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Incubatori privati – Il contesto nel quale operano

Al di là dei contributi teorici visti, resta da definire in modo concreto chi siano queste figure che assistono le aziende nella fase di start-up. "Diverse ricerche, svolte fin dagli anni novanta ad oggi, dimostrano l'importanza della nascita di nuove imprese per lo sviluppo economico e occupazionale di un Paese. Tuttavia, gli imprenditori hanno difficoltà a reperire i capitali di cui necessitano, e sono spesso obbligati a ricorrere al capitale di debito, non adatto nelle fasi di sviluppo iniziali dell'impresa" (Capizzi, Giovannini 2009, p.12). Lasciando da parte i dibattiti accademici e focalizzandoci sugli aspetti economico-finanziari, è possibile collocare gli incubatori privati, con vari gradi di aggiustamento, all’interno del fenomeno del Venture Capital, più precisamente nell’Informal Venture Capital (Capizzi, Giovannini 2009).

Il capitale di rischio rappresenta la forma migliore per il finanziamento di aziende innovative nei primi e successivi stadi della loro evoluzione (Popov e Roosenboom, 2012). Questo perché, diversamente dal finanziamento concesso dalle banche (finanziamento che si concretizza in capitale di debito), il finanziamento fornito

dall’incubatore consiste solitamente in una partecipazione nel capitale di rischio della start-up. Poiché nella fase iniziale del ciclo di vita le aziende solitamente presentano cash flow negativi, esse incontrano difficoltà nell’ottenere finanziamenti da parte di enti convenzionali come le banche. Inoltre, il finanziamento tramite capitale di rischio include, a seconda dei casi, una partecipazione attiva da parte del finanziatore nella gestione dell’azienda finanziata, proprio perché il finanziatore è interessato a tutelare il suo investimento (Popov e Roosenboom, 2012). “I Venture Capital sono investitori attivi che possono aiutare le compagnie finanziate a ridurre il timo-to-market, contattare finanziatori influenti, aiutarle nei successivi round di finanziamenti e nelle operazioni di recruiting” (Popov e Roosenboom, 2012 p. 450).

Questo tipo di finanziamento segue delle dinamiche differenti rispetto alle concessioni di capitale di debito. Gli investitori ottengono, in contropartita alle risorse investite, delle quote di minoranza o maggioranza (a seconda dei casi) delle imprese finanziate e realizzano un profitto nel momento in cui, in seguito all'aumento del valore dell'azienda finanziata, si apprestano a cedere le quote possedute. Tale forma di realizzazione di profitto è detta “capital gain” e può essere realizzata attraverso tre strategie di uscita generiche:

Buyback, cioè il riacquisto delle quote detenute dal VC da parte dei soci fondatori.

 Cessione ad altri finanziatori tramite trattativa privata (vendita delle quote).

 Quotazione in un mercato mobiliare regolamentato (IPO12).

Generalmente questo tipo d’investimenti segue un orizzonte temporale variabile, tipicamente da un minimo di due ad un massimo di 5 anni, sempre a seconda del contesto specifico dell’investimento. La cessione della quota detenuta dal Venture Capitalist è detta “Exit”. L’European Venture Capitalist Association definisce la figura del VC come: “il manager di un fondo di private equity che ha la responsabilità della gestione degli investimenti del fondo in un particolare portafoglio di compagnie. […] egli apporta non solo i fondi ma anche una conoscenza estremamente importante, i propri contatti, il proprio marchio e una visione strategica”.13 Potremmo quindi affermare che gli incubatori aziendali privati imitano il modello di business tipico del

12Initial Public Offering.

VC in un contesto “in scala” per quanto riguarda i finanziamenti apportati. In generale, il Venture Capital risulta essere ben sviluppato nei Paesi dotati di un mercato borsistico, un buon grado di flessibilità del lavoro, un diffuso sistema pensionistico privato, e una bassa tassazione sul fronte del capital gain (Bertoni et al. 2011). Queste ragioni confermano quanto il fenomeno del Venture Capital appaia evoluto prevalentemente in paesi come Stati Uniti e Regno Unito. A supporto di tale affermazione, basti pensare alla notevole concentrazione di aziende high-tech, contrapposta alla relativa scarsità di queste ultime in Europa.

In riferimento all’Italia, Bertoni et al. (2011) definiscono il mercato italiano del Venture Capital come “sottosviluppato”. Tra le ragioni che giustificano questo ritardo gli autori citano soprattutto la modesta dimensione del mercato borsistico italiano e il fatto che la maggioranza delle imprese quotate operi in settori maturi e low-tech. A questo punto occorre fare alcune precisazioni in merito all’impatto del Venture Capital nel contesto affrontato da questo elaborato. Infatti se le strutture quali gli incubatori e gli acceleratori privati (e cioè profit-oriented) si “ispirano” ai meccanismi del VC per quanto riguarda i finanziamenti in capitale di rischio, è altrettanto vero che il VC (inteso come persona o team che gestisce capitali per conto di uno o più fondi d’investimento) gioca un ruolo secondario nel finanziamento delle aziende in fase di start-up e ancora minore per quelle in fase di seeding (cioè la fase in cui un’idea viene concretizzata attraverso la costituzione di una società). Secondo una ricerca di Capizzi e Giovannini del 2006, soltanto il 23% dei finanziamenti erogati in Italia dai Venture Capitalist è andato a finanziare progetti nelle prime fasi di sviluppo (start-up). Perciò, è possibile affermare che il VC si occupa di finanziare l’azienda nel momento della “commercializzazione dell’innovazione”, cioè quando si rendono necessarie risorse maggiori al fine di creare infrastrutture a supporto dello sviluppo dell’azienda. Per riassumere, si potrebbe dire che i VC concentrano i loro investimenti nella fase intermedia dell’evoluzione dell’azienda, occupandosi di realtà già avviate e che lasciano intravedere importanti possibilità di sviluppo. Le idee di business e le imprese che si trovano nei primi stadi di sviluppo sono assisti da altri attori (quali incubatori, acceleratori e in parte Business Angel) il cui compito è seguire le fasi iniziali, caratterizzate da elevata incertezza, e successivamente fare da collegamento con il mondo del VC. Queste figure, dette investitori informali, saranno successivamente descritte nel corso del paragrafo.

L’interesse per l’Informal Venture Capital è aumentato notevolmente negli ultimi vent’anni. Come si diceva, il mercato dell’Informal Venture Capital si è sviluppato prevalentemente negli Usa e in Gran Bretagna e in particolare seguendo l'andamento della New Economy: ha conosciuto una forte fase di espansione verso la fine degli anni novanta per poi rallentare durante la crisi dei primi anni 2000. Esso rappresenta quindi il contesto entro il quale incubatori e acceleratori tecnologici “operano”; infatti tali attori sono i naturali interlocutori nelle dinamiche che riguardano lo sviluppo delle imprese incubate o accelerate. Tra le figure principali dell’Informal VC (oltre agli incubatori) vi sono i Business Angel, investitori informali che operano come finanziatori per progetti d’impresa in fase iniziale (seeding e start-up). Nel contesto italiano, i Business Angel sono definibili come investitori saltuari, con una frequenza di circa un investimento l’anno. “Anche se il profitto derivante dall’aumento del valore della quota posseduta nell’impresa è il motivo principale che porta a scegliere di effettuare o meno un investimento, ha un ruolo non secondario anche la parte non finanziaria dell’investimento, come la conoscenza personale dell’imprenditore, il contatto con nuove tecnologie o il semplice desiderio di seguire un’impresa sin dalla sua nascita” (Capizzi e Giovannini, 2009, p.21). Il business Angel finanzia solitamente progetti entro un intervallo che va dai 20.000 ai 500.000 euro. Sono figure dotate di un elevato grado di flessibilità; negli anni si sono evolute fino ad organizzarsi nella costituzione di network (in Italia esiste IBAN14). Operanti nel così detto “funding gap” cioè l’intervallo lasciato scoperto dai grandi VC dove le imprese in fase di seed e start-up cercano finanziamenti. Essi finanziano in media più di venti volte il numero di imprese finanziate dai VC. Altra caratteristica che li differenzia dai VC è il fatto che essi investono capitale proprio e non raccolto presso terzi. Ciò fornisce un’ulteriore spiegazione al significato del termine Informal. Per questo motivo i Business Angel non devono garantire rendimenti minimi a terzi e questo rispecchia la maggiore propensione alla rischiosità che caratterizza i loro investimenti. Altro fattore che richiama l’informalità del termine è costituito dal fatto che le ricerche di progetti nei quali investire avvengono tramite conoscenze personali: non esistono canali ufficiali o mercati regolamentati, ne processi di application come nel contesto degli incubatori aziendali. Tuttavia questo aumenta la difficoltà nel misurare le grandezze di questo

fenomeno. Per quanto riguarda il contesto italiano, queste figure si dividono in:

 Business Angel Finanziari: cioè si limitano a fornire il capitale senza entrare nel merito della gestione, se non in modo marginale.

 Business Angeles Industriali: mettono a disposizione dell’azienda finanziata la loro capacità manageriale e i loro contatti privati.

Volendo riassumere, le principali figure operanti nell’Informal Venture Capital, oltre ai Business Angel, sono:

 Acceleratori

 Incubatori – Incubatori di primo miglio

 Seed Fund

Acceleratori

Per quanto riguarda la prima categoria, gli acceleratori sono sostanzialmente strutture o programmi simili agli incubatori. Come sostiene Bricault Paul (cofondatore dell’acceleratore californiano Amplify) la differenza sostanziale: “è la durata dei programmi. Generalmente un acceleratore accoglie al suo interno una start-up per un periodo che in genere non supera i 4/5 mesi, al termine dei quali la startup è detta "graduate". Un incubatore invece prevede programmi pluriennali”.15

Altra caratteristica, sottolinea Bricault, consiste nella partecipazione che i due diversi programmi richiedono sul capitale sociale della start-up: in genere entro il 10% per l'acceleratore, ben più consistente per l'incubatore (si può arrivare anche oltre al 50%, a seconda dei casi). Uno degli esempi di acceleratore d’azienda più famoso ( e tra i primi per data di fondazione) è senza dubbio Y Combinator16

Incubatori e Incubatori di primo miglio Descritti nel paragrafo precedente.

15intervista rilasciata a Inc. da Bricault Paul, consultabile su http://www.inc.com/christina-

desmarais/difference-between-startup-accelerator-and-incubator.html

Fondi Seed

Sono dei fondi dedicati al finanziamento di idee e imprese che si trovano nei primissimi stadi di vita, ovvero la fase di “sperimentazione”, in cui la validità economica del progetto imprenditoriale non è ancora stata dimostrata. Caratteristiche di questo contesto sono gli importi finanziari contenuti accompagnati da elevati rischi. A volte, questi fondi si occupano di raccogliere capitali privati che verranno poi investiti in modo coordinato con dei Business Angel.