• Non ci sono risultati.

Segue Il diritto alla salute come interesse individuale e come

interesse della collettività. I trattamenti sanitari obbligatori.

La Costituzione italiana, dunque, oltre ad attribuire al diritto alla salute un duplice contenuto, che la stessa riconosce tanto al singolo individuo quanto alla collettività stabilisce il fondamentale principio per cui “nessuno può essere obbligato ad un

determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (art. 32, comma 2, Cost.)

Attraverso tale disposizione, la Costituzione stabilisce un diritto al “rifiuto di cure”, in forza del quale nessuno può essere obbligato a sottoporsi a trattamenti sanitari che, per qualunque ragione (di carattere religioso, politico, economico), siano contrari al pensiero o alle credenze del titolare del diritto in questione182.

Tuttavia, questo aspetto del diritto alla salute pone il problema di ricercare un giusto equilibrio tra il diritto alla salute, inteso come diritto del singolo, ed il medesimo diritto, inteso come interesse della collettività183. Infatti, il costituente ha individuato nell’interesse della collettività l’unico limite al godimento del diritto alla salute e alla

libertà di disporre del proprio corpo in capo ai titolari dello stesso.

182

I trattamenti sanitari sono, infatti, di regola, volontari (così come è libera la scelta del medico e del luogo di cura) per cui non esiste un generico obbligo di curarsi.

183 Vd. F. Modugno, Trattamenti sanitari ‹‹non obbligatori›› e Costituzione, in Dir. e soc., 1982, p. 303 e ss. e S. P. Panunzio, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione, in Dir. e soc., 1979, p. 168 e ss.

98

Tale limite si sostanzia nell’obbligo, per tutti i soggetti, di sottoporsi, nel caso in cui la

sanità pubblica sia a rischio, a determinati trattamenti sanitari ai fini della prevenzione, i quali devono essere previsti dalla legge184 ed adeguatamente motivati da cause che possano mettere a rischio la salute della collettività.

Pertanto, “l’obbligo di assoggettarsi ad un trattamento sanitario obbligatorio o

addirittura coattivo, è ammesso solo se necessario per la tutela della salute della collettività; non è consentito imporre un trattamento sanitario per tutelare la sola salute individuale del soggetto, senza alcun vantaggio per l’interesse collettivo”185.

I trattamenti sanitari obbligatori sono attuabili, dunque, solo nel caso in cui vi sia le necessità di garantire la tutela della salute pubblica e non già della salute individuale, per la quale prevale la scelta del singolo individuo, dovendo sempre il medico informare il paziente delle conseguenze dei trattamenti sanitari che gli propone e che non può eseguire senza il suo consenso186.

Il riconoscimento della legittimità dei trattamenti sanitari obbligatori costituisce, quindi, un’eccezione rispetto alla regola generale, la quale stabilisce che “nessuno può

essere obbligato a un trattamento sanitario”(art. 32, comma 2 Cost.).

184

La Costituzione italiana, all’art. 32, 2° comma, è talmente chiara sull’argomento, da lasciare pochissimo margine di spazio all’interpretazione, infatti, in essa è stabilito che: “nessuno può essere obbligato ad un

determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge.”

185 Cfr. AA. VV., La Costituzione esplicata, cit., p. 81. 186

Questo aspetto è riconducibile ad alcune più recenti tendenze legislative e giurisprudenziali che hanno arricchito il significato del diritto alla salute di un ulteriore elemento, rappresentato dal diritto al consenso

informato; esso si riferisce a trattamenti sanitari che sono, di norma, volontari, per cui ove violato, esso è causa

99

In tal maniera, il costituente attribuisce all’individuo la facoltà di decidere se sottoporsi o meno ad una determinata terapia, salvo il caso in cui all’interesse alla salute del singolo si sovrapponga l’interesse alla salute della collettività, dal momento

che la Costituzione ammette la legittimità dei trattamenti sanitari obbligatori o coattivi, se stabiliti “per disposizione di legge” (art. 32, comma 2 Cost.)187 e solo a determinate

condizioni. Innanzitutto, infatti, i trattamenti devono essere finalizzato esclusivamente alla protezione dell’interesse della collettività alla salute generale, non potendo essere

rivolti al perseguimento di generici interessi di carattere pubblico. Inoltre, tali trattamenti non possono violare i limiti imposti dal ‹‹rispetto della persona umana››

(art. 32, comma 3 Cost.), dato che qualsiasi trattamento sanitario, anche se posto a tutela di un diritto fondamentale e collettivo, in nessun caso può degenerare in violenza fisica sulle persone sottoposte a trattamento sanitario né comunque ledere i diritti fondamentali dell’individuo (art. 2 Cost.). In realtà, quest’ultima condizione non sembra cogliere a pieno lo stretto legame esistente tra l’art. 32 e gli artt. 2 e 3, 2° co., attraverso il quale è desumibile la libertà dell’individuo di autodeterminarsi, la libertà

di fissare le modalità ed il disegno del proprio essere ‹‹persona››188, per cui, sotto questo profilo, il “rispetto della persona umana” coincide anche con “il rispetto della

187

i trattamenti devono essere previsti dalla legge, o da questa consentiti, dal momento che perché possano imporsi trattamenti sanitari obbligatorio occorre che sia rispettato il principio della riserva di legge (la quale deve essere assoluta, avendo posto un limite ad una libertà fondamentale dell’individuo)

188

100

libertà di scelta del singolo, che solo può fissare le modalità ed il disegno del proprio essere persona”189.

Inoltre, ad arricchire il contenuto ed il significato di questo aspetto, è intervenuta la legge n. 833 del 1978 che ha sancito la regola generale secondo la quale: “i trattamenti

sanitari obbligatori devono essere disposti nel rispetto della dignità della persona e del rispetto dei diritti civili e politici, compreso, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta da parte del paziente del medico e del luogo di cura, e devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato”190.

In conclusione, è possibile affermare che la disciplina in materia di trattamenti sanitari può essere intesa come applicazione del diritto di disporre del proprio corpo

(il diritto di libertà, previsto all’art. 13 della Costituzione)191, cosa che consente di intendere i “trattamenti sanitari” alla luce della necessità di garantire la libertà dell’individuo ad esercitare il proprio diritto alla salute, in tutte le sue sfaccettature,

sottoponendola a determinati limiti rappresentati dai trattamenti sanitari obbligatori, ritenuti costituzionalmente legittimi se necessari per assicurare la tutela della salute pubblica.

189 Cfr. M. Luciani, Salute. Diritto alla salute, in Enc. giur. Treccani, cit., p. 10.

190 Vd. legge n. 833 del 23/12/1978, in materia di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale. 191

101

Infine, un fondamentale contributo sull’argomento si è avuto da parte della Corte

costituzionale, la quale è intervenuta con la sentenza n. 445/1990 affermando che “Il diritto ai trattamenti sanitari necessari per la tutela della salute è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionalmente condizionato all’attuazione legislativa attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da questo diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti.”192In altre parole, “al pari di ogni altro diritto tutelato come valore costituzionale primario, il diritto alla salute può essere assoggettato a limiti soltanto a seguito del bilanciamento con altri interessi costituzionali di pari rango”193.

192 Cfr. Corte cost., sent. n. 445/1990.

193

Cfr. A. Baldassarre, Diritti sociali, in Enc. Giur. Treccani, cit., p. 26. Il rinvio al legislatore, previsto al 2° comma dell’art. 32, mira, appunto, a giustificare interventi legislativi volti a temperare la libertà in questione al fine di tutelare altri diritti fondamentali, prevedendo trattamenti obbligatori solamente nel caso in cui questi fossero necessari per prevenire o evitare pericoli o danni gravi alla salute pubblica.

102