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Omologazione, riguardo il comportamento meccanico in presenza d'idrogeno, di nuove leghe d'alluminio e d'acciaio ultra-altoresistenziali.

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Academic year: 2021

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Dipartimento d’Ingegneria Civile ed Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica

Tesi di laurea

Omologazione, riguardo il comportamento meccanico

in presenza d'idrogeno, di nuove leghe d'alluminio e

d'acciaio ultra-altoresistenziali.

Relatori

Prof. Ing. Renzo Valentini

Prof. Ing. Marco Beghini

Candidato

Giovanni Vinti

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Indice

Introduzione ………..………5

1 Generalità ………..……….7

1.1 Alluminio ultra alto-resistenziale …...………...7

1.1.2 Leghe d’alluminio ……….………….………8

1.1.2.1 Leghe da fonderia……….………8

1.1.2.2 Leghe da lavorazione plastica………….……….……….9

1.1.3 Soluzione solida……….………11

1.1.4 Indurimento per precipitazione ……….………13

1.1.5 Leghe da trattamento termico ………...……..………..16

1.1.6 Alluminio nell’industria dell’automotive ………...……..………20

1.1.7 Resistenza alla corrosione delle leghe d’alluminio ……….…….23

1.1.7.1 Cause corrosione ………24

1.1.7.2 Pitting ……….24

1.1.7.3 Corrosione galvanica ………..………26

1.1.7.4 Corrosione inter-cristallina ……….27

1.1.7.5 Tenso-corrosione ………27

1.1.7.6 Effetti delle variabili ambientali ……….33

1.1.7.7 Metodi di prevenzione della corrosione ……….34

1.2 Acciai ultra altoresistenziali nell’automotive ………..36

1.2.1 Introduzione ………..36

1.2.2 Gli AHSS (Advanced High Strenght Steel) ………..37

2 Danneggiamento da idrogeno e misura tramite sensori a semi-conduzione……….………..38

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2.1.1 Penetrazione dell’idrogeno ………..………39

2.1.2 Diffusione dell’idrogeno ………..………39

2.1.3 Solubilità dell’idrogeno e trappole nel metal……....………41

2.2 Danneggiamento da idrogeno …..……..………..………43

2.2.1 Tenso-corrosione …………..……….……..……….45

2.2.1.1 Dissoluzione anodica ……..…….……..………47

2.2.1.2 Avanzamento catodico.. per infragilimento da idrogeno ..……47

2.3 Misura dell’idrogeno diffusibile tramite sensori a semiconduzione50 2.3.1 Principio di funzionamento ………...………51

2.3.2 Sensori utilizzati ………...……….53

2.3.2.1 PN/701 ………...……….53

2.3.2.2 MQ-8 ………...………55

3 Prove a macchinari utilizzati durante l’attività sperimentale …………57

3.1 Prova di permeazione ………57

3.1.2 Permeazione di Devanathan-Stachurski………..57

3.1.2 Permeazione con Helios II ……….62

3.1.3 Elaborazione dati con Helios II e calcolo del coefficiente di diffusion.65 3.1.3.1 Metodo del 63% ………..66

3.1.3.2 Metodo time-lag ………..67

3.2 Prova di desorbimento ………...67

3.2.1 Desorbimento ad alta temperatura ………..68

3.2.2 Desorbimento a temperatura ambiente ……...………71

3.3 Prova SSRT ………...………73

3.4 Prova di flessione su 4 punti …………..………75

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4

4.1 Prove SSRT e desorbimenti ……….81

4.1.1 Caricamento elettrochimico ………..82

4.1.2 Prova di trazione ………83

4.1.3 Desorbimento ……….84

4.1.3.1 Taratura Helios III ………...85

4.1.4 Risultati sperimentali ………..92

4.1.4.1 Martinsite 1500 ………92

4.1.4.2 Alluminio 7449/7050 ………...97

4.2 Prove di permeazione ………...101

4.3 Prove d’idrogenazione in forno ………107

4.4 Prove di flessione su 4 punti ……….116

Appendice Disegni tecnici per attrezzatura per prova di flessione su 4 punti………122

Bibliografia ………138

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Introduzione

Al fine di limitare il consumo energetico e l’inquinamento atmosferico, l’industria automobilistica sta affrontando il problema della crescente domanda di vetture a basso consumo di carburante. In risposta a queste esigenze, l’industria siderurgica ha investito ingenti capitali nella ricerca di materiali ad elevate proprietà meccaniche. Il peso complessivo di un’autovettura di media fascia di prezzo viene impattato per il 20% dalla carrozzeria, per il 18% dal power-train, per il 12% da telaio e sospensioni. Sostituendo i materiali convenzionali con materiali dalle caratteristiche meccaniche più elevate si può ottenere una drastica diminuzione del peso mantenendo invariate le caratteristiche strutturali e di sicurezza di ciascun elemento costituente un autovettura.

La tesi è incentrata su metodi di prova di allumini ed acciai ultra alto-resistenziali, estremamente resistenti ma fragili. Poiché sono di nuova generazione è stato richiesto di fare delle prove di vario tipo per vedere se il materiale ad esempio si può stampare, saldare, ecc. Tanto più la resistenza cresce tanto più insorgono problemi, in quanto materiali dalla bassa resistenza hanno una duttilità intrinseca che risolve da se molte problematiche. Ci si sofferma più che altro sulle prove di fatica ed infragilimento da idrogeno, o fatica in presenza d'idrogeno. In particolare l'idrogeno può derivare da tratt. superficiali, corrosione, saldature, ecc. Il fine è trovare le prove che sono più attendibili per questi materiali che rispecchino il più possibile le condizioni dell'auto, a seconda dei componenti utilizzati le problematiche possono esser diverse.

Quando si vuole testare un nuovo materiale, la prima fase è l'omologazione: bisogna dimostrare che se il materiale supera una serie di test severi si può adoperare; bisogna inoltre scegliere i test più idonei, relativamente alla problematica in oggetto che nel caso di questa tesi, è l’infragilimento da idrogeno.

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Durante l’attività sperimentale sono state effettuate delle prove su due nuovi materiali ultra alto-resistenziali, un alluminio ed un acciaio. Sono state anche poste le basi per altre prove da effettuare in futuro su altri materiali ultra alto-resistenziali.

Il grafico seguente mostra l’obiettivo delle cause automobilistiche fissato per il 2020

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Capitolo 1

Generalità

1.1 Alluminio ultra alto-resistenziale

Tali leghe rappresentano una nuova classe di leghe leggere, avendo ottime proprietà meccaniche che le rende particolarmente idonee in differenti campi dell'industria, specialmente quella dei trasporti. La loro più importante caratteristica è l'ottenimento di buone proprietà meccaniche senza usare trattamenti termici: tali leghe infatti sono indurite per precipitazione, ossia sono soggette al fenomeno dell'invecchiamento. La possibilità di evitare trattamenti termici comporta una riduzione dei costi di produzione di alcuni componenti e dell'energia necessaria per realizzarli, inoltre non vi sono le distorsioni che di solito seguono tali trattamenti per via del gradiente termico.

L’alluminio rientra nella categoria delle leghe leggere ed è uno degli elementi che più abbondano nella crosta terrestre. L’alluminio si estrae principalmente dal minerale di bauxite e può esser prodotto in forma primaria o secondaria: la forma primaria richiede la produzione di allumina Al2O3 tramite il processo Bayer, segue poi l’elettrolisi dell’allumina fusa in criolite; la forma secondaria deriva dalla rilavorazione degli scarti ed assume notevole importanza poiché l’energia richiesta per produrla è il 5% di quella richiesta per la forma primaria. La produzione dell’alluminio cominciò ad avere una crescita esponenziale verso la fine del 1800 con lo sviluppo del primo motore a combustione interna, la scoperta dell’elettricità e l’invenzione dell’aeroplano fecero poi dell’alluminio un metallo essenziale per molte applicazioni in differenti campi dell’industria: automobilistica, aerospaziale e aeronautica, elettrica ed elettronica ecc. Oggi il 90% della produzione è però dedicato al mercato alimentare.

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 Densità ρ= 2700 kg/m^3

 Malleabilità e duttilità

 Resistenza alla corrosione

 Conducibilità elettrica e termica

 Alta riflettività

 Paramagnetismo (non è ferromagnetico, caratteristica importante per le applicazioni elettriche ed elettroniche)

 Saldabilità

 Non tossico

 Facilmente riciclabile

1.1.2 Leghe d’alluminio

L’alluminio tecnologicamente si divide in 2 grandi categorie: da fonderia e da lavorazione plastica

1.1.2.1 Leghe da fonderia

Circa l'80% di tali leghe è ottenuto dal riciclaggio dell'alluminio ed ultimamente hanno trovato nuove applicazioni in molti campi dell'industria, specialmente quella automobilistica ed aerospaziale dove hanno sostituito l'acciaio per la produzione di alcuni componenti, per via delle loro prestazioni ad un costo contenuto: buona colabilità, alte proprietà meccaniche, buona duttibilità e resistenza alla corrosione. Gli elementi di legha principali sono i seguenti:

 Silicio: la concentrazione và dal 5 al 12%, abbassa il punto di fusione e migliora la fluidità della legha metallica

 Rame: migliora sia le proprietà meccaniche che la lavorabilità della lega, tuttavia ha un effetto negativo sulla resistenza alla corrosione

 Magnesio: incrementa le caratteristiche meccaniche tramite il meccanismo d'indurimento per precipitazione; migliora inoltre la resistenza alla corrosione e la saldabilità della lega

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 Ferro: presente come inevitabile impurezza, forma composti intermetallici che peggiorano la resistenza meccanica del materiale

1.1.2.2 Leghe da lavorazione plastica

Tali leghe sono le più utilizzate nell'industria dell'automobilismo e aerospaziale, per via delle loro migliori proprietà meccaniche rispetto alle leghe da fonderia. Sono inizialmente fuse e solidificate in forma di lingotti o billette, successivamente per ottenere la forma desiderata vengono lavorate a caldo e/o a freddo, quest'ultima viene facilitata dalla struttura cristallina dell'alluminio, che è cubica a facce centrate. L'aggiunta di elementi di lega è quantitativamente minore rispetto alle leghe da fonderia, tuttavia le proprietà meccaniche ottenute sono migliori per via della deformazione plastica, che migliora il grado d'affinamento del grano e omogenizza la microstruttura. I principali processi di deformazione plastica utilizzati sono:

 Laminazione: con la quale si ottengono lamiere, piastre, ecc.

 Estrusione: per formare barre, tubi, profilati, ecc.

 Stampaggio: per ottenere forme complesse

 Forgiatura: per ottenere forme complesse ma dalle migliori proprietà meccaniche

Vi è anche una classificazione per composizione chimica che ne decreta le proprietà meccaniche, esposta nella tabella seguente:

serie Elemento principale di lega

1xxx Alluminio “puro” (Al > 99% in peso)

2xxx Rame

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10 4xxx Si 5xxx Mg 6xxx Si + Mg 7xxx Zn + Mg +Cu 8xxx Di natura sperimentale

Il primo numero indica la classe degli elementi di lega principali, gli altri indicano gli elementi di lega secondari e ne decretano quindi le specializzazioni nell’uso.

Tutti gli alimentari ed infissi derivano dalla classe 1 dove non si richiedono grandi proprietà meccaniche ma buona lavorabilità e soprattutto resistenza alla corrosione. Le leghe della serie 2, 6 e 7 sono da trattamento termico. Le leghe della serie 3 hanno discrete proprietà meccaniche poiché il manganese funge da rafforzatore per soluzione solida, tuttavia il principale vantaggio della sua aggiunta è il miglioramento dell’aspetto superficiale. Quelle della serie 4 sono le più importanti leghe da fonderia poiché il silicio in certe concentrazioni abbassa il punto di fusione e migliora la fluidità del metallo liquido. Le leghe della serie 5, essendo il magnesio un elemento poco nobile, hanno una considerevole resistenza all'aggressione salina, sono quindi adatte per ambienti marini dove hanno la migliore resistenza alla corrosione ed ossidazione, mantenendo comunque un aspetto gradevole. I trattamenti termici utilizzati per le leghe della serie 2000, 6000 e 7000 sono: soluzione solida, tempra di soluzione ed indurimento per precipitazione. Nel seguito vi è una breve descrizione di come funzionano la soluzione solida e l'indurimento per

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precipitazione, dopo si vedrà nello specifico come si utilizzano per incrementare le proprietà meccaniche di queste leghe.

1.1.3 Soluzione solida

Vi sono 2 tipi: sostituzionale ed interstiziale.

La soluzione solida sostituzionale consiste nell'aggiungere nel materiale base altri elementi che sciogliendosi in soluzione ed in certe quantità, sostituiscono all'interno del reticolo cristallino alcuni atomi del metallo principale. La matrice del metallo principale vien chiamata solvente. La soluzione può avere a sua volta un andamento regolare (ad esempio in una stessa direziona ogni 10 atomi di solvente è presente un atomo di soluto), allora si parla di soluzione solida sostituzionale ordinata, altrimenti se la disposizione degli atomi è casuale si parla di soluzione solida sostituzionale disordinata.

Vediamo adesso come influenza le caratteristiche meccaniche del materiale (non è detto che bisogna per forza incrementarle, si può anche decidere di diminuirle per incrementare la deformabilità del materiale). Innanzitutto, per avere grandi soluzioni solide, gli atomi di soluto e solvente non devono differire di molto in caratteristiche come elettronegatività, valenza ecc. Solo le dimensioni devono essere diverse per distorcere il reticolo cristallino, come verrà spiegato ,meglio nel seguito.

Ad esempio rame e nichel hanno tutte le caratteristiche simili ed hanno una notevole solubilità reciproca, tuttavia le caratteristiche meccaniche ottenute mettendoli in soluzione non variano di tanto proprio perchè le dimensioni atomiche sono simili. Se invece si dissolvono in una matrice d'alluminio atomi di rame, che hanno dimensione minore rispetto agli atomi d'alluminio, questi occuperanno una posizione all'interno del reticolo distorcendolo. Il risultato è l'introduzione di def. elastiche e quindi d'energia elastica che rallenta o addirittura blocca il moto delle dislocazioni, aumentando di conseguenza la resistenza meccanica del materiale. Indicando con Dt l'incremento di resistenza

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meccanica ottenuto e graficandolo in funzione della % di elementi di lega aggiunti si ottiene il seguente grafico indicativo:

% el.

Fig 1.1: Andamento sforzi di taglio in funzione del contenuto di elementi di lega

Volendo esplicitare in una formula : Dt= k* √%el. Si nota come l'effetto di rafforzamento è tanto maggiore quanto lo è k, funzione della differenza di dimensioni atomiche, e quanto lo è la % di elementi di lega aggiunti ma, mentre per basse % l'aumento è notevole, per alte % l'effetto di rafforzamento non è più marcato come prima. Questo perchè se si dissolvono pochi atomi, questi non interagiscono tra loro distorcendo effettivamente il reticolo, formato ancora prevalentemente da atomi del solvente principale. Se invece la % di elementi di lega comincia ad essere elevata si crea di fatto un nuovo reticolo, completamente diverso da quello iniziale. Và comunque detto che se si prendono in considerazione solo quegli elementi con un k significativo, vale a dire con differenze dimensionali notevoli, la loro solubilità nel solvente è comunque limitata e la formula vista prima vale solo per basse % di elementi di lega aggiunti, oltre le quali si formano fasi secondarie. Ergo si può approssimare l'andamento parabolico con uno lineare Dt= k'* %el. Per rendere l'idea, un elemento con k' = 30 significa che ogni 1% di elemento aggiunto

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aumenta la resistenza allo snervamento di 30 MPa. Altri elementi di lega aggiunti, oltre al rame, sono il ferro e lo zinco.

Per quanto riguarda la soluzione solida interstiziale, si ha quanto gli elementi aggiunti hanno dimensione atomica talmente piccola che non si sostituiscono agli atomi di solvente ma s'inseriscono negli interstizi presenti nel reticolo. Questo è il caso del carbonio nel ferro ma anche l'azoto è un elemento interstiziale. Ci sarebbero anche boro ed idrogeno ma non vengono presi in considerazione perchè nocivi. Rispetto alla sostituzionale l'effetto di rafforzamento è molto più marcato e non si può approssimare l'andamento parabolico con uno lineare. Non possono però essere aggiunti oltre una certa frazione di percentuale perchè poi tendono a formare composti (carburi e nitruri).

In conclusione la soluzione solida aumenta di poco la resistenza meccanica ma toglie anche poco alla deformabilità del materiale.

1.1.4 Indurimento per precipitazione

In questo trattamento termico si sfrutta il fatto che alcuni elementi, aggiunti in alcune % (quindi significativamente), formano composti intermetallici stabili anche a temperature elevate e che si oppongono al moto delle dislocazioni, aumentando di conseguenza la resistenza del materiale. Nel caso del ferro si usano ad esempio Cromo, Molibdeno e Vanadio che formano carburi, per l'alluminio si usa il rame che và a formare il composto intermetallico CuAl2, o

silicio e magnesio che formano Mg2Si, ed altri elementi che formano altri

composti. Vediamo adesso come questi composti riescono ad incrementare notevolmente la resistenza meccanica del materiale.

Dato un piano di scorrimento dove si muovono le dislocazioni, se quest'ultime, che scorrono all'interno della matrice del materiale, incontrano degli ostacoli (che sono appunto i composti intermetallici precipitati all'interno della matrice), si bloccano e per farle muovere bisogna aumentare lo sforzo interno. Il risultato di ciò è che a livello macroscopico il materiale manifesta una

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maggiore resistenza e durezza. Vi sono 2 principali meccanismi con i quali le dislocazioni aggirano gli ostacoli: taglio e Orowan.

Meccanismo di taglio

Se lo sforzo fatto dall'esterno è sufficientemente grande, se il precipitato ha dimensioni relativamente piccole ed ha la proprietà di essere coerente con la matrice (cioè coincide col reticolo cristallino), la dislocazione ha forza sufficiente per attraversare il precipitato tagliandolo in 2, come mostrato nella figura seguente:

Fig 1.2: Meccanismo di taglio

Meccanismo di Orowan

Se i precipitati sono molto resistenti ed hanno una distanza tra di loro sufficientemente elevata, all'aumentare dello sforzo di taglio associato alla dislocazione, quest'ultima li aggira secondo il meccanismo di Frank-read riportato nella figura sottostante:

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Si nota come la dislocazione tende a formare un anello intorno ai precipitati, fin quando le componenti a spigolo della dislocazione, uguali in modulo ma di segno opposto, si annullano e la dislocazione si sdoppia in una nuova linea che ricomincia il ciclo ed in un anello che si allontana. La tensione critica per la quale avviene il meccanismo di superamento degli ostacoli è inversamente proporzionale al raggio medio dei precipitati poichè tanto minore è quest'ultimo e tanto minore sarà la loro distanza media: quando infatti si aggiungono elementi di lega che formano dei precipitati, la loro massa è determinata dalla quantità aggiunta inizialmente, quindi si avranno o pochi precipitati dalle grandi dimensioni o tanti precipitati di dimensioni minori. Si conclude che a differenza del meccanismo di taglio, lo sforzo richiesto per aggirare gli ostacoli è inversamente proporzionale al raggio dei precipitati. Combinazione dei meccanismi di taglio e di Horowan

Statisticamente, per certe condizioni termodinamiche (temperatura, tempo di accrescimento dei precipitati, tipo di materiale, presenza di elementi di lega), si ha una dispersione dei precipitati dalla geometria variabile, il meccanismo di rafforzamento sarà quindi una combinazione di entrambi i meccanismi. Graficando lo sforzo Dt richiesto per superare gli ostacoli in funzione del raggio medio R dei precipitati, per entrambi i meccanismi, si ottiene la figura seguente:

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In corrispondenza del punto in cui le due curve s'intersecano si avrà un raggio critico dove Dt raggiunge un valore massimo.

1.1.5 Leghe da trattamento termico

Come già detto queste leghe sono quelle della serie 2000 6000 e 7000. A titolo d'esempio si tratterà nello specifico la lega 2000, dove l'elemento di lega principalmente aggiunto è il rame, ma gli stessi trattamenti termici vengono fatti anche agli altri 2 tipi.

Si scopri che lasciando invecchiare le leghe della serie 2000 per 2 o 3 anni, le proprietà meccaniche di quest'ultime miglioravano notevolmente, da qui la tradizione di chiamarle leghe ad invecchiamento. Tale materiale viene fabbricato per fusione ed il suo raffredamento è abbastanza lento da far valere il diagramma di stato Al-Cu, partiamo quindi da quest'ultimo per spiegare come viene realizzato:

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Il punto di massima solubilità del rame nell'alluminio è attorno al 5,5%. La prima struttura a è cubica a facce centrate. La fase intermetallica CuAl2 (che è

un precipitato), denominata fase q, deriva dal fatto che gli atomi di rame ed alluminio sono molto diversi tra loro, hanno in comune solo il fatto di avere struttura cubica a facce centrate, per questo motivo la solubilità massima allo stato solido è relativamente piccola.

Prendendo come riferimento la lega tipica, ossia la lega 2024 con 2%<Cu<4%, essa a temperatura ambiente presenta la struttura bifasica a+q che però sono separate, le proprietà meccaniche somigliano a quelle dell'alluminio puro. A questo punto si effettua una precipitazione controllata: si porta il materiale ad una temperatura tale da avere la completa dissoluzione del rame nella matrice; infatti a circa 530° si entra nel campo a, il precipitato si scioglie ed il rame si trova soluto in maniera sostituzionale casuale nella matrice d’alluminio. Successivamente raffreddando il materiale si hanno due possibilità: con raffreddamento lento (quindi descritto dal diagramma di stato) si ritrova la struttura bifasica a+q; facendo invece una tempra di soluzione, ossia un raffreddamento brusco (anche buttando il pezzo nell'acqua fredda), non si dà modo ai precipitati q di formarsi, ritrovandosi a temperatura ambiente la stessa composizione chimica di partenza, con atomi di rame soluti sostituzionalmente nella fase a (non avviene quindi nessuna trasformazione, a differenza della tempra martensitica usata con gli acciai). Uno dei risultati è che la lega è un pò più resistente, perchè rafforzata per soluzione solida, ma il principale è che la lega si trova in condizioni termodinamicamente metastabili, in quanto non definita dal diagramma di stato. Questo è lo stato solubilizzato della lega e viene venduto in queste condizioni, con il grande vantaggio che il materiale non ha ancora grande durezza ed è facilmente lavorabile.

Per via delle condizioni metastabili in cui si trova, la struttura del materiale tenderà col passare del tempo (2/3 anni a temperatura ambiente) a raggiungere le condizioni d'equilibrio dettate dal diagramma di stato, indurendosi per precipitazione. Per accelerare tale fenomeno, immediatamente dopo la tempra si riporta per un certo tempo il materiale in temperatura (tale però da non

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rientrare nel campo a, compresa tra i 130°C ed i 260°C), in questo modo s'incentivano i moti diffusivi del rame che tende a formare composti intermetallici. Nella figura seguente è riportato l'andamento della durezza raggiunta dal materiale in funzione del logaritmo del tempo d'invecchiamento:

Fig 1.6: Durezza-tempo d’invecchiamento

All'inizio il rame comincia a raggrupparsi in alcune zone dov'è presente in maggior concentrazione, denominate zone di Guiner-Preston ( o anche cp''), non si può però ancora individuare a livello termodinamico un composto vero e proprio. Pur non avendo ancora formato dei precipitati, si nota un certo incremento di durezza all'aumentare del tempo perchè si è creata una notevole distorsione elastica che causa un ostacolo al moto delle dislocazioni. Ad un certo punto però la durezza smette di aumentare perchè vi è già una concentrazione notevole di rame ed un suo ulteriore raggruppamento nelle zone di Guiner-Preston non ha più effetto come all'inizio. Dopo di chè, una volta raggruppatisi a sufficienza, gli atomi di rame cominciano a formare i composti e la durezza riprende ad aumentare. I precipitati che si formano in questa fase prendono il nome di q'', che hanno la proprietà di essere coerenti con la matrice cristallina con dimensioni piccole. Questi precipitati hanno un notevole effetto sul ritardo delle dislocazioni perchè sono difficilmente attraversabili: sono infatti molto resistenti e di notevole numero, rendendo difficili entrambi i

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meccanismi (taglio e Horowan) con i quali le dislocazioni aggirano gli ostacoli. Proseguendo l'invecchiamento la durezza aumenta fino a raggiungere un massimo dopo di chè si formano altri precipitati, detti q', e la durezza diminuisce drasticamente. I precipitati a questo punto sono cresciuti di dimensione e diminuiscono di numero, inoltre coincidono solo parzialmente col reticolo cristallino originario diventando semi-coerenti. Per questi motivi le dislocazioni possono di nuovo aggirare gli ostacoli col meccanismo di Horowan e la durezza crolla. Proseguendo l'invecchiamento per molto tempo si riforma il precipitato q totalmente incoerente con la matrice.

La classica temperatura d'invecchiamento è 190°C ed il picco di durezza si raggiunge tra le due e le quattro ore. Aumentando la temperatura diminuiscono i tempi ma anche la resistenza raggiunta, come mostrato nella figura seguente:

Fig 1.7: Curve d’invecchiamento a varie temperature

Come detto precedentemente, il materiale viene venduto allo stato solubilizzato, è molto malleabile e quindi facilmente deformabile anche a freddo. Dopo gli si conferisce la resistenza meccanica voluta col processo d'invecchiamento, per via delle basse temperature il pezzo non subisce

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distorsioni e questo è un altro notevole vantaggio di tipo tecnologico. Un altro vantaggio delle temperature relativamente basse è che consentono l'uso di semplici coperte elettriche e non di grandi forni, in alcuni casi l'invecchiamento può essere ottenuto direttamente nei forni di cottura della vernice, tarati a circa 170°C per una ventina di minuti.

In maniera simile si producono anche le leghe della serie 6000 e 7000, quelli che variano sono i precipitati.

Per la lega 6000 si forma un composto intermetallico che però non comprende l'alluminio, il Mg2Si, formato dagli stessi elementi di lega aggiunti cioè

Magnesio e Silicio. La lega più importante è la 6061 che ha un tenore di Mg2Si

di circa 1,8-2% in peso, non si và oltre per problemi estetici, corrosivi ed altri. Le resistenze che si raggiungono sono minori rispetto alla serie 2000 (330-350 MPa), sono però delle buone alternative agli acciai da stampaggio essendo più leggere a parità di resistenza

Le leghe della serie 7000 hanno una formazione dei vari precipitati estremamente diffusa ed i carichi di rottura possono anche arrivare ai 700 MPa ( i massimi che si conoscono per l'alluminio). Purtroppo questa lega non si salda facilmente e tende a fenomeni di corrosione, perdendo quindi uno dei grandi vantaggi dell'alluminio. Ha inoltre una scarsa resistenza agli urti.

1.1.6 Alluminio nell’industria dell’automotive

Negli ultimi quarant'anni, a causa della necessità di usare materiali leggeri, il contenuto dell'alluminio nelle macchine ha avuto una crescita esponenziale. Questo per la necessità di ridurre il consumo di combustibile e l'emissione di gas nocivi, l'anidride carbonica in primis per via del suo effetto negativo sull'effetto serra. Attualmente molte parti di macchina sono prodotte con leghe d'alluminio, di seguito si riportano delle tabelle che indicano il tipo di lega ed il suo utilizzo.

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1.1.7 Resistenza alla corrosione delle leghe d’alluminio

Introduzione

L'alluminio è un materiale auto-passivante, di conseguenza ha una buona resistenza alla corrosione. In un ambiente contenente ossigeno, come aria o acqua, l'alluminio si ricopre rapidamente di uno strato d'ossido Al2O3, che

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temperatura ed ambiente d'esercizio, oltre che dagli elementi di lega presenti. In aria e a temperatura ambiente, lo strato d'ossido ha uno spessore di circa 2-3 nm, può essere aumentato sino ai 20 nm portando il materiale ad una temperatura di 425 °C. La strato d'ossido a sua volta si divide in due parti: uno interno ed impermeabile, il cui spessore dipende dalla temperatura ambiente; uno più esterno e meno impermeabile del precedente perchè presenta una certa porosità. Comunque la resistenza alla corrosione dell'alluminio dipende principalmente dalla composizione chimica e dalla sua microstruttura.

1.1.7.1 Cause corrosione

Il fenomeno della corrosione può essere ricondotto ad un processo elettrolitico che comporta un flusso d'elettroni tra anodo e catodo. Nel caso delle leghe d'alluminio, che contengono molti composti intermetallici, il flusso d'elettroni si ha tra queste fasi intermetalliche e la fase a dell'alluminio. Di conseguenza influenzano la corrosione le caratteristiche elettrochimiche delle fasi intermetalliche, la loro composizione chimica, la loro densità e distribuzione nella lega. Vi sono alcuni elementi di lega, come rame manganese e silicio, che fungono da catodo; altri, come magnesio e zinco, che fungono da anodo nei confronti della fase a. La microstruttura dell'alluminio è influenzata dalla composizione chimica, dal processo di fusione e dai trattamenti termici adottati. La resistenza alla corrosione è principalmente influenzata dalla struttura del grano, dalla presenza di fasi intermetalliche e dalla loro distribuzione. Tali fasi hanno differenti caratteristiche elettrochimiche rispetto all'alluminio, ve ne sono alcune che fungono da anodo ed altre da catodo. Vediamo adesso i principali tipi di corrosione che sono : Pitting, corrosione galvanica, corrosione intergranulare e tenso-corrosione.

1.1.7.2 Pitting

In presenza di ioni cloruro l'alluminio rischia di perdere il suo strato passivo e di essere soggetto a forte corrosione per “pitting”. La vaiolatura, o pitting, è un tipo di corrosione localizzata e penetrante che produce cavità (“pit”) di diametro in genere di qualche millimetro e in numero variabile da poche unità

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a molte centinaia per metro quadrato. Possono assumere forme diverse, classificabili mediante normativa ASTM. L’attacco per pitting è tipico dei materiali ricoperti da strato passivo, in ambienti fortemente ossidanti e ricchi di cloruri. La seguente figura mostra due esempi: a sx una lattina e a dx un tondino a contatto con il cemento.

Fig 1.8: Pitting

Il pericolo di tale fenomeno di degrado sta nella possibilità che la cavità trapassi un intero strato metallico, causando fuoriuscita o ingresso di liquidi o gas, il che può avere forti ripercussioni come ad esempio la dispersione di fluidi tossici o inquinanti. Più raro è che il pitting possa compromettere l’integrità strutturale e causare cedimenti. La pericolosità è aumentata dal carattere statistico e di conseguenza dalla difficoltà di individuare o prevedere la zona a rischio.

Ogni pit produce una circolazione di corrente tra due aree distinte della superficie del metallo: quella dove ha luogo l’attacco che tende ad assumere la forma di una cavità (zona anodica), e quella circostante dove si ha la riduzione di ossigeno o di altre specie ossidanti presenti nell’ambiente (zona catodica). Questa circolazione dà origine a una serie di reazioni e a modificazioni chimiche che contribuiscono ad accelerare il processo. Perciò una volta innescata, la corrosione per vaiolatura ha la tendenza a penetrare verso

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l’interno (meccanismo autocatalitico del pitting). All’interno della cavità, la soluzione diventa via via più aggressiva per effetto delle reazioni di idrolisi dei metalli che passano in soluzione, che determinano una progressiva acidificazione della soluzione e l’aumento della concentrazione dei cloruri, portati all’interno del pit dalla corrente di macro-coppia.

Lo stadio di innesco rappresenta il tempo necessario per la rottura locale del film di passività ad opera di specifiche specie chimiche presenti nell’ambiente corrosivo, come gli ioni cloruro, Cl- , nel caso delle leghe di alluminio, quando la loro concentrazione supera un valore di soglia che dipende dalla composizione e dai parametri ambientali (ad esempio gli incrementi di temperatura riducono il tempo di innesco) . La presenza di inclusioni, precipitati e il grado di incrudimento del metallo favoriscono l’innesco del pitting. Inoltre il fenomeno si presenta tanto più l’acqua è stagnante. In zone soggette a flussi turbolenti e spostamenti di liquido il pitting non si presenta. Nella tabella seguente osserviamo l’effetto sulla resistenza a corrosione dell’alluminio da parte degli elementi più presenti in lega.

1.1.7.3 Corrosione galvanica

La corrosione galvanica o bimetallica ha luogo quando due metalli, che hanno una grande differenza di potenziale di corrosione, vengono in contatto in una soluzione elettrolitica, originando un flusso di corrente e quindi una considerevole corrosione. Un elettrolita adatto è ad esempio l'acqua di mare,

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per via della sua bassa resistenza elettrica. L'alluminio è un elemento anodico rispetto a molti altri metalli, di conseguenza le sue leghe agiscono come anodo nelle celle galvaniche con altri metalli, quindi sono facilmente soggette a corrosione. Nella tabella osserviamo il comportamento dell’accoppiamento di diversi metalli con l’alluminio:

Una delle possibili soluzioni per ridurre la corrosione delle leghe d'alluminio, in contatto con altri metalli, è ridurre (se possibile) l'area esposta. un altra soluzione è l'uso di vernici o rivestimenti protettivi, applicati sulle superfici sia dell' alluminio che dei metalli catodici oppure solo sulle superfici dei metalli catodici. In alcune applicazioni si usa di proposito una lega di alluminio-zinco da sacrificare per proteggere la struttura in acciaio.

1.1.7.4 Corrosione inter-cristallina (IGC)

La causa della corrosione inter-cristallina è la differenza di potenziale di corrosione tra i precipitati formatisi nei bordi di grano e la matrice, il che porta alla formazione di celle micro-galvaniche. In base alla loro composizione chimica, i precipitati possono fungere da anodo o da catodo rispetto alla matrice dell'alluminio. Rispetto al pitting, la corrosione intergranulare è un processo più veloce anche se raggiunge profondità minori, entrambi hanno comunque un effetto deleterio sulla resistenza a fatica del materiale. La resistenza a corrosione è principalmente influenzata dai trattamenti termici utilizzati e dai loro effetti sulla morfologia e grandezza dei precipitati ai bordi

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di grano. Le varie leghe d'alluminio presentano dei comportamenti diversi in base alla loro composizione chimica.

Quelle della serie 2xxx, ossia le leghe alluminio-rame, sono molto sensibili a questo tipo di corrosione a causa della fase intermetallica Al2Cu che và a

posizionarsi nei bordi di grano lasciando delle zone vuote, ossia senza rame. Si genera quindi una cella galvanica dovuta alla differenza di potenziale elettrochimico tra la matrice ricca di rame e le zone vuote che fungono da anodo. La situazione è aggravata dal fatto che l'area delle zone vuote è molto inferiore di quella della matrice catodica.

Anche le leghe della serie 7xxx sono suscettibili a questo tipo di corrosione a causa della formazione del precipitato MgZn2, che anch'esso precipita nei bordi

di grano, che funge da anodo. La cella galvanica si genera dalla differenza di potenziale elettrochimico tra la matrice catodica e questa fasi intermetalliche. Le leghe della serie 6xxx hanno una migliore resistenza a corrosione inter-cristallina delle precedenti. Non sono soggette a corrosione invece le leghe della serie 1xxx , che non contengono fasi secondarie (è alluminio quasi puro), e quelle della serie 3xxx che hanno precipitati con un potenziale di corrosione simile a quello della matrice d'alluminio.

1.1.7.5 Tensocorrosione (SCC)

Tale meccanismo è associato a due condizioni: presenza di uno stato di tensione (Statico o variabile); ambiente aggressivo, relativamente al materiale preso in considerazione. Queste due condizioni sono congiunte, ossia una senza l'altra non provocherebbe tenso-corrosione. Il cedimento del materiale, che di solito avviene senza preavviso, si manifesta con fratture macroscopicamente fragili. Se il carico è variabile si parla di corrosione a fatica anche se i meccanismi d'innesco della frattura sono simili, nel proseguo comunque si considera il carico costante o leggermente variabile.

Affinchè le cricche possano propagare, lo stato di tensione deve necessariamente avere una componente di trazione, mentre per quanto riguarda

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29

l'ambiente, sono pericolosi i cloruri Cl- (come per tutti i materiali che manifestano la passivazione come acciai inox e leghe di titanio). Passiamo ora ad analizzare l'innesco del meccanismo di tenso-corrosione.

Supponendo che all'inizio lo stato di tensione sia nullo, anche se l' ambiente è aggressivo si stabilisce, dopo un certo tempo, un equilibrio con il materiale. In particolare la passivazione dell'alluminio, che si manifesta come uno scambio continuo degli ioni del metallo in soluzione con l'ambiente esterno, ma anche con formazione di uno strato di ossido di cromo Cl2O3. Fin quando non si

applicano carichi comunque non succede nulla.

Se a questo punto si applica un carico, anche di molto inferiore a quello critico ( a volte bastano anche le tensioni residue da stress termico), si manifestano rotture nei film di passivazione in corrispondenza delle inevitabili discontinuità presenti nell'interfaccia del materiale con l'ambiente esterno, dovute ad esempio alla sola rugosità superficiale, e che causano concentrazione delle tensioni. In corrispondenza di questi micro-difetti, dove si rompe il film di passivazione, s'innescano localmente dei fenomeni di corrosione localizzata (su scale anche atomiche). A questo punto se la velocità di riformazione del film passivante è abbastanza veloce da ripristinare le condizioni iniziali, il fenomeno si arresta (per sempre o temporaneamente). Se ciò non accade il difetto avanza creando una cricca che aumenta di dimensioni sino a raggiungere quelle del grano (preoccupanti da un punto di vista ingegneristico). I meccanismi di avanzamento del difetto sono principalmente due: dissoluzione anodica ed avanzamento catodico per infragilimento da idrogeno, ain alcuni casi il primo può alimentare il secondo.

Dissoluzione anodica

In presenza di zone che fungono da catodo, per ragioni elettrochimiche, gli ioni del metallo base (che funge da anodo) vanno in soluzione.

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Fig 1.9: Dissoluzione anodica

Poichè la superfice catodica è molto più grande di quella anodica la velocità di corrosione è estremamente elevata, dell'ordine di mm alla settimana, anche se macroscopicamente non si vede nulla. Questo perchè la velocità di corrosione è direttamente proporzionale alla densità di corrente: indicando con Ic e IA le

correnti catodiche ed anodiche (che devono essere uguali) e con Sc e SA le

superfici catodiche ed anodiche, si ha che la densità di corrente (data dal rapporto tra la corrente e la superfice) anodica è molto maggiore di quella catodica. Quanto detto vale a prescindere delle dimensioni del pezzo perchè man mano che il fenomeno si accentua le superfici anodiche tendono a diminuire.

Una particolarità di questo fenomeno è che la cricca può propagare in due modi diversi: normalmente alla tensione principale di trazione, restando comunque unica, oppure può avere delle diramazioni, dette rotture a delta di fiume, poichè la corrosione anodica prosegue dove incontra meno ostacoli ed i grani si staccano l'un con l'altro. La propagazione della cricca può essere intergranulare o tra le fasi.

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Avanzamento catodico per infragilimento da idrogeno

Tale meccanismo è il più diffuso ed anche il più subdolo perchè si manifesta di solito senza neanche la corrosione localizzata, è legato esclusivamente agli effetti negativi dell'idrogeno sulle caratteristiche proprie del materiale.

Come nel precedente caso è sempre necessario lo stato tensionale, in corrispondenza di un irregolarità superficiale si rompe il film di passivazione e si manifestano dei blandi fenomeni corrosivi. Al contrario della dissoluzione anodica però, il fenomeno progredisce anche se si riforma il film di passivazione. Il riformarsi di quest'ultimo infatti, comporta che in zone anche lontane dal difetto si abbiano fenomeni locali di corrosione, con passaggio di ioni del metallo in soluzione e l'immissione nel metallo di ioni idrogeno. Questo meccanismo è particolarmente pericoloso perchè l'idrogeno, che si viene a formare in forma anodica H+ , è l'unico atomo che diffonde velocemente all'interno del materiale, anche a temperatura ambiente. Statisticamente si hanno delle condizioni termodinamiche che comportano il fenomeno dell'adsorbimento superficiale, ossia il passaggio dell' H+ in H adsorbito sulla superfice del materiale. A questo punto lo ione H da adsorbito superficialmente può diventare assorbito, cioè può entrare direttamente nelle posizioni interstiziali del reticolo cristallino. Una volta assorbito, l'atomo d'idrogeno si muove secondo leggi di natura termodinamica ed uno stato di tensione di trazione, anche blando, corrisponde ad una dilatazione del reticolo cristallino che fà assorbire più ioni idrogeno.

Nelle zone vicine ai punti di discontinuità della superfice, dove gli stati tensionali sono tendenzialmente maggiori, si richiamano statisticamente più atomi d'idrogeno che vengono assorbiti dal materiale. Sulla superfice il fenomeno è in continua evoluzione ed una parte dell'idrogeno adsorbito si combina con quello assorbito per riformare la molecola che fugge dalla soluzione. È quindi fondamentale l'equilibrio tra le due relazioni:

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Tale equilibrio dipende da fattori ambientali in quanto ci sono luoghi dove ci sono sostanze (chiamate appunto veleni di ricombinazione) che spostano il fenomeno dalla seconda reazione alla prima. Tali sostanze, che sono anche veleni a livello biologico, sono: acido solfidrico, cianuri, composti dell'arsenico, solfuri di carbonio e ioni cloro. Molte applicazioni ingegneristiche, soprattutto chimico-energetiche, comportano la presenza di tali sostanze.

A questo punto, all'apice di un difetto sotto stato di tensione, si forma una zona plastica contornata da una elastica. Le dimensioni di queste zone dipendono dal difetto stesso e dalle caratteristiche meccaniche del materiale, in particolare sono inversamente proporzionali al carico di snervamento. Nel confine tra queste due zone lo stato di tensione è triassiale con elevata componente idrostatica, ragion per cui tendono ad accumulare più idrogeno la cui concentrazione locale CH sarà uguale a : CH= C0*e(Vh*sh/RT) dove Co è la

concentrazione presente lontano dal difetto, Vh è il volume molare di solubilità dell'idrogeno per quel metallo, sh è la tensione idrostatica, R è la costante universale dei gas e T la temperatura.

Poichè la tensione idrostatica è proporzionale al carico di snervamento Sy, i

materiali con elevato valore di quest'ultimo tendono ad accumulare più idrogeno di altri. Come esempio si consideri che per un materiale avente Sy =

500 MPa e(Vh*sh/RT) = 1, quindi la concentrazione d'idrogeno è simile in tutte le

zone del materiale; per un materiale avente Sy = 1000 MPa e(Vh*sh/RT) = 2; per un

materiale avente Sy = 2500 MPa e(Vh*sh/RT) = 10 e per avere rottura basta un

quantitativo d'idrogeno al limite del misurabile (0,3 ppm mentre per i basso-snervanti è dell'ordine di 3-10 ppm).

Inoltre accumulare grosse quantità d'idrogeno nell'interfaccia delle zone plastiche-elastiche, comporta una riduzione della resistenza l'idrogeno diminuisce le forze di coesione del metallo e causa una frattura fragile che si evolve nel seguente modo: all'inizio, raggiunto un valore ci concentrazione critica CH (che dipende dal materiale), si forma una cricca (tipicamente intergranulare) senza ramificazioni ; dopo di chè il fenomeno si arresta ed il

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33

materiale riforma nuovamente una nuova zona plastica; a questo punto bisogna aspettare che i fenomeni diffusivi dell'idrogeno formino una nuova concentrazione critica ed a quel punto la cricca continua a propagarsi, aumentando lo stato interno di tensione. Il meccanismo è quindi discontinuo (alcuni lo chiamano anche fatica statica) e col passare del tempo (da alcuni giorni ad alcuni mesi) porta a quella che si chiama una frattura differita.

In entrambi i casi, dissoluzione ed infragilimento da idrogeno, per descrivere l'avanzamento del difetto si fà riferimento alla meccanica della frattura, della quale segue una breve citazione.

1.1.7.6 Effetti delle variabili ambientali

Oltre che la composizione chimica (presenza di elementi li lega), microstruttura e trattamenti termici, la resistenza alla corrosione dipende anche da fattori ambientali, che sono: presenza d'acqua, ph e temperatura.

Presenza d'acqua

Questo è un requisito fondamentale per la corrosione delle leghe d'alluminio. L'acqua può presentarsi in differenti forme: sotto forma di goccioline isolate, come film di condensato sulla superfice e sotto forma di soluzione acquosa. La presenza dell'aria, che contiene ossigeno, può ulteriormente incrementare la corrosione delle leghe d'alluminio. mentre la sua assenza può fermare i fenomeni corrosivi. A temperatura ambiente le leghe d'alluminio hanno una grande resistenza alla corrosione nei confronti dell'acqua pura, tale resistenza viene meno alle alte temperature e può essere migliorata grazie alla presenza di Nichel e ferro

Ph

Il seguente diagramma mostra la corrosione delle leghe d'alluminio in contatto con soluzioni acquose al variare della concentrazione di ph:

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Fig 1.10: corrosione-ph

Si nota come per valori di concentrazione compresi tra 4 e 9, la lega presenta una buona resistenza alla corrosione. In contatto con acidi forti ed alcali, la resistenza a corrosione viene meno, anche se ci sono alcune eccezioni che fanno si che la sola concentrazione di ph non basta per determinare la resistenza a corrosione.

Temperatura

L'effetto della temperatura sulla resistenza alla corrosione è influenzato dalle sostanze chimiche con le quali la lega viene a contatto. Ad esempio nel caso di soluzioni alcaline, acidi minerali ed organici, l'aumentare della temperatura comporta un elevata velocità di corrosione. Il contrario avviene per l'etanolammina, per via della formazione di una strato d'ossido protettivo. In generale la resistenza alla corrosione al variare della temperatura dipende da caso a caso.

1.1.7.7 Metodi di prevenzione dalla corrosione

Per incrementare la resistenza alla corrosione delle leghe d'alluminio, sono state sviluppate nel tempo differenti tecniche che ne hanno aumentato l'utilizzo.

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Le principali sono: gli inibitori; rivestimenti di conversione; anodizzazione e rivestimenti organici.

Inibitori

Sono sostanze chimiche, solubili in acqua, che permettono di ridurre la corrosione delle leghe d'alluminio. Si dividono in inibitori anodici o catodici, a seconda che limitino le reazioni anodiche o catodiche. I primi incrementano il potenziale di pitting mentre i secondi diminuiscono la velocità con la quale avviene la reazione di riduzione dell'ossigeno sulla superfice dell'alluminio. Alcuni inibitori anodici sono: cromato, fosfato, nitrato e silicato. Sono invece un esempio di inibitori catodici lo stronzio, cerio e lantanidi. Esistono anche alcune sostanze organiche che fungono da inibitori quali i fosfonati, sulfonati e benzoati.

Rivestimenti di corversione

Questi rivestimenti sono ottenuti mediante processi chimici o elettrochimici che convertono fisicamente componenti della superficie metallica. Sono tra i più utilizzati per incrementare la resistenza a corrosione delle leghe d'alluminio. Il principale rivestimento è quello al cromato ma è dannoso per la salute, ragion per cui si stanno studiando dei metodi alternativi, come trattamenti in bagni di sale di terre rare.

Anodizzazione

Tale processo consiste nell'immergere la superfice della lega in un bagno d'acido che contiene sostanze che facilitano la formazione dello strato protettivo d'ossido. Gli acidi principalmente usati sono l'acido cromico e solfidrico. Recentemente si è scoperto che per le leghe della serie 7xxx, anche l'acido borico migliora la resistenza alla corrosione.

Rivestimenti organici

Migliorano la resistenza a corrosione secondo due differenti meccanismi: formando una barriera protettiva o agendo attivamente contro la corrosione.

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Nel primo caso separano la superfice dall'ambiente aggressivo mentre nel secondo caso liberano inibitori.

1.2 Acciai ultra alto-resistenziali nell’automotive

1.2.1 Introduzione

Con l’introduzione sul mercato delle lamiere stampate a caldo, ottenute dagli acciai HSS (High Strength Steel) e UHSS (Ultra High Strength Steel), la realizzazione delle carrozzerie delle autovetture ha subìto negli ultimi anni una considerevole evoluzione. L’uso di questi materiali ha infatti consentito ai costruttori di ridurre notevolmente il peso delle vetture (con conseguente diminuzione nei consumi di combustibile), migliorare sensibilmente la loro resistenza agli urti (grazie alla maggiore resistenza di queste lamiere), ridurre i problemi dovuti alla corrosione atmosferica, ottimizzare le accuratezze geometriche delle vetture (grazie ai minori ritorni elastici durante i processi di formatura), nonché diminuire il numero dei componenti della carrozzeria (per effetto della migliore formabilità in relazione alla elevata resistenza di questi acciai è possibile realizzare parti maggiormente complesse). È evidente che, per effetto di questi grandi vantaggi sia per il costruttore che per l’utilizzatore, questi materiali HSS e UHSS progressivamente riscontrassero un grande utilizzo nella realizzazione delle strutture delle carrozzerie. Il primo produttore che ha utilizzato intensivamente questi acciai è stato il gruppo VolksWagen: Questi sviluppi costruttivi non potevano non essere considerati anche all’interno del gruppo Fiat: dopo attente analisi comparative sui costi di produzione e sui vantaggi operativi dell’introduzione dell’uso di questi nuovi materiali e dopo un lento ma costante aumento nella percentuale del loro impiego sul peso totale di una vettura (utilizzando componenti realizzati all’esterno), nell’ottobre 2007 la direzione del Gruppo decide di realizzare, nello stabilimento di Cassino (FR), un nuovo centro per lo stampaggio a caldo. Questo reparto, reso operativo in soli 12 mesi, è, al momento, l’unico di questo tipo.

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37 1.2.2 Gli AHSS (Advanced High Strenght Steel)

La famiglia degli acciai altoresistenziali (AHSS) Advanced High Strength Steels è in continua evoluzione soprattutto per impieghi nell’industria automobilistica. Questi nuovi tipi di acciaio aumentano le prestazioni dei veicoli grazie alle loro elevate prestazioni meccaniche e il loro relativo basso costo. Gli AHSS sono l’ultima innovazione nel campo degli acciai in quanto possiedono una elevatissima resistenza pur mantenendo l’alta formabilità necessaria per le lavorazioni tipiche del campo automotive. Questo è possibile grazie ad un accurato controllo della composizione e del processo di fabbricazione di questi acciai. Gli AHSS invece presentano strutture duplici e presenza di fasi complesse come

 strutture ferritico-bainitiche

 martensite

 fasi indotte da trasformazioni plastiche che richiedono un accurato controllo degli elementi alliganti e dei processi di fabbricazione

La terza generazione di AHSS comprende:

 MS (Martensitic)

 TRIP (Transformation-induced plasticity)

 HF (Hot formed)

 TWIP (Twinning-induced plasticity)

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Capitolo 2

Danneggiamento da idrogeno e misura

tramite sensori a semi-conduzione

Questo capitolo è stato suddiviso in 3 parti: 1. Interazione idrogeno-metallo 2. Danneggiamento da idrogeno

3. Misura dell’idrogeno diffusibile tramite utilizzo di sensori a semi-conduzione ( che son quelli utilizzati nell’attività sperimentale)

2.1 Interazione idrogeno-metallo

L’interazione tra idrogeno e metallo è un processo molto complesso e dipende da molti fattori, ma può essere schematizzato in tre fasi:

1. Penetrazione dell’idrogeno; 2. Diffusione dell’idrogeno;

3. Solubilità dell’idrogeno e trappole nel metallo;

2.1.1 Penetrazione dell’idrogeno

L’ingresso dell’idrogeno nei metalli è il primo passo dell’infragilimento da idrogeno e il suo meccanismo varia in funzione della fase in cui avviene il fenomeno (gassosa o liquida)

Se la fase è gassosa le principali interazioni sono 3: adsorbimento fisico, risultato delle forze di Van der Waals tra la superficie del metallo e l’idrogeno e corrisponde alla formazione di un fluido multistrato; adsorbimento chimico dove si verifica una reazione chimica tra gli atomi in superficie e le molecole adsorbenti, poiché le forze chimiche coinvolte sono a corto raggio, si concentrano solo sullo strato superficiale del metallo; absorbimento, che

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39

comporta l’incorporazione dei prodotti dell’adsorbimento chimico nel reticolo cristallino del metallo.

In caso di fase liquida ci sono molti casi in cui i metalli possono contenere quantità considerevoli di idrogeno derivato da ambienti acquosi. Il più noto e più importante è l’ingresso di idrogeno nel metallo quando è a contatto con acidi forti (ossia con un elevata tendenza a dissociarsi in soluzione), meno efficienti sono le reazioni che si verificano tra metalli e soluzioni neutre o alcaline.

2.1.2 Diffusione dell’idrogeno

L’idrogeno atomico, a causa delle sue dimensioni molto piccole, ha un’elevata mobilità nei metalli, anche a temperatura ambiente, rendendolo pericoloso. Una volta absorbito tende a diffondere nel materiale seguendo la prima legge di Fick: J = −D·∇CH dove: • J è il flusso di idrogeno; • CH (x,t) è la concentrazione di idrogeno; • D è il coefficiente di diffusione.

Rimanendo costanti le condizioni dell’ambiente esterno, man mano che l’idrogeno penetra nel materiale J decresce a seguito della diminuzione del gradiente di concentrazione (∇CH). Il flusso si annulla quando la

concentrazione di idrogeno nel materiale ha raggiunto in tutti i punti il valore di saturazione C0. Il coefficiente di diffusione D varia al variare della

temperatura seguendo la legge di Arrhenius: D = D0 ·e

−∆E / (RT)

in cui:

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• D0 è coefficiente di diffusione a zero gradi Kelvin;

• ∆E è l’ energia di attivazione; • R è la costante universale dei gas:

• T è la temperatura misurata in gradi Kelvin

La diffusione dell’ idrogeno non avviene solo seguendo i gradienti di concentrazione, ma anche in presenza di gradienti di tensione. Un campo uniforme di deformazione elastica aumenta la solubilità dell’idrogeno secondo la relazione di Beck:

dove:

• VH è il volume molare;

• σ0 è la tensione idrostatica;

• C0 è il valor di saturazione della concentrazione

Tenendo presente questa relazione la prima legge di Fick diventa:

J = −D·∇( )

L’equazione mette in luce come, anche in assenza di gradienti di concentrazione, si abbia flusso di idrogeno tra zone con diverso stato di tensione. In particolare l’idrogeno tende a spostarsi da zone con basso valore di tensione applicata verso zone con alto valore. In un reticolo cristallino ideale, l’idrogeno assumerebbe posizioni interstiziali, tuttavia i reticoli reali contengono dei difetti che costituiscono siti a minor energia, che attraggono e catturano l’idrogeno, consentendo una configurazione più stabile. Questi siti sono detti trappole. La presenza di trappole però produce un cambiamento sostanziale della prima legge di Fick: esse vanno a sottrarre idrogeno diffusibile dal reticolo, facendo si che il valore della derivata nel tempo della concentrazione sia sovradimensionato rispetto a quanto dovrebbe essere. Fintanto che le trappole irreversibili non sono sature la diffusione attraversa una fase di transitorio, poiché l’ idrogeno una volta catturato non è più

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disponibile per la diffusione. Il coefficiente di diffusione in presenza di trappole, una volta raggiunta la condizione di regime, può essere espresso dalla seguente equazione di Oriani:

in cui:

• DL è il coefficiente di diffusione in assenza di trappole;

• Eb è l’energia di attivazione della trappola;

• Kx è il rapporto tra densità di trappole e di siti interstiziali presenti nel

reticolo.

La diffusione interstiziale non è il solo modo di trasporto dell’idrogeno nel metallo. Sono noti due altri meccanismi:

1. Il trasporto mediante dislocazioni: si ha nel caso di una deformazione plastica locale (ad esempio all’ apice di una cricca). L’ idrogeno resta attaccato alla dislocazione mobile e si muove con essa. In una struttura CCC (cubica a corpo centrato) questo meccanismo comporta una velocità di trasporto fino a due ordini di grandezza superiore a quello per diffusione interstiziale.

2. Il “corto-circuito” di diffusione: siti del reticolo dove la diffusione è più rapida (i bordi grano in un acciaio austenitico, la ferrite in una struttura austeno-ferritica, etc.).

2.1.3 Solubilità dell’idrogeno e trappole nel metallo

La solubilità dell’idrogeno è diversa a seconda della struttura reticolare considerata. Nei reticoli CCC l’idrogeno va a occupare principalmente la posizione interstiziale ottaedrica, mentre nei reticoli CFC (cubici a facce centrate) assume le posizioni interstiziali di tipo tetraedrico. Ne risulta una elevata diffusività e una bassa solubilità nei reticoli CCC, viceversa nelle strutture CFC. Le posizioni interstiziali nei due reticoli sono riportate in figura 2.1:

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Figura 2.1: Posizioni interstiziali nei reticoli a) CCC e b) CFC

Per quanto riguarda le trappole da idrogeno ne esistono 2 tipi che hanno meccanismi differenti:

1. Trappole attrattive: in presenza di una forza attrattiva che spinge l’ idrogeno in una direzione preferenziale, l’ energia media di salto resta invariata, ma la probabilità che l’ atomo si sposti nella trappola piuttosto che altrove è più elevata. Le forze che agiscono sull’atomo di idrogeno all’interno del reticolo possono essere di origine elettronica, tensioni, gradienti di temperatura o del potenziale elettrochimico; 2. Trappole fisiche: presenza di discontinuità fisiche nel reticolo che

modificano l’energia media del salto (bordi di grano, inclusioni, precipitati, etc.).

Le trappole inoltre possono essere divise in due gruppi: reversibili e irreversibili. La distinzione avviene sulla base dell’energia con la quale legano a se gli atomi di idrogeno. Le trappole reversibili presentano bassi valori di energia di attivazione e perciò gli atomi di idrogeno presentano un basso tempo di permanenza in questi siti. Le trappole irreversibili invece sono caratterizzate da un’energia di attivazione superiore, in pratica quindi bloccano in maniera definitiva l’idrogeno catturato. Il valore di energia di attivazione che discrimina i due tipi di trappole dipende dalla temperatura del materiale. Questo in quanto, all’aumentare della temperatura, aumenta proporzionalmente l’energia posseduta dagli atomi d’ idrogeno; proprio da questa energia dipende la capacità di un atomo di sottrarsi ad una trappola. A temperatura ambiente

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l’energia di attivazione ∆H di una trappola non deve superare i 40kJ/mol affinché questa risulti reversibile.

2.2 Danneggiamento da idrogeno

Il danneggiamento da idrogeno è un fenomeno che consegue l’interazione tra metallo e idrogeno e si può presentare con o senza carichi esterni, con conseguente variazione del meccanismo di danneggiamento. Si manifesta in una forte riduzione delle caratteristiche meccaniche del metallo, in particolare della resistenza a frattura. Le forme di danneggiamento da idrogeno possono essere suddivise in quattro categorie principali:

• attacco da idrogeno (hydrogen attack): si presenta in acciai al carbonio e basso-legati esposti a idrogeno gassoso ad alte pressioni (P > 100 MPa) e temperature (T > 200°C) per lunghi periodi di tempo. All’aumentare della temperatura, aumenta la solubilità dell’idrogeno nel metallo in assenza di trasformazioni di struttura e può portare fino a una diminuzione del 60% del carico di rottura e del 30% della duttilità, il fenomeno è di natura irreversibile. L’aspetto tipico dei materiali che hanno subito questo danneggiamento consiste nella presenza di rigonfiamenti superficiali e bolle o fessure in prossimità dei bordi di grano o sull’interfaccia matrice-inclusione.Per evitare il manifestarsi di questo fenomeno è fondamentale stabilizzare il carbonio contenuto nel materiale, quindi risulta efficace l’impiego di acciai basso-legati contenenti Cr e Mo, poiché questi elementi formano carburi stabili.

• formazione di bolle di idrogeno (blistering): si manifesta quando l’acciaio (prevalentemente nei basso-resistenziali) viene posto in contatto con ambienti ricchi di idrogeno, a temperature comprese nell’intervallo 0÷150 °C e con pressioni parziali 200÷1000 atm. In queste condizioni l’idrogeno atomico va ad accumularsi in corrispondenza di difetti ed inclusioni, che costituiscono per l’idrogeno delle trappole irreversibili e tende a ricombinarsi in forma molecolare.

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L’idrogeno molecolare, viste le sue dimensioni, presenta una diffusibilità molto minore di quella del singolo atomo e quindi tende ad accumularsi. Inoltre il processo di ricombinazione risulta esotermico, auto-amplificando la reazione e aumentando l’idrogeno molecolare intrappolato. Le elevate pressioni esercitate dal gas, unite al riscaldamento, che aumenta localmente la duttilità, portano al rigonfiamento delle cavità (blistering). Il fenomeno è irreversibile in quanto associato a deformazioni plastiche. In presenza di inclusioni il rigonfiamento locale causa anche la formazione di cricche per incongruenza tra la deformazione plastica del materiale e dell’inclusione stessa. Tale fenomeno si verifica prevalentemente nelle condutture di gas naturale non trattato e sulle superfici di acciaio su cui si sviluppi idrogeno atomico in conseguenza a fenomeni corrosivi o elettrochimici. Il controllo e la prevenzione di questo fenomeno consistono solitamente nel ridurre la presenza di impurezze, che costituiscono i punti in cui l’idrogeno va ad accumularsi.

• formazione di idruri (hydride formation): l’idrogeno presente nel metallo può reagire con la matrice o con un elemento di lega per formare idruri. Questi composti sono fragili e riducono le caratteristiche meccaniche dell’acciaio, poiché tendono a precipitare all’apice dei difetti presenti, facilitandone la propagazione. La rottura dell’idruro può arrestarsi nelle matrici più duttili, oppure propagarsi in quelle più fragili. Dunque in alcune leghe metalliche si ha la propagazione fragile della cricca per precipitazione ripetuta di idruri all’apice della cricca stessa e successivo clivaggio di questi.

• infragilimento da idrogeno (hydrogen embrittlement-HE): l’infragilimento da idrogeno è uno dei danneggiamenti più pericolosi, poiché si può manifestare in varie forme, e può provocare numerosi danni, ma è reversibile. Infatti è possibile rimuovere l’idrogeno nel materiale con un’operazione di degassamento a caldo, la cui durata

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varia in base alla temperatura del forno (circa 200 °C) e alla forma dell’oggetto. Una volta rimosso l’idrogeno, l’acciaio riacquisisce le sue caratteristiche di base. In funzione del tipo di carico applicato e dell’ambiente possono manifestarsi vari meccanismi, si descrive nel seguito il principale che quindi ha un sotto-paragrafo dedicato: la tenso-corrosione (SCC).

2.2.1 Tenso-corrosione (SCC)

Tale meccanismo è associato a due condizioni: presenza di uno stato di tensione (statico o variabile); ambiente aggressivo, relativamente al materiale preso in considerazione. Queste due condizioni sono congiunte, ossia una senza l'altra non provocherebbe tenso-corrosione. Il cedimento del materiale, che di solito avviene senza preavviso, si manifesta con fratture macroscopicamente fragili. Se il carico è variabile si parla di corrosione a fatica anche se i meccanismi d' innesco della frattura sono simili, nel proseguo comunque si considera il carico costante o leggermente variabile.

Affinché le cricche possano propagare, lo stato di tensione deve necessariamente avere una componente di trazione, mentre per quanto riguarda l'ambiente, gli accoppiamenti col materiale a rischio sono:

• Materiali che manifestano la passivazione (Inox, leghe di titanio o alluminio) con cloruri Cl

-• Ottoni o bronzi (in generale leghe di rame) accoppiati co ammoniaca NH3

• Acciai al carbonio con elementi basici

• Acciai ultra-altoresistenziali con acqua distillata

Supponendo che all'inizio lo stato di tensione sia nullo, anche se l' ambiente è aggressivo si stabilisce, dopo un certo tempo, un equilibrio con il materiale, ad esempio con la passivazione dell'alluminio, che si manifesta come uno scambio continuo degli ioni del metallo in soluzione con l'ambiente esterno, ma anche

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