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L’insieme limite

La costruzione fondamentale ci fornisce una superficie immersa di cui siamo interessati a studiare il comportamento all’infinito: vogliamo caratterizzare l’insieme dei punti di

2.4 L’insieme limite accumulazione della nostra superficie R2 sul bordo all’infinito ∂H4. Consideriamo qui anche dei template potenzialmente annodati, ma richiediamo sempre tutte e quattro le condizioni 1.2, 1.3, 1.5 e 1.6 (in particolare, lavoriamo nell’ipotesi che la superficie non si autointersechi).

Avevamo introdotto nella sezione 1.7 il gruppo di isometrie Γ della superficie. Definiamo l’insieme limite di tale gruppo Γ nel seguente modo: scegliamo un punto p ∈ H4 e consideriamo la sua orbita Γp; prendiamo la chiusura di tale orbita in H4

ed intersechiamola con l’insieme dei punti all’infinito ∂H4; definiamo l’insieme limite lim Γ=Γp ∩ ∂H4. Notare immediatamente che tale definizione non dipende dal punto p scelto: infatti, preso un altro punto q al posto di p, per ogni g ∈ Γ abbiamo d(gp, gq) = d(p, q), e quindi se una successione gnp tende ad un certo punto all’infinito, anche la successione gnq deve tendere

allo stesso punto all’infinito.

Dato che la definizione di lim Γ non dipende dal punto scelto, noi utilizziamo un vertice

x della nostra superficie immersa, in modo che la sua orbita Γx sia esattamente l’insieme

dei vertici della superficie. Notare che ogni punto della superficie è a distanza al più r da un vertice della superficie, dove r è un certo valore fissato (ed in particolare, quello utilizzato nell’appendice 3.1). Segue immediatamente che lim Γ è anche l’insieme dei punti di accumulazione della superficie all’infinito.

Per studiare la struttura dell’insieme limite, utilizziamo le trincee introdotte nella sezione 1.6. Ricordo che la trincea di un vertice x è definita come T(x) =H+0... ∪ H+ν−1, ovvero la chiusura del complementare di B(x); chiamiamo inoltre ∂T(x) l’insieme dei punti all’infinito di tale trincea, ovvero la chiusura di T(x)in H4 intersecata con ∂H4.

Fissato un vertice x, possiamo considerare l’insieme B(x), che contiene come unico vertice il punto x, mentre tutti gli altri vertici sono contenuti nella trincea T(x). I punti all’infinito "strettamente contenuti in B(x)" non possono quindi essere punti limite dell’insieme dei vertici; più formalmente, un punto limite per l’insieme dei vertici deve necessariamente stare in ∂T(x). Quindi l’insieme limite è contenuto in TT(x)dove l’intersezione è presa sull’insieme dei vertici della nostra superficie.

Viceversa, supponiamo di avere un punto all’infinito z contenuto nell’intersezione di tutte le trincee T(x). Fissiamo un vertice x0, e abbiamo che z deve essere contenuto nella chiusura all’infinito di (almeno) uno dei semispazi H+

i che compongono la trincea T(x0); ci spostiamo dal vertice x0 nel vertice x1 relativo a (un) tale semispazio (e il vertice x1 va pensato come "più vicino" a z). Ora prendiamo i vertici adiacenti a x1 e ripetiamo il ragionamento, trovando un vertice x2 (che va pensato a sua volta come "ancora più vicino" a z). É possibile che subito dopo x1 ci si ripresenti il vertice x0, ma in quel caso si presenta assieme con almeno un altro vertice, e quindi scegliamo l’altro vertice. In questo modo, e con l’accortezza di non fare degli "avanti e indietro", troviamo una successione di vertici

x0, x1, x2,... tendente a z: questo mostra che z appartiene all’insieme limite lim Γ.

Abbiamo quindi che l’insieme lim Γ coincide esattamente con l’intersezione dei bordi all’infinito delle trincee T

T(x). Ora vogliamo capire come è fatta tale intersezione, e quindi cominciamo dalle intersezioni finite; mettiamoci nel modello disco dello spazio iperbolico.

suo intorno tubolare chiuso in S3.

Prendiamo due vertici adiacenti x e y, sia A l’asse del lato che li congiunge, e sia Hx il

semispazio contenente x e Hy il semispazio contenente y. La trincea di y si ottiene dalla

trincea di x con una simmetria rispetto ad A, seguita da una rotazione attorno al punto medio A ∩ xy di xy che preserva A. La rotazione non cambia qualitativamente il risultato, per cui consiglio di concentrarsi sull’effetto della simmetria, che è mostrato in figura 2.5: la trincea T(y) è composta da vari semispazi tutti contenuti in Hy, più il semispazio Hx; i

semispazi contenuti in Hy descrivono un percorso che ha la forma di γ, tolto un pezzettino.

Quindi L’intersezione ∂T(x)∩ ∂T(y)consiste in una copia di γ data da ∂T(x), a cui tolgo un pezzetto Hy che sostituisco con un’altra copia di γ data da ∂T(y). Formalmente ottteniamo la somma connessa del nodo γ con sè stesso, o più precisamente un suo intorno tubolare chiuso in S3.

Se mettiamo x al centro del modello disco dello spazio iperbolico, ∂T(x)è una copia di γ grande e che gira per tutto S3, mentre ∂

T(y) è una copia di γ più piccola e concentrata nella direzione del vertice y. Chiamiamo y =y0,..., yν−1 i vertici adiacenti ad x: l’intersezione ∂T(x)∩ ∂T(y0)∩... ∩ ∂T(yν−1)ha l’aspetto del template ∂T(x) in cui però sostituisco ogni vertice con una copia più piccola del template.

Emerge quindi la nostra struttura di frattale: aggiungendo i vertici a distanza 2 da x, stiamo prendendo le copie più piccole del template, e sostituendo i loro vertici con copie ancora più piccole del template; e così via.

2.4 L’insieme limite

Figura 2.5: Sopra le trincee di x e di y, raffigurate separatamente, e sotto la loro intersezione. Notare che la trincea di y è concentrata quasi esclusivamente dentro un solo semispazio di quelli che compongono la trincea di x, e viceversa.

3

APPENDICE

3.1

Trigonometria iperbolica

Riporto senza dimostrazione due classici risultati di trigonometria iperbolica. Sia dato un triangolo iperbolico (ovvero i cui lati siano geodetiche nel piano iperbolico) e siano

a, b, c le lunghezze dei suoi lati e α, β, γ le ampiezze dei rispettivi angoli opposti. Allora

valgono le seguenti relazioni:

Proposizione 3.1 (Teorema del seno iperbolico).

sinh a sin α = sinh b sin β = sinh c sin γ

Proposizione 3.2 (Teorema del coseno iperbolico).

cosh c= (cosh a)(cosh b)−(sinh a)(sinh b)(cos γ)

Ora siamo interessati a considerare un poligono regolare iperbolico, e a studiare le relazioni trigonometriche che legano i suoi parametri caratterizzanti.

Fissiamo un punto p nel piano iperbolico e scegliamo un intero n ≥ 3. Tracciamo n geodetiche che partano da questo punto in modo che geodetiche consecutive formino un angolo di

n e facciamo percorrere a ciascuna di tali geodetiche una distanza r, in modo

che si venga a formare un poligono regolare di centro p con n vertici v0,..., vn−1, come in

figura 3.1.

Chiamiamo l la lunghezza dei lati vivi+1 di tale poligono e λ ∈(0, π)l’angolo formato da due lati consecutivi (si intende tutto nel senso iperbolico del termine, ovvero i lati sono i segmenti geodetici congiungenti due vertici consecutivi).

Proposizione 3.3. Valgono le seguenti relazioni:

(i) cosh l=1+ (sinh r)2(1 − cosn) (ii)(sinλ2)2 = (sin2πn)

2

(1−cosn)(2+(sinh r)2(1−cos

n))

(iii) (1+cosh l)(sinλ

2)

2 = (sin2πn)

2

(1−cosn).

Dimostrazione. Utilizzamo il teorema del coseno iperbolico nel triangolo pvivi+1 per ottenere cosh l = (cosh r)2(sinh r)2(cos

n) = 1+ (sinh r)2(1 − cos

n) che è esatta-

mente (i). Sempre nello stesso triangolo, il teorema del seno iperbolico ci dice che sinn

sinh l = sinλ2

sinh r ovvero sinh r = (sinh l)

(sinλ2)

cosh l − 1= (sinh l)2 (sinλ2) 2 (sinn)2(1 − cos n) = ((cosh l)2−1) (sinλ2)2 (sinn)2(1 − cos n) che, sempli-

ficando un fattore (cosh l − 1), ci fornisce immediatamente (iii). Infine sostituendo (i) in (iii) si ottiene (ii).

Notare che (i) e (ii), assieme con l’osservazione che λ

2 è strettamente compreso tra 0 e

π

2, ci forniscono l e λ in funzione di n ed r. La (iii) invece ci dà una relazione tra l e λ che non coinvolge r.

Per ogni scelta di l, λ che soddisfino (iii) si può trovare r che fornisca tali valori di l e λ (basta osservare che la (i) fornisce l come funzione continua e monotona di r). Nel testo utilizziamo quindi n, l, λ come parametri definenti il poligono, e soggetti all’unica relazione (iii).

r

r

r

l

l

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