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IN VIDEOCONFERENZA: UN MODELLO PERMANENTE?

anche in tali casi, sempre che parti, giudici e difensori non trovino più agevole procedere in presenza.

Ovvio dunque che nella maggior parte dei casi la prassi abbia preferito lo strumento più «rozzo» (se ci si passa l’espressione) dello scambio e del deposito telematico di note scritte, previsto dal medesimo articolo 83 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 al comma 7, lettera h).

Ciò detto, è però vero che il ghiaccio è stato rotto e che oggi la maggior parte degli operatori sono consapevoli che tale strumento, che sino a poco tem-po fa sarebbe sembrato improtem-ponibile nell’ambito dell’amministrazione della giustizia, è invece utilizzabile senza soverchie difficoltà risultando addirittura, talvolta, più efficace delle udienze in persona.

2. La normativa di riferimento

Il D.L. 8 marzo 2020, n. 11 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria) all’art. 2, lettera f), ha introdotto la possi-bilità di svolgere le udienze civili, alla sola presenza dei difensori e delle parti, con collegamenti da remoto in videoconferenza1.

Tale paragrafo dispone: «la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e da-gli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni pres-so la pubblica amministrazione mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia».

Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 ha successivamente disciplinato la materia prevedendo che per talune materie, previste dall’art. 83, comma 3, lett. a) non si desse luogo a sospensione e prevedendo altresì che, sino al 31 luglio 2020, fosse possibile procedere, sulla base di una determinazione dei capi degli uffici giudiziari, anche allo svolgimento delle udienze civili da remoto, che non richie-dessero la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzati all’assunzione di informazioni presso la pubbli-ca amministrazione, tramite collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.

1 I contributi ad oggi reperibili a commento di questa normativa sono ovviamente pochi, di carattere eminentemente pratico e rinvenibili su Internet. Tra questi segnaliamo: F. Donini,

Le udienze civili in videoconferenza: un futuro ancora da scrivere, in Diritto.it; F.M. Storelli, Processo telema-tico e da remoto: l’udienza è smart, in Iusinitinere.it. L’analisi più completa della normativa in oggetto

si rinviene peraltro nella delibera del CSM – Pratica num. 186/VV/2020 - Linee guida agli Uffici

Il D.L. n. 18/2020 è stato dapprima convertito con modifiche con la L. 24 aprile 2020, n. 27 (in vigore dal 30 aprile 2020). Esso è stato, poi, ulteriormente modificato con D.L. 30 aprile 2020, n. 28 (in vigore dall’1 maggio 2020), che ha stabilito come lo svolgimento dell’udienza da remoto debba in ogni caso avve-nire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario e con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti.

Torneremo subito sul requisito imposto ex novo dal D.L. n. 28/2020 che impone in ogni caso «la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario»: ci limitiamo per ora ad attirare l’attenzione del lettore su quella che, già a prima vista, appare una disposizione a dir poco sorprendente.

Il termine di vigore della disposizione è stato quindi ulteriormente proro-gato sino al 31 ottobre 2020 dal D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito dalla L. 17 luglio 2020, n. 77. Appare però probabile una ulteriore proroga oltre tale termine, se non una sua definitiva introduzione nel rito civile.

Gli applicativi utilizzabili sono poi stati definiti da una nota del Ministero della Giustizia e sono stati identificati in Skype for Bussines e Microsoft Teams.

3. Il Protocollo CNF-CSM e gli altri Protocolli territoriali

A seguito dell’emanazione delle norme in oggetto si è poi avuta l’adozione di prassi applicative ai più diversi livelli del nostro sistema giudiziario.

Merita qui, per ovvi motivi, particolare menzione la «Proposta di protocollo per udienze civili tramite collegamento da remoto» approvato dal CNF e quindi trasmesso, e a sua volta approvato, dal Consiglio Superiore della Magistratura con delibera del 26 marzo 20202.

Anche i principali uffici giudiziari hanno adottato Protocolli condivisi, che per lo più introducono solo modeste modifiche rispetto allo schema del Pro-tocollo CNF-CSM3.

Il Protocollo CNF-CSM detta dunque le norme di attuazione della normati-va de qua, con disposizioni di dettaglio. Tra queste meritano menzione:

– che della celebrazione dell’udienza viene dato avviso con un termine «pre-feribilmente non inferiore a 7 giorno salvo improrogabili ragioni d’urgen-za» ai procuratori delle parti e al pubblico ministero;

2 L’atto è rubricato come «Pratica n. 186/VV/2020 – Linee guida agli Uffici giudiziari in

ordine all’emergenza COVID 19 integralmente sostitutiva delle precedenti assunte) ed è rinvenibile in

CSM.it, unitamente alla proposta del CNF.

3 Si vedano, ad esempio, il Protocollo per le udienze civili in tribunale.milano.it nonché l’ana-logo Protocollo fra il Tribunale Ordinario di Roma - Sezioni Lavoro e l’Ordine degli Avvocati di Roma

per lo svolgimento delle udienze tramite collegamento da remoto e tramite trattazione scritta, in www.

– che i procuratori delle parti devono comunicare il proprio recapito telefo-nico e il relativo indirizzo mail;

– che di tutte le operazioni relative allo svolgimento dell’udienza in remoto il cancelliere dovrà dare nel processo verbale;

– che «ove possibile, la gestione dell’avvio e dello svolgimento dell’udienza verrà effettuata dal cancelliere collegato da remoto con il medesimo ap-plicativo; eventualmente il medesimo cancelliere, utilizzando la “consolle d’udienza” potrà curare la verbalizzazione»;

– che i documenti «esibiti» (rectius mostrati) nel corso dell’udienza dovranno poi essere acquisiti al fascicolo informatico;

– che in linea di principio, e salva specifica autorizzazione, è vietata la regi-strazione dell’udienza.

4. Il (ristretto) ambito applicativo della normativa in oggetto

1. Le udienze «in remoto» possono essere celebrate davanti al Giudice di Pace, mentre maggiori dubbi vi sono in ordine alla applicabilità dell’istituto, per mere ragioni tecniche, avanti alla Corte di Cassazione, nulla ostando in linea di principio all’utilizzo di tale istituto anche avanti al giudice di legittimità4.

L’istinto burocratico del nostro legislatore non è stato piegato, a quanto sembra, neanche dall’emergenza globale cagionata dal Covid 19. Essa è stata sì sufficiente a far adottare uno strumento «rivoluzionario», quale l’udienza da remoto; peraltro il legislatore, preso da subitaneo terrore per tale ardire, ha subito ritratto la mano, circondando l’istituto di tali limiti e cautele, da renderne presumibilmente residuale l’utilizzo.

Cominciamo con il limite più assurdo, perché non solo ingiustificato, ma addirittura contrario alla generale ratio delle norme in oggetto, che è quella di limitare le possibilità di contagio.

Come abbiamo ricordato in apertura, il D.L. n. 28/2020 ha imposto, modi-ficando l’originaria disposizione, in ogni caso «la presenza del giudice nell’uffi-cio giudiziario».

La norma, apparsa out of the blue, non sembra rispondere ad alcuna logica5.

4 Sulla possibilità di utilizzare le udienze da remoto anche avanti alla Corte di Cassazione si rinvia a P. Gori, Covid-19: la Cassazione apre alle udienze da remoto, in Questionegiustizia.it.

5 Nessun lume si ricava dalla Relazione illustrativa al D.L. n. 28/2020, che interviene a modificare la legge di conversione n. 27/2020 del D.L. n. 18/2020, che cosi spiega le ragioni di necessità e d’urgenza che ne hanno giustificato la sua introduzione: «Viene poi integrata la disciplina prevista dal comma 7, lettera f), dell’articolo 83 sullo svolgimento delle udienze civili da remoto, specificando che, dove questa modalità sia consentita, deve essere comunque garantita la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario (comma 1, lettera c))». Nella Relazione Tecnica si legge, quanto alla modifica che introduce l’art. 3 alla lettera

In primo luogo, non è dato capire quale vantaggio sarebbe assicurato dalla presenza fisica del magistrato «nell’ufficio giudiziario»», visto che, a tacer d’al-tro, tale presenza fisica non è prevista per il cancelliere e il PM.

Certamente poi non vi sarebbe una maggior sicurezza dei dati, visto che si collegano soggetti esterni alla rete del singolo ufficio giudiziario; altrettanto ovviamente poi aumenta il rischio del contagio, visto che un maggior numero di magistrati sarebbe costretto a recarsi «nell’ufficio giudiziario»; aumentano infine i costi, dati dalla presenza fisica del magistrato e dalle relative esigenze di sanificazione.

Si tratta di osservazioni talmente evidenti, che a chi scrive sarebbe venuto il dubbio di non aver compreso qualche fondamentale profilo, se non fosse che al coro di chi non si capacita della norma si è aggiunto non solo il CSM6 e tutti i commentatori, ma anche, in ultimo, il Tribunale di Mantova, che con ordinanza del 19 maggio 2020, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 83, 7° comma, lettera f), del D.L. n. 18/2020, per la sua manifesta irragionevo-lezza: ed è difficile negare che la rimessione sia fondata.

In primo luogo, correttamente il giudice remittente ha rilevato la violazione dell’art. 3 della Costituzione, osservando che «l’obbligo di essere presenti in

F del comma 7 dell’art. 83, che la modifica si giustifica per garantire la presenza del giudice nell’ufficio giudiziari. Come si vede, si tratta di motivazioni inesistenti.

Si vedano le giuste perplessità espresse dal Tribunale di Brescia, in una nota al decreto di linee guida e misure organizzative del 06.05.2020: «Bisogna realisticamente prendere atto che il collegamento da remoto – contrariamente alla precedente decretazione di urgenza – nel decreto-legge n. 28/2020 non sembra rientrare tra le opzioni privilegiate. Infatti, la previsione che “lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario” si pone in contrasto insanabile con quella, decisamente pri-oritaria, della salvaguardia della salute tout court, se è vero che i Capi degli Uffici “adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salu-te…». La nota si chiude con l’auspicio, rimasto inevaso, che «il Legislatore della conversio-ne non mancherà, auspicabilmente, di porre rimedio a questa evidente quanto insanabile contraddizione». Il CSM nel parere del 14.05.2020 ha altresì argomentato e concluso che: «appare auspicabile un intervento di revisione dell’obbligo di presenza del giudice presso l’ufficio per la celebrazione dell’udienza da remoto che, oltre a restituire maggiore funziona-lità all’attività dei giudici di merito che operano da remoto, consentirebbe anche di superare i dubbi interpretativi prontamente sollevati dalla modifica della citata lettera f) con riguar-do al giudizio di legittimità. In assenza della modifica auspicata, apparirebbe comunque necessario assicurare efficaci misure di sicurezza igienico – sanitarie al fine di contenere il rischio di contagio da COVID19 per i giudici e per tutti coloro che devono essere presenti negli uffici giudiziari per la celebrazione delle udienze». Ambedue i documenti sono citati e commentati da F. Donini, Le udienze civili da remoto, cit.

6 Parere Consiglio Superiore della Magistratura n. 18/PP/2020 sul Decreto Legge del 30 aprile 2020 n. 28, in CSM.it

ufficio per il magistrato per poter utilizzare la connessione da remoto con Mi-crosoft Teams, previsto dalla lettera F del comma 7 dell’art. 83, D.L. n. 18/2020 così come modificato dall’art. 3 comma 1 lett. C del D.L. n. 28/2020, è un obbli-go attualmente sancito esclusivamente per le udienze che deve celebrare il Giu-dice civile non ritrovandosi analoga esplicita imposizione per qualsivoglia altro magistrato della giurisdizione (sia esso penale, amministrativo, contabile, tribu-tario) così generando una evidente disparità di trattamento di situazioni simili».

Il giudice mantovano ha poi gioco facile nel sottolineare l’assoluta incon-gruità della norma con riferimento al buon andamento della PA e all’assurdità di imporre la presenza fisica del giudice nell’ufficio giudiziario in una situazione di contagio, con violazione dell’art. 97 secondo comma Cost, che impone il buon andamento della P.A.

L’effetto della innovazione è stato, a quanto consta, del tutto automatico: non si sono avute più udienze in remoto, che si erano invece celebrate, sia pure in numero non esorbitante, nel periodo anteriore al 30 aprile 2020.

2. Altro limite previsto dalle norme in vigore è che l’udienza in remoto è ammissibile solo per le cause «che non richiedono la presenza di soggetti di-versi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzate all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione» (art. 83 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18).

Il riferimento al peculiarissimo (e di non frequentissima applicazione) istitu-to della «richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione», disciplinaistitu-to dall’art. 213 c.p.c.7, è a dir poco oscuro. Tale richiesta viene sempre fatta (anche d’ufficio) dal giudice con una ordinanza istruttoria, destinata ad essere comuni-cata alla P.A. che procederà rendendo «informazioni scritte». Che cosa c’entra l’udienza svolta in modalità telematica con tale istituto non è veramente dato comprendere.

Tolte le udienze alle quali partecipano solo i giudici, i difensori, le parti e gli ausiliari del giudice, quali sono quelle escluse dalla modalità telematica? Mi sembra che solo la necessaria presenza di terzi impedisca l’utilizzo del sistema remoto di celebrazione dell’udienza.

Saranno dunque impossibili le udienze in remoto di assunzione della prova testimoniale. Si noti però che, incongruamente, potranno essere sentite le par-ti, e dunque che sarà possibile celebrare in remoto l’udienza per l’assunzione dell’interrogatorio libero, di quello formale e (se del caso) del giuramento.

Anche in questo caso, la ratio della norma ci sfugge.

7 Sul tema si veda, se si vuole, anche per ulteriori riferimenti, L. Dittrich, L’esibizione

delle prove, in Diritto Processuale Civile – Trattato Omnia, diretto da L. Dittrich, Utet Wolters

Kluwerm Milano, 2019, p. 1841 e ss., spec. p. 1860 e ss. nonché F.P. Luiso, Richiesta di

infor-mazioni alla PA, in Enciclopedia del Diritto, vol. XL, Giuffrè Francis Lefebvre, Milano 1989,

Se si pensa che il nostro ordinamento aveva già aperto, sia pure con pru-denza, alla testimonianza scritta (cfr. art. 257 bis c.p.c.), non è dato compren-dere quale vulnus apporterebbe alla gestione della giustizia l’audizione del teste in remoto, se non forse per il timore che questi possa essere «imbeccato» dalle parti: un rischio questo che peraltro è connaturato, per così dire, alla prova per testimoni.

In più, l’assunzione della prova testimoniale potrebbe qui essere registrata, ciò che (finalmente!) potrebbe condurre ad una analisi della relativa deposizio-ne molto più accurata rispetto alla sterile verbalizzaziodeposizio-ne ad opera del cancel-liere (o di chi per lui)8.

L’utilizzabilità di tale modalità di assunzione della prova porterebbe poi alla scomparsa della prova delegata per l’assunzione dei testimoni, il cui regime, che già appariva vetusto, appare ormai francamente antidiluviano. Si tratterebbe di una novità da salutare con entusiasmo, atteso che l’espletamento delle prove delegate è sempre causa di vistosi rallentamenti nella celebrazione dei processi.

3. I vari Protocolli, a cominciare dal Protocollo CNF – CSM, dopo aver previsto che il giudice deve accertare che «all’udienza telematica partecipino so-lamente i soggetti legittimati», prevedono che «è vietata la registrazione dell’u-dienza».

Si tratta di una imposizione la cui gravità non sembra essere stata percepita dai redattori della disposizione, che sono – a ben pensarci – i rappresentanti di quei giudici e di quegli avvocati, le cui gesta potrebbero essere riprese.

Il carattere illiberale di questo divieto deve essere sottolineato.

Per cominciare: di ciò che avviene in udienza deve redigersi processo ver-bale; si dovrebbe dire che più il verbale è completo e si avvicina a ciò che è effettivamente avvenuto in udienza, meglio è.

La registrazione video ha esattamente tale caratteristica: e perché allora do-vrebbe essere vietata? E perché tale registrazione è invece lecita nel processo penale e nel processo del lavoro (cfr. art. 422 c.p.c.)?

Si dirà: perché la registrazione potrebbe essere divulgata, e le udienze di trattazione “non sono pubbliche” (art. 84 disp. att. c.p.c.). Sarebbe però una risposta errata: una cosa è la formazione della registrazione (o, se è per questo, della verbalizzazione cartacea); altra è la sua divulgazione. Ben potrebbe esse-re autorizzata la esse-registrazione, salvo il divieto di sua divulgazione. Ma anche tale divieto apparirebbe ben singolare, dato che il verbale è, per definizione, un atto pubblico, e che non mi consta esistente un divieto di divulgazione dei verbali d’udienza.

8 Mi permetto qui di richiamare le mei osservazioni fortemente critiche alle modalità di assunzione della prova testimoniale e della relativa verbalizzazione: cfr. L. Dittrich, La

ricerca della verità nel processo civile: profili evolutivi in tema di prova testimoniale, consulenza tecnica e fatto notorio, in Rivista di Diritto processuale, 2011, p. 108 e ss.

Per vero, sarebbe anche ora di chiedersi se l’art. 84 disp. att. c.p.c., testé citato, sia ancora compatibile con il nostro assetto costituzionale e con l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo: ma si tratta di un argomento che eccede questo scritto.

5. Ma come funziona?

Sino a quando vi sono state udienze in remoto (e cioè prima del 30 aprile 2020, data in cui il DL 28/2020 ha imposto la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario) la risposta, sulla base dell’esperienza di chi scrive, è: bene.

La modalità «remota» della discussione ha come effetto che il giudice può gestire più facilmente l’udienza, regolando in maniera più efficace i tempi della discussione, che risulta complessivamente più ordinata. D’altro canto, nessun irruento difensore può superare il limite di un muting inflitto da chi gestisce la videoconferenza.

Dopo un po’ di pratica, è anche facile esibire documenti o farli pervenire all’ufficio.

Si pensi poi alla possibilità di illustrare la discussione con presentazioni o addirittura con filmati o animazioni multimediali, come già accade nell’ambito dei più sofisticati giudizi arbitrali internazionali.

Ma il vantaggio maggiore è la possibilità di poter partecipare in maniera attiva ed efficace ad udienze lontane senza doversi fisicamente muovere: un vantaggio per tutti, a cominciare dagli utenti finali della giustizia, che si trovano ad affrontare spese infinitamente inferiori per le trasferte dei propri difensori di fiducia.

In realtà poi proprio la maggior formalizzazione imposta dal mezzo telema-tico rende l’udienza (se ben diretta) più ordinata ed efficace rispetto alla parteci-pazione di persona, dove spesso l’animosità dei litiganti fa premio sull’efficacia delle difese.

6. Il futuro

In dottrina9 vi è chi ha confrontato la disciplina in oggetto con quella vigente nei paesi anglosassoni, ed in particolare in Inghilterra e Galles, rimarcando come ivi tutta la procedura sia assai più elastica e rimessa alla discrezionalità del giudice, che opera in accordo con le parti, senza quelle restrizioni, che il sospettoso legi-slatore italiano ha sparso sulla via dell’informatizzazione delle udienze10.

9 F. Donini, Le udienze civili in videoconferenza, cit.

10 Il riferimento è a Civil Court guidance on how to conduct remote hearings, rinvenibile in www.

Ciò nonostante, un primo e decisivo passo è stato fatto e, come già abbiamo detto, il ghiaccio è rotto.

Si può confidare che in futuro questa modalità di svolgimento delle udienze sia non solo confermata e resa permanente, ma anche incentivata e semplifica-ta, prendendo spunto, inter alia, dalla citata normativa anglosassone.

La disciplina attuale andrebbe però riformata prevedendo:

– in primo luogo (e ovviamente!) che sia possibile per i giudici svolgere l’udienza anche fuori dall’ufficio giudiziario;

– che sia lasciata alla discrezionalità del giudice la valutazione in ordine alla celebrazione dell’udienza in remoto o in presenza abolendo gli attuali limiti; – che si imponga, in linea di principio, la celebrazione dell’udienza in remo-to qualora una delle parti o dei difensori sia domiciliaremo-to in altro luogo e ne faccia istanza, salva l’esistenza di gravi ragioni in contrario;

– che la parte che adduce l’impossibilità di collegarsi all’udienza in remoto debba fornire la prova che ciò sia accaduto per causa a sé non imputabile e che, in assenza di tale prova, l’udienza tenuta in assenza della parte che non ha provveduto al collegamento costituisca mancata comparizione; – che l’udienza venga registrata, salva diversa disposizione del giudice

qua-lora ciò sia reso necessario «se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume» (cfr. art. 128 c.p.c.) e che la relativa registrazione costituisca parte integrante del verbale di causa.

Qualora almeno parte di queste condizioni vengano attuate, questa innova-tiva modalità di celebrazione delle udienze darà un importante contributo per