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Le interazioni del diritto di famiglia con la responsabilità civile Las interacciones del derecho de familia con la responsabilidad civil

Considerando il vuoto esistente nel diritto colombiano nella materia dei danni endofamiliari, si vogliono analizzare nello specifico le diverse possibilità di interazione tra le due aree del diritto. A questo punto si propone una riflessione in astratto, ma tenendo a mente la premessa circa la sussistenza di un bisogno effettivo di fare interagire queste due aree in Colombia con il proposito di offrire protezione integrale alle vittime di un danno endofamiliare. Perciò, si valuteranno, sempre in astratto, le possibilità di intervento da parte dell’ordinamento, al fine di avvalorare la tesi secondo cui la disciplina di settore conduce a una forma di immunità di chi cagiona un danno, almeno dal punto di vista della responsabilità civile.

promesa de matrimonio”, en Responsabilidad civil en el ámbito de las relaciones familiares, ed. J. R. DE VERDA Y BEAMONTE, Revista Aranzadi de derecho patrimonial 28 (Pamplona: Thomson Reuters Aranzadi, 2012), 211–96 e FAVILLI, La responsabilità adeguata alla famiglia.

147 Qui appare rilevante l’idea dell’ingiustizia del danno come criterio di valutazione del fatto lesivo che determina ab

initio la sua risarcibilità sviluppatasi in Italia. A proposito di questa categoria e dei sui riflessi in altri ordinamenti, tra

tanti altri cfr. AA.VV., Valore della persona e giustizia contrattuale: scritti in onore di Adriano de Cupis, (Pubblicazioni del dipartimento di teoria dello stato dell’Università degli Studi di Roma ‘La sapienza’; No. 8) (Milano: Giuffrè, 2005); AMATO, Il danno non patrimoniale: guida commentata alle decisioni delle S.U., 11 novembre 2008,

nn. 26972/3/4/5; BARCELLONA, Il danno non patrimoniale; BUSNELLI y PATTI, Danno e responsabilità civile; CORTÉS,

Responsabilidad civil y daños a la persona; E. CORTÉS, “El daño patrimonial derivado de las lesiones a la integridad psicofísica. Notas sobre la jurisprudencia de la C.I.D.H.”, Revista de Derecho Privado, núm. 12–13 (2007): 307–23; J. L. DIEZ SCHWERTER, “La resarcibilidad del daño no patrimonial en Chile, Colombia, Ecuador y El Salvador. Del modelo de Bello a nuestros días”, Revista de Derecho Privado, núm. 9 (2005): 177–204; J. C. HENAO, El daño: análisis

comparativo de la responsabilidad extracontractual del estado en derecho colombiano y francés (Bogotá: Universidad

Externado de Colombia, 1998); M. KOTEICH, “El daño extrapatrimonial, las categorías y su resarcimiento. Italia y Colombia, vicisitudes de dos experiencias”, Revista de Derecho Privado, núm. 10 (2006): 161–94; M. KOTEICH, “La dispersión del daño extrapatrimonial en Italia. Daño biológico vs. ‘daño existencial’”, Revista de Derecho Privado, núm. 15 (2008): 145–62; M. KOTEICH, “La indemnización del perjuicio extrapatrimonial (derivado del ‘daño corporal’) en el ordenamiento francés”, Revista de Derecho Privado, núm. 18 (2010): 159–204; KOTEICH, La reparación del daño

como mecanismo de tutela de la persona del daño a la salud a los nuevos daños extrapatrimoniales; NAVARRETTA, Il

danno non patrimoniale: principi, regole e tabelle per la liquidazione; PATTI y MONACHE, Responsabilità civile: danno

non patrimoniale. NAVARRETTA, I danni non patrimoniali. Lineamenti sistematici e guida alla liquidazione; NAVARRETTA, “I danni non patrimoniali nella responsabilità extracontrattuale”; NAVARRETTA, “Diritti inviolabili e responsabilità civile”; NAVARRETTA, Il danno non patrimoniale: principi, regole e tabelle per la liquidazione; NAVARRETTA, Diritti inviolabili e risarcimento del danno.

La domanda sulle possibilità di interazione tra la responsabilità civile e il diritto di famiglia non è nuova in altri ordinamenti, e ancora meno lo è la domanda relativa alle modalità di armonizzazione due aree del diritto. Così, per esempio, nel diritto italiano sembra esserci una soluzione “mista”148 adottata nel diritto di famiglia, come avviene nell’art. 129-bis c.c., oppure un rinvio alle norme generali.

a. Tra il non diritto, la disciplina generale e la normativa di settore - Entre el no derecho, la disciplina general y la normativa sectorial

Tenendo a mente le riflessioni precedenti, si può affrontare la questione relativa alla scelta delle regole del diritto da applicare alla famiglia: se regolare i rapporti familiari seguendo i dettami generali, oppure, in considerazione del carattere speciale di questi rapporti, escludere certi ambiti dall’applicazione del diritto comune149. Non si pretende di fare un’approfondita analisi di filosofia del diritto, perché eccederebbe di gran lunga gli obiettivi di questa ricerca. Invece, si tratta di esporre quelle che possono essere, e sono state in altre esperienze, le possibili risposte:

Il non diritto150. Secondo questa scelta, certe aree della vita dei singoli resterebbero escluse della competenza di regolazione del diritto e affidate all’autonomia privata e familiare, in rispetto della privacy della famiglia151. Questa opzione, però, porta al problema della definizione dei limiti, compito difficile perché implica entrare nello

148 Prendendo in prestito la definizione di PATTI, Famiglia e responsabilità civile, 1984, 5.

149 Queste possibilità sono state già intuite nella dottrina italiana dagli anni ’80 con PATTI, 2 s.: “Nonostante

l’accostamento del tema della famiglia alla responsabilità civile non sia usuale […] pagine isolate, ma a volte estremamente significative, tenui dati normativi e, soprattutto, decisioni giurisprudenziali più o meno numerose nelle diverse ipotesi, inducono tuttavia a pensare che l’appartenenza dei protagonisti dell’illecito ad un gruppo familiare determini un diverso modo di operare delle regole sulla responsabilità civile, o la disapplicazione delle regole stesse o, ancora, l’applicazione di una regola particolare”.

150 Il non diritto nel senso in cui emerge dagli studi di autori come RODOTÀ, La vita e le regole. (tradotto in spagnolo

come S. RODOTÀ, La vida y las reglas: entre el derecho y el no derecho (Madrid: Trotta, 2010)), e S. RODOTÀ, Diritto

d’amore (Roma: Laterza, 2015), 1, dove lo vede come l’opzione idonea per poter accostarsi agli affetti: “Dobbiamo

allora convenire che, se il diritto vuole avvicinarsi all’amore, deve abbandonare non solo la pretesa d'impadronirsene, ma anche trasformare tecnicamente se stesso in un discorso aperto, capace di cogliere ed accettare contingenza, variabilità e persino irrazionalità, lasciare il posto al non diritto”, perché tanto “è soprattutto all’ambito degli affetti che la parola [famiglia] fa subito ricorrere il pensiero”: JEMOLO, “La famiglia e il diritto”, 3; oppure J. CARBONNIER, Flexible

droit: pour une sociologie du droit sans rigueur, 10e éd (Paris: L.G.D.J, 2001). C’è chi vede in questo una specifica

forma di intervento nella famiglia, perché anche la scelta di non legiferare o regolamentare uno o più aspetti della vita familiare rappresenterebbe una scelta di intervento, giustamente riconoscendo l’autonomia dei soggetti e della famiglia come fonte di regolamentazione dei propri rapporti. HOULGATE, Philosophy, law and the family, 95 descrive la maniera come i teorici escludono l’idea di spazi di non intervento da parte del diritto: “‘The personal is political.’ In the present

context this is taken to mean that the family itself is political, that is, law and social policy together determine which groups of persons count as a family and which do not, and what rights and duties people have within family groups. It follows that the notion of a private sphere of family life that is immune from state intervention is ‘incoherent’. The terms ‘intervention’ and ‘nonintervention’ are meaningless. There is ‘no logical basis for considering any particular set of policies nonintervention’. A legislative decision not to legally enforce parental duties is a political choice as much as is the decision to enforce them. Both choices can be characterized as examples of intervention in the family. ‘As long as the state exists and enforces any laws at all, it makes political choices’. Since the state constantly defines and redefines the family and adjusts and readjusts roles within the family, there can be no such thing as non- intervention. The legal system must intervene in the family”.

151 Diritto protetto nell’ambito europeo dall’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dall’art. 8 della

scenario della politica pubblica e, quindi, molto più variabile di quanto è desiderabile per l’esigenza di certezza del diritto.

Nel caso specifico dei danni endofamiliari, non sembra la scelta giusta, principalmente per il rischio di eventuali abusi dello status familiae e, quindi, in difesa dell’autonomia potrebbero restare impuniti possibili danni o condotte oltraggiose verso un familiare152. Questa scelta, apparentemente rispettosa delle libertà e dell’autonomia individuali, potrebbe avere in realtà una forte carica ideologica se rivolta a rafforzare l’idea istituzionale della famiglia patriarcale e, quindi, condurre al mantenimento dello

status quo153, in cui la difesa delle libertà finisce per “truccare” le violazioni alle libertà altrui154.

Non si pretende di disconoscere il valore della riservatezza della famiglia. Al contrario, almeno per quanto riguarda la conformazione della famiglia, si pensa che l’ordinamento giuridico debba rispettare le scelte effettuate dai singoli, se sono il risultato di un progetto concepito responsabilmente per la condivisione della vita in comune155, dovendo il diritto riconoscere una realtà ex ante e garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Vista così, la scelta di non intervenire nella famiglia diventa una forma di intervento.

Nell’ipotesi dei danni endofamiliari, tuttavia, l’illecito matura quando la famiglia già esiste, ragion per cui non si tratta di riconoscere una realtà ex ante; siccome, però, molto probabilmente i danni possono essere la sua fonte di distruzione, l’intervento

152 “In its strong form, the principle [della privacy familiare] prohibits coercive state intervention in the family in all

instances, including those situations in which one family member has caused or is threatening to cause harm to other family members. The principle was consistent with the early doctrine of coverture and the related understanding that upon marriage a woman lost her legal identity and became one with her husband, thereby making it difficult if not impossible for her to complain about his abusive treatment of her children. A weak (and more defensible) modern version of the privacy principle allows harm-preventing interventions, but prohibits the state from intervening in other behaviors that are regarded as private”: HOULGATE, Philosophy, law and the family, 8.

153 Già S. RODOTÀ, “La riforma del diritto di famiglia”, en Il diritto privato nella società moderna, ed. S. Rodotà, 2.a

ed. (Bologna: Il Mulino, 1977), 184, riferendosi alla discussione sul potere che la riforma del 1975 dava ai giudici, critica le pretese della destra di negare “la legittimità dell’intervento giudiziario partendo dalla premessa secondo cui il potere di decisione dei conflitti deve necessariamente trovare la sua collocazione all’interno della famiglia: il che, in parole più chiare, voleva dire lasciare sostanzialmente inalterata la posizione di supremazia del marito”.

154 Per MARELLA y MARINI, Di cosa parliamo quando parliamo di famiglia, 7, la scelta di concepire la famiglia come

luogo privato chiuso a qualsiasi intervento da parte dello Stato rappresenta una scelta ideologica perché “data la separazione fra Stato e società civile, le interferenze del potere pubblico e della stessa legislazione nella seconda necessitano di una legittimazione che le scelte di politica del diritto di volta in volta assume dallo Stato sono chiamate a fornire. Ma il carattere ideologico che connota l’idea della privatezza e/o naturalità della famiglia incide fortemente sul modo in cui la relazione con il diritto è interpretata. Infatti, la non interferenza dello Stato in nome della pregiuridicità della famiglia può significare preservazione dello status quo (ad esempio il mantenimento della disuguaglianza fra i coniugi) e presentarsi come funzionale a una visione di tipo autoritario dello Stato, della società e della famiglia stessa, esattamente come, per converso, l’intrusione dello Stato nella sacralità della sfera familiare (ad esempio, l’imposizione di un regime egualitario fra i coniugi) può incrementare il tasso di libertà fruito da ciascun membro all’interno della famiglia, e in tal modo favorire un progressivo affrancamento della famiglia stessa dalle scelte di fondo dello Stato”. Prima ancora, la stessa M. R. MARELLA, “Il diritto delle relazioni familiari fra stratificazioni e ‘resistenze’. Il lavoro domestico e la specialità del diritto di famiglia”, Rivista critica del diritto privato 28, núm. 2 (2010): 236, aveva già evidenziato che la logica della privatezza ha fatto del diritto di famiglia “un diritto self-

restraining, che, a differenza del diritto delle obbligazioni non regola il rapporto, ma solo la sua crisi”.

155 Cfr. RUEDA, La noción jurídica de la familia en Colombia: una categoría en construcción entre restricción y

tempestivo potrebbe prevenire la disgregazione. Inoltre, il danno in sé stesso costituisce una violazione dei diritti della vittima, ragion per cui è inconcepibile l’indifferenza dell’ordinamento.

Questo porta a concludere che in questo caso, è desiderabile che l’ordinamento intervenga, per garantire il rispetto dei diritti delle persone, anche di fronte al gruppo familiare. Il problema che sorge è se, davanti all’assenza di norme precise e particolari, si devono creare nuove regole oppure se ci si possa appellare alle regole generali già esistenti. Queste sarebbero le altre due opzioni. Quello che non si può perdere di vista è che c’è un bisogno di equilibrio nell’intervento statale, stante la premessa che è necessario che avvenga sempre con il riconoscimento alla famiglia delle proprie capacità organizzative; in altri termini, non si può trattare di un intervento paternalistico dello Stato che tiene d’occhio la famiglia date le sue incapacità, in quanto rispecchierebbe l’ideologia della tutela gerarchica, prima in capo al pater, ora in capo al giudice156.

La stesura di nuove norme “ad hoc”. La pretesa sarebbe che le norme applicabili

risultino il più aderenti possibile alla realtà prefigurata dai rapporti familiari. Evidentemente il diritto di famiglia è ampiamente regolato da una normativa di settore che, però, non necessariamente tiene il passo dei cambiamenti sociali che normalmente si presentano nell’ambito della famiglia. Per quello, qui la questione si riferisce all’ipotesi in cui si presentano situazioni nuove non previste e regolate dalla normativa esistente157. Uno degli scenari più interessanti è giustamente quello della responsabilità civile come meccanismo di tutela della persona, ma anche, per esempio, il caso dell’attribuzione della genitorialità per effetto delle nuove tecnologie. Considerando gli obiettivi di questa ricerca, il lavoro si concentrerà sullo studio dei possibili spazi per il riconoscimento del risarcimento dei danni cagionati dai genitori ai figli.

Questa scelta può essere giusta ma non necessaria. Come accennato in precedenza, il riconoscimento di certe situazioni non presuppone necessariamente riforme legislative, ma può avvenire anche per opera della giurisprudenza supportata dalla dottrina. Il processo di creazione delle leggi è lento e lungo, col rischio che durante l’approvazione cambino ulteriormente i presupposti di fatto. Inoltre, essendo il diritto unitario, anche se articolato in diverse branche, le fondamenta e i principi sono condivisi per le differenti aree.

Per tutto ciò, si crede che l’opzione più agevole per risolvere il problema del risarcimento dei danni endofamiliari in Colombia sia quella di applicare le regole generali del diritto privato, considerando la natura particolare del diritto di famiglia, così come le regole della responsabilità civile. Basterebbe stabilire dei criteri di interpretazione conforme ai principi costituzionali, lì dove sia necessario distinguere in considerazione

156 Cfr. RODOTÀ, “La riforma del diritto di famiglia”, 184, che criticava la pretesa della sinistra di affidare

eccessivamente certi poteri al giudice nella riforma del 1975, come “il frutto di un perenne timore della libertà”.

157 Per un’analisi dell’interazione tra la disciplina generale e quella di settore, in particolare quella relativa al diritto di

della natura eminentemente personale dei rapporti in gioco. Questa sarebbe, quindi, la terza opzione.

L’applicazione di regole generali di diritto privato. Per riflettere sull’idoneità di

questa scelta, forse conviene prima considerare il problema a cui porta la classica summa

divisio diritto pubblico-diritto privato158 nella discussione sulla natura del diritto di famiglia e delle sue disposizioni. Conviene perché se si considera il diritto di famiglia come parte del diritto privato159, l’applicazione delle sue regole generali risulterebbe meno complessa (e più naturale)160 che se si trattasse di diritto pubblico. Tuttavia, malgrado la apparente semplicità di questa conclusione, la distinzione pubblico-privato riferita alla famiglia è problematica, perché non sembra ci sia accordo sulla natura del diritto applicabile ai rapporti familiari.

In breve, e semplificando –forse troppo– la questione, una prima distinzione si potrebbe operare, in senso generale, tra chi riconosce o meno la validità della dicotomia diritto pubblico-diritto privato nel contesto del diritto di famiglia. Questo si spiega nel fatto che la classificazione rispetto al diritto di famiglia non trova un punto di riferimento molto lontano, nell’antichità in cui nacque la summa divisio161. Perciò, chi vede nella dicotomia un’eredità anacronistica del diritto romano mette in dubbio l’efficacia o l’utilità di continuare a distinguere tra norme di diritto pubblico e norme di diritto privato,

158 Spiegata così da F. K. VON SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, trad. Vittorio Scialoja, vol. I (Torino:

Unione tipografico editrice, 1886), 49: “se passiamo in rassegna l’intero diritto, distingueremmo in esso due rami (zwei

Gebiete): lo Staatsrecht e il diritto privato. Il primo ha per oggetto lo Stato ossia l’organica manifestazione del popolo;

il secondo l’insieme dei rapporti giuridici, in cui ciascun individuo esplica la propria sua vita, dandole un particolare carattere”.

159 Interessante nella delimitazione di cosa si deve intendere per diritto privato, risulta la caratterizzazione che di esso

fa P. RESCIGNO, in dialogo con G. RESTA, y A. ZOPPINI, Diritto privato. Una conversazione, Il diritto che cambia (Bologna: Il Mulino, 2017), 13 s.: “Circa il significato della formula ‘diritto privato’, credo sia utile ribadire che tale settore si caratterizza, in primo luogo, per la particolarità degli interessi che si realizzano nei rapporti: particolarità non vuol dire dimensione individuale degli interessi, poiché al diritto privato appartengono anche le formazioni sociali portatrici di interessi collettivi. Ma gli interessi collettivi non sono della generalità dei cittadini, poiché rimangono settoriali, per riprendere un altro termine caro alla terminologia dei giuristi. Un altro carattere del diritto privato – ma sempre con l’avvertenza della relatività, vale a dire delle frequenti deviazioni e adattamenti – è dato dal potere di disporre dei rapporti, riconosciuto ai soggetti. Continuando nell’elenco, a contraddistinguere i rapporti di diritto privato è la natura paritaria delle relazioni: un modo tra i più antichi, che conserva del resto una sua validità, di contrapporre le relazioni proprie della sfera pubblica e quelle proprie del diritto privato ravvisa autorità e soggezione nelle prime, contro la natura almeno tendenzialmente paritaria delle relazioni private. Conviene anche qui sottolineare che la contrapposizione non ha carattere di rigidità, se soltanto si pensa all’uso sempre più frequente che i pubblici poteri fanno dello strumento convenzionale e, sull’altro versante, alle ‘autorità’ private (si pensi all’amministrazione dell’impresa o all’organizzazione della disciplina interna dei gruppi). Legata ai caratteri enumerati, come esigenza che il diritto privato realizza e soddisfa, è l’autodeterminazione del privato. L’autodeterminazione, oltre che ai singoli, compete ai gruppi poiché appartengono al diritto privato anche le autonomie collettive. La vicenda storica e culturale dell’Ottocento, nell’affermare il potere di autodecisione del singolo con la categoria del negozio giuridico, aveva esaltato l’individuo mentre scomparivano o declinavano le pubbliche autonomie (espressione da intendere nel senso in cui se ne discorreva allora, più che nel senso attribuito oggi alla formula). Nell’attuale esperienza il ridursi dell’area riservata all’autonomia negoziale del singolo è compensato dal recupero delle autonomie collettive, almeno negli ambiti in cui esse vengano esplicate al servizio delle ragioni e degli interessi della persona”.

160 Per quello c’è chi giustifica l’applicazione delle regole delle norme della responsabilità civile nei rapporti familiari:

“si el Derecho de familia es parte del Derecho civil y se regula en el Código Civil y Comercial, se nutre de sus principios generales y es a estos principios generales a los que hay que acudir cuando se deben interpretar las normas”: MEDINA, “Daños en el derecho de familia en el código civil y comercial unificado de Argentina”, 19.

161 S. PUGLIATTI, “Diritto pubblico e diritto privato”, Enciclopedia del Diritto (Milano: Giuffrè, 1964). I. PUPOLIZIO,

“Per un modello teorico della ‘grande dicotomia’ tra diritto pubblico e diritto privato”, Materiali per una storia della

segnalando che è una dicotomia desueta, per cui non avrebbe senso chiedersi a quale dei due appartiene il diritto di famiglia162.

In termini generali, la dicotomia si fonda, da una parte, sull’esistenza o meno di rapporti di subordinazione, per cui il fondamento è la posizione uguale (diritto privato) o

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