CAPITOLO 3: LE CITTÀ DI TRANSIZIONE
3.8 Indicatori di successo e criticità
Le Transition Town rappresentano una realtà giovane, eterogenea, che si declina in maniera diversa a seconda del territorio nel quale si immerge. Sin dal principio non si identifica con la sola dimensione ambientalista, ma assume l'aspetto di un vero e proprio
movimento culturale, così come gli attivisti stessi lo descrivono.
Si tratta di un movimento a rapida diffusione tra i gruppi di cambiamento sociale di tutto il “Nord” del mondo a causa di una pluralità di motivi.
Il movimento presenta infatti alcune peculiarità che lo differenziano da quello che è definito da Hopkins «ambientalismo convenzionale». Una delle caratteristiche più innovative è rappresentata dal fatto che prospetta un futuro molto positivo, per le comunità che si impegnano nell'attuare le strategie che esso suggerisce, ponendosi in antitesi ai movimenti ambientalisti che disegnano un domani in cui la perdita della biodiversità e l'inquinamento saranno problemi troppo grandi per la gente del mondo.
Altra differenza che si può rintracciare nel messaggio dell'organizzazione è che un futuro migliore può essere raggiunto solo da una comunità che agisce collettivamente e che non sia solo formata dalla somma dei singoli comportamenti individuali, ma che abbia quel valore aggiunto, che è caratteristica solo di quegli individui che si confrontano in maniera positiva per individuare problemi e trovare soluzioni. È proprio questa socialità rimarcata e diffusa che le conferisce una veste nuova rispetto ad altri movimenti. Rob Hopkins e gli attori delle iniziative di transizione usano il termine “celebrare” per indicare l'importanza di soffermarsi a festeggiare ogni successo. Così ogni occasione può diventare buona per riunirsi a mangiare in maniera conviviale i prodotti dell'orto, per fare una festa, o una gita, rispondendo a quella naturale esigenza degli esseri umani di vivere a contatto con gli altri.
Altra significativa peculiarità è rappresentata dal fatto che, mentre molti ambientalisti criticano e si oppongono con forza ai comportamenti ritenuti sbagliati delle amministrazioni come dei singoli, il movimento di transizione ha coniato l'espressione “transizione interiore” per indicare il fatto che i cambiamenti degli stili di vita, non sono semplici ed immediati, ma devono essere interiorizzati, pensati, e richiedono un lungo percorso cosciente. Chi si avvicina al movimento non ha la sensazione di comportarsi male perchè accende una volta di troppo i riscaldamenti o perchè fa la spesa in un supermercato globalizzato. Ciò che conta è solo avere la percezione che qualcosa non va nel proprio stile di vita, e avere la consapevolezza che non sia l'unico modo di vivere possibile. Ogni gruppo in transizione sarà bravo ad accompagnare passo passo l'individuo lungo questo percorso di cambiamento e non importa quanto sarà lungo o quanto impegno comporti, l'unica cosa che conta è che sia imboccato. La transizione interiore di ogni individuo è infatti difficile, così come lo è la transizione di un intera città.
Una delle caratteristiche indubbiamente più apprezzabili del movimento, che proviene dai principi dalla permacultura, è la sua dimensione olistica: non ci si può
rapportare ai problemi del nostro tempo in maniera settoriale, perchè essi sono incatenati da cicli causali, a cui si deve necessariamente rispondere in maniera complessiva. Il fatto poi che il movimento si occupi di ambiente, cibo, agricoltura, economia, scienza, politica, cultura, medicina e benessere, ecc.. consente ad ognuno di trovare all'interno di esso la propria dimensione.
Altra differenza con i movimenti tradizionali risiede nel fatto che le città di transizione non si pongono in maniera antagonista nei confronti delle Amministrazione Pubbliche, ma sono consapevoli che nessun grande risultato può essere raggiunto senza la collaborazione delle istituzioni locali, arrivando spesso, come nel caso di TTT o di Monteveglio a stringere strettissime relazioni con esse. Le amministrazioni locali si troveranno sempre di più a dover soddisfare targets di eco-compatibilità, richiesti ad esempio dalle macroistituzioni globali, oltre che dall'opinione pubblica, e potranno trovare un utile risorsa in questo tipo di iniziative e nella rete di sostenibilità da esse generata sul territorio.
Il movimento di transizione può essere considerato a tutti gli effetti conseguenza legittima della profonda crisi in atto, non solo perchè costringe gli individui a ripensare al proprio rapporto con l'economia, ma anche perchè la crisi stessa può essere letta come una opportunità dalla quale può nascere una nuova cultura promossa da persone che si prendano cura, con amore, del territorio e degli altri.
Le persone che si attivano nel movimento non partecipano ad esso solo per attuare pratiche sostenibili, ma anche per esplorare e sperimentare complessivamente altri stili di vita, battendosi perché le pratiche di transizione, come la coltivazione, il mangiar sano, cercare di rendere la propria città un luogo più vivibile, vengano condivisi il più possibile all’interno del movimento e de>lla propria comunità locale.
Al di là di queste considerazioni generali sulle intenzioni del movimento è difficile fare una sintesi sulla capacità di tradurre i principi in pratica perchè ogni città, ogni villaggio ed ogni iniziativa ha le sue peculiarità e le iniziative sono declinate in maniera diversa.
Nella città di Totnes il movimento ha raggiunto un alto numero di abitanti, che coinvolge in vario modo. I cittadini possono essere volontari oppure partecipare semplicemente alle iniziative promosse da TTT, acquistando per esempio i prodotti delle aziende locali, prendendo parte al progetto Transition Street, o acquistando pannelli solari dalla cooperativa che promuove un energia locale.
altrove, non solo perchè il fondatore del movimento è originario della piccola cittadina, ma perchè ha con il movimento un legame particolare.
La città presentava già prima della nascita di TTT delle caratteristiche uniche, data la presenza di un buon numero di associazioni ambientaliste, di molte aziende agricole, e dato il substrato culturale generale che l'ha resa famosa in passato per essere “la capitale mondiale del New Age”.
Il modello della transizione è stato generato da tutte queste componenti, è stato messo a punto da un suo cittadino ed è stato rimandato alla città che lo ha accolto a braccia aperte.
In molte situazioni come Transition Yorkshire, o Transition Scotland l'iniziativa è fallita204, in altre realtà pur funzionando bene non riesce a coinvolgere un numero
sufficiente di persone, a causa di una pluralità di motivi. Il primo è sicuramente dato dal fatto che in molti contesti le persone impegnate nel movimento devono affrontare gli stessi problemi che affliggono tutti i gruppi di cambiamento sociale, che si devono confrontare con una società addormentata ed ipnotizzata dalla televisione e dai piaceri superficiali del consumismo. Si aggiunge che a volte può essere difficile trasmettere in maniera efficiente il messaggio del progressivo esaurimento del petrolio ad un'opinione pubblica non abituata a confrontarsi sul tema, e più sensibile nei confronti di altre tematiche. Per questo delicato compito occorre una grande consapevolezza comunicativa, per non correre il rischio di allarmare gli individui prospettando una grande crisi imminente che più che avvicinare, spaventa.
Per quanto concerne la divulgazione di materiale informativo audio-visivo e gli incontri di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza nella cittadinanza, è bene segnalare che raramente questo approccio ottiene il risultato sperato, almeno non nella componente più ampia della popolazione. Il maggiore impatto, infatti, viene ottenuto non con attività informativo-divulgative, ma con quelle attività legate all’apprendimento di abilità (corsi e workshop) e alla sperimentazione pratica, con le quali il movimento della Transizione riesce a ottenere visibilità e consenso, infondendo nella popolazione l’impressione che sia possibile fare qualcosa di concreto per cambiare il mondo.
Il movimento si diffonde con una certa velocità anche se l'aver previsto dei criteri formali e delle procedure con cui il Transition Network Ld autorizza a diventare iniziativa di transizione, smorza un po' la portata innovativa del movimento, che potrebbe correre il rischio di diventare una delle tante grandi organizzazioni non governative internazionali
che caratterizzano il mondo del volontariato (anche se ciò non è affatto disdicevole nella maggior parte dei casi).
Il movimento sta comunque dimostrando di sapersi ritagliare un ruolo, nella diffusione di quella cultura della sostenibilità, che ha le potenzialità per espandersi, a patto che non rimanga appannaggio dei soggetti della società civile, e a patto che esca dalla nicchia che le è riservata. Occorre che le istituzioni locali e nazionali si adoperino in tal senso e che le istituzioni formative ed educative diventino il motore del cambiamento, costruendo una scuola e ad una Università che sappiano abituare alla sostenibilità ambientale e sociale sul piano dei contenuti didattici.
CAPITOLO 4. LA DIFFUSIONE IN ITALIA DEL MODELLO DELLA