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Strutture Iperboliche su Fibrati in Piani su Superfici

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali

Corso di Laurea in Matematica

Tesi di Laurea Magistrale

Strutture Iperboliche su Fibrati in

Piani su Superfici

20 Settembre 2019

Candidato

Dario Ascari

Relatore

Prof. Bruno Martelli

Università di Pisa

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INDICE

1 La costruzione fondamentale 7

1.1 Il poligono . . . 7

1.2 Il template . . . 8

1.3 La costruzione base . . . 9

1.4 Coerenza percorrendo il bordo di un poligono . . . 11

1.5 L’immersione locale . . . 14

1.6 L’immersione globale . . . 16

1.7 Il gruppo di isometrie . . . 21

2 Conseguenze 23 2.1 Il fibrato vettoriale . . . 23

2.2 Calcolo del numero di Eulero del fibrato . . . 27

2.3 Costruzione di un template . . . 29

2.4 L’insieme limite . . . 32

3 APPENDICE 37 3.1 Trigonometria iperbolica . . . 37

3.2 Trasporto parallelo nello spazio iperbolico . . . 39

3.3 Trasporto parallelo sulla sfera . . . 39

3.4 Dettagli riguardo il template . . . 40

3.5 Calcoli espliciti riguardo l’esempio di template . . . 42

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INTRODUZIONE

Molto è noto riguardo le superfici iperboliche (complete), e si hanno alcune informazioni riguardo le 3-varietà iperboliche; al contrario, le 4-varietà iperboliche sono ancora largamente sconosciute, ed esistono solamente poche costruzioni esplicite. Uno dei casi più semplici con cui cominciare è quello di 2-fibrati vettoriali E → B su superfici compatte. Le superfici compatte B sono classificate dalla caratteristica di Eulero χ(B); inoltre, su una data superficie, i 2-fibrati vettoriali sono classificati dal numero di Eulero χ(E). Ci si può chiedere per quali coppie (χ(B), χ(E))la 4-varietà E ammetta una struttura di varietà iperbolica; il fibrato banale χ(E) =0 ammette facilmente una struttura di varietà iperbolica (almeno per χ(S)≤ −2), mentre per un fibrato generico non è nota la risposta; è stata

formulata la seguente congettura, che è tuttora un problema aperto:

Congettura 0.1.

Sia E → B un fibrato vettoriale di rango 2 su una superficie compatta B. Se E ammette una struttura di varietà iperbolica, allora |χ(E)| ≤ |χ(B)|.

Presento qui una costruzione, esposta in [1], che ha fornito i primi esempi noti di tali metriche con χ(E)6=0. Verificheremo che per tali esempi la congettura è rispettata.

Nel capitolo 1 viene spiegata in dettaglio la costruzione basilare, che consiste nell’immer-gere in H4 dei poligoni regolari iperbolici in maniera estremamente simmetrica e quindi ricca di simmetrie. Lungo ogni lato saranno incollati esattamente due poligoni, e in ogni vertice convergeranno diversi poligoni disposti secondo un particolare schema, dato da una curva in S3 detta template. Quozientando per un gruppo di simmetrie di tale oggetto, otterremo quindi una 4-varietà iperbolica contenente una superficie compatta immersa in maniera totalmente geodetica a tratti.

Nel capitolo 2 mostriamo che, nel caso il template sia una curva non annodata, la 4-varietà ottenuta è un 2-fibrato vettoriale sulla superficie, e discutiamo riguardo al calcolo del suo numero di Eulero. Vengono forniti degli esempi espliciti di template per cui il calcolo viene eseguito ottenendo risultati numerici, da poter confrontare con la congettura aperta qui sopra riportata.

Un’altro lato interessante della costruzione emerge dallo studio dell’insieme limite in

H4 della superficie costruita: tale insieme risulta avere l’aspetto di un frattale basato

sulla forma del template.

In questo lavoro ho cercato di favorire la leggibilità e scorrevolezza del testo, inserendo quindi anche numerose immagini. Per realizzare tale proposito, senza però perdere di rigorosità nei ragionamenti, alcune dimostrazioni e diversi dettagli tecnici sono stati omessi dal corpo del testo e riportati nell’appendice, che risulta così piuttosto corposa.

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1

La costruzione

fondamentale

Vogliamo innanzitutto illustrare la costruzione che costituisce l’ossatura fondamentale di questa tesi. Questa consiste nell’immergere dei poligoni regolari iperbolici (e quindi 2-dimensionali) tutti tra loro isometrici all’interno dello spazio iperbolico H4in una maniera ricca di simmetrie. Lungo ogni lato saranno incollati esattamente due poligoni; in ogni vertice si incontreranno sempre lo stesso numero di poligoni, e disposti sempre lungo uno stesso disegno, che verrà chiamato template. Questo darà luogo ad una superficie totalmente geodetica a tratti immersa in H4.

1.1

Il poligono

Il primo ingrediente della nostra costruzione è il poligono regolare.

Consideriamo un poligono regolare iperbolico P , ovvero un poligono in H2 i cui lati siano segmenti geodetici tutti della stessa lunghezza, e i cui angoli abbiano tutti al stessa ampiezza. Sia n il numero dei suoi vertici, che è anche quello dei suoi lati; sia l la lunghezza di ciascuno dei suoi lati e sia λ l’ampiezza di ognuno dei suoi angoli. I tre parametri n, l, λ soddisfano la seguente relazione (la cui dimostrazione è riportata in appendice 3.1):

Relazione 1.1. (1+cosh l)(sinλ2)2 = (sin2πn)

2

(1−cos

n)

l l

l

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Inoltre, per ogni terna n, l, λ con n ≥ 3 intero e l > 0 e λ ∈ (0, π) che soddisfi tale relazione, esiste un unico poligono regolare con tali parametri; quindi tali parametri identificano univocamente il nostro poligono.

1.2

Il template

L’altro protagonista della nostra costruzione sarà il template.

Consideriamo la sfera S3 dotata della metrica standard. Un template è una spezzata chiusa γ contenuta in S3 composta da ν vertici collegati da altrettanti segmenti geodetici, dotata di un’orientazione (ovvero di un verso di percorrenza privilegiato), e che soddisfi alcune condizioni di simmetria, che ora vado ad elencare.

Richiediamo innanzitutto che i segmenti geodetici abbiano tutti la stessa lunghezza a. Richiediamo inoltre che segmenti consecutivi formino, nel vertice in comune, sempre lo stesso angolo α 6=0.

a

a

a

a

a

a

Figura 1.2: Un template con ν =7 vertici. L’ampiezza degli angoli al centro coincide con la lunghezza a delle geodetiche.

(9)

1.3 La costruzione base Richiediamo infine che la torsione τ sia la stessa lungo ogni lato, come ora spiego meglio. Dati due vertici consecutivi vi, vi+1, possiamo prendere in piano Li tangente ai due lati

adiacenti a vi, ed il piano Li+1 tangente ai due lati adiacenti a vi+1; utilizzando il trasporto parallelo lungo il segmento geodetico vivi+1, possiamo trasportare Li fino al vertice vi+1 e definire la torsione τ della curva come l’angolo formato tra tali due piani; richiediamo che la torsione τ sia la stessa lungo ogni lato.

Per una definizione più precisa di torsione (che tenga conto dell’orientazione), e per una discussione riguardo il calcolo esplicito di tali parametri, si faccia riferimento all’appendice 3.4.

Figura 1.3: Un tratto di template orientato. In evidenza il piano tangente Li ed il suo

trasporto parallelo L0

i che forma un angolo τ con il piano tangente Li+1.

I parametri ν, a, α, τ identificano univocamente il nostro template. Infatti, scelto un punto di S3 ed una direzione, possiamo tracciare l’unico segmento geodetico in tale direzione e di lunghezza a; arrivati all’altro estremo del segmento, voltiamo di un angolo α (abbiamo un grado di libertà nel scegliere in che direzione voltare) e tracciamo un altro segmento geodetico, sempre lungo a; a questo punto, il parametro di torsione τ determina univocamente in che direzione deve puntare il segmento ancora successivo, e da qui in poi la costruzione è univocamente determinata. Nulla ci garantisce che tale spezzata si chiuda, ed infatti non tutte le quaterne di parametri ν, a, α, τ daranno luogo ad un template. Tuttavia, è chiaro da tale discorso che se una tale quaterna dà luogo ad un template, allora tale template è unico a meno di isometria di S3. Altrettanto chiaro è che per ogni coppia v, w di vertici del nostro template, esiste un’unica isometria di S3 che mandi v in w preservando il template orientato.

1.3

La costruzione base

Fissiamo ora un template γ in S3 con parametri ν, a, α, τ ed un poligono regolare iperbolico P in H2 con parametri n, l, λ. Per la buona definizione della costruzione che illustrerò, sarà necessario richiedere alcune condizioni su questi parametri; nel seguito

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imporremo anche altre condizioni, per guadagnare ulteriori proprietà. Per ora richiediamo che valga la seguente

Condizione 1.2. a=λ

Fissiamo un punto x ∈ H4. Fissiamo anche, all’interno della sfera unitaria S3 ⊆ T

xH4,

una copia isometrica del template γ e chiamiamo v0,..., vν−1 ∈ TxH4 i suoi vertici (numerati

nell’ordine in cui li si incontra percorrendo γ lungo l’orientazione). Per ogni vi possiamo

tracciare il segmento geodetico che parte da x in direzione vi e percorre una distanza l,

fino ad ottenere un altro punto xiH4 e quindi un segmento geodetico xxi.

Dati due segmenti consecutivi xxi−1e xxi, questi formano in x un angolo a: grazie alla

condizione 1.2, esiste un’unico poligono isometrico a P che abbia xi−1, x, xi come vertici

consecutivi. Immergiamo dunque tale poligono in H4.

Fissiamo uno dei nostri segmenti geodetici xxi. Abbiamo due poligoni, uno incollato

lungo i lati xxi−1 e xxi, l’altro incollato lungo i lati xxi e xxi+1. Questi due poligoni mi forniscono tre vettori unitari in TxiH

4. Tali tre vettori identificano un’unica copia del template γ all’interno della sfera unitaria S3⊆ T

xiH

4.

Figura 1.4: Le due copie di P vicine ad xi forniscono due segmenti geodetici consecutivi

dentro S3 ⊆ T

xiH

4, e di conseguenza determinano univocamente una copia del template vicino ad xi.

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1.4 Coerenza percorrendo il bordo di un poligono Quindi eravamo partiti da una copia del template vicino ad x, e abbiamo univocamente determinato una copia del template vicino ad xi. Questo ci permette di reiterare la

costruzione qui sopra illustrata per tutti i vertici x0,..., xν−1, e così via per induzione.

Tra poco (nella sezione 1.5) spiegheremo meglio come formalmente viene eseguito questo procedimento. Abbiamo però prima bisogno di richiedere un’ulteriore condizione di compatibilità.

1.4

Coerenza percorrendo il bordo di un poligono

Siamo ora interessati ad osservare cosa accade quando fissiamo un certo poligono e incastoniamo copie dei template vicino ai suoi vertici in ordine, seguendo il bordo.

Consideriamo quindi un poligono P immerso in H4 ed isometrico al nostro modello, e chiamiamo y0,..., yn−1 i suoi vertici, numerati in ordine.

Supponiamo di fissare una copia isometrica del template γ dentro la sfera unitaria di

Ty0H

4, e disposto in modo tale che uno dei lati di tale template generi esattamente il nostro poligono P . Utilizzando il procedimento descritto nella sezione precedente, possiamo determinare un maniera univoca una copia del template nella sfera unitaria di Ty1H

4; il procedimento può poi essere reiterato per determinare univocamente una copia del template in Ty2H

4, e così via. Dopo aver percorso tutti i vertici del poligono in ordine, ci troviamo con una copia del template in Ty0H

4 che in generale non coinciderà con la copia di γ da cui eravamo partiti.

Per la buona definizione della costruzione che stiamo facendo, vorremmo che le due copie che abbiamo ottenuto coincidessero. Il nostro obiettivo ora è di mostrare che la condizione affinchè questo accada è esattamente la seguente

Condizione 1.3. nτZ

Prendiamo quindi il nostro poligono P .

Supponiamo di avere un’altra copia del poligono Q incollata lungo il lato y0y1. Preso un punto z ∈ y0y1, abbiamo un sottospazio 3-dimensionale TzQ+TzP ⊆ TzH4; in tale sottospazio possiamo determinare un unico vettore unitario ortogonale a TzP, che

chiameremo N(z) (ovvero il vettore unitario della retta (TzP +TzQ)∩(TzP)⊥, come

mostrato in figura 1.5). In realtà ci sarebbero due vettori unitari possibili (opposti tra loro): noi scegliamo quello tale che, detto M(z) il vettore normale entrante in Q, valga (N(z), M(z))>0. In questo modo definiamo un campo vettoriale N lungo la geodetica y0y1, che risulta essere unitario, parallelo e ortogonale al poligono.

Viceversa, supponiamo di avere un campo N(z) definito lungo il lato y0y1, unitario parallelo e ortogonale al poligono. Allora tale campo determina univocamente un poligono

Qincollato lungo tale lato e che formi con P un angolo α (e di conseguenza, determina

univocamente anche due copie del template, una in Ty0H

4 e una in T

y1H

4).

Supponiamo di avere un campo N come sopra definito lungo un lato y0y1. Questo determina un poligono Q incollato lungo y0y1 ed una copia del template in Ty1H

4, la quale a sua volta determina un poligono Qe incollato lungo il lato successivo y1y2, e di

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Figura 1.5: Il vettore N(z) si ottiene prendendo il vettore M(z) normale entrante in Q, proiettandolo su (TzP)⊥ e rinormalizzando. Tale costruzione può essere operata lungo il lato adiacente a Q per ottenere un campo N, così come lungo il lato adiacente a Qe per

ottenere un campo Ne: nel vertice y1 in comune abbiamo due vettori distinti N e Ne.

nel vertice y1 abbiamo due vettori ortogonali al poligono, ovvero N(y1)eNe(y1). Possiamo

reiterare questa costruzione lungo tutto il bordo del poligono, fino a ritornare al lato y0y1 da cui eravamo partiti. Chiedere che il template, propagato percorrendo il bordo di P , ritorni in sè stesso dopo un giro equivale a chiedere che il vettore N, propagato lungo il bordo di P , e sostituito con Ne ogni qualvolta si oltrepassa un vertice, ritorni in sè stesso

dopo un giro.

Siamo quindi interessati ora ad indagare come cambia N quando ci spostiamo lungo il bordo del poligono. Questi nostri vettori unitari N hanno il grosso vantaggio di essere ortogonali al poligono: come mostrato in appendice 3.2, i piani tangenti ortogonali al poligono sono tra loro canonicamente identificati mediante il trasporto parallelo. Quindi possiamo immaginare che, mentre ci spostiamo lungo il bordo di P , il vettore N viva sempre nello stesso spazio. Gli spostamenti lungo i lati lasciano N invariato, in quanto N è parallelo. L’unico cambiamento si ha nei vertici, in cui abbiamo un salto dovuto al fatto che stiamo cambiando da N aNe. L’unica cosa da determinare è quindi l’angolo tra N e

e

N in un vertice: mostreremo ora che tale angolo è proprio la torsione τ.

Fissiamo quindi un vertice y1 con una copia del template in Ty1H

4, che identifica due poligoni, Q incollato lungo y0y1 e con il campo vettoriale N, eQe incollato lungo y1y2 e

con il campo vettoriale Ne. Vale la seguente

(13)

1.4 Coerenza percorrendo il bordo di un poligono

Dimostrazione. Chiamiamo a, v,v,e ea ∈ Ty1H

4quattro vertici consecutivi del template, dove

v punta lungo y1y0 e ev punta lungo y1y2, come mostrato in figura 1.6. Sia R : Ty1H

4

Ty1H

4 la rotazione che manda v in

e

v e lascia fisso(Ty1P)

.

Consideriamo il sottospazio ha, v,evi: questo, quando intersecato con TvS

3, mi dà esatta-mente il piano utilizzato nella definizione di torsione (per cui rimando alla sezione 1.2). Analogamente abbiamo il sottospazio hv,ev,eai, che quando intersecato con T

ev

S3 mi dà

esattamente l’altro piano utilizzato nella definizione di torsione. La definizione di torsione richiederebbe di applicare il trasporto parallelo ad uno di tali piani e poi di calcolarne l’angolo con l’altro, ma come mostrato nell’appendice 3.3, il trasporto parallelo può essere sostituito dall’applicare la rotazione R. Quindi otteniamo che i due sottospazi Rha, v,vie e

hv,v,e eaiformano tra loro un angolo τ.

Ora osservo che Rhv,vie =hv,vie e che RN(y1) =N(y1), e di conseguenza Rha, v,evi= RhN(y1), v,evi=hN(y1), v,vie . Inoltre chiaramente si ha hv,ev,aie =hv,v,e Ne(y1)i. Abbiamo

mostrato quindi che hN(y1), v,vie e hv,v,e Ne(y1)i formano tra loro un angolo τ, che significa

esattamente che N(y1)e Ne(y1) generano tra loro un angolo τ.

Figura 1.6:

Lo spazio Ty1Qè generato da a, v.

Lo spazio Ty1P è generato da v,ev.

(14)

A questo punto abbiamo mostrato che N ruota di un angolo τ ogni volta che passa un vertice. É tedioso ma semplice, ripercorrendo il ragionamento precedente con un po’ di accortezza riguardo le orientazioni (per cui rimando all’appendice 3.4), accorgersi che

N ruota di τ sempre nella stessa direzione. Quindi nel fare il giro di tutto il perimetro

di P abbiamo che N ruota di un angolo pari ad nτ, e quindi la condizione da imporre è

nτ ∈2πZ, che è esattamente la condizione 1.3.

1.5

L’immersione locale

Fissati i parametri n, l, λ del poligono e ν, a, α, τ del template, e richiedendo le condizioni 1.2 e 1.3, la costruzione base 1.3 ci fornisce un’immersione locale di R2 in H4, come ora vado a spiegare meglio.

Consideriamo una tassellazione topologica Σ di R2 fatta da poligoni ciascuno con n lati ed n vertici, ed in modo che in ogni vertice convergano ν lati e ν poligoni. Quando dico "tassellazione topologica", non sto richiedendo né che i poligoni siano convessi, né che i lati siano segmenti dritti; ci basta che i lati siano curve immerse topologicamente. Avendo delle richieste così deboli, è abbastanza semplice mostrare che una tale tassellazione esiste, ma vorrei comunque fornire un’idea di come si può costruire esplicitamente.

Costruzione di tassellazioni di R2

Consideriamo in R2 la circonferenza C

kdi centro l’origine e raggio k. Posiziono un vertice

della tassellazione nell’origine e ν vertici su C1, e li collego al vertice nell’origine. Ora, per ogni vertice su C1 posiziono ν − 1 vertici su C2 e li collego a quel vertice; i vertici su C2 chiaramente vanno posizionati nell’ordine giusto (nella maniera più naturale possibile, come mostrato nella figura 1.7), per evitare che i lati che poi vado a tracciare si intersechino. Proseguo così per induzione. Ad un certo punto sarà necessario chiudere i poligoni che si stanno così venendo a creare, e qui c’è una leggera differenza tra il caso n pari e il caso n dispari.

Se n è pari, quando arriviamo a dover posizionare vertici sulla circonferenza Cn

2, alcune

coppie di vertici andranno fatte coincidere. Detto o il vertice nell’origine, per ogni coppia di vertici consecutivi v, w su C1 bisognerà fare in modo che il poligono di lati ov e ow si chiuda: per far ciò, percorriamo il ramo più a sinistra di figli di v ed il ramo più a destra di figli di w, e su Cn imponiamo che i due figli coincidano. Più in generale, per ogni vertice

su Ck dovremo ricordarci di imporre che alcune coppie di vertici su Ck+n2 coincidano,

nella stessa maniera. Dai figli coincidenti partiranno poi solo ν − 2 collegamenti verso la circonferenza successiva.

Se n è dispari il discorso è simile ma leggermente più complicato. Quando posizioniamo vertici sulla circonferenza Cn−1

2 , dobbiamo prendere alcuni archi di C

n−1

2 ed utilizzarli

come lati aggiuntivi, laddove i poligoni si devono chiudere. Analogamente, anche alcuni archi delle circonferenze Ck successive vanno utilizzati come lati. Inoltre, se su Ckabbiamo

utilizzato un arco di circonferenza come lato, allora su Ck+n−12 ci saranno due vertici da

(15)

1.5 L’immersione locale

Figura 1.7: I primi passi nel costruire una tassellazione di R2 per n=6 pari e ν =5.

(16)

La costruzione fondamentale

Prendiamo dunque ora una tassellazione topologica Σ di R2 come appena descritto. Fissiamo un vertice o di Σ e fissiamo un punto x ∈ H4 con una copia del template. Mandiamo o in x; mappiamo inoltre i lati ooi adiacenti ad o nei segmenti geodetici xxi

adiacenti ad x in H4, come descritto nella sezione 1.3 (ci sono molti modi di farlo, dovuto al fatto che non stiamo imponendo condizioni su come vadano parametrizzati i lati di Σ e i segmenti geodetici; scegliamo una qualsiasi mappa continua che lo faccia). Reiteriamo la costruzione per induzione fino ad ottenere una mappa continua dall’1-scheletro di Σ verso H4. Tale mappa è ben definita in virtù della condizione 1.3: percorsi diversi che da

o giungano allo stesso vertice ci forniscono la stessa copia del template lungo cui disporre i

lati successivi.

Ora possiamo estendere la mappa al 2-scheletro di Σ, facendo in modo che le 2-celle della tassellazione vengano mappate omeomorficamente nei poligoni immersi come in 1.3. Otteniamo quindi una mappa continua di R2 in H4. Tale mappa è un’immersione topologica locale (ovvero, ogni punto ha un’intorno in cui la mappa è un omeomorfismo con l’immagine).

1.6

L’immersione globale

Nella sezione precedente abbiamo introdotto una mappa da R2in H4che è un’immersione locale; significa che stiamo considerando una superficie immersa (topologicamente) in H4, eventualmente con (numerose) autointersezioni. Vogliamo ora trovare condizioni affinché tale mappa sia un’immersione globale. Abbiamo per prima cosa bisogno di introdurre un nuovo oggetto, la trincea, che è interessante anche di per sé e ci sarà utile più volte in seguito.

La trincea

Fissiamo un punto x ∈ H4 con una copia del template in T

xH4. Riprendendo le notazioni

della sezione 1.3, consideriamo i segmenti geodetici xxi adiacenti al vertice x.

Per ognuno di tali segmenti, possiamo considerarne l’asse Ai: questo è il luogo dei punti

di H4 equidistanti da x ed x

i, e può anche essere ottenuto partendo dal punto medio del

segmento e tracciando tutte le possibili geodetiche che partono in direzione ortogonale al segmento. L’asse Ai così costruito è una copia di H3 immersa isometricamente in H4 e lo

separa in due semispazi aperti, uno contenente xi e che chiameremo Hi+, uno contenente x

e che chiameremo H

i . Denotiamo inoltre con H

+

i e H

i le loro chiusure in H4, ottenute

unendo a loro l’asse Ai.

Dati due segmenti consecutivi xxi e xxi+1 abbiamo un poligono P incollato lungo tali due lati, e i due assi Ai e Ai+1 passano per il centro del poligono (più precisamente, il centro del poligono è esattamente P ∩ Ai∩ Ai+1). In questo modo andiamo ad identificare la "fetta" del poligono P ∩ Hi ∩ H

i+1, che consiste dei punti che sono più vicini ad x che ad ogni altro vertice del poligono (includendo i punti sugli assi dei lati, in modo da ottenere una fetta chiusa). Tutte queste fette messe assieme formano la stella (chiusa) del

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1.6 L’immersione globale vertice x, che chiameremo St(x). Possiamo inoltre considerare l’intorno chiuso di x dato da B(x) =H0... ∪ Hν−1, che contiene St(x), e che può essere pensato come una "stella del vertice x in H4".

Figura 1.9: In evidenza in azzurro le "fette" che vanno a formare la stella St(x)del vertice

x. A sinistra una di tali fette delimitata dagli assi Ai e Ai+1 dei lati adiacenti, i quali si intersecano nel centro C del poligono.

Siamo interessati ora a considerare la trincea T(x) = H+0 ∪ H+1... ∪ H+ν−1, che è sostanzialmente il complementare dell’insieme B(x) (a meno di prendere la chiusura). Se proviamo a disegnarla nel modello disco di H4 (vedi figura 1.10), questa consiste in un’unione di palle disposte vicino a S3 =H4 secondo la forma del template. Vorremmo che la nostra trincea somigliasse effettivamente per davvero al nostro template, ma questo non è garantito, perchè in generale i semispazi H+

i si intersecheranno in maniera poco

controllata. Vorremmo quindi imporre la seguente

Richiesta 1.4. H+i ∩ Hj+=∅ eccezion fatta per i valori j=i, i+1, i − 1

Questa risulterà essere contemporaneamente anche sufficiente a garantire che la nostra mappa da R2 in H4 sia un’immersione globale. Vediamo quindi per prima cosa quali condizioni imporre per ottenere la 1.4; dopodichè mostreremo che la 1.4 è sufficiente a garantire che l’immersione locale sia un’immersione globale.

Ricerca delle condizioni necessarie

Dati due vertici vi, vj del template γ, più questi sono vicini più è facile che i rispettivi

semispazi H+i , H

+

j si intersechino. Quindi affinchè la 1.4 sia soddisfatta dobbiamo richiedere

che le coppie di vertici del template che realizzano mutua distanza minima siano esattamente le coppie di vertici adiacenti. Fissiamo ora un template che soddisfi tale basilare condizione: ci resta la libertà sulla scelta del poligono, ovvero sui parametri n, l, λ. Ma λ=aè fissato

(18)

x

Figura 1.10: Un pezzo di trincea, dato dall’unione dei "bubboni" che corrispondono ai semispazi H+

i . Nell’esempio in figura, la richiesta 1.4 è verificata.

dalla 1.2 e i due restanti parametri n, l sono legati dalla relazione 1.1, quindi in realtà abbiamo libertà solo sulla scelta di n.

Siano fissati x e la copia del template in TxH4. Tracciamo i due segmenti xxi e xxi+1 immaginando di far variare l. Al crescere di l i due semispazi Hi+ e H

+

i+1 diventano pro-gressivamente più piccoli: esiste un valore soglia l0 per cui tali semispazi (più formalmente, le loro chiusure in H4) sono tra loro tangenti. Notare che tutti i valori di l sufficientemente vicini ad l0 (e minori di l0) ci garantiscono che la 1.4 sia soddisfatta; quanto l deve essere vicino ad l0 dipende dal template γ.

Consideriamo i due assi Ai e Ai+1 ed intersechiamoli con il piano iperbolico passante per

x, xi, xi+1. Chiamiamo  l’angolo tra tali due assi in tale piano, che dipende in maniera continua da l. Se l è un valore tale da fornirci un poligono, allora l’angolo  è pari a

n

(perchè i due assi si intersecano proprio al centro del poligono). Se l =l0 abbiamo un caso degenere in cui =0.

Per continuità, scegliendo l opportunamente e sufficientemente vicino ad l0, possiamo ottenere tutti i valori di  sufficientemente piccoli, ed in particolare tutti i valori della forma

= n per n sufficientemente grande.

Abbiamo quindi ottenuto le seguenti condizioni che sono sufficienti a garantire la 1.4:

Condizione 1.5. Le coppie di vertici del template γ che realizzano distanza minima sono

(19)

1.6 L’immersione globale

Condizione 1.6. n ≥ N(γ).

Figura 1.11: A sinistra l=l0 il caso limite, in cui l’angolo  è pari a 0. A destra l molto vicino ad l0, per cui si ha  molto piccolo.

La condizione sulla trincea è sufficiente a fornirci l’immersione globale

Vogliamo ora mostrare che se vale la richiesta 1.4 allora la nostra mappa da R2 in

H4 è un’immersione propria. Per far ciò consideriamo l’insieme B(x) =H

0 ∩... ∩ H

ν−1

precedentemente introdotto (che è essenzialmente il complementare della trincea T(x), a meno di prendere la chiusura). Notare che il nostro insieme B ha una struttura topologica; inoltre, se togliamo i punti nelle intersezioni Ai∩ Ai+1, lo spazio restante ha una struttura di varietà iperbolica con bordo totalmente geodetico. Il nostro obiettivo è di costruire una varietà iperbolica in astratto incollando tra loro copie di B lungo i pezzi di bordo B ∩ Ai.

Consideriamo una copia B0 di B, che avrà al centro un punto x0 con una copia del template γ0, e da x0usciranno ν segmenti geodetici x0x0

i che sono tagliati a metà dagli assi A0i

nei punti a0

i (quindi a0i è il punto medio di x0x0i). Analogamente, consideriamo una copia B

00 di B, con i rispettivi x00, γ00, A00

j, a00j. Vogliamo incollare tali due facce identificando B0∩ A0i

con B00∩ A00

j in modo che a0i vada a coincidere con a00j. É necessario specificare in che modo

vogliamo identificare i due spazi tangenti Ta0

iA

0

i e Ta00

jA

00

j (ovvero fornendo un’isometria tra

tali due spazi tangenti), dopodichè l’incollamento è univocamente determinato richiedendo che A0

i e A00j siano identificati in maniera isometrica.

Vicino ad a0

i (ovvero lungo il lato x0x0i) sono incollati due poligoni P

0, Q0 (dove si intende che P0 viene prima di Q0 nell’ordine dato dall’orientazione di γ0). Analogamente abbiamo poligoni P00, Q00 incollati vicino ad A00

j. Vogliamo incollare A0i e A00j in modo che Q00 vada a

prolungare P0 e in modo che P00 vada a prolungare Q0. Questo determina univocamente l’isometria tra Ta0iA0i e Ta00jA00j a meno di una riflessione, perchè resta da decidere con che

segno far corrispondere(Ta0

iP 0+T a0 iQ 0)con(T a00 jP 00+T a00 jQ

00). Tale segno è determinato imponendo che B0 e B00 siano incollati preservando l’orientazione.

(20)

Osservazione 1.2. Con le scelte fatte (ed in particolare, avendo fatto collimare i poligoni),

tale isometria incolla B00a B0 esattamente nello stesso modo che se proseguissi la costruzione base di B0 oltre A0

i.

In particolare, A0

i∩ B0 viene a coincidere con A00j ∩ B00 e l’incollamento è ben definito.

Dal momento che sto incollando tra loro due componenti di bordo totalmente geodetiche, la metrica iperbolica è ben definita anche sulle parti di bordo che ho incollato.

Abbiamo quindi spiegato come incollare tra loro componenti di bordo di copie di B. Ora definiamo lo schema globale secondo cui andiamo ad incollare le varie copie di B. Consideriamo una tassellazione di R2 come descritto nella sezione 1.5 (si riprendano le figure 1.7 e 1.8). Per ogni vertice v di tale tassellazione, prendiamo una copia Bv di B;

fissiamo inoltre una bigezione (che preservi l’ordine) tra le componenti di bordo di Bv e i

lati uscenti dal vertice v nella tassellazione. Dati due vertici adiacenti v e w, incolliamo le rispettive copie Bv e Bw lungo le componenti di bordo corrispondenti al lato vw della

tassellazione.

Avevamo già detto che la struttura iperbolica non era definita su tutto B, ma che bisognava togliere i punti di intersezione tra componenti di bordo Ai∩ Ai+1. Incollando però tra loro i Bv secondo lo schema descritto, ed utilizzando l’osservazione 1.2, è possibile

estendere la struttura iperbolica anche in quei punti. Prendiamo infatti una copia di

Bv con due componenti di bordo consecutive Ai e Ai+1: tali due componenti di bordo corrispondono a due segmenti consecutivi (adiacenti a v) nella tassellazione di R2, che identificano un unica faccia F della tassellazione; le copie di B incollate lungo i vertici di F sono disposte (grazie a 1.2) esattamente nello stesso modo che se ci trovassimo in

H4 e quelle fossero i vertici di una copia P del poligono. Questo permette di estendere la struttura iperbolica anche a Bv∩ Ai∩ Ai+1.

Quindi incollando copie di B secondo la procedura descritta otteniamo una varietà iperbolica M4.

Proposizione 1.3. M è completa.

Dimostrazione. All’interno di B, per andare da un punto su una componente di bordo Ai

ad un punto su una componente di bordo Aj non adiacente, bisogna percorrere almeno

una distanza minima d0.

Prendiamo una successione di Cauchy xn nella nostra varietà: a meno di tagliare la

parte iniziale, possiamo supporre che d(xn, xm)< d0 per ogni m, n. Questo implica che

xn ed xm stanno o nella stessa copia di B, o comunque in copie di B relative a vertici

della tassellazione che hanno almeno una faccia in comune; in particolare la successione rimane sempre dentro un numero finito di copie di B. Quindi, a meno di estrarre una sottosuccessione, possiamo supporre che sia sempre dentro la stessa copia di B. Ma allora, essendo B completo, la successione converge.

Proposizione 1.4. M è semplicemente connessa.

Dimostrazione. Osservo innanzitutto che B è contraibile (in quanto stellato rispetto al

suo centro), quindi possiamo sostituire ogni copia di B con una 0-cella. L’incollamento di due copie di B lungo una componente di bordo equivale, dal punto di vista omotopico, ad

(21)

1.7 Il gruppo di isometrie attaccare una 1-cella ai corrispondenti punti. Il fatto che ogni intersezione B ∩ Ai∩ Ai+1 sia comune ad n copie di B equivale all’attaccamento di 2-celle disposte esattamente come nella tassellazione di R2. In altre parole, la nostra varietà è omotopicamente equivalente alla tassellazione di R2. Dal momento che R2 è semplicemente connesso, anche la nostra varietà lo è.

La varità iperbolica M ottenuta con la procedura descritta è quindi completa e sempli-cemente connessa, dunque deve essere esattamente H4. Disegnamo dentro ogni copia di

B la nostra costruzione base 1.3, ed otteniamo un’immersione propria di R2 in M. Ma

per come abbiamo definito M (ed in particolare per l’osservazione 1.2) questa è proprio la nostra immersione R2H4, che è esattamente quello che volevamo.

1.7

Il gruppo di isometrie

Fissiamo come sempre un template ν, a, α, τ ed un poligono n, l, λ che rispettino le condizioni 1.2 e 1.3. Consideriamo la costruzione base 1.3 che ci dà un’immersione locale Φ : R2 H4 da R2 tassellato verso H4.

Tale costruzione è ricca di simmetrie: dati due vertici v, w di tale costruzione e un’iso-metria tra i rispettivi spazi tangenti che mandi le copie dei template una nell’altra, esiste un’unica isometria g : H4 H4 che mandi v in w e il template vicino a v nel template vicino a w secondo l’isometria scelta. Tale isometria manda la nostra intera costruzione in sé stessa: abbiamo un’azione di tale isometria su R2 che preserva la tassellazione ed è equivariante rispetto a Φ; in altre parole, otteniamo un omeomorfismo g : R2 R2 che preserva la tassellazione e tale che Φ ◦ g=g ◦Φ.

Quindi le isometrie g di quel tipo formano un sottogruppo Γ ≤ isom(H4) che agisce contemporaneamente anche su R2 tassellato.

Proposizione 1.5. Il gruppo Γ agisce in maniera propriamente discontinua su R2.

Dimostrazione. Bisogna mostrare che ogni punto ha un intorno che interseca solo un

numero finito di suoi trasformati.

Ogni punto ha un intorno U che tocca solo un numero finito di facce della tassellazione

F1,..., Fk. Per ogni coppia di facce esiste un numero finito di elementi di Γ che mandano

l’una nell’altra. In particolare ci sono un numero finito di elementi che mandano Fi in Fj.

Facendo l’unione al variare di i e j otteniamo un numero finito di elementi: i trasformati di U secondo un qualsiasi altro elemento non possono intersecare U, perchè U è contenuto inS

Fi, mentre il suo trasformato è contenuto nel complementare(S Fi)c.

In generale il gruppo Γ non agisce in maniera propriamente discontinua su H4; tuttavia l’azione è propriamente discontinua se richiediamo per esempio la condizione 1.4 (basta ripetere la dimostrazione della proposizione 1.5, ma al posto delle facce della tassellazione si utilizzano i complementari B delle trincee, descritti nella sezione precedente 1.6).

Il gruppo Γ non agisce in maniera libera, né su R2 né su H4: per ogni vertice ci sono esattamente ν − 1 isometrie che mandano tale vertice in sé, corrispondenti alle ν − 1 isometrie del template in sé stesso, le quali, assieme all’identità, formano un sottogruppo

(22)

ciclico di Γ. Questo problema si aggira utilizzando il classico lemma di Selberg, di cui riporto solo l’enunciato

Teorema 1.6 (Selberg). Ogni sottogruppo finitamente generato di GL(n,C) ha un sottogruppo di indice finito e libero da torsione.

Ricordo che Γ ≤ isom(H4) può essere visto come gruppo di matrici se utilizziamo il modello dell’iperboloide per lo spazio iperbolico (quindi in particolare Γ può essere visto come gruppo di matrici).

Proposizione 1.7. Γ è finitamente generato.

Dimostrazione. Fisso un vertice v e considero l’insieme (finito) S ⊆ G di tutte le isometrie

che mandano quel vertice o in sè stesso o in uno dei vertici adiacenti. Scelgo ora un vertice a caso w, e mi basta mostrare che, applicando ripetutamente elementi di S, si riesce a spostare

w in v. Prendo un percorso (w0 =v, w1,..., wm = w) da v a w di lunghezza minima; in

tale percorso prendo il vertice w1 adiacente a v, e applico un elemento di s ∈ S che sposti

w1 in v. In questo modo la lunghezza del percorso più breve da v a s(w)è strettamente minore di quella da v a w. Possiamo ora riapplicare lo stesso procedimento al nuovo vertice

s(w) che abbiamo ottenuto, e così via; dopo un numero finito di iterazioni,otteniamo il vertice v stesso: abbiamo quindi trovato un elemento nel generato da S che sposta w in v. Dunque S genera Γ, come voluto.

Utilizzando il lemma di Selberg è quindi possibile trovare un sottogruppo Γ0 Γ di indice finito e libero da torsione. Le uniche isometrie di Γ con dei punti fissi sono elementi di torsione (perchè Γ è discreto), quindi Γ0 agisce in modo libero e propriamente discontinuo su R2 tassellato e, se vale la 1.4, su H4. Il quoziente R20 risulta essere una superficie, e la mappa quoziente un rivestimento universale

Proposizione 1.8. La superficie R20 è compatta.

Dimostrazione. Prendiamo una faccia F della tassellazione di R2 e dei rappresentanti delle

classi laterali Γ0a

1,..., Γ0ak (che sono in numero finito). Ogni faccia della tassellazione si

scrive come gF per qualche g ∈ Γ: scrivendo g=g0ai(con g0∈Γ0) otteniamo che ogni altra

faccia si scrive nella forma g0(aiF). Ma allora la mappa quoziente R2 R20 induce una mappa continua e surgettiva S

aiF →R2/Γ0, e immagine di un compatto è compatta,

come voluto.

Il quoziente H40 è quindi una 4-varietà iperbolica contenente la superficie R20 immersa topologicamente.

(23)

2

Conseguenze

La costruzione illustrata nella sezione precedente ci fornisce 4-varietà iperboliche contenenti una superficie immersa topologicamente.

Nel caso in cui il template non sia annodato, la 4-varietà risulta essere un fibrato vettoriale sulla superficie, fornendoci degli esempi riguardanti la congettura 0.1 citata nell’introduzione. Andremo quindi a considerare degli esempi espliciti di template non annodati, per i quali calcoleremo la caratteristica di Eulero della superficie e il numero di Eulero del fibrato.

Sia per template non annodati che per template annodati, è interessante studiare l’insieme limite della superficie immersa in H4, che risulta essere un frattale, che ad ogni ordine di grandezza somiglia al nostro template.

2.1

Il fibrato vettoriale

Supponiamo che ci venga dato un template γ non annodato ed un poligono P in modo che siano soddisfatte le condizioni 1.2, 1.3, 1.5 e 1.6. Vogliamo mostrare che, con le notazioni della sezione 1.7, il quoziente H40 è un fibrato vettoriale di rango 2 sulla superficie compatta R20.

Il fibrato topologico

Dato un vertice x, consideriamo il blocco B(x) =H0... ∩ Hν−1 e la stella St(x) =R2

B(x), riprendendo le notazioni della sezione 1.6. Consideriamo inoltre il bordo ∂B(x) =

B(x)∩(A0∪... ∪ Aν−1)ed il bordo ∂St(x) =St(x)∩ ∂B(x) =St(x)∩(A0∪... ∪ Aν−1).

Osserviamo che B(x)è stellato rispetto ad x, ovvero ricoperto dalle geodetiche che parto-no da x. Alcune di tali geodetiche incontraparto-no ∂B(x)dopo aver percorso una distanza finita, mentre altre proseguono per una distanza infinita. Le direzioni u ∈ S3 delle geodetiche che si fermano dopo una distanza finita formano un intorno tubolare (topologico) U di γ in S3 (omeomorfo a γ × R2). Abbiamo quindi un omeomorfismo tra(B(x); ∂B(x),St(x), ∂St(x)) e (P ∪ U; U, C(γ), γ), dove P è la palla unitaria aperta di TxR4 e C(γ) = {v : v = 0

oppure v

||v|| ∈ γ} è il cono di γ.

Ora utilizziamo l’ipotesi fondamentale che γ non è annodata: a meno di omeomorfismo, possiamo supporre che γ sia una circonferenza a nostra scelta dentro S3 con un suo

(24)

intorno tubolare a nostra scelta. In questo modo è abbastanza semplice vedere che (P ∪ U; U, C(γ), γ) è omeomorfo a (DR2; S1×R2, D2× {0}, S1× {0}). Questo in particolare mostra che B(x) è un fibrato vettoriale di rango 2 su St(x).

Per effettuare gli incollamenti tra i vari B(x)al variare del vertice x, ci serve in realtà una versione relativa di quanto detto sopra. Supponiamo ci venga dato a priori un omeomorfismo qualsiasi tra ∂B(x) e ∂St(xR2. Vogliamo estendere tale omeomorfismo ad uno tra

B(x)e St(xR2.

L’omeomorfismo dato tra ∂B(x)e ∂St(xR2 può essere riletto come un omeomorfismo tra U e γ × R2: in altre parole stiamo fissando a priori la struttura in fibre dell’intorno tubolare U su γ. Quando al posto della curva γ prendiamo una circonferenza a nostra scelta con un intorno tubolare a nostra scelta, possiamo fare in modo che la struttura in fibre di U su γ che ci è stata data risulti disposta a piacere nostro; una volta osservato questo, è abbastanza semplice mostrare che l’omeomorfismo tra ∂B(x) e ∂St(xR2 fissato si estende ad un omeomorfismo tra B(x) e St(xR2.

A

i

A

i+1

A

i-1

Figura 2.1: In figura un esempio di costruzione di un omeomorfismo tra ∂St(xR2 e

∂B(x). In arancione ∂St(x)ed in verde alcuni suoi punti con le rispettive copie di R2 che fibrano ∂B(x).

(25)

2.1 Il fibrato vettoriale Consideriamo ora la 4-varietà H40: questa si può ottenere incollando tra loro un numero finito di copie di B, e la superficie R20 è data esattamente dall’unione delle stelle St contenute nelle varie copie di B. Per ogni copia di B e per ogni faccia A del suo bordo, fisso una struttura di A come 2-fibrato vettoriale su St ∩ A, come mostrato ad esempio in figura 2.1; eseguiamo questo passaggio facendo in modo che, se A0 e A00 sono le facce adiacenti ad A, la fibra di St ∩ A ∩ A0 sia A ∩ A0, e la fibra di St ∩ A ∩ A00 sia

A ∩ A00. Ripetendo tale procedimento per ogni faccia, otteniamo una struttura di 2-fibrato

vettoriale definita sull’unione di tutti i bordi ∂B delle varie copie di B. A questo punto utilizziamo quanto visto sopra per estendere tale struttura anche agli interni delle varie copie di B, ed otteniamo esattamente quanto voluto.

Quindi la nostra costruzione ci fornisce una varietà iperbolica H40 contenente una superficie compatta R20, e la varietà risulta essere un fibrato vettoriale di rango 2 sulla superficie.

Figura 2.2: Come apparirebbe il fibrato su ∂B(x)se γ fosse semplicemente una circonferenza massima.

(26)

Il fibrato normale

Se la superficie fosse liscia, il fibrato appena introdotto sarebbe il fibrato normale alla superficie. I problemi dati dagli incollamenti non lisci lungo i lati dei poligoni possono essere facilmente eliminati, identificando opportunamente i due piani normali ai due poligoni. Definisco quindi ora il fibrato normale alla superficie senza vertici, che è isomorfo al fibrato introdotto sopra, e discuto riguardo al suo comportamento vicino ai vertici.

Ad ogni punto z di un poligono P , associo il piano normale (TzP)⊥, ed incollo tali piani tra loro ottenendo un 2-fibrato vettoriale sul poligono. Se z ∈ P ∩ Q è su un lato comune a due poligoni (eccetto i vertici), identifico tra loro i rispettivi piani normali mediante una rotazione di un angolo α (nello specifico, sto lasciando fissa la direzione (TzP+TzQ)⊥ e la direzione del lato P ∩ Q, e sto ruotando le due direzioni ortogonali). In questo modo abbiamo definito un fibrato su R20 eccetto che nei vertici.

Riprendiamo la figura 2.1: l’asse Ai−1∩ Ai è esattamente il piano normale al poligono in

quel punto. Dopodiché tale piano si sposta gradualmente fino a diventare il piano Ai∩ Ai+1 ortogonale al poligono successivo. Questo è esattamente come spostare il piano normale per trasporto parallelo lungo il poligono fino al lato a contatto col poligono successivo, lì ruotare di un angolo α, e poi finire lo spostamento sempre per trasporto parallelo. Questo ci permette di esibire un fibrato topologico assieme con un isomorfismo di fibrati dal fibrato normale in quello topologico definiti sull’unione dei ∂B(x)al variare del vertice x. Tale isomorfismo si estende anche facilmente ad un isomorfismo tra i due fibrati definiti su tutto

B tranne che nei vertici.

Notiamo che su ogni poligono P abbiamo una banalizzazione del fibrato normale, ottenuta identificando tra loro le fibre mediante il trasporto parallelo, come mostrato in appendice 3.2.

Vogliamo ora indagare il comportamento del fibrato normale vicino ad un vertice x. Identifico Tx(H4/Γ0) con un intorno di x in H4/Γ0 mediante la mappa esponenziale

(eventualmente riscalata, per evitare che l’immagine di S3 sia troppo grossa); la nostra superficie è semplicemente il cono C(γ) del template. Per z ∈ γ su un lato del template, il piano ortogonale al poligono diventa il piano ortogonale a γ in TzS3. Nei vertici del

template, i piani ortogonali vanno identificati mediante una rotazione di un angolo α, in accordo con la definizione precedente.

Avevamo detto che era possibile identificare tra loro i piani normali al poligono mediante il trasporto parallelo lungo il poligono: guardando le cose in S3 ⊆ T

x(H4/Γ0), questo

diventa il trasporto parallelo lungo il lato di γ: infatti, utilizzando i risultati delle appendici 3.2 e 3.3, abbiamo che il trasporto parallelo lungo un lato di γ può essere sostituito da una rotazione di S3, che applicando la mappa esponenziale diventa una rotazione del poligono, e le rotazioni del poligono agiscono sul fibrato normale esattamente nello stesso modo del trasporto parallelo.

Vorrei infine far presente, per completezza, che è possibile considerare un’approssimazione liscia dell’immersione R20 H40, e che il fibrato topologico risulta essere in tal caso isomorfo al fibrato normale alla superficie (anche nei vertici). I problemi nei vertici potrebbero essere quindi eliminati anch’essi (sfruttando il fatto che γ non è annodata, mentre sono problemi sostanziali quando γ è annodata, tanto che in quel caso la varietà

(27)

2.2 Calcolo del numero di Eulero del fibrato non è nemmeno un fibrato vettoriale sulla superficie).

2.2

Calcolo del numero di Eulero del fibrato

Supponiamo, come nella sezione precedente, di avere un template γ non annodato ed un poligono P che soddisfino le condizioni 1.2, 1.3, 1.5 e 1.6. Assumiamo inoltre che Γ0 sia formato solo da elementi che preservano l’orientazione di R2 e di H4 (questo può essere ottenuto facilmente passando ad un sottogruppo di indice finito): in questo modo, abbiamo una superficie compatta orientata B =R2/Γ0 con un fibrato vettoriale di rango 2 orientato

E = H40, e la zero-sezione coincide con l’inclusione dei paragrafi 1.5 e 1.6. Il nostro scopo ora è di calcolare il numero di Eulero di tale fibrato.

Per il calcolo del numero di Eulero, vogliamo utilizzare la tecnica descritta nell’appendice 3.6: vogliamo fornire una partizione di B in dischi, definire una sezione del fibrato lungo i bordi di tali dischi ed usare tale sezione per il calcolo del numero di Eulero.

La nostra varietà compatta B =R2/Γ0 è dotata di una naturale tassellazione ottenuta passando al quoziente la tassellazione di R2. Per ogni vertice x di tale tassellazione di B, mettiamo un disco avente x come centro, che copra un piccolo intorno di x, come mostrato in figura 2.3; tale disco è l’immagine tramite la mappa esponenziale del cono del template

C(γ)⊆ Tx(H4/Γ0)(eventualmente riscalato, in modo da essere sufficientemente piccolo). Per ogni poligono P della tassellazione di B, mettiamo un disco che copra esattamente tale poligono, ad esclusione delle fettine intorno ai vertici che sono già state coperte, come mostrato in figura 2.3; tale disco avrà come bordo alternativamente lati della tassellazione di B e lati del template γ. Questo definisce una struttura di complesso CW su B, il cui 1-scheletro è dato dai lati della tassellazione, in cui però al posto dei vertici metto delle copie molto piccole del template.

Visto che l’1-scheletro della nostra partizione in dischi non passa per i vertici della tassellazione di B, invece di definire la sezione nel fibrato vettoriale topologico della sezione 2.1, la definiamo nel fibrato normale ad esso isomorfo. In altre parole, vogliamo fornire un campo di vettori normali definiti lungo l’1-scheletro.

Se P e Q sono poligoni adiacenti della nostra tassellazione, in un punto z del lato P ∩ Q utilizzo il vettore J(z)unitario ortogonale sia a P che a Q (il segno di J viene determinato dalle questioni di orientazione); ricordo che il piano (TzP)⊥ e il piano (TzQ)⊥ andavano

identificati mediante una rotazione che lascia fisso J(z), quindi la definizione è ben posta. Supponiamo di avere un vertice x con una copia del template γ ⊆ S3 ⊆ T

x(H4/Γ0)

e siano s, v, w, t quattro suoi vertici consecutivi; chiamiamo inoltre P il poligono avente

x come vertice e v, w lungo i lati. Voglio definire un campo ortogonale lungo il lato vw

del template in S3. In v il campo J(v)è già stato scelto e deve essere uguale al vettore ortogonale sia a vw che a sv; analogamente, in w il campo J(w) è già stato fissato uguale al vettore ortogonale sia a vw che a wt. É immediato verificare che il trasporto parallelo di

J(v)lungo vw e il vettore J(w)fomano un angolo pari a τ. Identificando i piani ortogonali al lato vw mediante il trasporto parallelo, definisco il campo J lungo vw che ruoti di un angolo τ ∈(−π, π](si veda l’appendice 3.4) nel percorrere vw in modo da partire uguale a

(28)

Figura 2.3: La partizione in dischi della nostra superficie B. In arancione i dischi che coprono un intorno dei vertici mentre in verde i dischi che coprono i poligoni.

In questo modo otteniamo la sezione J mai nulla definita lungo l’1-scheletro della partizione in dischi di B. Vogliamo ora utilizzare tale sezione per calcolare il numero di Eulero del fibrato, e quindi calcolare i contributi dati da ogni singolo disco della partizione. Ci sono due tipi di dischi: i dischi incollati sopra i poligoni della tassellazione, e i dischi incollati vicino ai vertici della tassellazione.

Prendiamo un disco (D2, S1) incollato su un poligono P (che lo copre tutto tranne degli intornini dei vertici). Una banalizzazione per il fibrato lungo tale disco è data dall’identificare i piani ortogonali al poligono mediante il trasporto parallelo: in questo modo otteniamo una mappa J : S1 R2\0. Lungo i tratti di bordo dati da un lato di P , il nostro campo J è parallelo, ovvero la funzione J è costante. Lungo i tratti di bordo vicini ad un vertice di P , il vettore J ruota di un angolo τ. Visto che il poligono P ha n vertici, in totale la mappa J : S1 R2\0 fa n τ

giri intorno all’origine; quindi il contributo di ogni tale faccia al numero di Eulero è (in modulo) un addendo n τ

.

(29)

2.3 Costruzione di un template lavorare in S3 ⊆ T

x(H4/Γ0)e quindi (D2, S1) = (C(γ), γ), e abbiamo definito una sezione J lungo γ che ci fornisce una perturbazioneeγ ⊆ S

3 di γ nella direzione indicata da J.

Proposizione 2.1. Il contributo del nostro disco al numero di Eulero è il numero κ di

giri che fa eγ intorno a γ in S

3 (più formalmente, è il numero corrispondente a [

e γ] ∈

H1(S3\ γ) =Z).

Dimostrazione. A meno di omeomorfismo, e dato che γ non è annodata, possiamo assumere

che γ sia la circonferenza R2∩ S3, e la superficie C(γ) sia il disco R2∩ D4. Prendiamo un’omotopia Φ : S1×[0, 1]→ S3 che al tempo 0 sia

e

γ, e che poi sfili i giri di e

γ intorno a γ uno alla volta (quindi durante l’omotopiaeγ passa su γ esattamente κ volte,

e a tempi diversi), e che infine collassieγ ad un punto, diventando quindi la mappa banale

al tempo 1.

Tale omotopia è un disco contenuto in S3 che al bordo coincide con

e

γ, e che interseca C(γ) trasversalmente in esattamente κ punti (e sempre con lo stesso segno). La classe di Thom valutata in tale disco ci fornisce quindi il valore κ (in modulo), come voluto.

Tiriamo infine le fila del discorso. Come avevo già detto, la nostra superficie compatta

B =H2/Γ0 viene con una naturale tassellazione (ottenuta da quella di R2), che avrà V vertici, E lati e F facce; dato che da ogni vertice partono ν lati, e ogni faccia ha n lati, otteniamo subito che E= ν2V e F = n2E = nνV. La caratteristica di Eulero della superficie B è χ(B) =V − E+F = (1 − ν2 + νn)V. Il numero di Eulero del fibrato risulta quindi

essere (sommando i contributi dei vari dischi)

χ(E) =n τ

2πF +κV = (ν

τ

+κ)V.

Il rapporto tra la caratteristica di Eulero del fibrato e quella della superficie è quindi

χ(E) χ(B) = τ + κ ν 1 ν + 1 n− 1 2 .

Notare che scompare la dipendenza da V, E, F ovvero, in sostanza, dalla scelta del sotto-gruppo Γ0 Γ; il risultato è quindi ricondotto al calcolo di κ, che è un oggetto definito unicamente in termini del template γ in S3 (ed è quindi un calcolo che per essere eseguito non richiede di effettuare la costruzione con i poligoni nello spazio iperbolico).

2.3

Costruzione di un template

Vogliamo costruire esplicitamente degli esempi di template in S3.

Fissiamo due interi positivi p, q coprimi ed un parametro reale  ∈(0, 1). Consideriamo la curva chiusa orientata γ :[0, 1]→ S3 data da

β(t) = (p1 − 2cos(2πqt),p1 − 2sin(2πqt), cos(2πpt), sin(2πpt)).

Notiamo che tale curva è contenuta non solo in S3, ma anche nel toro {(x, y): x2+y2 = 1 − 2} × {(z, w): z2+w2 =2}=S1× S1, e quando t varia tra 0 e 1 la curva percorre q

(30)

giri lungo il primo fattore e contemporaneamente p giri lungo il secondo fattore. La nostra curva β è anche ricca di simmetrie: per ogni t, t0 [0, 1]esiste un’unica isometria di S3 che manda β(t)in β(t0)preservando la curva β (e tale isometria è data da una rotazione di un’angolo 2πq(t0− t) sulle prime due componenti, e contemporaneamente una rotazione di un’angolo 2πp(t0− t)sulle ultime due componenti).

Figura 2.4: Un tratto di β contenuto nel toro.

Fissiamo ora un’intero positivo ν e consideriamo i punti vi =β(νi)per i=0, ..., ν − 1.

Congiungiamo vi con vi+1 utilizzando l’unica geodetica minimizzante tra loro (ovvero, prendiamo la circonferenza massima di S3 passante per entrambi v

i e vi+1, e consideriamo l’arco più corto di tale geodetica); tale costruzione è ben definita dato che β(νi)e β(i+ν1) non sono mai diametralmente opposti eccetto che per ν =2 (semplice verifica); otteniamo quindi una curva orientata γ in S3. Dal momento che β era ricca di simmetrie, è facile mostrare che anche γ lo è, ovvero per ogni coppia di vertici vi e vj esiste un’unica isometria

di S3 che manda v

i in vj preservando γ; segue immediatamente che γ è un template

(l’esistenza di tali simmetrie forza i lati ad essere lunghi uguali, gli angoli ad essere tutti della stessa ampiezza, e anche la torsione ad essere sempre la medesima).

(31)

2.3 Costruzione di un template Per un tale template possono essere calcolati esplicitamente i parametri caratterizzanti

a, α, τ in termini di , p, q, ν; ometto qui i conti, che sono comunque riportati in appendice

3.5, ed elenco solo i risultati:

cos a= (1 − 2)cos2πq ν  +2cos2πp ν  cos α=1 − 2(1 −  2)2hcos(q ν)−cos( p ν) i2 (1 − 2)2sin 2πq ν 2 +4sin 2πp ν 2 +22(1 − 2)h1 −cos 2πq ν  cos 2πp ν i cos τ = (1 − 2)sin 2πq ν 2 cos 2πp ν  +2sin 2πpν2cos 2πqν (1 − 2)sin 2πq ν 2 +2sin 2πp ν 2

Notare in particolare che cos τ è una media pesata tra cos 2πp

ν e cos 2π q

ν, e quindi l’angolo

|τ | è sempre compreso tra 2πpν e 2πqν (assumendo la ragionevole condizione ν > 2p, 2q). Notare inoltre che τ è una funzione continua di  e che si ha |τ| → 2πp

ν per  → 0 e allo

stesso modo |τ| → 2πq

ν per  → 1.

Garantire le condizioni per l’immersione globale

Vogliamo ora studiare come vanno scelti i parametri per garantirci le condizioni 1.2, 1.3, 1.5 e 1.6, che ci servono per la buona definizione della nostra costruzione.

Cominciamo dalla condizione 1.5, che è quella più intrinsecamente collegata al template. È abbastanza semplice accorgersi che una scelta di ν sufficientemente grosso ci garantisce facilmente tale condizione, ma è anche possibile dare una stima esplicita su quanto deve essere grosso ν, la cui dimostrazione è riportata in appendice 3.5:

Proposizione 2.2. Una scelta di parametri p, q, , ν con ν >q43π(1−2)q2+2p2

1−2 è sufficiente

a garantire la proprietà 1.5.

Per ottenere le condizioni 1.2, 1.3, 1.5 e 1.6 procediamo quindi nel seguente modo. Fissiamo p e q a nostra scelta, e dato un valore 0 per , fissiamo ν tale che valga la disuguaglianza 2.2 appena vista, che ci basta a garantire la 1.5; dato che tale disuguaglianza è stretta, questo valore di ν ci lascia ancora la libertà di far variare  almeno in un piccolo intervallo aperto intorno ad 0. Per come dipende la torsione da , è facile accorgersi che possiamo scegliere un valore di  in modo che τ

sia un numero razionale.

Ora fissiamo il parametro λ del poligono pari ad a, garantendo la 1.2, e ci resta libertà solo sulla scelta di n. Fissiamo quindi infine un n abbastanza grande (che ci garantisce 1.6) e contemporaneamente tale che n τ

sia un intero (che ci garantisce 1.3), cosa che ci è possibile in quanto avevamo già fissato τ

pari ad un numero razionale.

Calcolo del numero di Eulero

Ricordiamo che il template γ era stato ottenuto prendendo una certa curva liscia β, suddividendola in parti uguali, e sostituendo ogni tratto con una geodetica. É abbastanza semplice vedere che, con una scelta di ν sufficientemente grosso (per esempio, il doppio

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