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L’interazione tra idrogeno e metallo è un processo molto complesso e dipende da molti fattori, ma può essere schematizzato in tre fasi:

1. Penetrazione dell’idrogeno; 2. Diffusione dell’idrogeno;

3. Solubilità dell’idrogeno e trappole nel metallo;

2.1.1 Penetrazione dell’idrogeno

L’ingresso dell’idrogeno nei metalli è il primo passo dell’infragilimento da idrogeno e il suo meccanismo varia in funzione della fase in cui avviene il fenomeno (gassosa o liquida)

Se la fase è gassosa le principali interazioni sono 3: adsorbimento fisico, risultato delle forze di Van der Waals tra la superficie del metallo e l’idrogeno e corrisponde alla formazione di un fluido multistrato; adsorbimento chimico dove si verifica una reazione chimica tra gli atomi in superficie e le molecole adsorbenti, poiché le forze chimiche coinvolte sono a corto raggio, si concentrano solo sullo strato superficiale del metallo; absorbimento, che

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comporta l’incorporazione dei prodotti dell’adsorbimento chimico nel reticolo cristallino del metallo.

In caso di fase liquida ci sono molti casi in cui i metalli possono contenere quantità considerevoli di idrogeno derivato da ambienti acquosi. Il più noto e più importante è l’ingresso di idrogeno nel metallo quando è a contatto con acidi forti (ossia con un elevata tendenza a dissociarsi in soluzione), meno efficienti sono le reazioni che si verificano tra metalli e soluzioni neutre o alcaline.

2.1.2 Diffusione dell’idrogeno

L’idrogeno atomico, a causa delle sue dimensioni molto piccole, ha un’elevata mobilità nei metalli, anche a temperatura ambiente, rendendolo pericoloso. Una volta absorbito tende a diffondere nel materiale seguendo la prima legge di Fick: J = −D·∇CH dove: • J è il flusso di idrogeno; • CH (x,t) è la concentrazione di idrogeno; • D è il coefficiente di diffusione.

Rimanendo costanti le condizioni dell’ambiente esterno, man mano che l’idrogeno penetra nel materiale J decresce a seguito della diminuzione del gradiente di concentrazione (∇CH). Il flusso si annulla quando la

concentrazione di idrogeno nel materiale ha raggiunto in tutti i punti il valore di saturazione C0. Il coefficiente di diffusione D varia al variare della

temperatura seguendo la legge di Arrhenius: D = D0 ·e

−∆E / (RT)

in cui:

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• D0 è coefficiente di diffusione a zero gradi Kelvin;

• ∆E è l’ energia di attivazione; • R è la costante universale dei gas:

• T è la temperatura misurata in gradi Kelvin

La diffusione dell’ idrogeno non avviene solo seguendo i gradienti di concentrazione, ma anche in presenza di gradienti di tensione. Un campo uniforme di deformazione elastica aumenta la solubilità dell’idrogeno secondo la relazione di Beck:

dove:

• VH è il volume molare;

• σ0 è la tensione idrostatica;

• C0 è il valor di saturazione della concentrazione

Tenendo presente questa relazione la prima legge di Fick diventa:

J = −D·∇( )

L’equazione mette in luce come, anche in assenza di gradienti di concentrazione, si abbia flusso di idrogeno tra zone con diverso stato di tensione. In particolare l’idrogeno tende a spostarsi da zone con basso valore di tensione applicata verso zone con alto valore. In un reticolo cristallino ideale, l’idrogeno assumerebbe posizioni interstiziali, tuttavia i reticoli reali contengono dei difetti che costituiscono siti a minor energia, che attraggono e catturano l’idrogeno, consentendo una configurazione più stabile. Questi siti sono detti trappole. La presenza di trappole però produce un cambiamento sostanziale della prima legge di Fick: esse vanno a sottrarre idrogeno diffusibile dal reticolo, facendo si che il valore della derivata nel tempo della concentrazione sia sovradimensionato rispetto a quanto dovrebbe essere. Fintanto che le trappole irreversibili non sono sature la diffusione attraversa una fase di transitorio, poiché l’ idrogeno una volta catturato non è più

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disponibile per la diffusione. Il coefficiente di diffusione in presenza di trappole, una volta raggiunta la condizione di regime, può essere espresso dalla seguente equazione di Oriani:

in cui:

• DL è il coefficiente di diffusione in assenza di trappole;

• Eb è l’energia di attivazione della trappola;

• Kx è il rapporto tra densità di trappole e di siti interstiziali presenti nel

reticolo.

La diffusione interstiziale non è il solo modo di trasporto dell’idrogeno nel metallo. Sono noti due altri meccanismi:

1. Il trasporto mediante dislocazioni: si ha nel caso di una deformazione plastica locale (ad esempio all’ apice di una cricca). L’ idrogeno resta attaccato alla dislocazione mobile e si muove con essa. In una struttura CCC (cubica a corpo centrato) questo meccanismo comporta una velocità di trasporto fino a due ordini di grandezza superiore a quello per diffusione interstiziale.

2. Il “corto-circuito” di diffusione: siti del reticolo dove la diffusione è più rapida (i bordi grano in un acciaio austenitico, la ferrite in una struttura austeno-ferritica, etc.).

2.1.3 Solubilità dell’idrogeno e trappole nel metallo

La solubilità dell’idrogeno è diversa a seconda della struttura reticolare considerata. Nei reticoli CCC l’idrogeno va a occupare principalmente la posizione interstiziale ottaedrica, mentre nei reticoli CFC (cubici a facce centrate) assume le posizioni interstiziali di tipo tetraedrico. Ne risulta una elevata diffusività e una bassa solubilità nei reticoli CCC, viceversa nelle strutture CFC. Le posizioni interstiziali nei due reticoli sono riportate in figura 2.1:

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Figura 2.1: Posizioni interstiziali nei reticoli a) CCC e b) CFC

Per quanto riguarda le trappole da idrogeno ne esistono 2 tipi che hanno meccanismi differenti:

1. Trappole attrattive: in presenza di una forza attrattiva che spinge l’ idrogeno in una direzione preferenziale, l’ energia media di salto resta invariata, ma la probabilità che l’ atomo si sposti nella trappola piuttosto che altrove è più elevata. Le forze che agiscono sull’atomo di idrogeno all’interno del reticolo possono essere di origine elettronica, tensioni, gradienti di temperatura o del potenziale elettrochimico; 2. Trappole fisiche: presenza di discontinuità fisiche nel reticolo che

modificano l’energia media del salto (bordi di grano, inclusioni, precipitati, etc.).

Le trappole inoltre possono essere divise in due gruppi: reversibili e irreversibili. La distinzione avviene sulla base dell’energia con la quale legano a se gli atomi di idrogeno. Le trappole reversibili presentano bassi valori di energia di attivazione e perciò gli atomi di idrogeno presentano un basso tempo di permanenza in questi siti. Le trappole irreversibili invece sono caratterizzate da un’energia di attivazione superiore, in pratica quindi bloccano in maniera definitiva l’idrogeno catturato. Il valore di energia di attivazione che discrimina i due tipi di trappole dipende dalla temperatura del materiale. Questo in quanto, all’aumentare della temperatura, aumenta proporzionalmente l’energia posseduta dagli atomi d’ idrogeno; proprio da questa energia dipende la capacità di un atomo di sottrarsi ad una trappola. A temperatura ambiente

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l’energia di attivazione ∆H di una trappola non deve superare i 40kJ/mol affinché questa risulti reversibile.

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