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Insel, Frankfurt am Main - -Leipzig, 1998

È indubbio che operazioni del genere finiscono per congelare il valore della "differenza", prestan-do una configurazione schematica e falsamente unitaria a categorie che sono al contrario tanto più illu-minanti sul piano esegetico quan-to più se ne preserva la mobilità. E a conferma di ciò basterebbe an-che solo la prefazione del curato-re, nove pagine di piatte banalità e di irritanti tautologie sulla questio-ne della scrittura al femminile dal Settecento ai giorni nostri. Dicia-mo allora che il pregio del volume è nella sua oggettiva vastità, tale da permettere l'inserimento di scrittrici normalmente poco fre-quentate dalla germanistica acca-demica (anche se i criteri generali

non ha scritto della sua vita in In-ghilterra?

Se avessi continuato a scrivere, avrei scritto sulla mia vita in In-ghilterra.

Sunlight on a Broken Column è

un romanzo autobiografico? Tutte le opere prime sono auto-biografiche. Ma i personaggi nel li-bro non sono semplici trasposizio-ni sulla carta di persone della vita reale. Ad essere reali sono i loro at-teggiamenti. Inizialmente il roman-zo che avevo scritto era molto più lungo. C'erano molte parti politi-che, ma Cecil Day Lewis mi ha convinto a toglierle, sostenen-do che quello che importa è l'aspetto umano, non la politica. Ho strappato le parti scartate, ma vorrei non averlo fatto. Da ra-gazza a casa mia si par-lava soprattutto di politica e di letteratura -letteratura urdu, lette-ratura inglese, lettera-tura russa. I titoli delle mie opere derivano dai libri degli autori che più ho amato, Shakespeare e T.S. Eliot.

Cosa pensa del fatto che i suoi libri vengano considerati testi femministi e che siano argo-mento di corsi universitari di «fo-rni» 's studies?

I miei libri non sono femministi nel senso che siano contro gli uo-mini. Io adoro gli uomini, non li odio affatto, ma non ho alcuna in-tenzione di farmi dominare da lo-ro. I miei libri parlano di donne che vogliono essere trattate come esseri umani. Per me il femmini-smo significa che le donne dovreb-bero essere trattate come esseri umani.

Talvolta l'Islam viene conside-rato una religione che sopprime i diritti delle donne. Qual è la sua opinione?

Al contrario, l'Islam ha dato alle

donne molti diritti: il diritto alla proprietà, il diritto al divorzio. E stato il clero a privare poi le donne di questi diritti.

Ma l'Islam prescrive il purdah per le donne...

Il purdah non è un'istituzione solo islamica. Anche le donne eu-ropee nel corso del Medioevo era-no recluse e protette quando scop-piava una guerra e si riteneva che esse fossero in pericolo. Gli

inva-sori costituiscono sempre una mi-naccia per le donne, e il purdah è un modo di reagire a questa minaccia. Le donne islamiche non sono tutte docili e miti e sottomesse agli uomi-ni. Mia madre restò vedova e do-vette crescere i suoi cinque figli da sola. Era una donna forte, ma quando usciva lo faceva in un'auto-mobile con le tendine abbassate. Quando ero ragazza, io e le mie so-relle non eravamo sottoposte al

purdah. Avevamo il permesso di in-contrare gli amici di nostro fratello che erano graditi a nostra madre. Venivo accompagnata al college in

un'auto con le tendine abbassate, ma appena la macchina si allonta-nava da casa, io scostavo le tendi-ne! L'Islam non prescrive il

purdah. Le prime donne musulma-ne combatterono accanto ai loro uomini nella battaglia per La Mec-ca. Non avrebbero potuto farlo se fossero state in purdah. Il purdah è una conseguenza della paura della sessualità, delle gravidanze indesi-derate. Nessuna società le accoglie volentieri. Oggi in Occidente si ri-tiene che il purdah sia un'istituzio-ne assurda, ma fino a poco fa anche

in Occidente si aveva paura della sessualità e dei figli illegittimi. Le sue opere oggi vengo-no situate nel contesto del-la scrittura postcoloniale,

o della diaspora. Le teo-rie sul postcoloniali-smo celebrano lo sradi-camento e la sensazio-ne di essere "senza tet-to". Cosa ne pensa?

Io non mi sento in diaspora. Ho le mie ra-dici in India. I miei rami possono essere cresciuti in tante direzioni diverse, ma le radici sono saldamente piantate nella terra. Non mi sento senza tetto. Appartengo al-l'India, all'Inghilterra, all'Univer-so. Sono un'umanista universalista.

Lei sente di appartenere all'Uni-verso, però in tutto il mondo si no-ta una sempre crescente discrimi-nazione verso le minoranze. In In-dia, ad esempio, in seguito all'af-fermazione del fondamentalismo indù e alla distruzione della mo-schea di Babri, i musulmani si tro-vano a dover "dimostrare la pro-pria indianità". Ha notato un at-teggiamento ostile ai musulmani o alle minoranze in genere nel corso della sua recente permanenza in India?

Mi mette molta tristezza sentire che in questo periodo a Bombay è difficile per un musulmano trovare

riflettono un po' troppo le idiosin-crasie di Reich-Ranicki, che acco-glie, per fare solo un esempio, cin-que poesie di Nelly Sachs contro le nove della Domin e le quattordi-ci della Hahn), e nell'agilità della forma tipicamente tedesca del commento breve, forma che, de-stinata tradizionalmente al consu-mo giornalistico, resta spesso, è vero, nei limiti di una innocua divagazione, ma perviene in molti altri casi a un'interpretazione di al-to profilo del tesal-to in esame (se-gnaliamo tra gli altri l'intervento di Borchmeyer su Annette von Dro-ste-HuIshoff e quello di Elfriede Je-linek sulla Gerstl). Avrebbero co-munque meritato ben maggiore at-tenzione i ritmi battenti e le conta-minazioni linguistiche di una Barbara Kohler o la sintassi ampia e tuttavia tesa e serrata di una Ur-sula Krechel, scrittrici per le quali si auspicherebbe peraltro anche .una presentazione organica al

pubblico italiano. Sorprendente e francamente deprecabile è infine un'assenza: quella di Inge Muller,

la poetessa berlinese (1925-1966) autrice di liriche scarne e dispera-te sui dispera-temi del dolore e della mordispera-te. C'è da augurarsi che la sistema-zione del suo lascito, acquisito nei mesi scorsi dall'Accademia delle Arti di Berlino, possa porre le pre-messe per una più ampia circola-zione delle sue opere.

MAURIZIO PIRRO

REINER KUNZE

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