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IBRIDI A DOPPIA AZIONE

4. Inibitore ibrido HDAC basato su PAZOPANIB

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Pazopanib (composto 14 in Figura 19) è un potente inibitore RTK che agisce sui fattori VEGFR-1, 2 e 3 e può bloccare la crescita delle cellule tumorali e inibire l'angiogenesi. È stato approvato dalla FDA nel 2009 per il trattamento del carcinoma renale. Varie politerapie di Pazopanib con diversi inibitori HDAC hanno mostrato risultati incoraggianti, stimolando così la progettazione di nuove molecole ibride. In questo ambito, Zhang e collaboratori27 hanno progettato e sintetizzato una serie di nuovi HDACi ibridi sulla base della struttura del Pazopanib, con lo scopo di superare la scarsa efficacia degli HDACi nei tumori solidi. Pazopanib (14 in Figura 19) infatti inibisce l’angiogenesi, che è la chiave fisiologica richiesta per la crescita e le metastasi dei tumori solidi.

La modalità di legame proposta per l’interazione di Pazopanib (14 in Figura 19) con VEGFR-2 (Figura 20, indica che l’indazolo del Pazopanib si adatta bene alla tasca interna per ATP di VEGFR-2. Il gruppo 2-amminopirimidinico forma due legami idrogeno con il residuo Cys917 nella regione cerniera, e la porzione benzensulfonammidica è proiettata verso la regione del solvente.

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Gli inibitori HDAC sono stati progettati tenendo in considerazione il frammento chiave di Pazopanib, e combinandolo con il gruppo ZBG che può essere un acido idrossamico o un orto-amminoanilide.

Tra tutti i composti testati, il derivato 15 (in Figura 19), caratterizzato da un gruppo amminoanilidico come ZBG è quello che ha mostrato una attività inibitoria maggiormente equilibrata contro HDAC e VEGFR-1, -2 e -3, con valori di IC50 di 4.6 μM, 37 nM, 22 nM e 46 nM, rispettivamente. Questa molecola è risultata poi più selettiva contro HDAC1-3 rispetto alle isoforme 6 e 8. Ha mostrato inoltre una potente attività antiproliferativa non solo per le linee cellulari dei tumori ematologici, ma anche per le linee cellulari dei tumori solidi, comprese le più sensibili come le cellule HT-29 (IC50 = 1.07 μM).

In un modello in vitro di angiogenesi, il composto 15 è risultato capace di inibire la proliferazione delle cellule HUVEC (Human Umbilical Vein Endothelial Cells) tanto efficacemente quanto fa Pazopanib ad una concentrazione di 100 nM, ragionevolmente a causa della notevole capacità di 15 di inibire VEGFR. Infine, in un modello xenograft animale (topo) di cellule HT-29, 15 è riuscito a contrastare efficacemente la crescita tumorale alla dose di 50 mg/kg (per os); l’effetto inibitorio è all'incirca la metà di quello prodotto dal Pazopanib (44%, per os) alla stessa dose.

39 5. Inibitori ibridi c-Met/HDAC

Figura 21. Selettivo c-Met derivato come inibitore ibrido HDAC

La proteina c-Met è una proteina proto-oncogena, è un RTK che si lega al fattore di crescita degli epatociti (HGF), con conseguente attivazione del recettore e reclutamento di un numero di proteine adattatrici o effettrici attraverso percorsi di segnalazione a valle, inclusi RAS/MAPK e PI3K/AKT. Queste ultime vie di segnale mediano diversi processi cellulari inclusi la proliferazione, la sopravvivenza, la migrazione, la mitogenesi e l’angiogenesi. Al contrario, anomalie nell'attivazione, nella mutazione, nell'amplificazione e nella traslocazione di c-Met, giocano un ruolo importante nella formazione del cancro, nella sua progressione e disseminazione, così come nell’insorgenze della resistenza ai farmaci. Inoltre, una iperespressione di c-Met e HGF è stata associata agli scarsi risultati clinici ottenuti in pazienti affetti da cancro. La chinasi c-Met ha quindi ricevuto notevole attenzione come bersaglio per lo sviluppo di nuovi agenti per il trattamento del cancro; tuttavia, così come avviene per gli altri inibitori RTK, l'impiego dell'inibitore

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c-Met da solo è capace di produrre una azione ridotta nel bloccare la progressione del tumore; si osserva inoltre bassa efficacia e l’insorgenza resistenza acquisita.

Gli inibitori di c-Met sono emersi come opzione alternativa per la terapia del cancro epatocellulare, anche se è stato dimostrato che gli HDACi esercitano un effetto complementare quando combinati con altri farmaci per combattere il cancro epatocellulare.

Lu e collaboratori28 hanno descritto il primo potente inibitore ibrido c-Met e HDAC, progettato razionalmente sulla base della struttura dell’inibitore selettivo di c-Met 16 riportato nella figura 21. Le SAR del composto 16 hanno mostrato che il sostituente in C-7 dell’anello chinolinico si estende fino alla regione esposta al solvente della proteina e che modifiche su questa posizione non producono un significativo effetto negativo sull'attività inibitoria; il linker e lo ZBG per l'inibizione dell'HDAC sono stati quindi inseriti qui. In questo lavoro sono stati studiati diversi tipi di ZBG ed è stato trovato che il più potente era la molecola 17, che inibisce la c-Met chinasi e HDAC1 con valori IC50 di 0.71 e 38 nM, rispettivamente. Questo ibrido ha anche dimostrato un efficace attività antiproliferativa contro due linee di cellule tumorali, EBC-1 (IC50 = 0.058 μM) e HCT-116 (IC50 =1.3 μM), con maggiore potenza rispetto al composto di riferimento, la Chidamide 5 (IC50 = 2.9 e 7.8 μM), e all’inibitore selettivo c-Met (composto 16 in Figura 21) (IC50 = 0.06 e >10μM). L’inibizione della fosforilazione di c-Met, così come la maggiore espressione di Ac- H3 e p21 nelle cellule EBC-1, sono tutte prove che la molecola 17 funziona bene come inibitore ibrido.

41 6. Inibitori ibridi Abl/HDAC

Figura 22. Inibitore ibrido HDAC basato su Imatinib

Imatinib (18 in Figura 22) è un inibitore di Abl (proteina chinasi), PDGFR e Kit approvato per il trattamento della leucemia mieloide cronica (la cui alterazione genetica è dovuta alla presenza del cromosoma Philadelphia) e della leucemia linfocitica acuta. Imatinib ha mostrato effetti additivi e sinergici quando combinato con inibitori HDAC.

Mahboobi e collaboratori29 hanno progettato una serie di composti mediante la combinazione delle caratteristiche strutturali di HDACi e Imatinib, con lo scopo di superare il problema della farmaco resistenza. Uno di questi esempi è la molecola 19 (in Figura 22) in cui il gruppo ZBG (orto-amminobenzammide) da HDACi viene inserito sulla struttura di Imatinib.

Il profilo di inibizione dell'HDAC, nella maggior parte degli ibridi, è conservato, sia nei saggi biochimici che in quelli cellulari, ed i nuovi composti mostrano una potenza paragonabile a quella del Vorinostat (1 in figura 14). Anche la capacità di inibire la chinasi Abl viene conservata nella maggior parte dei casi.

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L’ibrido 19 ha inoltre mostrato una elevata selettività verso HDAC1 (classe I, IC50=0.208 μM), rispetto a HDAC6 (classe IIb, IC50≥32 μM). Per quanto riguarda l'inibizione della chinasi Abl, l'ibrido 19 è risultato il composto più attivo tra tutti quelli sintetizzati con un valore IC50 di 2 μM, paragonabile a quello di Imatinib (IC50=1 μM). Si è visto inoltre che il derivato 19 potrebbe anche inibire AblT315I, una forma frequentemente mutata che causa resistenza a Imatinib, con un valore IC50 di 1.1 μM. 19 si è anche dimostrato un potente inibitore delle cellule di PDGFR (IC50 = 2.7 μM) ed è risultato citotossico verso le cellule EOL-1 (IC50=0.1 μM).

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