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Intercettazioni mediante impianti appartenenti a privat

L’ispezione e la perquisizione dei dati informatici La l 48/2008 ha integrato il testo degli articoli 244 e

II.5 Le intercettazioni telematiche

II.4.4 Intercettazioni mediante impianti appartenenti a privat

La l. 547/1993, nel tentativo di adattare la disciplina codicistica alla peculiare figura delle intercettazioni informatiche o telematiche, ha inserito nell'art. 268 c.p.p., il comma 3-bis.

Questo prevede che “quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il Pubblico Ministero, possa disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati”.

Si tratta di un aspetto delicato e che pone non pochi problemi di natura interpretativa113.

Prima di tutto si tratta di una previsione che determina una possibilità espressa di deroga alla rigorosa disciplina prevista dall’art. 268: il comma 3-bis infatti non prevede la facoltà per il P.M. di fornire motivazione al suo provvedimento e, soprattutto, non prevede nessun specifico presupposto per l’esecuzione delle operazioni con impianti diversi da quelli dell’Ufficio di Procura.

Sostanzialmente, al PM è lasciata assoluta discrezionalità nell’uso degli impianti appartenenti a privati, trattandosi di strumenti ad alto “tasso”di tecnologia, di cui le Procure e gli Uffici di Polizia Giudiziaria non sono effettivamente dotati. La previsione di un comma autonomo rispetto al comma 3 dell’art. 268 c.p.p., consente quindi, in ossequio a criteri 113 S.ATERNO, Acquisizione dati traffico ed intercettazioni telematiche, in Computer forensics e Indagini digitali. Manuale tecnico-giuridico e casi

eminentemente pratici, di ritenere che la facoltà ivi prevista debba ritenersi del tutto autonoma e svincolata dai criteri stabiliti per l’utilizzo in generale di impianti di pubblica utilità, avendo verosimilmente il legislatore preso atto della cronica sottodotazione strutturale delle sedi giudiziarie, oltre che della totale “assenza”, al momento di entrata in vigore della legge, di idonee apparecchiature presso gli uffici normalmente deputati alle attività in oggetto.

Il ricorso agli impianti dei privati, pertanto, non costituisce affatto un’eccezione, ma semmai la regola per l’esecuzione di intercettazioni telematiche od informatiche.

Per il disposto generale dell’art. 267,3° co., c.p.p., pertanto, al PM basterà indicare nel decreto “dispositivo” delle intercettazioni le “modalità” di esecuzione, senza che possa derivare alcuna sanzione processuale per il caso che ometta di motivarne la scelta.

Tuttavia, una parte della dottrina114 ritiene che la disposizione di cui al comma 3-bis costituisca una mera prosecuzione del comma 3 dell’art. 268 e che le due norme si pongano l’una rispetto all’altra in rapporto di species a genus, sussistendo fra esse un collegamento non soltanto lessicale, ma anche logico.

Questa interpretazione troverebbe conferma nell’uso della congiunzione “anche” nel comma 3-bis, che può essere agevolmente inteso come diretto - fermi i presupposti previsti dal comma 3 - ad inserire un’ulteriore alternativa dinanzi ad una situazione di impossibilità a utilizzare gli 114 F.NEVOLI, Intercettazioni informatiche e telematiche: ricorso ad

impianti esterni ed obbligo motivazionale del P.M., Arch. Nuova proc. Pen., 2010, p. 76

apparati della Procura.

In questo senso, l’unica lettura consentita dei due commi in argomento, sarebbe quella “unitaria” che consentirebbe, fra l’altro, il necessario coordinamento del nuovo comma con le norme concernenti i divieti di utilizzazione.

Di tal guisa, dalla violazione dei limiti posti all’utilizzazione di impianti privati per le intercettazioni telematiche ed informatiche deriverebbero le consequenziali sanzioni dell’inutilizzabilità dei risultati delle captazioni, e ciò benché l’art. 271 c.p.p. (in tema, appunto, di inutilizzabilità) non contenga alcun riferimento al comma 3-bis.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione115 che, in ossequio ai principi formulati in tema di intercettazioni dalla Corte Costituzionale,116 asserisce che il legislatore nel regolamentare all’art.271 c.p.p. la sanzione processuale della inutilizzabilità del contenuto delle intercettazioni (norma, fra l’altro, entrata in vigore prima che venisse introdotto il comma 3-bis) ha avuto presente non soltanto le captazioni di comunicazioni telefoniche, ma anche quelle di ogni tipo di comunicazione, quali che siano le peculiari modalità di svolgimento.

Nel momento in cui le operazioni di intercettazione si concludono, si apre il procedimento di ammissione della prova117.

I verbali redatti e le registrazioni eseguite nel corso delle intercettazioni, immediatamente trasmesse al p.m., vanno depositati in segreteria, insieme ai provvedimenti (di 115 Cass. Sez. I Sent. 28 settembre 1999 n.5239

116 Corte Cost. 4 aprile 1973 n. 34

autorizzazione ed eventualmente di proroga) concernenti l'intercettazione, entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, salvo che il giudice autorizzi il ritardo del deposito non oltre la chiusura delle indagini preliminari, quando potrebbe derivarne grave pregiudizio per le investigazioni (art. 268 commi 4 e 5 c.p.p.).

I difensori delle persone sottoposte alle indagini hanno entro un termine fissato dal p.m., la facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni, ovvero, prendere cognizione dei flussi di comunicazione.

Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione.

È ovvio, che la selezione delle comunicazioni rilevanti debba considerarsi momento fondamentale dato che, talvolta, riuscire ad “includere” o “escludere” parti delle comunicazioni può essere determinante per gli esiti della vicenda giudiziaria118.

In ultimo il legislatore con l'art. 13 della l. 547/1993, aveva inoltre previsto la possibilità di disporre intercettazioni telematiche anche in relazione alle cosiddette “intercettazioni preventive” disciplinate dalla l. 356/1992.

La ratio della modifica era quella di aumentare gli strumenti tecnologici per cercare di migliorare la lotta alla criminalità organizzata e ad alcuni tipi di delitti di particolare gravità e 118 A. NAPPI, Sull'abuso delle intercettazioni, in Cass. pen.,2009, p.473

sono consentite esclusivamente per i delitti indicati nell'art. 51 comma 3-bis c.p.p.

Ancora un aspetto da esaminare è quello dell'analisi dei protocolli che vengono applicati all’intercettazione telematica, i quali si articolano su taluni caratteristici (e ricorrenti) passaggi tecnici.

Occorre infatti decriptare un segnale digitale e memorizzarlo su un apposito supporto; ma, ancor prima, è necessario individuare il client cui riferire la comunicazione, e poi individuare il soggetto (persona fisica) che abbia avuto in uso lo strumento elettronico e che abbia effettuato la connessione durante la quale è stato consumato l’illecito.

Di certo - stante il principio della responsabilità personale - non ci si potrà accontentare di identificare il numero di telefono chiamante o chiamato, ma occorrerà approfondire le indagini con accertamenti documentali (contratti, moduli di fatturazione,ecc.) ovvero storici (analisi delle ulteriori chiamate effettuate) nel tentativo di appurare la concreta disponibilità dell’utenza e del mezzo informatico ad un soggetto fisico ben individuato.