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Le imposte sostitutive improprie e le ritenute alla fonte a titolo d’imposta

Nel documento Le imposte sostitutive improprie (pagine 68-75)

sul piano nozionistico, occorre svolgere qualche breve considerazione in ordine alla possibilità di considerare le imposte sostitutive improprie, le ritenute alla

fonte a titolo d’imposta83 e la tassazione separata84 finitime forme di

manifestazione del medesimo fenomeno impositivo.

Presto individuata è la ragione che induce ad una simile verifica: guardando all’effetto ultimo prodotto sul piano della sottrazione di materia imponibile all’operare della progressività, si nota subito che tanto le ritenute alla fonte a titolo d’imposta quanto la tassazione separata producono effetti analoghi a quelli determinati dall’implementazione nel sistema di imposte sostitutive improprie.

Ciò ricordato sul piano dell’osservazione dei fenomeni considerati, è lecito chiedersi se la trama disciplinare e la ratio sottesa ai diversi istituti considerati

83 In materia di ritenute alla fonte a titolo di imposta v., anche per la ricchezza dei richiami alla

dottrina ed alla giurisprudenza, G.M. CIPOLLA, Ritenuta alla fonte, in Dig. IV, disc. priv., sez.

comm., Torino, 1996, vol. XIII, 1 ss., e ID., Ritenuta alla fonte, in Rass. trib., 1996, 828 ss.

84 In tema di tassazione separata, sembra utile rinviare a A.E. GRANELLI, I redditi soggetti a

tassazione separata, in AA.VV., Il reddito d’impresa nel nuovo testo unico, a cura di V. Uckmar – C.

Magnani – G. Marongiu, Padova, 1988, 215 ss.; R. PERRONE CAPANO, Tassazione separata dei

redditi, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1993, vol. XXXV, 1 ss.; F. CROVATO, L’imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, Padova, 1996, passim, e A.M. PROTO, Tassazione separata e lavoro autonomo, in Rass. trib., 2009, 935 ss.

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consentano di riconoscere l’esistenza di una matrice comune capace, a sua volta, di spiegare la loro eventuale riconduzione ad unità.

Seguendo questa direttrice, devesi ricordare che la dottrina maggioritaria tende a ricondurre le ritenute d’imposta nell’alveo della tassazione sostitutiva in quanto, al pari degli altri regimi sostitutivi, queste sarebbero alternative all’imposta sostituita sottraendo taluni redditi all’ordinario regime di

imposizione85.

Esito questo che a ben vedere, e come è stato correttamente osservato da attenta dottrina, dipende dalla nozione di regime fiscale sostitutivo cui, di volta in

volta, si ritiene di accedere86.

Ai nostri fini, tuttavia, la questione si pone su di un piano diverso dovendosi evidentemente verificare se la ritenuta d’imposta possa essere considerata

85 Si orientano in questa direzione, tra gli altri e senza pretesa di esaustività, F. BOSELLO,

Ritenute alla fonte, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, vol. XXXI, 1 s.; E. DE MITA, Ritenuta d’imposta: l’asso pigliatutto del diritto tributario, in Fisco e costituzione. Questioni risolte e questioni aperte, Milano, 1983, vol. I, 903; ID., Principi di diritto tributario, Milano, 2004, IV ed., 149, F.

GALLO, L’influenza della disciplina formale nella ricostruzione della natura giuridica di un tributo

surrogatorio, cit., 238; M. INGROSSO, Imposte sostitutive, cit., 1; R. MERLINO, L’imposta sul reddito delle persone fisiche e i tributi sostitutivi, Milano, 1985, 543; E. POTITO, L’ordinamento tributario italiano, Milano, 1978, 178 e 349; R. RINALDI, Contributo allo studio dei redditi di capitale, Milano,

1989, 103, e F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, I, Parte generale, Torino, 2016, XII ed., 118; in senso contrario, v. ancora A. FANTOZZI, Il diritto tributario, cit., 195, e G. FALSITTA, Manuale

di diritto tributario. Parte generale, cit., 248.

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imposta sostitutiva (nella specie, impropria) e, sotto questo diverso profilo,

almeno quattro sono le considerazioni da svolgere8788.

87 Per la positiva, tra gli altri e seppur con accenti diversi, si esprimono: G. MELIS, Lezioni di

diritto tributario, Torino, 2016, IV ed., 209; I. MANZONI – G. VANZ, Il diritto tributario, Torino,

2008, 185, e E. POTITO, L’ordinamento tributario italiano, Milano, 1978, 178, il quale osserva che “nel settore dei tributi diretti l’imposta sostitutiva viene prelevata sotto forma di ritenuta alla fonte”; sulla necessità di tenere distinti i due fenomeni v., invece, R. RINALDI, Contributo allo

studio dei redditi di capitale, cit., 103, la quale molto opportunamente rileva che “la sottrazione di

alcuni redditi all’imposizione ordinaria viene attuata attraverso due istituti che andrebbero concettualmente distinti: la ritenuta alla fonte e l’imposta sostitutiva. La ritenuta a titolo d’imposta si risolve in una imposizione sostitutiva se si considera che sottrae, come si è ripetutamente affermato, alla tassazione personale talune categorie di redditi i quali vengono ad essere colpiti da una forma impositiva che ha carattere di realità e che rinuncia ai principi di unicità dell’imponibile, personalità e progressività. La tassazione sostitutiva attiene alla sostanza dell’imposizione in quanto innova in ordine alle fattispecie imponibili, considerandole [….] nella loro analiticità: come determinati eventi istantanei da assoggettare ad imposta diversamente da quanto accade in ordine alla loro considerazione nell’Irpef”.

88 Non mancano, peraltro, nell’esperienza normativa episodi in cui il legislatore ha dato prova

di considerare immedesimabili i due istituti: il pensiero corre, in particolare, all’art. 9, co. 1, n. 3, della l. delega n. 925 del 1971 che, fissando i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare la revisione della materia delle esenzioni, delle agevolazioni e dei regimi sostitutivi aventi carattere agevolativo, precisa che “i redditi delle persone fisiche derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali e da obbligazioni e titoli similari saranno esclusi dal computo del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito ed esentati dall’imposta locale sui redditi e saranno invece assoggettati ad una imposta sostitutiva con l’aliquota del trenta per cento, ridotta al venti per cento per le obbligazioni e titoli similari emessi da enti e società finanziari e da enti di gestione delle partecipazioni statali, e ridotta al quindici per cento per i depositi e conti correnti bancari e postali e al dieci per cento per le obbligazioni e titoli similari emessi da istituti di credito o da sezioni o gestioni di aziende e istituti di credito che esercitano il credito a medio e lungo termine. L’imposta sostitutiva sarà applicata mediante ritenuta alla fonte con l’obbligo di

rivalsa”; di un certo interesse è anche la Relazione della Commissione Finanze e Tesoro della

Camera al progetto di Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria (il riferimento è sempre alla delega del 1971): alla nota 4 si legge, in particolare, che “ anche per i redditi di capitale si tende a rafforzare, nel limite del possibile la certezza dell’accertamento, introducendo, per di più, un regime sostitutivo mediante tassazione alla fonte”.

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In primis, devesi prendere atto del fatto che la ritenuta è strumento che nasce e

che vive nell’ambito della riscossione sicché devesi escludere che la stessa possa assumere, almeno sul piano della teoria generale, i caratteri propri di

un’imposta89.

In secondo luogo, e guardando alla fisiologia della sostituzione d’imposta, non sembra sia senza rilievo la circostanza che obbligato nei confronti dell’erario non è, salvo il particolare caso di cui all’art. 35 del d.P.R. n. 600 del 1973, il percettore delle somme aventi rilievo reddituale (ossia il soggetto che realizza il presupposto impositivo) quanto, piuttosto, il sostituto d’imposta il quale opera un prelievo in forza del rapporto di rivalsa.

In terzo luogo, v’è da considerare un importante dato normativo che, almeno a prima vista, sembra definitivamente chiudere le porte alla possibilità che vi possano essere forme di immedesimazione tra le imposte sostitutive e le ritenute d’imposta. Il riferimento è, in particolare, alla previsione recata dal già citato art. 3, co. 3, lett. a), del testo unico che, fissando i criteri generali di determinazione della base imponibile IRPEF, esclude espressamente “i redditi esenti dall’imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad

imposta sostitutiva”. Ebbene, l’identica norma di esclusione viene riferita

distintamente ai due fenomeni considerati (ritenuta d’imposta, da una parte, e imposta sostitutiva, dall’altra) e ciò lascia presumere che il legislatore non

89 In questo senso sia G.M. CIPOLLA, Ritenuta alla fonte, cit., 872, che R. SCHIAVOLIN,

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ignori l’esistenza di una dicotomia strutturale che, per sua natura, travalica il

dato nominalistico90.

Sul piano strettamente letterale v’è, peraltro, da por mente all’impiego forse non casuale delle congiunzioni nella costruzione della preposizione normativa: ed invero, non sfugge che le prime due ipotesi considerate (id est: redditi esenti e redditi soggetti a ritenuta d’imposta) sono legate dalla congiunzione “e”; la seconda e la terza (id est: redditi soggetti a ritenuta d’imposta e redditi soggetti ad imposte sostitutive) sono, invece, legate dalla congiunzione “o”. In buona sostanza, si potrebbe arguire che l’impiego della congiunzione “o” sottenda un giudizio di equivalenza fra le due ipotesi considerate e non, come pure è possibile, un giudizio di alternatività. Contro la tesi secondo cui le due ipotesi sarebbero legate da un nesso di equivalenza si può, peraltro, osservare che la specificazione, comunque presente nell’ordito normativo, sarebbe di fatto

inutiliter data ove si percorresse la via che conduce al riconoscimento di una

sorta di identità fenomenica: ed invero, se si assume che le ritenute a titolo d’imposta sono imposte sostitutive, non si comprende quale sia la ragione che

90 Nella sistematica del testo unico esistono, peraltro, altre ipotesi di considerazione dicotomica

delle ritenute d’imposta e delle imposte sostitutive: si consideri, ad esempio, nell’alveo dei redditi di capitale, la disciplina recata dal secondo comma dell’art. 48 e, quanto al reddito d’impresa, quella disegnata dal primo comma dell’art. 91 a mente della quale “non concorrono a formare il reddito d’impresa: a) i proventi dei cespiti che fruiscono di esenzione dall’imposta; b) i proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva”. Ed è bene precisare che, in entrambi i casi considerati ed al pari di quanto si registra con riferimento alla disposizione recata dall’art. 3, siamo al cospetto di previsioni che operano sul piano della determinazione della base imponibile.

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induce il legislatore a disegnare il perimetro dell’esclusione menzionando tanto le une quanto le altre.

Da ultimo, non sembra da trascurarsi l’indagine intorno all’invarianza del presupposto che, secondo il nostro punto di vista, consente di isolare e qualificare fenomeni riconducibili al genus delle imposte sostitutive improprie, invarianza che, di converso, non sembra caratterizzare il sistema delle ritenute di imposta le quali, almeno nella prospettiva ricostruttiva adottata da una parte autorevole della dottrina, finiscono con il trasformare il presupposto impositivo “dal fatto del possesso del reddito complessivo netto a quello della percezione del reddito distinto costituito da tali cespiti, considerato separatamente dal

complesso dei redditi realizzati nell’anno di competenza”91.

Orbene, e quale che sia l’opinione circa la valenza del profilo ricostruttivo da ultimo considerato, non sembrano mancare argomenti convincenti a sostegno della tesi secondo cui le ritenute alla fonte a titolo d’imposta costituiscono un corpo estraneo alla sistematica delle imposte sostitutive improprie.

Il che, peraltro, non equivale ad escludere che il sistema conosca o possa conoscere ipotesi di “trasformazione” delle ritenute d’imposta in imposte sostitutive, “trasformazione” che, in effetti, potrebbe dimostrare l’inesistenza di ostacoli logici e giuridici alla ricostruzione in termini di fungibilità dei due istituti considerati.

91 Così, testualmente, F. GALLO, L’influenza della disciplina formale nella ricostruzione della natura

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Sotto questo profilo, può essere utile ricordare che, per effetto di quanto previsto dal già citato art. 2 del d.lgs. n. 239 del 1996, non sono oggi soggetti, a differenza di quanto accadeva fino alla metà degli anni novanta, alla ritenuta di cui al primo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 600 del 1973, ma ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi con aliquota al 26 percento, per la parte maturata nel periodo di possesso, gli interessi delle obbligazioni emesse da aziende e istituti di credito, da enti di gestione delle partecipazioni statali, da società quotate in borsa percepiti da persone fisiche, anche se esercenti attività d’impresa, società semplici, associazioni professionali, enti non commerciali, fondi comuni d’investimento e fondi pensione.

Non è necessario soffermarsi in questa sede sulle ragioni che hanno indotto il legislatore a modificare l’approccio al tema della tassazione dei proventi

finanziari testé richiamati92; è invece fondamentale porre l’accento sul carattere

di intercambiabilità funzionale che viene riconosciuto alle ritenute d’imposta ed alle imposte sostitutive, carattere che induce autorevole dottrina a ritenere che

le seconde costituiscano, in sostanza, un’evoluzione naturale delle prime93.

92 Alla base della richiamata “trasformazione” v’è la necessità di “eliminare il problema dei

rimborsi ai soggetti non residenti conseguenti all’applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni, e di quelli ai titolari di reddito d’impresa, cui la ritenuta si applicava a titolo di acconto su proventi lordi, nonché di spostare gli obblighi inerenti al meccanismo di prelievo, in linea di principio, dall’emittente i titoli all’intermediario finanziario presso cui questi sono depositati, o che interviene nel pagamento dei frutti”: così, testualmente, R. SCHIAVOLIN,

Sostitutive (imposte), cit., 59; nello stesso senso, v. anche R. LUPI, Prime osservazioni sulla nuova tassazione delle obbligazioni quotate in borsa (dalla ritenuta alla fonte all’imposta sostitutiva), cit., 790.

93 Il riferimento è alla opinione palesata da R. LUPI, Prime osservazioni sulla nuova tassazione delle

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Intercambiabilità funzionale che, sul piano dell’implementazione del meccanismo impositivo, non esclude il possibile coinvolgimento di un soggetto terzo che, essenzialmente nel comparto dei redditi di matrice finanziaria, può

essere chiamato ad applicare l’imposta sostitutiva94.

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