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Il mercato del lavoro a livello regionale e provinciale

3. L’industria farmaceutica

Un quadro macro, dal globale al nazionale

L’industria farmaceutica europea, la seconda per volumi di ricerca e sviluppo (R&S) al mondo dopo quella statunitense, ha registrato tra il 2000 e il 2016 una forte espansione: il valore della produzione è raddoppiato, passando dai 127 ai 250 miliardi di €, quello delle esportazioni è più che triplicato (dai 90 ai 375 miliardi di €) e ha significativamente ampliato la bilancia commerciale (dai 22 miliardi del 2000 ai 100 miliardi del 2016). Contemporaneamente è duplicata la spesa in R&S e l’occupazione è aumentata del 50%.

Tabella 17: Alcuni dati sull’industria farmaceutica europea, dati in milioni di € salvo diversamente indicato

Fonte: Efpia 20175

I

dati del rapporto Efpia, a cui rimandiamo per eventuali approfondimenti, mettono in luce alcuni aspetti interessanti rispetto al posizionamento dell’Italia nel contesto europeo. In primo luogo, guardando alla spesa in R&S, la leadership è detenuta da Svizzera e Germania che complessivamente registrano un investimento di 6 miliardi di €. In questa classifica l’Italia si colloca al sesto posto con 1,4 miliardi di €. Quello che però riteniamo molto interessante è il posizionamento dell’Italia rispetto al valore della produzione di farmaci, pari a 29 miliardi di valore di produzione, poiché si colloca ben al secondo posto dopo la Svizzera, superando nel 2016 il valore prodotto dalla Germania. Questo rilevante posizionamento è fortemente alimentato dal Contract

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Development and Manufacturing (CDM) ossia la produzione di farmaci conto terzi. Le imprese farmaceutiche del mercato specializzato non riescono a produrre interamente la totalità del proprio prodotto e pertanto ne esternalizzano una parte anche consistente ad aziende terze. L’Italia, grazie alla qualità dei propri impianti, ha accresciuto la propria competitività in questo segmento. D’altra parte, la realizzazione di impianti produttivi farmaceutici, che implica investimenti molto consistenti, impone la necessità di saturarli accettando commesse da imprese terze anche se si detiene una propria produzione di marca.

A fianco di questi elementi, è interessante notare dai dati forniti da Efpia (2017) come il valore della produzione non abbia un riflesso diretto sul livello di occupazione: la Svizzera che produce circa 1 volta e mezzo i volumi dell’Italia (in valore) lo fa con i due terzi dell’occupazione. Similmente, l’Italia che produce circa come la Germania (in valore) lo fa con la metà degli occupati. Sono almeno due gli elementi che influiscono su questi risultati. In primo luogo il costo dei farmaci, in rapporto anche al volume degli stessi: ad esempio per le malattie rare vi sono farmaci molto costosi di cui se ne producono relativamente poche quantità. In secondo luogo i processi ad alta produttività contribuiscono a determinare questi rapporti così differenziati: l’automazione è elevata e, come abbiamo detto in precedenza, una volta che gli investimenti in processi vengono realizzati, li si cerca di saturare il più possibile.

A differenza di altri settori manifatturieri dove l’attività di R&S è importante ma non sempre fondamentale dato il carattere dell’innovazione che può essere maggiormente di natura incrementale oppure afferente più all’aspetto organizzativo che a quello tecnologico, il settore farmaceutico, fatto salva la componente produzione generica, non esisterebbe senza l’attività di R&S. Per questo è importante in questo settore ancora più che in altri esaminare questa componente di investimento. Il grafico seguente mostra l’evoluzione delle nuove entità chimiche scoperte nelle aree di maggiore spesa in ricerca nel settore: quello che ci interessa sottolineare è da un lato che USA ed Europa hanno mantenuto la leadership in questo ambito, conservando circa la stessa distanza in termini di numero di nuove entità chimiche, e dall’altro che oltre al Giappone c’è un gruppo di Paesi che si è progressivamente rafforzato anche in questo tipo di produzione caratterizzate da alti investimenti e competenze. Si evidenzia quindi l’emerge di altri Paesi nel mondo che nel futuro potranno essere il grado di raggiungere e forse superare la leadership attualmente detenuta da Stati Uniti e Europa.

Figura 15: Numero di nuove entità chimiche

Fonte: Efpia 2017

Un ultimo aspetto di rilievo in relazione al settore che desideriamo mettere in luce in questa sede è relativo alla quota crescente di mercato assunta dai farmaci generici negli ultimi anni. La scelta dei sistemi sanitari nazionali, là dove esistono e sono ben strutturati, oppure di strutture assicurative di rimborsare le spese sostenute per i farmaci generici, là dove disponibili, in luogo di quelli di marca, ha determinato la crescita della quota di mercato dei generici. Come la figura successiva illustra questa tendenza è particolarmente evidente, tra i Paesi dell’Unione Europea, per l’Italia (54,2%), che è superata da questo punto di vista solo dalla Polonia (61,8%). Questo mutamento della politica sanitaria ha comportato la necessità per le aziende che producono farmaco di marca di spingere ulteriormente l’acceleratore sulla ricerca in quanto l’arco temporale in cui l’azienda che scopre il farmaco può trarre profitto dalla sua vendita in modo esclusivo è limitato nel tempo. E’ importante ricordare che il tempo necessario per la ricerca e sperimentazione di un nuovo potenziale farmaco, prima della sua effettiva produzione e vendita, si attesta nella migliore delle ipotesi intorno ai 12 anni e su circa 10 molecole in studio solo una mediamente diviene farmaco. Questi dati sintetici spiegano la necessità di forti investimenti in R&S per le aziende del farmaco specialista e dall’altro la forte incertezza in termini di ritorno dell’investimento.

Figura 16: Quota di mercato prodotti generici

Fonte: Efpia 2017

La farmaceutica in Emilia-Romagna

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