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L’innovazione e le specificità

Il Progetto Integrato di Filiera è uno strumento di attuazione

Tabella 1 - I numeri dei PIF in Calabria

Numero PIF presentati 116 Investimento totale richiesto 1.500.000 euro Numero PIF finanziati 42 Contributo pubblico ammesso 346.255.426 euro Incidenza % sulle risorse potenziali 73% Contributo medio per PIF 8.052.452 euro Numero progetti attivati 2.719 Contributo medio per progetto 127.393 euro Capacità di spesa dei PIF 56% PIF con una capacità di spesa > 75% 22 PIF con una capacità di spesa tra 50% - 75% 5 PIF con una capacità di spesa tra 25% - 49% 6 PIF con una capacità di spesa < 25% 9

Tabella 2 - Distribuzione territoriale dei PIF

Tipologia Numero proposte

Regionale 5 Interprovinciale 15 Provinciale 2 Sub-provinciale 18 Territoriale 2 TOTALE 42

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delle politiche caratterizzato da alcuni aspetti salienti, che hanno reso il modello di azione originale nel panorama della programmazione per le aree rurali.

Il PIF ha costituito, nel quadro dell’intervento comunitario in materia di sviluppo rurale, una notevole novità in Calabria e ha rappresentato un importante strumento metodologico e forma- tivo sia per la Pubblica Ammini- strazione che per i territori. Lo strumento utilizzato ha antici- pato i principi e gli orientamenti della nuova politica comunita- ria. Infatti, oggi, ancor più che nel passato, esiste una maggio- re attenzione verso lo sviluppo integrato e territoriale, verso la responsabilizzazione dei soggetti locali, verso la partecipazione della popolazione alle scelte strategiche di intervento per lo sviluppo rurale.

Il PIF rappresenta uno strumento per garantire la concertazione, concentrazione ed integrazione degli interventi che sta alla base di qualsiasi politica di sviluppo rurale.

A livello programmatico, il POR parte FEOGA ha rappresentato uno strumento di rottura e di discontinuità con le logiche che hanno guidato l’attuazione della politica agricola regionale in passato. Nelle intenzioni dei pro- grammatori la sua funzione era quella di segnare una svolta fondamentale nelle politiche di sviluppo regionale: il passaggio da una politica strutturale cen- tralizzata ad una politica più alla portata dei territori, chiama- ti a contribuire alla sua forma- zione. Non più quindi una politi- ca calata dall’alto, da recepire passivamente, ma piuttosto un’opportunità da adattare in modo mirato e selettivo alle esi-

genze del settore e del territorio, sperimentando modalità di pro- grammazione e gestione inno- vative.

Tra le specificità del PIF, la prima è legata al contesto istitu- zionale. La stessa Amministrazio- ne regionale si è dovuta adope- rare per governare le sollecita- zioni, interpretare il dettato comunitario, coinvolgere le pro- prie strutture tecniche con il risultato, almeno a livello cogni- tivo, di una crescita professiona- le degli stessi tecnici e funzionari regionali. L’avvio di questo pro- cesso, tuttavia, se non viene sostenuto ed accompagnato da una riorganizzazione più profon- da dell’Amministrazione regio- nale e da un maggiore coordi- namento nella programmazione rimane un’esperienza isolata il cui valore aggiunto rischia di perdersi nella gestione pratica degli strumenti programmatici.

Tabella 4 - Beneficiari dei PIF impegnati suddivisi per misura

Misure Beneficiari di cui Imprenditori di cui Imprenditrici di cui Società Misura 4.5 2.437 1.544 624 269 Misura 4.6 167 47 16 104 Misura 4.7 23 – – 23 Misura 4.8 33 1 – 32 Misura 4.14 44 26 18 – Misura 4.15 14 1 – 13 TOTALE 2.719 1.619 658 442

Tabella 3 - Principali comparti produttivi interessati dai PIF

Comparti interessati dalle Filiere Numero proposte

Ortofrutta 18 Olivicolo 8 Zootecnico 8 Vinicolo 4 Florovivaismo 1 Piante officinali 1 Paniere prodotti 2 TOTALE 42

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Nel corso dell’attuazione, si è svi- luppato un partenariato vertica- le all’interno della fase negozia- le in cui hanno trovato momenti di confronto soggetti locali e amministrazione regionale. Anche in questo caso l’avvio del dialogo non avviene senza con- flitti, ma rappresenta un tassello di una crescita che interessa enti e soggetti a livelli differenti. Tra le altre specificità del PIF va sottolineata l’importanza della formazione del partenariato come primo momento di riorga- nizzazione economica e sociale dei territori rurali. Con l’introdu- zione del partenariato come strumento di programmazione si punta sul coinvolgimento delle forze che agiscono a livello loca- le facendole divenire interlocu- tori attivi nella determinazione dei processi di sviluppo. Il parte- nariato può rappresentare lo strumento che con maggiore efficacia può stimolare l’iniziati- va locale, poiché aumenta il grado di sussidarietà.

L’analisi sul campo dimostra come in alcuni casi, i partena- riati nascano con l’unico obietti- vo di sfruttare le risorse finanzia- rie rese disponibili dal program- ma, utilizzate per difesa degli interessi particolari senza nessu- na ricaduta in termini di beni pubblici. Si tratta di una pratica spesso adottata, errata, ma for- tunatamente non unica. Esisto- no, infatti, PIF che hanno corret- tamente interpretato la filosofia del nuovo modello di azione e che, pur se tra mille difficoltà, resistenze e contraddizioni, stan- no conseguendo i propri obietti- vi innescando segnali di cam- biamento, incidendo positiva- mente nei rapporti, favorendo la programmazione dal basso. Non si deve nascondere come

l’avvio di questo processo sia stato lento e difficile, soprattutto in quelle realtà in cui scarsa è la tradizione al dialogo. In queste aree non solo mancano espe- rienze e momenti di confronto, ma spesso sono poco noti gli stessi strumenti che ne agevola- no il processo (animazione e professionalità).

L’idea di promuovere un Proget- to Integrato di Filiera è nata, generalmente, da un gruppo ristretto di persone quasi sempre mosse dagli stessi interessi, pro- venienti da strutture e ambiti condivisi (associazioni di catego- ria o di settore, imprese già asso- ciate, etc.), con una visione uni- taria delle attività da compiere. Il PIF ha offerto l’opportunità di portare a sintesi gli interessi in gioco e realizzare un disegno di sviluppo più slegato dalle logi- che individualistiche. In questi casi, il PIF ha ridotto l’isolamento e l’autoreferenzialità di alcune strutture e istituzioni ed ha raffor- zato l’interazione e i rapporti di tipo orizzontale, aumentando il grado di fiducia. Un ingrediente di successo è rinvenibile nella presenza di pregresse pratiche cooperative, relazioni sindacali, competenze professionali acqui- site. Nello stesso tempo, l’indagi- ne sta evidenziando che il suc- cesso è spesso correlato alla pre- senza di leadership istituzionali, imprenditoriali, sociali, credibili ed affidabili in grado di aggre- gare, organizzare e guidare coa- lizioni locali. Diversamente, lad- dove sono sedimentate tradizio- ni locali il PIF riesce con fatica a promuovere cambiamenti. Due sono le leve che producono efficaci performance concertati- ve e progettuali: da un lato, la capacità di fornire supporto tec- nico adeguato agli aderenti per

l’intero periodo di vita del pro- getto integrato; dall’altro, l’ado- zione di efficaci attività di infor- mazione, animazione e sensibi- lizzazione.

Una delle ricadute immediata- mente percepibili del modello PIF è rappresentata dal fatto che, attraverso la sua elabora- zione e realizzazione si stanno formando, sul territorio, profes- sionalità specializzate, in grado di affrontare, con competenza le problematiche presenti nel setto- re di investimento. La creazione di queste figure è determinata anche dal fatto che la doman- da di fabbisogni specifici, anche in termini di progettualità, non è episodica, ma si inserisce in un sistema organizzato.

Le criticità

Accanto a questi indubbi van- taggi sono evidenti alcune criti- cità che, nonostante gli sforzi, continuano a condizionare – riducendone l’impatto – l’appli- cazione dello strumento. Queste possono essere ricondotte essen- zialmente alle procedure adot- tate e al rispetto della tempistica per la loro attuazione.

Per i Piani Integrati di Filiera è stato disegnato un percorso pro- cedurale abbastanza lungo ed articolato, che prevede l’attiva- zione di vari step procedurali: presentazione, ricevibilità delle proposte, avvio negoziato, am- missibilità degli interventi, attua- zione degli investimenti3. La

complessità del percorso si è di fatto scontrata con una struttura amministrativa regionale impre- parata ad accogliere processi così innovativi (carenza di risorse umane e strumentali, scarsa familiarità con strumenti come la concertazione e l’integrazione

3 Linee Guida pubblicate sul BURC n. 46 del 17 maggio 2002 e successive integrazioni pubblicate sul supplemento straordinario n°4 al BURC n°4 del 1 marzo 2002.

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degli interventi, scarsa propen- sione al dialogo fra i diversi servi- zi, etc.). Ciò ha prodotto delle disfunzioni in termini procedurali (continua rivisitazione del quadro procedurale di riferimento, ado- zione di norme non sempre chia- re ed omogenee, scarsa attenzio- ne agli adempimenti comunitari, ecc.) che hanno prodotto una forte dilatazione dei tempi di attuazione. Relativamente a que- st’ultimo aspetto, basti pensare che, mediamente, dalla presen- tazione della proposta PIF all’ero- gazione del primo anticipo sono trascorsi circa 38 mesi, di cui circa 18 utilizzati per ottenere la ricevibilità della proposta e otto per avviare e concludere la fase di negoziato.

Le criticità finora rilevate, come già accennato, sono state deter- minate da fattori di natura tecni- co-istituzionale, con una forte connotazione oggettiva, e da fattori di natura organizzativa, sui quali si sarebbe potuto ope- rare di più e meglio. I primi attengono prevalentemente all’ordinamento istituzionale (mancanza di linearità nell’iter di costruzione dello strumento, non omogenea visione del rego- lamento comunitario, ecc.); i secondi dipendono dall’organiz- zazione dell’Amministrazione regionale e dalla competenza tecnico-amministrativa.

I fattori di criticità sono da ricon- durre anche a cause esterne. Esse fanno riferimento alla realtà territoriale in termini di composizione sociale, di espe- rienze di politiche pubbliche, di leadership, di dotazione di sup- porti tecnici, di mancanza di capitale sociale, ecc.

Alcune riflessioni conclusive

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