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Questi cambiamenti del corpo e le emozioni provate, nei soggetti intervistati hanno modificato il modo di relazionarsi con altre persone come il gruppo dei pari, i genitori e come queste relazioni alterate influissero nella partecipazione.

Nel corso delle interviste sono emerse le relazioni dei soggetti con il gruppo dei pari, le strategie per spiegare e gestire la problematica:

− “Con i compagni di classe fui io a sdrammatizzare (...) Nessuno mi ha mai bullizzata

ma proprio perché io la mettevo sul ridere (...) La prima cosa che facevo era dire che il busto mi serviva per raddrizzare la mia schiena, che ero un po`come un dinosauro, avevo qualche “spuntone” che mi usciva qua e là ma lo facevo per tornare ad avere una schiena dritta come quella degli altri”

− “Ecco mi limitava con le persone che non conoscevo, ero un po’ reticente a

socializzare (…) Da quando ho smesso la terapia mi sento molto più libera di socializzare con altre persone”

− “Non l’ho presa male perché comunque ero molto ovattata, le scuole erano piccole

(...) C’erano dei momenti in cui ero nella norma, eravamo in classe e non cambiava assolutamente niente dai miei compagni (…) Altri momenti che per esempio quando andavamo a scuola verde pensavo “Non voglio andarci, non voglio andarci” perché avevo questo busto e dovevo spiegarlo agli altri, perché hai nove anni e vieni classificata come quella con il busto”

− “C’era una mia amica che era tutta esaltata che io avessi questo problema, mi faceva

piegare e osservava, lì mi ricordo che cominciava a darmi fastidio (…) Generalmente evitavo l’argomento, infatti è la prima volta che ne parlo così con qualcuno. Fino a forse un anno o due fa non l’avrei fatto (…) Quello che mi ha dato più problemi è stato il rapporto con gli altri diciamo, nessuno mi hai mai fatto commenti negativi, battute sì

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per sdrammatizzare un po’, lo facevo anche io, tipo “ti è caduto qualcosa, raccoglilo” (ride)”

− “Alle medie mi ricordo che quando portavo il busto, avevo quello sgabellino perché il

busto mi tagliava se mi sedevo su una sedia, quindi me lo portavano sempre loro (i compagni di classe), non mi hanno mai preso in giro o sentita bullizzata”

− “Nessuno ha mai osato dirmi nulla, anche i ragazzi, non avevano neanche il coraggio

perché vedevano che io non me la prendevo”

Nel corso di tutte le interviste è emerso il ruolo dei genitori:

− “Appena mi hanno fatto il busto mia mamma mi ha portato a fare shopping”

− “Era un po’ mia mamma che gestiva tutto (…) Mia mamma, era lei che mi è sempre

stata vicina e faceva un po’ da tramite, mi spiegava le cose, in realtà è stata lei a spiegarmi tutto (…) Mio papà, ha avuto una scoliosi grave e lui è stato operato, quindi mia mamma aveva già un po’ l’ansia e l’attenzione per quella cosa lì (…) Ma con mia mamma è stato deciso di non farmi operare e abbiamo continuato con la terapia del busto (…) La mia confidente è sempre stata mia mamma per queste cose (…) Mi faceva sempre capire l’importanza della cosa, è sempre stata una stella”

− “I miei genitori mi accompagnavano (ai controlli) e mio padre arrivava con questo

librettino (…) e ancora adesso ce l’ha in giro a casa con scritto cose tipo: “sarebbe bene fare nuoto”, “quest’altro è meglio evitarlo per la schiena” Quindi si i miei genitori erano i miei medici personali”

− “Mio papà aveva la scoliosi ma lieve, non è mai stata un problema per lui non ha mai

avuto dolori (…) Non mi hanno mai influenzata nella mia decisione, ne abbiamo parlato insieme e (…) Abbiamo deciso insieme che era la soluzione migliore (…) Sono diventati molto più protettivi, non in senso negativo ma positivo, sono diventati comprensivi in tutto, non mi ricordo se ne approfittassi o meno (ride)”

− “Erano molto propensi per l’invalidità, perché sembrava (…) che non potevo più far

niente o lavorare a metà tempo, io di mia iniziativa ho scritto al responsabile che ritiravo la mia richiesta (…) Mia mamma forse all’inizio era più titubante diceva “No, non ce la fai”. Perché aveva sempre la paura che potesse succedermi qualcosa, quindi inizialmente dava più ascolto ai medici, perché lei era contraria”

− “Mi ha spiegato (la mamma), che se una persona era mia amica o mi voleva bene mi

avrebbe dovuta prendere e vedere per quel che ero. Loro (genitori) son sempre stati super carini, anche quando si doveva andare in vacanza, perché ovviamente te lo dovevi portare dietro, hanno sempre cercato di essere pazienti, soprattutto all’inizio quando lo dovevi tenere 20 ore al giorno, non siamo andati in vacanza al mare ma piuttosto in un paese freddo, proprio perché potessi continuare a metterlo, mi sono sempre venuti incontro”

Inoltre sono emersi gli screzi con i genitori, che si creavano a causa del busto:

− “Quando uscivo erano le litigate peggiori perché proprio non volevo metterlo, perché

ovviamente volevo mettermi un po’ carina, per cui si era raggiunto un po’ un accordo che quando uscivo non lo mettevo (...) Sì diciamo che gli ho fatto passare le pene dell’inferno, per le litigate in certe serate”

Per alcuni soggetti il trattamento della scoliosi rappresentava un limite nella partecipazione:

− “Quando ero in classe non volevo neanche alzarmi per andare in bagno perché avevo

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− “C’è stato il fatto che non potevo far ginnastica, e alle medie non è normale che non

fai ginnastica e stai separato dai tuoi compagni, avevo le mie tre ore a settimana che ero sola”

− “Io ho smesso ginnastica all’inizio delle medie, quando ho messo il busto, perché

c’era la filosofia che non serviva, poi ho ripreso quando l’ho tolto, perché avevano detto che avevo bisogno di rinforzo muscolare, i miei compagni mi dicevano “Fortunata che puoi saltare”, e io pensavo che mi dispiaceva perché era un bel momento da stare con i compagni, di fare qualcosa di diverso.”

− “Il primo anno d’estate (…) lo dovevo mettere venti ore al giorno, e magari c’erano le

mie amiche che mi dicevano di andare in piscina e io andavo perché avevo le quattro ore libere, ma poi dovevo dire che dovevo tornare a casa presto”

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