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4. Conclusioni

4.1 Implicazioni teoriche

L’ambiente in cui le aziende si trovano a competere diventa sempre più complesso da analizzare e da affrontare, qualunque sia la dimensione e la solidità dell’impresa. Per tale motivo il crisis management è diventata una materia sempre più studiata e approfondita all’interno del mondo accademico in modo tale da poter fornire alle aziende gli strumenti che permettano di affrontare in maniera più sistematica anche le più complesse situazioni che si trovano ad affrontare, giorno dopo giorno.

Il presente studio si è proposto di individuare i principali effetti sul comportamento del consumatore, in termini di atteggiamento nei confronti dell’azienda, probabilità di compiere un passaparola positivo, intenzione d’acquisto, rabbia, seccatura e fastidio in seguito ad una crisi aziendale collegata o meno alla dimensione della corporate social

responsibility (CSR) ed alla strategia di risposta, da parte dell’azienda, alla crisi; più

precisamente questo esperimento si è proposto di capire quale tipo di crisi (CSR-related e non CSR-related) e quale strategie di risposta (apology/compensation) avesse conseguenze migliori sulle variabili dipendenti analizzate. I problemi di tipo etico sono i più complessi da analizzare dato che non sono solo influenzati fortemente dall’ambiente sociale circostante, ma anche dalle caratteristiche individuali e per tale motivo sono difficilmente modellizzati dalla letteratura accademica.

Dall’analisi dei dati (t-test 1 cap. 3), si è rilevato che una crisi di tipo incongruente (ossia legata alla dimensione CSR e capitata ad un’impresa conosciuta proprio per questo motivo) è più grave rispetto ad una crisi non incongruente, per tutte le variabili oggetto di studio. La letteratura disponibile afferma che gli individui con un alto coinvolgimento nella crisi analizzano le informazioni che la riguardano in modo più attento rispetto ai consumatori con un coinvolgimento basso (Choi & Lin, 2009). Proprio questa variabile risulta importante nel nostro modello, per le conseguenze che avrà sulle azioni di comunicazione che i managers dovranno mettere in pratica.

Dall’indagine “La sostenibilità delle aziende e la sensibilità della Rete: gli effetti delle

62 occupa della creazione e dello sviluppo di attività di social monitoring e competitive intelligence, dopo aver analizzato più di 188.000 menzioni e conversazioni in tema CSR in Italia, è emerso un minor interesse nelle problematiche ambientali; Giovanni Boccia

Artieri, professore di Sociologia dei media digitali e Internet Studies presso l’Università

degli Studi di Urbino Carlo Bo, ha fornito un’interessante spiegazione a riguardo: “Non

è che non siamo più interessati all’impatto ambientale, ma le nostre battaglie personali le conduciamo più nei micro consumi e nei micro spazi quotidiani, per cui il packaging di un prodotto che mi indica se questo contiene o meno olio di palma è l’impegno concreto cui l’azienda può contribuire andando incontro a bisogni, dubbi e paure dei consumatori”. Si potrebbe affermare dunque che il maggior impatto sul campione,

provocato dalla crisi incongruente di tipo ambientale, può essere dovuto, in maggior parte, dal fatto che il consumatore è stato tradito dall’azienda e non perché l’azienda è colpevole di aver “smaltito” illegalmente materiale tossico derivante dalla lavorazione degli smartphone in Indonesia, ma occorre effettuare altri studi per poter avere delle risposte più chiare sul tema.

Per quanto riguarda la strategia di risposta alla crisi, dal t-test (tab.4 cap.3) effettuato sulla popolazione intera è emerso che l’apology risulta migliore in quanto produce un effetto significativo sul word of mouth positivo; andando ad analizzare la popolazione dividendola per tipo di crisi è emerso che per i soggetti che hanno affrontato una crisi di tipo incongruente, i risultati sono simili al t-test precedente e che quindi in una crisi del genere è sempre meglio “chiedere scusa”, perché porterà ad un miglioramento del word of mouth positivo. Per i soggetti che hanno sperimentato la crisi non incongruente, invece, non c’è differenza tra le medie delle variabili oggetto di studio, quindi è preferibile, in questo caso, offrire una compensation alle vittime per non addossarsi le colpe e per non dover affrontare un esborso economico maggiore in caso di apology.

Si può osservare quindi che sia quando avviene una crisi sia quando si attua una strategia di risposta alla crisi, il word of mouth positivo è sempre una variabile da tenere sotto strettissimo controllo; di fatto, nella popolazione oggetto di studio, è l’unica variabile che produce degli effetti in seguito alla risposta alla crisi. Inoltre, anche se non è necessario dirlo, il passaparola è lo strumento di marketing più efficace fra tutti.

Andando ad analizzare il comportamento del campione in base al sesso (Tab.8 cap.3), si può osservare come la popolazione di sesso femminile appare più seccata mentre la

63 popolazione di sesso maschile appare più favorevole a fare passaparola positivo, fermo restando che il punteggio medio del passaparola positivo è comunque basso.

Dall’analisi della letteratura emerge che le differenze di gender sono importanti anche quando si produce del passaparola negativo; i consumatori hanno quasi il doppio di probabilità di scatenare un passaparola negativo, e può essere una delle forme di comunicazione più persuasive tra la base di consumatori di un'azienda. I soggetti di sesso maschile tendono a fare meno passaparola negativo, sia con amici che con conoscenti; i soggetti di sesso femminile invece, tendono a fare passaparola negativo sia con conoscenti che con amici, ma con questi ultimi intrattengono delle comunicazioni più efficaci. Ciò si suppone sia dovuto alla regola generale che vede le donne preoccuparsi per il prossimo in misura nettamente maggiore agli uomini, a maggior ragione se si tratta di amici e/o familiari con legami forti.

Dall’analisi sul gender si potrebbe suggerire che, in situazioni di crisi, i manager dell’azienda coinvolta dovrebbero creare iniziative volte a placare il wom negativo tra la popolazione femminile ed altre volte ad incoraggiare il wom positivo nella popolazione maschile. È proprio il caso di dire che “gender matters”.

Un altro dato importante, emerso dall’analisi dei dati del capitolo precedente grazie alla regressione lineare multipla prima ed allo studio del rapporto di mediazione, poi, è il fatto che la variabile discomfort/seccatura funge da mediatore nei rapporti causa-effetto tra la variabile indipendente incongruente e le variabili dipendenti attitude toward the

company, intention to buy e word of mouth; una crisi comporta un grado di seccatura che

andrà anch’esso ad influire sulle altre dipendenti del rapporto causa-effetto tra

crisi/attitude-itb-wom.

64 L’obiettivo della comunicazione di crisi è quello di far fronte al bisogno immediato di informazioni da parte dei consumatori (Veil et al. Citato in Lachlan et al, 2015); perciò ai consumatori dovranno essere indirizzati informazioni aggiuntive, messaggi persuasivi ed aggiornamenti regolari per ridurre il grado di diffidenza verso l’azienda in crisi. Il crisis management appare quindi essenziale perché prevedere rischi e/o crisi è quasi impossibile nella maggior parte dei casi. Questo conduce ad una sensazione di discomfort/seccatura tra i consumatori che cercheranno un modo per attenuare questa sensazione (Berger citato in Lachlan et al, 2015). Negli ultimi anni, i consumatori si sono riversati in massa sui social media per attenuare il loro senso di seccatura lamentandosi pubblicamente. Essi tendono a cercare di punire l’azienda perché le loro lamentele non sono state ascoltate e/o di trovare il supporto di altri consumatori che la pensino allo stesso modo (Tripp & Grègoire, 2011). Il modo in cui i commenti vengono gestiti può influenzare la percezione del cliente della gestione delle crisi e delle comunicazioni (Coombs & Holladay2013). Oggigiorno lamentarsi è molto più semplice: bastano pochi clic e il post/commento viene pubblicato sul sito di social media dell'azienda. L'unico problema è che è pubblico. Questo è il motivo per cui un'azienda deve sapere come gestire quei commenti, non può permettersi di perdere il controllo sulla conversazione o - come ha fatto la Volkswagen, - semplicemente ignorarla. L'account Twitter globale dell'azienda è stato utilizzato solo per trasmettere il messaggio di scuse del CEO e non ha mai risposto a un tweet. Una delle caratteristiche principali dei social media è l'interattività. I social media sono delle piattaforme in cui gli individui "condividono, co-creano, discutono e modificano i contenuti generati dagli utenti" (Kietzmann et al, 2011). L'altra caratteristica è quella di potenziare gli individui e i consumatori. Secondo un'altra definizione, i social media "si riferiscono a una nuova era di applicazioni web-based che sono costruite attorno a contenuti generati dall'utente o manipolati dall'utente, come wiki, blog, podcast e siti di social network" (Pew Internet & American Life Project).

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