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Gli studi volti ad analizzare l'impatto della qualità dell'organo trapiantato sull’outcome postoperatorio del ricevente hanno spesso utilizzato come indicatori di qualità elementi quali i tempi di estubazione postoperatoria, il consumo di emoderivati, il tipo e la gravità di complicanze (epatiche, renali, respiratorie, infettive) e/o l'andamento dei test di laboratorio.

Tempi di estubazione

Il concetto di estubazione precoce (fast tracking); direttamente in sala operatoria o poche ore dopo la fine dell’intervento77

, ha dimostrato da anni di migliorare la qualità delle cure, di ridurre le degenza in terapia intensiva e in ospedale e di ridurre i costi. Il razionale per la prosecuzione nelle 48 ore post-trapianto della ventilazione a pressione positiva sono principalmente la diminuzione dello stress chirurgico e la

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maggiore stabilità emodinamica. D'altra parte, il principale effetto sfavorevole di una prolungata ventilazione nel post-trapianto di fegato è l'aumento della pressione intratoracica polmonare, che induce un aumento delle pressioni polmonari e un sovraccarico sul cuore destro; tale sovraccarico può trasmettersi a valle, con impedimento al flusso dalla vena cava inferiore e congestione ematica nell' organo trapiantato; il respiro spontaneo, invece, grazie alla pressione intratoracica negativa, esercita un effetto "risucchio" che favorisce il ritorno venoso al cuore destro e aumenta il flusso epatico.

Gli studi condotti sull'estubazione precoce del paziente trapiantato di fegato hanno dimostrato una diminuzione della mortalità, delle complicanze e dei costi totali per riduzione delle risorse utilizzate,senza aumenti dell’incidenza del tasso di reintubazione78 79 80.Ovviamente l’estubazione precoce non deve essere "azzardata" e ciò ha portato molti Autori ad indagare eventuali indicatori di possibile fallimento del protocollo fast track.

Biancofiore e coll.81 annoverano tra i fattori predittivi di fallimento dell'estubazione precoce: disfunzione d'organo, disfunzione cardiaca e/o renale, problemi neurologici, trasfusione intraoperatoria superiore a 12 unità di GRC ed edema polmonare, Faenza e coll.82 individuano nella disfunzione d'organo post-riperfusione (espressa dal trend degli enzimi di funzionalità epatica, soprattutto GOT e GPT) il principale fattore che influenzi la durata della ventilazione postoperatoria: gli Autori sostengono infatti che un organo ben funzionante possa metabolizzare rapidamente le sostanze vasoattive circolanti causa di danno al parenchima polmonare e ripristinare dunque un normale rapporto Pa02/Fi02 anche in presenza di valori preoperatori alterati. Il trend enzimatico e il rapporto Pa02/Fi02 nell'immediato postoperatorio possono dunque essere altamente predittivi della durata della ventilazione postoperatoria e utilizzati come guida per rinforzare la sorveglianza infettiva e praticare tracheotomie percutanee precoci.

Non vi è uniformità di consenso riguardo l'impatto delle condizioni preoperatorie del ricevente sui tempi di estubazione: alcuni Autori sostengono che caratteristiche preoperatorie come MELD score > 11, storia di encefalopatia e disfunzione epatica, nonché epatite fulminante e ritrapianto possano avere un impatto negativo sui tempi di estubazione81 83.

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Consumo di emoderivati

Gli ormai noti effetti indesiderati e le complicanze che seguono la trasfusione di emoderivati84 85 hanno fatto sì che molti sforzi fossero rivolti al contenimento delle perdite ematiche (e di conseguenza delle trasfusioni): le tecniche di emorecupero, lo shunt portocavale, nuove tecniche chirurgiche (piggy back), nuovi farmaci attivi sull'emostasi e altre strategie medico-chirurgiche hanno reso possibile effettuare un trapianto di fegato senza ricorrere alla trasfusione di globuli rossi (GRC). L'importanza della quantità di GRC trasfusi è stata sottolineata da Ramos e coll.86 che hanno dimostrato come la trasfusione intraoperatoria di più di 3 unità di GRC si associ ad un significativo allungamento della degenza ospedaliera e più di 6 unità abbiano un effetto negativo sulla sopravvivenza del paziente. Gli Autori affermano che la quantità di globuli rossi trasfusi abbia una predittività maggiore sulla durata della degenza ospedaliera e sulla sopravvivenza a lungo termine maggiore rispetto ai punteggi Child-Pugh e UNOS pretrapianto. Le tecniche di contenimento delle perdite ematiche proposte dal gruppo di Ramos sono: la normalizzazione preoperatoria dei valori di emoglobina e il ricorso allo shunt porto-cavale87.

Massicotte e coll.88 hanno dimostrato la scarsa predittività dei parametri di laboratorio o di altre variabili sul fabbisogno intraoperatorio di unità di GRC, attribuendo maggior peso al fattore umano (esperienza dell' anestesista e del chirurgo).

Complicanze epatiche

Primary Non Function (PNF). Pur essendo la più comune causa di disfunzione epatica precoce post-trapianto, non esiste una definizione univoca di PNF: la diagnosi viene fatta allorquando un organo mostri evidenze di iniziale malfunzionamento in assenza di cause tecniche o immunologiche rilevabili che necessitino di ritrapianto entro 72 ore dal precedente intervento. L'unico trattamento efficace rimane il ritrapianto tanto che, in caso di successo in seguito a terapia medica, alcuni autori consigliano di mettere in dubbio la diagnosi stessa di primary non function89. La mancata sostituzione dell' organo non funzionante porta inevitabilmente il paziente a morte nel periodo postoperatorio precoce, spesso per sepsi, danno cerebrale irreversibile o scompenso multiorgano. L'incertezza nella definizione causa variabilità

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nell'incidenza riportata, che può variare dallo

0,6% al 24% dei trapianti eseguiti, con la maggior parte dei centri che si collocano intorno al 2-10%.

Nell'indagare le cause che possano scatenare la PNF, una distinzione può essere fatta tra fattori donatore-correlati (età, instabilità emodinamica, uso di farmaci vasoattivi, steatosi macrovescicolare, stato nutrizionale, tempo di ischemia) e fattori ricevente-correlati (causa del trapianto, dimensioni ridotte dell'organo, endotossine, farmaci epatotossici, come alcuni immunosoppressori) che più frequentemente si accompagnano alla manifestazione di PNF e che quindi probabilmente ne sono parte in causa90 . Molti studi singolo centro riportano la propria incidenza di PNF e i fattori di rischio che più probabilmente ne contribuiscono allo sviluppo: tra i più frequentemente riportati figurano l'insufficienza epatica fulminate come eziologia91, l'insufficienza renale (sindrome epato-renale)92 93 94 95 , l'obesità (BIM > 30)96 e la scelta della terapia immunosoppressiva.

Delayed Non Function (DNF)

Viene definita come malfunzionamento dell’organo trapiantato che necessiti di ritrapianto entro un mese dal precedente intervento.

Complicanze renali

La funzionalità renale può essere severamente compromessa in seguito a trapianto di fegato sia a causa delle condizioni generali preoperatorie del ricevente che a causa di molti fattori potenzialmente nefrotossici (gravi alterazioni emodinamiche, somministrazione dì farmaci nefrotossici, complicanze chirurgiche acute o infettive). Una funzione renale compromessa può d'altronde inficiare e segnare negativamente il decorso postoperatorio del paziente trapiantato, aumentandone la permanenza in ambiente intensivo (o, più genericamente, in ambito ospedaliero) e quindi morbilità e mortalità.

E' importante, dunque, per le equipes di trapianto, individuare gli eventuali fattori che potrebbero determinare un danno renale postoperatorio e, ove possibile, evitare le situazioni che potrebbero far precipitare situazioni borderline. E’ altrettanto importante avere a disposizione mezzi per identificare precocemente una eventuale defaillance della funzionalità renale, ancor prima che il si manifesti il quadro clinico

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conclamato. Poiché le peculiarità della malattia del paziente epatopatico (ridotta massa muscolare, diminuita sintesi di creatinina e alti li velli di bilirubina) rendono poco affidabili le misurazioni di creatinina sierica e clearance della creatinina

altrimenti usate, il gruppo di Biancofio-

re e coll.97 ha individuato nella Cistatina C (un polipeptide dal basso peso molecolare prodotto da tutte le cellule nucleate, liberamente filtrato dal glomerulo, riassorbito e metabolizzato dalle cellule tubulari prossimali renali) un marker affidabile nel monitoraggio della funzione renale immediatamente post-operatoria,soprattutto per modeste alterazioni nella GFR.

Complicanze respiratorie

Le complicanze respiratorie, che interessano fino al 75% dei pazienti sottoposti a trapianto di fegato, sono una conseguenza nota da molto tempo98: tra le varie forme di insufficienza respiratoria, l’Acute Respiratory Distress Syndrome (ARDS) è una delle più importanti.

L'ARDS si definisce con comparsa improvvisa di distress respiratorio (frequenza respiratoria >30/min) associato a dispnea, ipossia, ridotta compliance polmonare, infiltrati alveolari diffusi all'Rx del torace senza evidenza di precedenti patologie polmonari o cardiovascolari per cui è indicata la ventilazione meccanica,

Un'analisi retrospettiva di Li e coll.99 ha indagato le possibili cause alla base dello sviluppo di ARDS posi-trapianto. Vengono annoverati come possibili fattori scatenanti l' ARDS:

 bilancio idrico positivo durante il trapianto che può portare all' edema polmonare, precursore dell' ARDS. Tale bilancio idrico positivo può essere dovuto unicamente all'infusione massiva di soluzioni cristalloidi o colloidali (o alla trasfusione di emoderivati), oppure sommarsi nello sviluppo di edema polmonare a ritenzione idrica o danno renale da immunosoppressori.

 la sindrome da riperfusione, che mediante il rilascio in circolo dei mediatori specifici, sarebbe causa di un danno endoteliale diffuso .

 la sepsi. Non è infrequente, nei campioni provenienti dall' apparato bronco- alveolare o dal sangue di pazienti affetti da ARDS, isolare agenti batterici, anche subito dopo il trapianto.

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 uso della ciclosporina, che agirebbe mediante un meccanismo di ritenzione idrica attribuito all'ormone antidiuretico in assenza di insufficienza renale. Sembra inoltre che anche il modo di somministrare la ciclosporina possa determinare di per sé danni a livello dell' endotelio vascolare: quando somministrata in bolo, il danno tossico può alterare la permeabilità di membrana e portare a danno ai capillari. Alte concentrazioni di ciclosporina, infine, in associazione ad altri farmaci ad effetto potenzialmente nefrotossico utilizzati nel postoperatorio, come alcuni antibiotici, possono determinare danno renale, correlato con bilancio idrico positivo alla base dello sviluppo di edema polmonare.

Transfusion-Related Lung Injury (TRALI). La TRALI, che sembra essere una delle cause più frequenti di edema polmonare in corso di trapianto100, segue la somministrazione di globuli rossi concentrati o concentrati piastrinici: gli anticorpi presenti all'interno di questi emoderivati reagiscono direttamente con gli antigeni leucocitari del ricevente causando alterazioni di permeabilità nei capillari polmonari. L'edema polmonare conseguente la TRALI è di solito di breve durata, circa 2-6 ore. Inizialmente le complicanze polmonari conseguenti le trasfusioni di emoderivati furono attribuite alla presenza di microemboli di materiale particolato trovato all'interno degli emoderivati conservati, tuttavia gli studi autoptici non rilevarono tali microemboli, pertanto il meccanismo venne spiegato con il rilascio di sostanze vasoattive.

 sornministrazione di cortisonici. Gli studi su animali dimostrano un effetto protettivo dei cortisonici nei confronti dell' ARDS e I'esperienza di Li e coll. riporta lo sviluppo di ARDS 3-4 giorni dopo lo svezzamento dai cortisonici.  altre cause: aspirazione di materiale gastrico, versamento pleurico, ascite,

danno polmonare da elevate concentrazioni di ossigeno e sindrome epato- polmonare.

Prevenzione e Trattamento

Tutti i fattori riconosciuti come possibili cause di ARDS dovrebbero essere accuratamente evitati per poter prevenire l'ARDS. Una volta che l' ARDS si sia sviluppata, la terapia deve essere conservativa per quanto concerne la funzionalità

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polmonare, agendo in maniera mirata sulla causa che eventualmente possa averla determinata (terapia antibiotica in caso di infezione, diuretica o dialitica in caso di danno renale, etc.).

Complicanze infettive

La complicanza infettiva è una tra le più frequenti: sembra che interessi circa il 70% dei pazienti nel primo anno dopo l'intervento; grazie al progresso delle terapie antibiotiche, tale evenienza è sempre meno frequentemente un evento letale, con percentuali che si situano più o meno sul 10%. Le ragioni di tale predisposizione sono legate al deficit delle difese meccaniche, legato sia all'intervento che all'invasività dei monitoraggi in terapia intensiva, e al deficit delle difese immunitarie, secondario alla terapia immunosoppressiva cui il paziente deve sottoporsi.

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