie aperte, invece, ammettono tutti i cittadini a votare: può accadere che un simpatizzante repubblicano, vada a votare per un candidato democratico che percepisce avere meno possibilità di vittoria all’elezione generale15.

Le primarie aperte attirano, oltre che gli elettori identificati con un partito, soprattutto elettori non schierati, favorendo i candidati capaci di raccogliere voti fuori dal loro bacino elettorale di partito. I voti ottenuti da ogni candidato alle primarie vengono tradotti in numeri di delegati secondo regole diverse16.

14Cfr. D. Campus e G. Pasquino USA: elezioni e sistema politico, Bologna

Università degli Studi, 2003, pag.73

15 P.G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, Il sistema statunitense,

quarta edizione, Milano, 1985, pag.35

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È da sottolineare che è importante ottenere buoni risultati fino dalle prime primarie, per la semplice regola che “successo chiama successo” sia in termini di popolarità sia per la raccolta di fondi.

Per questo motivo, i candidati che entrano a far parte dell’arena elettorale delle primarie senza essere sufficientemente attrezzati dal punto di vista finanziario partono con uno svantaggio difficilmente colmabile.

È interessante esaminare il caso di John McCain alle primarie Repubblicane del 2000. McCain era un conosciuto esponente del Partito repubblicano, Senatore dell’Arizona ed eroe di guerra. È un uomo rispettato per la sua integrità morale e dotato di un notevole carisma, è un candidato con una personalità e un curriculum certamente più interessanti di George W. Bush e di tutti i candidati repubblicani che aspiravano alla nomination.

Tuttavia, McCain, dopo le prime settimane di campagna, è stato costretto a ritirarsi nonostante alcuni promettenti successi alle primarie17. McCain non ha, infatti, potuto competere con un avversario come George W. Bush, che si era presentato alla vigilia delle primarie in condizioni di assoluta superiorità finanziaria rispetto a tutti gli altri candidati repubblicani18.

Il fallimento di McCain, inevitabile nonostante la grande visibilità che i mass media gli hanno concesso, dimostra l’enorme potere del denaro nel determinare l’esito elettorale.

Solo chi può disporre dei fondi necessari a mantenere una grande e dispendiosa macchina organizzativa e può, fin dall’inizio, investire molto su forme costose di campaigning quali continui sondaggi, spot

17 Tra gli altri, in New Hampshire, in Arizona e in Michigan. In questo ultimo stato le

primarie aperte hanno favorito McCain, che per le caratteristiche personali era particolarmente adatto ad attrarre il voto degli indipendenti. Già le primarie del Super Tuesday (il 7 marzo) tuttavia hanno presto affondato le chances di McCain decretando la vittoria di Bush in stati come la California e lo Stato di New York che eleggono molti delegati.

18 Cfr. A. Corrado, Financing the 2000 Presidential General Elections, Magleby,

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elettorali… riesce a sopravvivere in una campagna elettorale così lunga19.

Le Conventions dei partiti, che si tengono al termine delle primarie, circa tre mesi prima dell’elezione nazionale, rappresentano il passaggio tra la prima e la seconda fase della campagna elettorale.

Essendo già noto il nome del candidato che i delegati designeranno come nominee, cioè il candidato prescelto alle elezioni presidenziali, la Convention nazionale è il primo atto della campagna per l’elezione generale.

Le conventions rappresentano oggi un rituale propagandistico atto a risvegliare i sentimenti di identificazione tra i simpatizzanti del partito e ad attirare, attraverso un evento di grande spettacolarità e impatto mediatico, l’attenzione della massa degli elettori.

Le conventions durano alcuni giorni, solitamente quattro e coinvolgono migliaia di persone. Esse si aprono con una serie di discorsi tenuti da leaders di partito e da personaggi per qualche ragione ritenuti rappresentativi. In particolare, a un leader di particolare rilievo, spesso un ex Presidente, viene affidato il cosiddetto Keynote address, cioè il discorso mirato a fare il punto della situazione20.

I lavori della Convention prevedono diversi eventi, di cui il più importante è la nomina del candidato alla Presidenza; si tratta di un passaggio formale, avendo le primarie già determinato il numero di delegati su cui ogni candidato può contare.

In seguito, l’assemblea dei delegati procede alla nomina del candidato alla Vicepresidenza.

La scelta del Vicepresidente è formalmente svincolata dall’esito delle primarie: alle primarie, infatti, non si vota per il Vicepresidente né in quella sede i candidati esprimono le loro preferenze in merito.

19 D. Campus e G. Pasquino USA: elezioni e sistema politico, Bologna Università degli

Studi, 2003, pag.65

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Il secondo componente del ticket presidenziale viene scelto di solito in un tempo successivo, poco prima della convention.

Poiché il candidato alla Presidenza controlla i delegati non gli è difficile far convergere le preferenze dell’assemblea sul nome da lui indicato. Infine, in chiusura, è previsto l’evento chiave della

Convention: il discorso d’accettazione del candidato alla Presidenza

(acceptance speech).

Come riferisce Wayne21, “i discorsi d’accettazione sono al tempo stesso una chiamata agli elettori e un appello alla Nazione.

Essi definiscono i temi principali su cui verrà incentrata la campagna elettorale”. Poiché solitamente le primarie tengono a creare divisioni all’interno dei partiti, in quanto vi è uno scontro tra candidati interni, il candidato prescelto deve necessariamente ricompattare il partito; il discorso d’accettazione rappresenta quindi una tappa cruciale di questo processo di riunificazione.

Il candidato alla Presidenza deve quindi tenere stretti tutti i suoi elettori naturali, cioè quelli identificati, nonché estendere questo consenso agli elettori che, alla viglia delle conventions, sono ancora indecisi.

Ogni candidato cerca di presentarsi con una novità rispetto ai suoi predecessori. Infatti, benché il discorso si svolga alla presenza di un nutrito gruppo di attivisti di partito, la trasmissione televisiva, in realtà, estende l’effettivo uditorio all’intera nazione22.

Vi sono alcune immagini e simboli che ricorrono nella maggior parte dei discorsi: il tema del nuovo. Si tratta di una strategia molto comune23.

Ecco perché i discorsi di accettazione sono costellati di New

Frontier (Kennedy 1960), New Beginning (Reagan 1980) e the New

21 D. Campus e G. Pasquino USA: elezioni e sistema politico, Bologna Università degli

Studi, 2003, pag.74

22 Ibidem, pag. 75

23 M. Edelman, Constructing the Political Spectacle, Chicago 1988, Chicago

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Deal di Roosevelt, ormai un’espressione che simboleggia un’intera

epoca24.

Gli stili presidenziali nell’interpretare la funzione “sacerdotale” possono essere diversi. Roosevelt ad esempio, modellò il proprio ruolo simbolico sulla figura di un padre nazionale25.

La convention, come detto, è il primo atto della campagna per l’elezione generale. E’, quindi, la sede dove il candidato deve stabilire o ribadire le sue credenziali come leader. Per questo fine, la convention offre al candidato l’opportunità, praticamente unica, nel corso della campagna elettorale di presentarsi al pubblico come protagonista assoluto. Infatti, l’attenzione dei media è interamente rivolta al candidato, senza che vi sia un confronto immediato con gli avversari26.

Dall’essere riuscito a convincere l’opinione pubblica di essere degno di ricoprire la carica di Presidente, dipende in buona parte il successo del candidato.

Il diritto di voto negli Stati Uniti è universale, ogni cittadino di qualsiasi stato e nel District of Columbia con un’età superiore ai diciotto anni può partecipare alle elezioni presidenziali.

Dopo la fine della Guerra civile americana (1861- 1865), il diritto di voto per le donne divenne oggetto di dibattito pubblico.

Nel 1870, con una ratifica del XV emendamento della Costituzione, venne esteso il suffragio agli afroamericani di sesso maschile, nacquero diversi gruppi politici femminili che rivendicavano il diritto di voto anche per i cittadini di sesso femminile.

In seguito, nel 1890, con l’unione di questi gruppi nacque un’associazione la (NAWSA: National American Woman Suffrage

Association), che mirava anche al riconoscimento per le donne del

diritto di proprietà. Nel 1920, con l’approvazione del XIX

24 D. Campus e G. Pasquino USA: elezioni e sistema politico, Bologna Università degli

Studi, 2003, pag.76

25 J. McGregor Byrns, The Lion and the Fox, New York, Harcourt 1956 26 T. M. Holbrook, Do Campaigns Matter? Thousand Oaks, 2002

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emendamento27 la battaglia politica delle “suffragette” ,“cioè appartenenti al movimento di emancipazione femminile, nato per ottenere il diritto di voto per le donne”, fu riconosciuto finalmente il diritto di voto.

Il limite dei 18 anni per potere esercitare il diritto di voto è entrato in vigore nel 1971, in seguito alla ratifica del XXVI emendamento, infatti prima il limite era di 21 anni di età.

3.

Il Presidente

La Presidenza dà forma al programma di Governo per i quattro anni di mandato. Sostanzialmente il Presidente deve essere in grado di elaborare un’agenda politica di Governo e di negoziare con rappresentanti e senatori, per vedere le proprie proposte accettate.

Dopo l’approvazione dei progetti legge al Congresso, la sua firma li rende esecutivi, altrimenti può esercitare il potere di veto: può decidere di opporsi a determinate misure legislative approvate dal Congresso, sottoponendole al riesame delle Camere28.

Il Presidente è il solo detentore del potere esecutivo, egli è a capo delle forze armate e della marina americana.

Il suo ruolo di promotore della legislazione è variato nel tempo, assumendo più o meno importanza a seconda dei Presidenti in carica, dei momenti storici e delle interpretazioni dei poteri presidenziali da parte della Corte Suprema o dello stesso Presidente:

“The extent and character of Presidential power itself has in particular, come to be shaped by part of that debate concerning those powers that many Presidents have claimed to be inherent in the office, or implied by the Constitutional document itself.29Claims by Presidents

27 Cit. P.D. Buchanan, America Women’s Rights Movement: A Chronology of Events,

2009, p.129

28 P. Carozza .A Di Giovine – G. F. Ferrari, Diritto costituzionale comparato, Roma,

2009, pag. 87

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that they have certain inherent powers have been advanced with greater insistence in the twentieth century because of the growth in the size and importance of both the government and the presidency. Throughout the century, but particularly since 1933, the federal Government has acquired two huge responsibilities which, as they have fundamentally expanded its capacity and reach, have effected a proportionately greater aggrandizement of the executive. Within an enlarged system of government, Congress has vested the President with responsibility both for the management of national economic policy and also for the direction of foreign and defense policies”30.

“L’ampiezza e il carattere del potere presidenziale stesso sono stati in particolare plasmati da una parte di quel dibattito riguardante quei poteri che molti presidenti hanno affermato di essere inerenti all'ufficio o impliciti nel documento costituzionale stesso. Le affermazioni dei Presidenti di possedere determinati poteri intrinseci sono state avanzate con maggiore insistenza nel XX secolo a causa della crescita delle dimensioni e dell'importanza sia del governo che della presidenza.

Nel corso del secolo, ma in particolare dal 1933, il governo federale ha acquisito due enormi responsabilità che, man mano che hanno sostanzialmente ampliato la sua capacità e portata, hanno prodotto un ingrandimento proporzionalmente maggiore dell'esecutivo. All'interno di un sistema di governo allargato, il Congresso ha affidato al Presidente la responsabilità sia della gestione della politica economica nazionale sia della direzione delle politiche estere e di difesa”.

Lo spartiacque della figura presidenziale si ebbe con Franklin D. Roosevelt, che decise di far fronte alla crisi economica proponendo un pacchetto di misure di emergenza, che furono quasi tutte approvate dal

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Congresso. Inoltre, allargò in maniera importante lo staff presidenziale e la burocrazia federale.

Il Presidente è sostenuto nelle sue attività dal President’s

Cabinet. Non si tratta però di un organo esecutivo31.

Non ha il potere di decidere le politiche di governo, né i suoi partecipanti hanno cariche elettive. Queste due peculiarità rimangono esclusive della figura del Presidente. Nonostante il ruolo del Presidente possa essere centrale durante il periodo di un’amministrazione, può succedere che egli non veda approvati i cambiamenti di cui vorrebbe farsi promotore:

“Presidential policy-making failure is commoner than

Presidential success. The Federal an fragmented American political system is characterized by the scattering of institutional power; the society that sustains it is a mosaic. Such a setting is hostile to Presidential government”32.

“Il fallimento delle decisioni presidenziali è più comune del successo presidenziale. Il sistema politico federale e americano frammentato è caratterizzato dalla dispersione del potere istituzionale; la società che la sostiene è un mosaico. Una tale impostazione è ostile al governo presidenziale ”.

Il Presidente non può rimuovere membri del Congresso.

Il Congresso, anche avendo una maggioranza avversa a lui, non può rimuoverlo, se non in casi molto rari, utilizzando il procedimento di

impeachment.

Egli nomina i giudici federali, che devono essere approvati dal Congresso, ma avendo una carica potenzialmente a vita, essi rimangono indipendenti dall’esecutivo.

31 P. G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato il sistema statunitense, quinta edizione, Milano, 1989, pag.65

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Il Presidente, a livello di affari internazionali, ha molto potere, può proporre trattati internazionali, ma ha bisogno della ratifica del Congresso perché vengano approvati.

La Corte Federale può comunque invalidare qualunque atto del Presidente, se giudicato incostituzionale.

4.

Il Congresso

Il Congresso degli Stati Uniti è composto da due Camere: (House

of Representatives e Senate).

L’ art. I della Costituzione attribuisce al Congresso il potere legislativo; le due Camere non detengono poteri identici, tuttavia gli atti congressuali devono essere approvate da entrambe le Camere dalla stessa forma, prima di essere firmate e rese esecutive dal Presidente.

“The Constitution makes no distinction in the general extent of

powers granted to the two chambers, and competition between them is often sharp. The Constitution does, however, grant the Chambers powers of slightly different kinds: the House considers tax legislation first, while the Senate has the responsibility for advising and consenting on nominations to the executive and judiciary, and for the ratification of international treaties. The implication is that the House has primacy in national fiscal policy, and that the Senate has primacy in foreign policy (although qualified by the overall leadership of the President in foreign affairs). Responsibility for confirmation and ratification enhances the Senate’s role in oversight the executive and the judiciary”33.

“La Costituzione non fa alcuna distinzione nella portata generale dei poteri assegnati alle due camere e la concorrenza tra loro è spesso acuta. La Costituzione, tuttavia, conferisce alle Camere poteri di tipo leggermente diverso: la Camera considera innanzitutto la legislazione fiscale, mentre il Senato ha la responsabilità di consigliare

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e approvare le nomine per il potere esecutivo e giudiziario e per la ratifica dei trattati internazionali. L'implicazione è che la Camera ha il primato nella politica fiscale nazionale e che il Senato ha il primato nella politica estera (sebbene qualificato dalla direzione generale del Presidente negli affari esteri). La responsabilità per la conferma e la ratifica migliora il ruolo del Senato nella supervisione dell'esecutivo e della magistratura”.

I membri della House of Representatives devono essere rieletti ogni due anni, la House è la camera più numerosa e ciò implica che le competenze dei rappresentanti, rispetto a quella dei senatori, siano più specifiche.

I senatori, hanno cariche della durata di sei anni, tuttavia ogni due anni un terzo del Senato viene rieletto.

Nel caso di contrasti tra le due Camere circa l’approvazione di una legge, è previsto l’intervento di una Commissione (Committee of

Conference) con il compito di elaborare un testo che possa essere

condiviso.

La Costituzione attribuisce inoltre al Congresso alcune competenze con la specifica funzione di limitare i poteri del Presidente. Quanto al comando delle forze armate, la Costituzione riserva al Congresso il potere di dichiarare guerra34 e dunque subordina a tale dichiarazione congressuale il potere presidenziale di utilizzare le forze armate.

Nel secondo dopoguerra, i Presidenti americani hanno però impiegato le forze armate senza previa autorizzazione del Congresso anche in conflitti di grande rilievo, come quello in Corea e in Vietnam, sostenendo che trattavasi di interventi aventi carattere difensivo e per tale motivo consentiti35.

34 Ibidem, pag.138

35 P. G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato il sistema statunitense, quinta edizione, Milano, 1989, pag.78

(23)

19

Nel 1973, il Congresso, superando il veto presidenziale, approvò una legge secondo la quale il Presidente non può comunque impiegare forze armate all’estero senza previa consultazione dei leaders del Congresso e deve ritirarle se il Congresso delibera in tale senso.

Tale legge è stata disattesa dai Presidenti statunitensi, senza reazioni significative da parte del Congresso e la Corte Suprema non è finora stata chiamata a decidere su tali questioni.36

In merito alla nomina dei principali funzionari

dell’amministrazione federale, ivi compresi i giudici federali, la Costituzione attribuisce al Senato il potere di approvare le scelte fatte dal Presidente.

Il Senato ha quasi sempre approvato le nomine dei funzionari federali riservati al Presidente (circa qualche centinaio di persone, collocate ai vertici dell’amministrazione tra i quali i Segretari di Stato), mentre sui giudici federali, e in modo particolare su quelli della Corte Suprema il Senato si è riservato uno scrutinio più approfondito ed è entrato nel merito delle posizioni politiche assunte dai candidati giudici giungendo alcune volte ad un voto contrario oppure a provocare il ritiro della proposta di nomina da parte del Presidente37.

In merito al potere presidenziale di concludere trattati internazionali, la Costituzione riserva al Senato la facoltà di autorizzare la ratifica (che si esprime con la maggioranza dei due terzi).

Poiché tale maggioranza è difficile da raggiungere, i Presidenti hanno seguito la prassi di concludere accordi internazionali anziché trattati internazionali, evitando così la necessaria sottoposizione al Senato; in tal modo, però, l’accordo amministrativo approvato dal

36 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano la costituzione democratica, Torino, 200, pag.255

37 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, seconda

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Presidente non può modificare la legge federale in quanto risulta subordinato ad essa38.

38 Cfr. P. Carrozza, A. Di Giovine, G.F. Ferrari Diritto costituzionale comparato, Tomo1, Laterza 2014 Bari

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21

CAPITOLO 2

LA PRESIDENZA

1. La normativa costituzionale

La prima Costituzione moderna di uno stato federale è quella degli Stati Uniti, si tratta di un documento apparentemente semplice, ma in realtà complesso. Ciò è dovuto al fatto che la Costituzione venne ratificata dai tredici stati da poco indipendenti, in un momento di transizione, e dal fatto che la stessa è il risultato di un compromesso che rifletteva le tensioni tra i federalisti, cioè i sostenitori di uno stato forte, dotato di ampi poteri, e gli antifederalisti che temevano che un Unione troppo solida sacrificasse i diritti e la sovranità dei singoli stati39.

Tale compromesso, riscontrabile in tutto il testo, è ben visibile nell’art. I che riguarda la composizione del Congresso: nel Senato gli stati sono rappresentati in modo paritario, mentre nella Camera in relazione alla loro grandezza dal momento che è eletta dalla popolazione40.

Nel 1787 a Filadelfia, il dibattito su quale fossero l’ottimale struttura e le modalità più idonee per formare l’esecutivo lasciò spazio a molte alternative. I delegati della Convenzione costituzionale, molti dei quali avevano rivestito ruoli importanti durante la Rivoluzione americana, nutrivano preconcetti contro i re41.

39 P.G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, il sistema statunitense,

quinta edizione, Milano 1989

40 V. Varano - V. Barsotti, La tradizione giuridica occidentale vol. I, Torino 2010, pag.

344

41 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Roma 2005, pag.

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22

Il piano di Alexander Hamilton, per stabilire una virtuale monarchia sotto forma di un capo dell’esecutivo vitalizio, non ottenne alcun sostegno.

Gli anni degli Articles of Confederation avevano rilevato la necessità di uno stato centrale più forte, come evidenziato la debolezza di un governo parlamentare privo di un esecutivo indipendente42.

Un governo del popolo, secondo numerosi delegati, doveva essere gestito da un esecutivo indipendente, che garantisse un tranquillo svolgimento della vita economica del paese e d’essere in grado di proteggere in modo adeguato i cittadini della nuova nazione da minacce straniere. Non era tanto la questione se ci dovesse essere un esecutivo, ma piuttosto quanto esso dovesse essere forte.

Il dibattito a Filadelfia fu inconcludente. Emersero varie soluzioni tra le quali: un esecutivo pluralista, un Presidente eletto dal Congresso, un’elezione popolare diretta, ed un esecutivo dipendente dal Congresso affinchè il Capo dell’esecutivo fosse autonomo ed in dipendente dal legislativo43.

La Costituzione del 1787 stabilì soltanto che il Presidente fosse scelto dagli elettori di ciascuno stato, ogni quattro anni, indipendentemente dal Congresso, con la possibilità di una sua rielezione. Il Presidente doveva essere il comandante in capo delle forze armate degli Stati Uniti; aveva il potere di sospendere l’esecuzione di una condanna, di concedere la grazia per reati contro la nazione, stipulare trattati con nazioni straniere con il consenso di almeno due terzi del Senato, nominare ambasciatori e giudici della Corte Suprema e delle corti inferiori; poteva approvare oppure opporre il veto ai progetti di legge del Congresso44.

42 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna seconda edizione, 2013, pag. 27

43 G. D’Ignazio, Politica e amministrazione negli Stati Uniti d’America Lo stato amministrativo fra costituzione, leggi, giudici e prassi, Milano 2004, pag. 7

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23

Infine, era autorizzato a richiedere i pareri dei capi dei Dipartimenti in cui si articolava l’esecutivo, accreditare ambasciatori stranieri e convocare sessioni speciali del Congresso.

La Costituzione concepì la Presidenza come “un’istituzione indipendente” e conferì al Presidente poteri specifici e circoscritti45.

2.

Le attribuzioni presidenziali

Nel corso della storia, i presidenti americani hanno affermato il proprio ruolo di unici rappresentanti dell’intera nazione, in quanto portatori diretti della voce del popolo e degli interessi comuni della nazione. La teoria del mandato presidenziale si è diffusa ed affermata nel corso del tempo, anche attraverso la lettura del mandato e dei relativi poteri dei presidenti stessi.

Nel 1820 la teoria del mandato presidenziale è stata avanzata in

primis da Andrew Jackson: “However, if anyone could be said to have created the myth of the presidential mandate, surely it would be Andrew Jackson. Although he never used the word mandate, so far as I know, he was the first American president to claim not only that the president is uniquely representative of all the people, but that his election confers on him a mandate from the people in support of his policy46.”

(Tuttavia, se si potesse dire che qualcuno abbia creato il mito del mandato presidenziale, sicuramente questi sarebbe Andrew Jackson.

Sebbene non abbia mai usato la parola mandato, per quanto ne so, è stato il primo presidente americano a dichiarare non solo che il presidente è unicamente rappresentativo di tutto il popolo, ma che la sua elezione gli conferisce un mandato da parte del popolo a sostegno della sua politica).

45 Cfr. M. A. Krasner e S. G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America Profili Istituzionali, Torino, G. Giappichelli Editore, 1994, p. 46

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Andrew Jackson, pur senza mai usare la denominazione di “mandato presidenziale”, fu il primo Presidente americano ad affermare che il Presidente fosse l’unico rappresentante dell’intero popolo e che la sua stessa elezione gli conferisse un mandato popolare. Un mandato che gli era stato affidato dal popolo americano nel suo complesso, a supporto della linea politica e delleproposte da lui avanzate47.

Queste pretese di rappresentanza, infatti, nel corso del tempo sono state riaffermate, rielaborate, fatte proprie e riproposte da numerosi presidenti. Jackson venne aspramente attaccato per la sua audace affermazione, che non tutti i presidenti successivi appoggiarono.

Tuttavia, essa acquistò una maggiore credibilità quando fu ripresa da Lincoln, Theodore Roosevelt e quando fu definitivamente fissata da Franklin Delano Roosevelt al centro della sua politica48.

Polk, dopo Jackson, riprese nel 1848 l’idea del “mandato presidenziale”, confrontandola ed uguagliandola a quella del “mandato congressuale”.

Difendendo il proprio diritto di veto, Polk affermò che il Presidente rappresentava il popolo, almeno quanto lo faceva il Congresso:

“The President is responsible "not only to an enlightened public opinion, but to the people of the whole Union, who elected him, as the representatives in the legislative branches . . .are responsible to the people of particular States or districts”49.

“Il Presidente non era, a suo dire, responsabile solamente nei confronti di un’opinione pubblica colta, ma nei confronti dell’intera Unione, che lo aveva eletto, allo stesso modo in cui i rappresentanti del potere legislativo erano responsabili nei confronti del popolo dei particolari stati o distretti che li avevano eletti”.

47 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna seconda edizione, 2013, pag. 35

48 Robert A. Dahl, Quanto è democratica la Costituzione Americana? trad. it. di

Cristiana Paternò, cit., p. 50

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25

Inizialmente i Framers avevano pensato il processo elettorale presidenziale come un meccanismo che aumentasse le probabilità di eleggere una figura nazionale supportata da una maggioranza. Non si prefiguravano nemmeno che di lì a poco si sarebbero venuti a formare i partiti50.

Nonostante i Framers considerassero giusto che vi fosse un giudizio popolare sulla performance presidenziale, essi non pensavano che un presidente si dovesse ingraziare il popolo e che le elezioni fossero un meccanismo attraverso cui il presidente avrebbe portato avanti le domande popolari, rispondendo a queste con cambiamenti politici.

La presidenza sarebbe stata rappresentativa del popolo, ma non rispondente ai suoi cambiamenti d’umore. Anche se selezionato attraverso le elezioni, il presidente sarebbe stato libero dai cambiamenti giornalieri dell’opinione pubblica, in maniera da essere, paradossalmente, più libero di servire al meglio gli interessi popolari.

Proprio per aumentare e rendere possibile questa libertà dell’esecutivo, i Framers avevano evitato di prevedere la nomina presidenziale da parte del Congresso, rendendo la presidenza più indipendente dalla volontà popolare e libera nel movimento51.

Il Congresso, infatti, essendo composto da rappresentanti locali di ogni stato, era l’organo più direttamente influenzato dalle opinioni popolari52.

È altrettanto interessante notare come la concezione del “presidente portatore del mandato popolare” abbia trasformato, nel tempo, il modo in cui il presidente si rivolgeva, e tuttora si rivolge, al popolo.

50 D. Campus, G. Pasquino, USA : elezioni e sistema politico, Bologna 2003, pag. 171 51 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Roma 2005, pag.

18

52 M. A. Krasner .S.G. Chaberski, Il sistema di governo degli Sati Uniti d’America,

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26

Fino al XX secolo, i candidati alle presidenziali non tenevano discorsi durante la campagna. La prassi secolare viene interrotta nel 1912 da Woodrow Wilson.

A cominciare da Andrew Jackson, tuttavia, i presidenti hanno iniziato a fare audaci affermazioni secondo cui, in virtù della loro elezione, essi soli rappresentavano l’intero popolo, o almeno la sua maggioranza. Alcuni presidenti arrivarono addirittura ad asserire che la loro elezione costituiva un “mandato” politico. Nella misura in cui l’idea del mandato venne accettata, aumentò il carisma della politica presidenziale, ammantandola con la legittimità della sovranità popolare53.

I presidenti si appellavano di rado al pubblico americano, con l’eccezione di Andrew Jackson.

In ogni caso, i veri e propri innovatori della presidenza retorica sono stati Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, con un utilizzo sempre più propagandistico dei propri discorsi alla nazione. Dai loro mandati in poi, l’utilizzo dei discorsi pubblici per influenzare e manipolare l’opinione pubblica è diventato un mezzo imprescindibile della politica presidenziale54.

Un altro elemento importante di ampliamento dei poteri presidenziali è stato il ruolo legislativo che il presidente ha via via assunto. In particolare, dalla presidenza di Franklin Delano Roosevelt in poi, si è assistito ad un ampliamento nell’utilizzo dei poteri presidenziali55.

53 Robert A. Dahl, Quanto è democratica la Costituzione Americana?, trad. it. di

Cristiana Paternò, cit., p. 79

54 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Roma 2005, pag.

147

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27

Nel 1939, Roosevelt dichiarò che ci si trovava in “un’emergenza nazionale” e ristrutturò il governo per portare avanti il pacchetto di riforme che avrebbero costituito il New Deal56.

Roosevelt, attraverso ordinanze, creò l’Ufficio Esecutivo del Presidente, formato da sei unità, che si sarebbe attivato per sostenere il presidente nell’affrontare la crisi e nel fornire risposte adeguate a livello amministrativo ed esecutivo.

Nell’implementare le proprie proposte legislative, trovò la collaborazione del Congresso.

Il Congresso con il passare del tempo delegò sempre più funzioni legislative alla presidenza e si delineò quella che viene detta “la presidenza moderna”.

Dopo i mandati di Roosevelt, l’Executive Office del Presidente continuò a svolgere un ruolo centrale nel supportare lo stesso nelle proprie attività57.

I poteri presidenziali si sono sviluppati in risposta ai vasti cambiamenti storici nella società americana. Mentre il paese si urbanizzava e procedeva a industrializzarsi in misura crescente, la nazione veniva sempre più coinvolta negli affari mondiali, l’economia assumeva vaste proporzioni e la popolazione richiedeva soluzioni per problemi sempre più complessi.

Il Presidente era ed è il solo funzionario pubblico eletto dall’intero corpo elettorale; per tale motivo, le esigenze di una società in continua espansione erano maggiormente avvertite nel suo ufficio58.

56 Kenneth R. Mayer, Executive Orders, Besette,Tulis,The Constitutional Presidency,

cit., p. 153

57 Ibidem, pag. 154

58 Cfr. M. A. Krasner e S. G. Chaberski, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America Profili Istituzionali, Torino, G. Giappichelli Editore, 1994, p. 55

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28

3.

La presidenza degli Stati Uniti

La Presidenza consiste in un insieme di poteri, comportamenti e procedure, alcuni dei quali derivano dalla Costituzione, altri da leggi e altri ancora da consuetudini.

La Presidenza appare come un insieme di compiti: il Presidente opera quale party leader, quale chief legislator, quale chief foreign

policy maker. Il concreto esercizio delle funzioni da parte del Presidente

ha modificato l’originaria fisionomia delle stesse, rafforzando o limitando il ruolo del Presidente59.

Tali funzioni fanno della Presidenza la carica più personalizzata nel sistema di governo federale60.

Franklin D. Roosevelt è il vero creatore della Presidenza nella sua versione attuale, ottenendo il mandato per ben quattro volte, e rimanendo in carica dal 1932 al 1945.

Tutte le altre nuove strutture da lui fatte acquisire all’istituto sono state mantenute e ampliate dai suoi successori, i quali hanno deciso, però, nel 1951 di adottare formalmente un Emendamento costituzionale: il XXII Emendamento. Questo stabilisce che nessuno possa essere eletto presidente per più di due volte.

Prima di Franklin Roosevelt, il Presidente si giovava, nel prendere le decisioni politiche, dei consigli dei capi dipartimento, da lui nominati e da lui revocabili, che formavano il suo “gabinetto”61.

Nel 1939 il Presidente creò l’Executive Office of the President che consiste nel gruppo di lavoro più a stretto contatto con il Presidente insieme con tutti quegli uffici che devono fare rapporto direttamente a lui.

59 G. D’Ignazio, Politica e amministrazione negli Stati Uniti d’America Lo stato amministrativo fra costituzione, leggi, giudici e prassi, Milano 2004, pag. 81

60 M.A .Krasner -S. G. Chabershi, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America,

Torino, 1994, pag. 44

61 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.241

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29

Tra gli uffici più importanti troviamo l’Ufficio della Casa Bianca, che prepara dall’interno della residenza presidenziale, l’agenda e le attività politiche del capo, e l’Ufficio del Bilancio.

Si aggiunsero in seguito organi importanti quali il National

Security Council, per le questioni della politica internazionale, il Council of Economic Advisers, per le questioni economiche, l’Office of Science and Technology Policy e il Council and Office of Environmental Qualiyt62.

Le strutture dell’Executive Office of the President sono oggi la sede in cui il Presidente elabora e matura le sue decisioni. In seguito all’istituzione degli uffici esecutivi del Presidente, la Presidenza si è istituzionalizzata. Le decisioni presidenziali un tempo prese da un uomo solo, ora vengono formate in consessi tecnicamente competenti e attraverso procedure di vaglio collettivo63.

Il Presidente sceglie a suo piacere i componenti degli uffici, ma la sua opera rimane condizionata dal lavoro di tutti.

Nel pieno dell’epoca liberale, il Presidente inviava saltuariamente al Congresso, come la Costituzione prevedeva e prevede, messaggi, con la raccomandazione di misure da prendersi, astenendosi, di solito, da influenzare i parlamentari affinché attuassero le stesse; inoltre, si utilizzava il potere di veto soprattutto per ostacolare leggi viziate da difetti costituzionali. Si riteneva che la legislazione fosse un affare di stretta pertinenza del Congresso64.

In seguito, fu abbandonata questa prassi, il Presidente presentava al Congresso un nutrito programma di riforme per l’adozione delle quali si adoperava con energia65.

62 L. Stroppiana, Stati Uniti, Bologna, 2006, pag. 77

63 D. Campus, G. Pasquino, USA : elezioni e sistema politico, Bologna 2003, pag. 162 64 G. D’Ignazio, Politica e amministrazione negli Stati Uniti d’America Lo stato amministrativo fra costituzione, leggi, giudici e prassi, Milano 2004, pag. 90

65 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.242

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30

Fu Franklin Roosevelt che trasformò l’istituto della Presidenza, facendo dell’Esecutivo un partecipante istituzionale primario al processo legislativo in tutte le sue fasi: questo avvenne con la promozione del primo e del secondo New Deal66.

Tuttora, non appartiene al Presidente un formale potere di iniziativa legislativa, ma egli, nel leggere al Congresso il messaggio annuale sullo Stato dell’Unione, indica il programma legislativo sul quale vuole che il Congresso si impegni e accompagna il messaggio con un’appendice di dettagliati disegni di legge.

Questa primaria responsabilità di iniziativa legislativa presidenziale, con proposte specifiche, non solo è oggi accettata, ma è richiesta e voluta dal Congresso.

Spetta poi per legge al Presidente la proposta di bilancio annuale elaborata dal suo Ufficio per il Bilancio (Office of Management and

Budget). Le camere lavoreranno per la necessaria approvazione del

bilancio partendo da quella proposta67.

Il Presidente non è necessariamente il capo di un partito politico nazionale, per cui per fare approvare una legge deve necessariamente raccogliere nelle Camere i voti necessari per il consenso alle misure del suo indirizzo.

Il Presidente, oltre ad appellarsi alla fedeltà di partito, deve usare degli strumenti:

1) la persuasione attraverso la contrattazione. Il Presidente dispone di vantaggi che può concedere ai parlamentari interessati, come il suo appoggio nelle future elezioni a cui parteciperanno i parlamentari; l’appoggio per il passaggio in legge di misure che premono ai parlamentari; una politica

66 A. Testi, Il secolo degli Stati Uniti, Bologna, 2008, pag.132

67 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione

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31

amministrativa favorevole ai distretti o alle regioni da cui provengono i parlamentari68;

2) la persuasione che fa leva sulla amicizia e sulla stima personale;

3) l’appello nel nome degli interessi superiori della nazione, con contestuale impiego dei mezzi di comunicazione rivolti al grande pubblico (televisione, internet, carta stampata ecc), al fine di creare una atmosfera di consenso alla quale i parlamentari non osino resistere;

4) la minaccia di interporre veti su progetti di legge che premono agli interessati o di sospendere politiche amministrative che beneficiano soggetti cui essi tengono69.

La capacità del Presidente di ottenere dal Congresso ciò che vuole dipende, in larga misura, dalle circostanze. Per esempio, nel lungo periodo della più tesa e sofferta Guerra Fredda, le richieste del Presidente rivolte a misure di legge riguardanti la sicurezza nazionale trovavano, in genere, pronta e incondizionata accoglienza.

Un fattore importante è anche la personalità stessa del Presidente. Gli ottimi rapporti personali che il Presidente Johnson manteneva con tutti i membri del Congresso aiutarono di certo l’approvazione di molte delle misure del suo programma “Great Society”70.

Per valutare nella sua interezza il ruolo del Presidente come

“legislatore” occorre considerare, a parte i due poteri particolari conferitigli dalla Costituzione e dalle leggi, il veto e i poteri di legislazione delegata71.

68 P.G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, Milano, 1985, pag.55 69 Ibidem, pag.56

70 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Roma 2005, pag.

80

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32

4.

Il diritto di veto

In merito ai contropoteri del Presidente sulla potestà legislativa del Congresso, la norma più rilevante è l’art. I, sez. 7, c.2, della Costituzione, secondo il quale la legge non può entrare in vigore senza essere stata previamente vistata dal Presidente.

“Se il Presidente non pone il visto entro dieci giorni, la legge è tacitamente approvata, a meno che il Presidente non abbia potuto rinviare la legge al Congresso a causa del fatto che le Camere non erano in seduta. In quel caso la legge non potrà più entrare in vigore (c.d.

pocket veto). Se il Presidente pone il veto, il Congresso può riapprovare

la legge, ma con la maggioranza dei due terzi, e in tal caso la legge si considera definitivamente entrata in vigore, senza il visto presidenziale”72.

Il potere di veto del Presidente è dunque particolarmente forte, in virtù del fatto che assai difficilmente il Congresso riesce a raggiungere la maggioranza di due terzi al fine di rovesciare il veto presidenziale. D’altra parte, il veto può essere esercitato solo sull’intera legge e non su singole parti di essa, il che lo rende un’arma potenzialmente pericolosa da utilizzare, in quanto il Congresso può inserire in una medesima legge disposizioni di grande popolarità, così da rendere difficile il veto, e disposizioni invise al Presidente, il quale sarà costretto ad impedire l’entrata in vigore dell’intera legge, rischiando l’impopolarità, ovvero ad approvarla, dovendo così subire le parti non gradite73.

Nel 1996 il Presidente Clinton, al fine di evitare tale situazione, riuscì a far approvare una legge che consentiva al presidente di apporre

72 M.A .Krasner -S. G. Chabershi, Il sistema di governo degli Stati Uniti d’America,

Torino, 1994, pag. 75

73 P. Carozza A. Di Giovine G.F.Ferrari, Diritto costituzionale comparato, Roma,

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33

il veto a singole parti (c.d. line veto), ma la Corte Suprema la dichiarò incostituzionale74.

I presidenti George W. Bush e Obama hanno esercitato con estrema parsimonia il diritto di veto ma hanno al contempo fatto ricorso, assai frequentemente, all’istituto del signing statement, proseguendo e ampliando una prassi sviluppata dai presidenti Reagan e G. H. Bush75.

Il signing statement consiste in una dichiarazione che il Presidente fa inserire nel testo ufficiale della legge, nella quale egli esprime valutazioni negative su alcuni parti della legge o più frequentemente fornisce indicazioni all’amministrazione circa l’interpretazione e le modalità applicative delle norme in questione. In tal modo, il Presidente, che pretende di agire in base al suo potere costituzionale di dare esecuzione alle leggi ( art. II , sez. 3 Cost. ), mira ad ottenere risultati simili a quelli del veto, agendo, però, non sull’entrata in vigore della legge, ma sulla sua applicazione da parte dell’amministrazione federale. Sottraendo, in tal modo, al Congresso la facoltà di superare con le maggioranze dei due terzi76.

5.

I poteri di legislazione delegata

Imponente è la massa di poteri legislativi delegati dal Congresso agli apparati amministrativi dello stato centrale.

Dal punto di vista quantitativo, la delegazione di siffatti poteri direttamente al Presidente, come tale, è abbastanza limitata (benché si tratti di deleghe che, naturalmente, toccano aspetti della vita del paese della massima importanza). Per apprezzare la vera dimensione dei poteri del Presidente in fatto di legislazione delegata, occorre tenere conto

74 Clinton v. City of New York, Citation. 22 Ill.524 U.S. 417, 118 S. Ct. 2091, 141 L.

Ed. 2d 393 (1998)

75P. Carozza A. Di Giovine G.F .Ferrari, Diritto costituzionale comparato, Roma,

2014, pag.93

(38)

34

anche delle numerosissime deleghe legislative attribuite dal Congresso per legge “ai ministri” federali (i capi di dipartimento) e ad altri funzionari amministrativi degli Stati Uniti77. I funzionari sono nominati e revocati dallo stesso Presidente il quale invia agli stessi direttive presidenziali da osservare. Per questo, il Presidente di fatto controlla e dirige indirettamente il potere legislativo esercitato da tali Organi78.

6.

Il Presidente e l’Amministrazione federale

Nei confronti degli organi amministrativi che gli sono subordinati, il Presidente può emanare direttive per l’esercizio, non solo dei poteri legislativi delegati di cui sono titolari, ma anche di poteri esecutivi discrezionali ad essi assegnati dalle leggi79.

Ad oggi l’ampiezza dei poteri discrezionali di cui godono gli apparati ammnistrativi federali è grande. Data l’estensione cospicua di questi apparati è dubbio che il Presidente possa veramente imprimere sulla loro azione l’impronta di un preciso, coerente e completo indirizzo amministrativo, da lui personalmente plasmato. Si notano, negli studi di settore, resistenze di fatto da parte di burocrazie fortemente incardinate e tacitamente rivendicanti il privilegio di agire in autonomia80.

Negli Anni Novanta i “dicasteri” dello stato centrale ammontavano a 14, affiancati da svariate decine di Agenzie collaterali (quali la Social Administration, l’Environmental Protection Agency e il

Postal Service). I milioni di impiegati federali che vi lavorano sono oggi

quasi interamente reclutati in base ai metodi del Civil Service, cioè attraverso valutazioni di merito strettamente apolitiche. Il loro posto di

77 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.244

78 P.G. Lucifredi, Appunti di diritto costituzionale comparato, Milano, 1988, quinta

edizione, pag.66

79 G. D’Ignazio, Politica e amministrazione negli Stati Uniti d’America Lo stato amministrativo fra costituzione, leggi, giudici e prassi, Milano 2004, pag. 81

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35

lavoro è successivamente garantito nei confronti di discriminazioni politiche81.

Al Presidente spetta, nel complesso, la nomina libera e la possibile revoca solo di qualche centinaio di cariche di vertice nei ministeri e nelle Agenzie amministrative. Tali cariche dispongono a loro volta di analoghi poteri di nomina revoca nei confronti di circa 2500 posti (per un totale di circa 2600 posti)82.

Si capisce come una Pubblica amministrazione così espansa e così intensamente burocratizzata non possa concepirsi più come strumento duttile e scattante nelle mani di un Presidente sovrano, e costituisca, invece, un vero e proprio potere dotato di relative capacità autonome, almeno di fatto, nel sistema costituzionale americano83.

Il Presidente è l’organo che deve vegliare all’esatta esecuzione delle leggi federali. Queste, come detto, conferiscono vasti poteri discrezionali agli apparati amministrativi. Ma talvolta regolano per contro in maniera stretta l’azione che l’Amministrazione deve compiere. Non sempre ciò è gradito al Presidente, che vorrebbe disporre di spazi maggiori per realizzare al meglio gli obiettivi della sua politica84. In questi casi i suoi eventuali tentativi di sfuggire ai vincoli possono venire repressi dalle Corti o bloccati dalla reazione del Congresso.

Come è per l’appunto accaduto nel caso del preteso potere presidenziale di impoundment: cioè del potere del Presidente di ritardare o diluire l’effettuazione di spese deliberate, per una certa data, dal Legislativo85.

81 Ibidem, pag.77

82 G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano II La costituzione democratica, Torino, 2000, pag.245

83 G. D’Ignazio, Politica e amministrazione negli Stati Uniti d’America Lo stato amministrativo fra costituzione, leggi, giudici e prassi, Milano 2004, pag. 82

84 P. Carozza, A. Di Giovine, Diritto costituzionale comparato, Roma 2014, pag. 96 85 M. Teodori, Storia degli Stati Uniti e il sistema politico americano, Roma 2005, pag.

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