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Le imposte sostitutive improprie e la tassazione separata

Nel documento Le imposte sostitutive improprie (pagine 75-79)

Escluso che la ritenuta d’imposta possa essere considerata alla stregua di

un’imposta sostitutiva impropria95, occorre ora chiedersi se un’analoga

conclusione (di segno negativo) possa essere raggiunta anche per la diversa ipotesi della tassazione separata che parte della dottrina, seguendo uno schema teorico pressoché identico a quello testé preso in esame, riconduce alla

macrocategoria dei regimi fiscali sostitutivi96.

Ebbene, anche in questo caso, il richiamo ai regimi fiscali sostitutivi si spiega considerando l’epifenomeno determinato dall’applicazione del regime della tassazione separata ossia la sottrazione di alcuni redditi, e segnatamente quelli a formazione pluriennale, all’ordinario regime di imposizione; ed anche in questo caso, ed in modo non dissimile da quanto abbiamo appena visto a proposito

94 Cfr. M. BASILAVECCHIA, Sostituzione tributaria, in Dig. IV, disc. priv., sez. comm., Torino,

1998, vol. XV, 68, il quale considera il soggetto terzo alla stregua di un vero e proprio sostituto d’imposta.

95 Per la verità, più di qualche dubbio è lecito nutrire anche sulla possibilità di considerarle alla

stregua di imposte sostitutive proprie.

96 In questo senso, v. F. GALLO, L’influenza della disciplina formale nella ricostruzione della natura

giuridica di un tributo surrogatorio, cit., specialmente pagg. 238 e 256, e M. INGROSSO, Imposte sostitutive, cit., 9 s.; in senso contrario, v. tuttavia A. FANTOZZI, Il diritto tributario, cit., 195.

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delle ritenute d’imposta, la correttezza del richiamato approdo ricostruttivo va misurata sul piano della latitudine della nozione di regime fiscale sostitutivo. Ciò ricordato e precisato, ci si deve chiedere se l’imposta applicata ai redditi soggetti ex artt. 17 e 19 del testo unico a tassazione separata possa essere considerata imposta sostitutiva impropria e, in quest’ottica, la conclusione è, se possibile, ancor più netta non potendosi minimente dubitare del fatto che l’imposta applicata separatamente è sempre e comunque l’IRPEF la quale, nel caso di specie, trova applicazione in misura proporzionale e non progressiva al precipuo fine di mitigare alcuni effetti evidentemente ritenuti non voluti dal

legislatore97.

Manca, in sostanza, un qualsivoglia rapporto duale (imposta sostituita vs. imposta sostitutiva) e tanto basta per stimare inconferente il richiamo alla categoria delle imposte sostitutive, proprie o improprie che siano.

Decisamente diverso è il discorso da farsi con riferimento alla neointrodotta “Imposta sul reddito d’impresa – IRI” di cui all’art. 68 del disegno di legge di

stabilità per il 2017 che, all’esito di una gestazione durata quasi un ventennio98,

97 Non mancano, peraltro, prese di posizioni inclini a ritenere che anche su questo fronte si

registri un fenomeno di mutazione del presupposto: cfr., in particolare, quanto osservato da F. GALLO, L’influenza della disciplina formale nella ricostruzione della ricostruzione della natura

giuridica di un tributo surrogatorio, cit., 256.

98 Si può ricordare, in modo estremamente sintetico, che l’art. 2 della l. 13 maggio 1999, n. 133,

aveva conferito delega al Governo per la ridefinizione del regime tributario dei redditi prodotti da persone fisiche imprenditrici e da società di persone prevedendo la possibilità di optare per l’assoggettamento ad imposta proporzionale, con applicazione dello stesso regime previsto per le persone giuridiche; successivamente, l’art. 9 della l. n. 388 del 2000 aveva introdotto il regime di tassazione del reddito d’impresa con aliquota proporzionale, regime che, tuttavia, non ha

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introduce nel testo unico l’art. 55-bis a mente del quale “il reddito d’impresa degli imprenditori individuali e delle società in nome collettivo e in accomandita semplice in regime di contabilità ordinaria [….] è escluso dalla formazione del reddito complessivo e assoggettato a tassazione separata con

l’aliquota prevista dall’articolo 77”99.

Nel caso di specie ci si trova, infatti, al cospetto di un tributo autonomo che, a presupposto impositivo invariato e previo esercizio di apposita opzione, consente alle persone fisiche (imprenditrici o socie di società di persone) di assoggettare a prelievo proporzionale il reddito d’impresa.

Il riferimento alla “tassazione separata”, evocando un fenomeno di estrapolazione dal coacervo dei redditi di periodo di proventi che comunque restano soggetti ad IRPEF, appare, almeno a prima vista, improprio essendo come detto prevista, in costanza di opzione, l’applicazione di un tributo a se stante. Si può, però, ritenere che il legislatore, utilizzando il sintagma

mai visto la luce essendo stato abrogato dall’art. 5 della l. 18 ottobre 2001, n. 383. La questione è tornata di attualità nel 2007 con il varo di un nuovo e diverso regime che consentiva alle persone fisiche imprenditrici ed ai soci di società di persone di optare per l’assoggettamento, rispettivamente, dei redditi d’impresa e dei redditi di partecipazione a tassazione separata con l’aliquota del 27,5 percento e ciò a condizione che i redditi prodotti ovvero imputati per trasparenza non fossero prelevati o distribuiti: cfr., in particolare, il regime di cui all’art. 1, co. da 40 a 43, della l. n. 244 del 2007 che, necessitando di un decreto ministeriale volto a regolare le disposizioni attuative, decreto mai emanato, non ha mai trovato attuazione (a commento di questo specifico regime, v. A. BALLANCIN, La tassazione separata dei redditi delle imprese

individuali e delle società di persone, in AA.VV., Finanziaria 2008. Saggi e commenti, cit., 2, e G.

FRANSONI, La tassazione separata dei redditi delle imprese individuali e delle società di persone, in

Rass. trib., 2008, 326 ss.).

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“tassazione separata” abbia voluto fare riferimento al trattamento isolato del reddito d’impresa rispetto all’insieme degli altri redditi del soggetto passivo, trattamento isolato che, nell’innovativa prospettiva dell’art. 55-bis del testo unico, implica, per un primo verso, l’assoggettamento del reddito di periodo ad un tributo sostitutivo e, per un altro verso, il successivo concorso degli utili prelevati alla formazione del reddito complessivo dell’imprenditore, dei

collaboratori e dei soci100.

Orbene e ferma restando lo scarsa fattura del testo di riferimento, testo che, sia detto per inciso, oltre a non contenere alcun richiamo espresso al fenomeno

100 In ordine agli obiettivi che la misura di nuovo conio intende perseguire v. la Relazione

illustrativa al disegno di legge di stabilità per il 2017 ove si precisa che ”il nuovo sistema intende perseguire i seguenti effetti: 1) tassare alla medesima aliquota tutte le forme d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica assunta; 2) il reddito non distribuito è tassato sempre all’aliquota dell’imposta sulle società, che è generalmente inferiore all’aliquota marginale massima dell’imposta personale dell’imprenditore o dei soci; 3) considera l’impresa come “separata” dall’imprenditore ed evidenzia il contributo lavorativo che quest’ultimo vi apporta; 4) scindendo il reddito dell’impresa da quello dell’imprenditore diviene possibile sgravare in modo sostanziale e percepibile il reddito reinvestito nell’impresa e mantenere una tassazione analoga a quella degli altri redditi da lavoro (dipendente o da pensione) sulla parte di reddito che l’imprenditore ritrae dall’azienda per soddisfare i propri bisogni; in sostanza, mentre si mantiene un’equità orizzontale ai fini IRPEF sui redditi personali dei diversi tipi di lavoro (dipendente, autonomo, imprenditoriale), si riconosce, concedendo un carico fiscale ridotto, l’utilità sociale della patrimonializzazione e dell’investimento nell’azienda; 5) la tassazione del reddito d’impresa dei soggetti IRPEF, sia essa ad aliquota proporzionale IRI sia essa ad aliquota marginale IRPEF, resta idealmente riferibile in capo all’imprenditore ovvero ai soci in ragione della quota di partecipazione agli utili anche se versata dall’impresa o dalla società; 6) risultano deducibili dal reddito d’impresa le somme prelevate dall’imprenditore nei limiti dell’utile di esercizio e delle riserve di utili assoggettate a tassazione sostitutiva negli anni precedenti. In sostanza l’IRI è pagata sul reddito d’impresa che tiene conto delle variazioni fiscali, come pure le somme prelevabili e deducibili sono a carico dell’utile e delle riserve nei limiti del reddito dell’esercizio e dei redditi dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata”.

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sostitutivo, oblitera del tutto la disciplina dei profili procedimentali, si può ritenere, non senza fondamento ricostruttivo, che il tributo di nuovo conio colpisca il reddito di periodo palesando, ancorché in via transitoria, logiche tipiche di un’imposta sostitutiva impropria.

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