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L’intangibilità del nucleo essenziale dei diritti fondamentali La reazione alla lesione Il risarcimento.

Come già accennato in precedenza, la Costituzione italiana qualifica i diritti fondamentali come “inviolabili”, riconoscendo agli stessi una sfera di intangibilità che

li renda valevoli erga omnes.

Le caratteristiche dell’inviolabilità e dell’assolutezza non sottraggono, tuttavia, i diritti

fondamentali ad una disciplina giuridica, né a determinate (necessarie) limitazioni. Infatti, il carattere dell’assolutezza non sta a significare una “assenza di limiti”98 né,

d’altra parte, esso va inteso secondo la comune affermazione per cui “i diritti nascono per loro natura limitati”, dato che gli stessi si presentano in realtà nella forma, nell’ampiezza e con i limiti che la legge (o la Costituzione) stabilisce per loro.

In altre parole, la disciplina costituzionale ammette la possibilità di porre dei limiti ai diritti fondamentali, i quali possono essere anche molto gravi, ma che in nessun caso possono intaccare il nucleo fondamentale di questi diritti.

Pertanto, l’esercizio dei diritti fondamentali è sottoposto a dei limiti che,

inevitabilmente, devono essere fissati per garantire una serena convivenza tra i diritti di libertà all’interno dell’ordinamento giuridico, precludendo ogni possibilità che uno

di essi possa prevaricare gli altri comprimendoli illegittimamente.

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La predisposizione di questi limiti deve avvenire in modo da garantire il rispetto del carattere dell’intangibilità dei diritti di libertà: pertanto, diviene indispensabile evitare

qualsiasi eccessiva o ingiustificata compressione dei contenuti essenziali dei diritti in questione, al fine di assicurare il rispetto degli stessi a tutti gli individui.

Tra le principali ragioni giustificatrici dell’esistenza del nucleo intangibile dei diritti

fondamentali, come già visto nei paragrafi precedenti, vi è il fatto che tali diritti fondamentali non sono propri di qualunque Stato, ma i loro contenuti variano in funzione della diversa forma di Stato in cui vigono. Conseguentemente, l’eccessiva

limitazione e/o soppressione di uno o più di tali diritti, prima ancora di porsi in contrasto con l’inviolabilità che li caratterizza, si porrebbe in contrasto con i principi e i valori dell’ordinamento giuridico a cui si riferiscono, modificando in modo profondo

la fisionomia stessa dello Stato e della società ai quali i diritti fondamentali sono riconducibili99.

Alla luce di queste considerazioni, si può giungere a ritenere che “i diritti fondamentali

e inviolabili rimangono sottratti a ogni potere soppressivo da parte degli organi detentori del potere non sulla base di divieti normativi, sia pur di rango costituzionale, ma in quanto il loro contenuto minimo si pone come elemento fondante

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dell’ordinamento e superiore ai poteri costituiti, che nascono in conseguenza del patto sociale che include il rispetto e la permanenza dei diritti inviolabili”100.

La disciplina dei diritti di libertà deve, dunque, raccordarsi con le scelte complessive proprie della forma di Stato: i limiti devono, dunque, essere fissati secondo procedure che rispettino le regole dell’ordinamento giuridico, assicurando, al contempo, ai diritti

in questione il più ampio margine di tutela possibile.

In questo quadro, il ruolo che i limiti assolvono è strettamente legato alla società umana di riferimento: oggi, infatti, si ha modo di costatare come, rispetto al passato101, i pericoli più seri per il benessere sociale derivino non tanto dalle autorità pubbliche, quanto dai singoli individui, dal momento che l’esercizio dei diritti di ciascuno può

mettere in serio pericolo i diritti inviolabili di altri individui, membri della comunità. Quanto sopra giustificherebbe la necessità di prevedere dei meccanismi di tutela non soltanto nei confronti dello Stato ─ come avveniva in passato ─ ma anche rispetto agli

individui stessi. Di conseguenza, le limitazioni ai diritti fondamentali acquisterebbero, secondo questa prospettiva, “la funzione di garantire nella società condizioni permanenti idonee ad assicurare l’esercizio dei diritti stessi”102

, così delineando un sistema armonico in cui vige un principio di compatibilità tra la libertà individuale di

100

Cfr. G. Barone, Diritti fondamentali. Diritto a una vita serena, cit., p. 99.

101 In passato, infatti, il carattere dell’intangibilità dei diritti di libertà era da intendersi nel senso di consentire ai singoli individui una sfera di libertà che in nessun modo potesse essere violata dallo Stato.

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ognuno e le molteplici sfere di libertà di ogni altro soggetto. E’ per tale ragione che l’ordinamento costituzionale attribuisce al concetto di libertà individuale un carattere

non assoluto ma “relativo”, nel senso che “la libertà di ognuno deve essere garantita e protetta senza provocare interferenze o offese alla libertà dei molteplici altri soggetti con cui l’individuo viene in relazione”103.

Alla luce delle ultime considerazioni fatte, è possibile sostenere che la corretta interpretazione da attribuire alla categoria dei diritti in esame, in base a quanto stabilito dal Costituente con riferimento allo status ed alle garanzie previsti per essi, è quella che attribuisce loro la “presunta massima ampiezza” (ossia la c.d. presunzione della

massima espansione delle libertà)104, la quale ammette la sottoposizione dei diritti fondamentali a determinati limiti solamente nel caso in cui ciò sia ritenuto necessario dal Costituente. A tal fine sono predisposti alcuni principi fondamentali, i quali costituiscono un articolato sistema di garanzie posto a tutela dei diritti inviolabili ed il cui scopo è quello di garantire la predisposizione dei limiti apponibili ai diritti fondamentali.

Tali principi – che rappresentano il fondamentale elemento di garanzia previsto per i diritti in oggetto – consistono in un sistema di regole stabilito espressamente dalla Carta costituzionale, la quale stabilisce una riserva di legge diretta a vincolare

103 Cfr. G. De Vergottini, Diritto costituzionale, cit., p. 304. 104

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rigorosamente il potere legislativo a quanto direttamente previsto dal testo costituzionale.

In sostanza, la Costituzione non fa seguire all’elencazione dei singoli diritti un mero

rinvio alla legge per la definizione dei limiti apponibili al loro esercizio, dal momento che è essa stessa a stabilire espressamente quali siano i limiti ai quali i diritti inviolabili elencati nel testo costituzionale sono sottoposti105.

All’interno di questo quadro, la riserva di legge, posta a garanzia dei diritti inviolabili

(e dei limiti ad essi opponibili), affida al legislatore un compito limitato alla mera interpretazione delle limitazioni dei diritti inviolabili, già indicati dalla Costituzione stessa. Infatti, i limiti previsti in via generale dalla Costituzione possono essere attuati da provvedimenti delle Autorità amministrative o dalle Autorità giudiziarie ─ alle quali viene riconosciuta la facoltà di intervenire con provvedimento motivato al fine di disporre limitazioni ai diritti fondamentali, nel rispetto delle garanzie previste dalla legge ─ a condizione che ciò sia previsto nel testo costituzionale.

Al fine di completare il quadro generale relativo alla disciplina costituzionale prevista per la predisposizione dei limiti apponibili ai diritti inviolabili, occorre far riferimento

105 I limiti espressamente previsti dalla Costituzione possono essere generali, ossia potenzialmente riferibili a tutti i diritti di libertà (fissati, abitualmente, per affrontare uno stato do necessità, per cui, talvolta, essi possono consistere in una temporanea sospensione dell’esercizio dei diritti stessi, ai quali i limiti si riferiscono); ovvero

particolari, ossia previsti con specifico riferimento ai singoli diritti, che sono imposti, di norma, al fine di

contemperare l’esercizio dei medesimi con la tutela di alcuni interessi generali (sicurezza pubblica, sanità, igiene, buon costume, etc).

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ai limiti ed al sistema di garanzie previsti per i “diritti che non hanno alcun fondamento normativo”, ossia i c.d. “nuovi diritti” o “diritti di nuova generazione”.

Come già accennato nei paragrafi precedenti, infatti, esiste una macroscopica differenza tra i diritti di prima generazione ─ ossia i diritti che sono espressamente previsti nella Costituzione italiana ─ ed i nuovi diritti ─ ossia quelli che la

giurisprudenza, in un determinato momento storico, può riconoscere come meritevoli di tutela costituzionale per aver riscontrato l’esistenza di forti connessioni con i valori tutelati dalla Costituzione.

Tale differenza dipende dal fatto che mentre i primi fanno diretto riferimento alla Costituzione per ciò che attiene alla disciplina giuridica e, in conseguenza, ai meccanismi di tutela ed alla fissazione dei limiti a cui possono essere sottoposti, i secondi, invece, essendo una diretta creazione della giurisprudenza per ciò che attiene ai loro contenuti, si rivelano carenti di una garanzia formale a livello costituzionale, dal che ne consegue che anche la definizione dei limiti è riconducibile all’attività

giurisprudenziale106.

La disciplina costituzionale in materia di diritti inviolabili, tuttavia, non si limita a predisporre delle regole per la determinazione dei limiti a cui possono (o, in alcuni casi, devono) essere sottoposti i diritti fondamentali dell’individuo, ma predispone

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anche dei sistemi di controllo e di garanzia sulla legittimità dei limiti. Innanzitutto, vi è il principio che sancisce la tutela giurisdizionale, prevista espressamente dal comma 1 dell’art. 24 Cost. (secondo cui “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri

diritti ed interessi legittimi”) ed attraverso la quale viene garantita la più ampia possibilità di ricorrere al giudice per ogni violazione dei propri diritti, sia essa perpetrata dagli apparati pubblici che da altri soggetti privati107.

Ulteriore limite è dato dalla Corte costituzionale, cui viene riconosciuta la facoltà di valutare e decidere in merito alla compatibilità delle limitazioni stabilite da provvedimenti legislativi con la disciplina costituzionale. Tra i principali strumenti riconducibili al sistema dei controlli previsti per l’accertamento della legittimità dei

limiti opponibili ai diritti inviolabili vi è la c.d. tecnica del bilanciamento, alla quale la Corte può ricorrere quando si creino dei contrasti tra diritti inviolabili.

Tali contrasti, infatti, possono verificarsi di frequente, dal momento che, nonostante la dettagliata ed articolata disciplina costituzionale prevista in materia di limiti dei diritti inviolabili, la convivenza degli stessi con i nuovi diritti può favorire il moltiplicarsi di contrasti o incompatibilità tra le suddette categorie.

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Il diritto alla difesa rappresenta un elemento di completamento indispensabile per la disciplina costituzionale dei diritti di libertà, che in assenza di essa risulterebbero svuotate di ogni significato giuridico, come il gli Autori Pitruzzella e Bin sostengono in, Diritto pubblico, cit., p. 454. Inoltre, dal momento che il ricorso al giudice ed il processo rappresentano una ulteriore garanzia per la tutela dei diritti inviolabili, è fondamentale che essi siano organizzati secondo regole garantiste: tra esse, infatti, vi è la naturalità e la precostituzione del giudice,

l’imparzialità e l’indipendenza dei giudici, il principio del contraddittorio, il principio per cui “…contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale… è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge” ed il principio di presunzione di innocenza sino a condanna definitiva.

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Proprio per questo, talvolta, diviene indispensabile ricorrere al meccanismo del bilanciamento degli interessi.

In sostanza, la tecnica del bilanciamento stabilisce un ordine di rilevanza tra più interessi concorrenti, in modo tale che, una volta messo in atto il bilanciamento, uno dei diritti (bilanciati) risulterà prevalente rispetto all’altro (diritto configgente), il quale subirà una limitazione108, a condizione che essa non sia tale da annullare il diritto stesso ne violare il suo contenuto essenziale.

Tale tecnica viene, pertanto, impiegata in generale da tutte le Corti costituzionali per stabilire un criterio di ordine ed un ragionevole equilibrio nei reciproci rapporti tra i diritti ed in relazione all’organizzazione ed ai mezzi economici di cui dispone lo Stato

per la loro soddisfazione e protezione.

La tecnica del bilanciamento, tuttavia, oltre ad essere utilizzata per i contrasti tra diritti espressamente previsti nella Costituzione ed i nuovi diritti, può essere impiegata anche al fine di ricercare un corretto equilibrio tra diritti e valori espressamente previsti dalla Costituzione e che, dunque, non si trovano necessariamente in una posizione di contrasto.

108 Tale tecnica si basa sull’elaborazione di una valutazione che tenga conto di diversi elementi, tra i quali: la

legittimità del fine, ossia dell’interesse che si intende tutelare attraverso la legge; la congruità del mezzo rispetto al fine, ossia la capacità dell’intervento (che costituisce un limite all’esercizio di un altro diritto) che si intende

attuare per soddisfare l’interesse che si vuole proteggere ed in fine, il giudizio di proporzionalità, ossia il “costo” (che si esprime in termini di compressione dell’altro interesse coinvolto nel bilanciamento) della tutela accordata ad un interesse.

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Inoltre, il bilanciamento può riguardare un contrasto tra un diritto ed un dovere, caso questo che avviene, di norma, quando l’adempimento di tale dovere sia necessario per

la soddisfazione del diritto di un individuo109, per cui “tramite il bilanciamento di un diritto con un dovere, si realizza, in ultima analisi, il bilanciamento del diritto di un individuo con il diritto di un altro, che trova la sua soddisfazione in conseguenza dell’adempimento del dovere”110.

Infine, se è possibile ritenere, in base alle considerazioni fatte fino ad ora, che la Costituzione italiana abbia inteso affidare al legislatore statale la competenza di emanare atti limitativi dei diritti fondamentali (sottoponendoli, però, in primo luogo, al controllo della Corte costituzionale), occorre ancora evidenziare come negli ultimi decenni si siano affermati, all’interno del contesto normativo e giurisprudenziale

sopranazionale, molteplici strumenti di tutela.

In materia di tutela dei diritti fondamentali, dunque, un ruolo centrale deve essere indubbiamente riconosciuto alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo

e delle libertà fondamentali, la quale costituisce un altro invalicabile sistema di controllo; la CEDU, infatti, prevede un particolare sistema di controllo giurisdizionale, costituito dalla Corte di Giustizia di Strasburgo, la quale, secondo quanto stabilito

109 Vd. G. Barone, Diritti fondamentali. Diritto a una vita serena, cit., p. 89. 110

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dalla Convenzione stessa, esercita un controllo diretto ed efficace sulla tutela dei diritti di libertà, garantita all’interno degli Stati firmatari.

L’effettività del sistema di tutela dei diritti imperniato sulla CEDU è ulteriormente garantito dall’art. 34 del Protocollo n.11 della stessa, il quale prevede la possibilità che

i singoli cittadini degli Stati contraenti presentino ricorsi individuali diretti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Tale sistema di garanzia, secondo quanto stabilito dall’art. 46 del medesimo

Protocollo, vincola gli stessi Stati a conformarsi alle decisioni della Corte nelle controversie delle quali sono parte: ciò significa che lo Stato firmatario, al fine di conformarsi alla CEDU, può giungere sino a dover modificare il proprio ordinamento ed anche la Carta costituzionale che ne costituisce il fondamento111.

In questa prospettiva, occorre considerare il fatto che l’ordinamento italiano ha da

sempre riconosciuto la prioritaria importanza da riconoscere alla CEDU: non a caso, infatti, le disposizioni della Convenzione, volte alla massima valorizzazione dei diritti e delle libertà fondamentali degli uomini, trovano immediata applicazione all’interno dell’ordinamento giuridico italiano.

Allo stesso modo, i limiti fissati dalla Convenzione per i diritti umani divengono, a tutti gli effetti, limiti che la Costituzione italiana è tenuta a riconoscere come valevoli

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all’interno dello Stato italiano anche se, nel caso in cui la Corte di Strasburgo rilevi

una violazione dei diritti fondamentali, alla stessa non viene riconosciuta la facoltà di annullare l’atto lesivo del diritto fondamentale, ma può condannare lo Stato al

risarcimento del danno112.

L’importanza che la Corte costituzionale riconosce alla CEDU – ed all’organo

giurisdizionale da essa istituito, la Corte di Strasburgo – per ciò che attiene ai controlli posti in essere dalla stessa per la garanzia di una tutela effettiva a vantaggio dei diritti umani, può essere testimoniato da quanto dichiarato dalla stessa Corte costituzionale in alcuni recenti sentenze, ove essa ha sostenuto che “la CEDU presenta, rispetto agli trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i diritti dell’uomo, cui è affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa”113.

Questo articolato sistema di controlli mira a garantire una sfera assoluta di intangibilità dei diritti fondamentali dell’uomo, al fine di assicurare ai titolari degli stessi il pieno

godimento, che, come osservato precedentemente, può essere sottoposto a dei limiti legittimi i quali, in ogni caso, non possono intaccare il contenuto dei diritti inviolabili. Pertanto, in tali ultime circostanze, ossia nel caso in cui il contenuto dei diritti inviolabili venisse illegittimamente limitato o leso, l’ordinamento giuridico interviene

112 Vd. G. Barone, Diritti fondamentali. Diritto a una vita serena, cit., p. 77.

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con lo scopo di generare una reazione tale da permettere che ad una lesione o limitazione di uno qualsiasi dei diritti inviolabili segua una vera e propria “restituito in

integrum”, la quale permette la rimozione del limite illegittimo apposto al diritto e, contemporaneamente, la cancellazione effettiva della violazione del diritto sottoposto illegittimamente a limitazione.

Tuttavia, non sempre la soluzione sopra enunciata risulta praticabile: il nostro ordinamento giuridico, infatti, quando non può realizzarsi la restitutio in integrum, mira a garantire un risarcimento del danno che, essendo comunque insoddisfacente (non potendo cancellare gli effetti negativi del danno subito) viene ormai comunemente accettato come forma di “tutela minima”, che costituisce talvolta l’unica forma di tutela attuabile quando si rivela impossibile la cancellazione della lesione di un diritto fondamentale.

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