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Indicazioni per la definizione di piani di monitoraggio

9. MONITORAGGIO

9.3 Indicazioni per la definizione di piani di monitoraggio

Secondo quanto emerso da queste analisi è possibile ipotizzare una struttura del piano di monitoraggio per cercare di ottenere serie storiche significative che rappresentino con suffi-ciente precisione l’andamento della falda su lungo periodo, che permettano di ottenere valuta-zioni statistiche robuste e veritiere e che siano tra esse confrontabili.

Un aspetto che risulta sicuramente imprescindibile è la descrizione degli anni recenti, senza i quali la valutazione di una tendenza non avrebbe significato per descrivere la situazione attuale della falda e quindi l’elaborazione di un giudizio di stato.

Le serie utilizzate dovrebbero quindi arrivare possibilmente al 2017 o, in caso estremo, non interrompersi prima del 2015. Questa finestra di variabilità potrebbe essere accettabile in quanto tra il 2015 e il 2017 i livelli di falda sembrerebbero essere rimasti pressoché invariati, dunque non costituirebbero una alterazione significativa delle tendenze come potrebbe essere quella determinata dalla mancanza di anni di massimo o minimo piezometrico. Ciononostante questo ha senso solo in caso il monitoraggio dovesse proseguire negli anni successivi al 2017, perché permetterebbe di dare una direzione a queste misure mancanti.

La scelta delle stazioni di monitoraggio da utilizzare dovrebbe essere indirizzata su quelle che presentano le serie più lunghe. Soprattutto si dovrebbe evitare che il loro inizio coincida con il 2006 o il 2009, in quanto si tratta di anni estremi. Come evidenziato dai test riportati nel capitolo 9.1.3 infatti, i dataset che iniziano in uno di questi due periodi sono caratterizzati da una pendenza consistente ma non effettivamente rappresentativa della condizione reale della falda e potrebbe determinare un giudizio positivo o negativo in funzione solamente del fatto che ci si trovasse in un periodo arido o umido a inizio serie.

Un approccio che permetta una valutazione equilibrata dei livelli su lungo periodo dovrebbe essere quello di utilizzare serie il cui inizio si collochi in periodi di media ricarica della falda, come mostrati dai dataset più consistenti. In questo modo si eviterebbero distorsioni dovute a livelli anomali della falda nel caso in cui fossero collocati a inizio serie.

Per ottenere una valutazione rappresentativa e confrontabile, le serie dovrebbero essere tutte della medesima durata. In questo modo la tendenza sarebbe riferibile allo stesso periodo per tutti i punti di monitoraggio utilizzati, permettendo un confronto tra i risultati. Come eviden-ziato durante i test precedenti infatti, la durata influenza direttamente la pendenza delle rette di

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regressione che sono funzione non solo delle misure piezometriche ma anche della variabile temporale a cui queste sono plottate.

Questi due aspetti tuttavia entrano in contrasto con la reale disponibilità di serie storiche lungo la piana. Infatti le sole stazioni di monitoraggio che sono dotate di serie robuste, popolate e lunghe si trovano nel comune di Aosta, mentre il resto del territorio è caratterizzato da una generale penuria di dati, con dataset frammentari, brevi o distanti dal periodo recente che costi-tuirebbero il fattore limitante nella selezione dei punti da utilizzare per la valutazione.

Il caso più emblematico è rappresentato dalla zona centro-orientale della piana, da Brissogne in poi, dove i monitoraggi descrivono solamente il periodo 2006-2009 e sono quindi inutilizza-bili ai fini di una valutazione di stato.

Un possibile modo per arginare parzialmente il problema potrebbe essere quello di suddivi-dere temporaneamente la piana d’Aosta in zone omogenee dal punto di vista sia dei parametri idrogeologici sia della qualità delle serie disponibili. In questo modo sarebbe possibile elaborare giudizi sullo stato quantitativo robusti per le zone che lo permettono, mentre nelle rimanenti aree della piana, attuando un piano di monitoraggio costante, si possono iniziare a costruire dataset rigorosi che permetteranno la valutazione nei prossimi cicli sessennali di gestione. Sul lungo periodo, questo permetterà di disporre di serie confrontabili tra loro in tutto il territorio, permettendo anche di uniformare il giudizio estendendolo a scala areale su tutta la piana.

L’integrazione del monitoraggio nell’area centro-orientale inoltre è anche di fondamentale importanza per l’esecuzione del test 2 delle linee guida, in quanto in quest’area la falda presenta un rapporto diretto con il fiume.

Per quanto riguarda la frequenza di monitoraggio, non dovrebbe limitarsi a permettere di individuare eventuali innalzamenti o abbassamenti della tavola d’acqua, ma anche offrire una visione dell’evoluzione stagionale della falda. Inoltre la significatività statistica della tendenza è direttamente proporzionale alle misure disponibili, pertanto una cadenza elevata delle regi-strazioni consente di discriminare con maggior sicurezza un trend.

Una risoluzione mensile della piezometria è sicuramente quella che permetterebbe di otte-nere una rappresentazione dell’evoluzione della falda più precisa e significativa, soffrendo an-che meno di eventuali dati mancanti. Ciononostante le fluttuazioni della falda descrivono un regime caratterizzato da un solo minimo ed un solo massimo, che possono essere debitamente descritti per mezzo di misure stagionali.

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Sarebbe invece da evitare un monitoraggio semestrale in quanto, nonostante possa essere centrato sui minimi e sui massimi, non permette di raggiungere una significatività statistica sufficiente nei test e di conseguenza un giudizio robusto delle tendenze pluriennali.

Parallelamente dovrebbe essere mantenuta quanto più possibile la costanza nelle campagne di monitoraggio, dal momento che quanto minore è il numero di misure annue che si decide di adottare tanto maggiore è il peso di eventuali dati mancanti.

In considerazione di questi aspetti, un piano di monitoraggio adeguato alle caratteristiche della piana d’Aosta potrebbe essere costituito da campagne stagionali. In questo modo si può contenere lo sforzo di monitoraggio agevolando le operazioni da un punto di vista sia econo-mico sia logistico, mantenendo al contempo una rappresentazione sufficientemente fedele e precisa dell’evoluzione annuale della falda.

Inoltre, le campagne di monitoraggio dovrebbero essere condotte in periodi scelti in funzione della zona della piana che si vuole descrivere. Infatti, come illustrato precedentemente, è pos-sibile individuare una progressiva anticipazione dei periodi di massimo e minimo piezometrico osservando la piana da ovest ad est. Considerando la necessità di registrare i valori estremi del livello della falda per definirne sia la fluttuazione annuale che l’anno medio di riferimento, la piana può essere suddivisa in zone da monitorare separatamente secondo le carte riportate in Figura 9.18 e in Figura 9.19.

In particolare, per quanto riguarda i livelli minimi, si dovrebbe monitorare la zona orientale a gennaio-febbraio, la zona centro-orientale (tra Quart e Brissogne) in febbraio-marzo e la zona occidentale nell’intorno di aprile.

Per quanto riguarda i livelli massimi invece, tutta la zona orientale fino al torrente Buthier può essere monitorata in luglio, mentre ad ovest del fiume in agosto sulla conoide e in settembre più a monte.

Come ultimo accorgimento, per accompagnare la valutazione dello stato quantitativo relati-vamente agli ecosistemi terrestri dipendenti, dovrebbe essere valutato un monitoraggio più ap-profondito in prossimità della riserva naturale Les Iles di Saint-Marcel. Dal momento che rap-presenta un’area protetta iscritta alla rete Natura2000, la sua tutela è di primaria importanza e trattandosi di una wet-land è necessaria una conoscenza approfondita della falda che la alimenta per consentire una gestione quanto più cautelativa possibile.

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